-  Redazione P&D  -  10/06/2015

AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO, SCHEMA DI UNA LETTURA ATTUALIZZATA - Sergio TRENTANOVI

Premessa

Dopo undici anni di "sperimentazione" della legge 6/2004, non si può certo parlare di novità, anche se alcune nuove normative ed alcune problematiche ed esperienze applicative nei diversi Circondari, unite ad una progressiva maggior attenzione della dottrina, rendono possibile delineare nuovi "schemi" e modalità di applicazione diversificata e nuove frontiere; capaci, forse, di valorizzare dappertutto, seppur in maniera necessariamente "diversa" (l'amministrazione di sostegno é nella sostanza l'applicazione del "diverso" e dell'insufficiente a favore delle persone fragili, partendo dal loro singolo e diverso "punto di vista"), questo strumento di civiltà (che può costituire anche un punto di partenza per la riflessione su noi stessi e sull'autentico rispetto della "dimensione personalistica" nello Stato Italiano, che si ispira e/o deve ispirarsi ai grandi principi del personalismo, del solidarismo e della sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 3 della Cost.).

Sfruttando l'occasione di alcuni seminari e incontri cui ho partecipato in quest'ultimo periodo, riservando a diverse sedi gli approfondimenti sull'intera problematica della protezione attiva delle persone non autonome e sui numerosissimi aspetti ad essa correlati, tenterò pertanto, in base alla mia esperienza come presidente di sezione e GT-coordinatore a Venezia e poi, dopo alcuni anni, come Presidente del Tribunale di Belluno (e giudice coordinatore della protezione delle persone non autonome), di proporre alcuni schematici "appunti di viaggio" (spero utili quali provocazione alla riflessione) relativi a spunti e tematiche, de iure condito e de iure condendo, correlati all'amministrazione di sostegno ed alla protezione attiva normativamente e – spes contra spem? - di fatto garantita a favore delle persone non autonome; anche così ravvivando una "passione" costante che mi porta a mutevoli riflessioni anche (e forse soprattutto!) dopo la cessazione (a metà novembre 2014) dal servizio "in trincea".

In questa sede evito di citare studi dottrinari e/o provvedimenti giurisdizionali e/o comunque emessi dal GT, dando per presupposti tutti gli approfondimenti ed i riferimenti relativi ai diversi aspetti giuridici della protezione delle persone non autonome; solo per completezza cito fra tutte, essendo "aggiornata" alla fine del 2014, la sintesi di Claudio Tagliaferri nel volume "l'amministrazione di sostegno nell'interpretazione della giurisprudenza" edito nel 2015 (con le diverse posizioni assunte sui diversi aspetti, leggibili anche nei "continui aggiornamenti" dei siti curati dal Prof. Paolo Cendon).

 

 

 

Amministrazione di sostegno - Successione di leggi e Convenzioni di Oviedo e di New York – Diretta applicabilità nell'ordinamento italiano.

La legge sull'amministrazione di sostegno ha imposto e impone continuamente, al di là ed anche per i suoi limiti ed alcune sue apparenti contraddizioni e/o contraddittorietà di letture, un progressivo e radicale aggiornamento culturale ed umano, a carattere interdisciplinare, fondamentale per superare la "logica delle competenze" settoriali, dei compartimenti stagni, delle conoscenze separate, dei "discorsi per iniziati", dello stesso "giudizio" sulla capacità, a favore dell'"immedesimazione" nella "possibilità di agire" (rilevante anche giuridicamente), nelle sofferenze e nelle carenze di autonomia della persona "che si trova nell'impossibilità permanente o temporanea, totale o parziale" di "provvedere ai propri interessi", essendo, per "infermità e/o menomazione fisica o psichica, nell'impossibilità di gestire in autonomia le funzioni della vita quotidiana" (artt. 1 legge 6/2004 e 404 c.c.); con uno sguardo rivolto dal presente al futuro, vissuto dal "punto di vista" del beneficiario; e con quella interazione solidaristica ritenuta sussidiariamente necessaria per "condividere", a fianco del beneficiario, un progetto "minimale" di sostegno che superi e/o riduca le disuguaglianze e gli ostacoli indotti dalla fragilità (artt. 2-3 Cost.).

 

Logica della legge 6/2004

Individuo in questa sede solo alcuni punti-cardine dello "strumento" A.d.S. e degli interventi previsti dalla legge 6/2004, quali possibili spunti per una riflessione giuridica, meta-giuridica, interdisciplinare, culturale, "sentimentale", esistenziale:

-   personalismo (artt. 2-3-32 Cost., 1 legge 6/2004, 404-405-406-407 c.c.);

-   solidarismo (artt. 2-3-32 Cost., 1 legge 6/2004, 404-405-406-407 c.c., nonché 408 c.c.);

-   sussidiarietà funzionale (beneficiario – famiglia allargata – volontariato – servizi socio-sanitari – PM àà GT e, eventualmente, amministratore di sostegno – vd.  possibilità di "provvedimenti diretti" del GT per la cura della persona interessata ex art. 405, 4° comma, anche con le integrazioni e modifiche di cui al 407, 4° comma c.c.): artt. 404-405-406-410 c.c.;

-   strumentalità funzionale (art. 414 c.c. in relazione a tutti i punti precedenti e in stretta correlazione con lo stesso principio di sussidiarietà àà minore intervento);

-   logica dell'"insufficienza" (anche del provvedimento del GT), della limitatezza, della temporaneità, della progressività, della modificabilità (art. 407 4° comma c.c.), della progettualità condivisa e "a tappe" (il progetto di sostegno é sempre "in itinere" ed "in divenire");

-   logica dell'"immedesimazione-ascolto" (art. 407 2° comma c.c.) e "principio di conservazione" evolutiva (artt. 1 legge 6/2004 e 409-410-413-414 c.c.);

-   logica della "capacità di agire" quale diritto inviolabile dell'uomo (riconosciuto dalla stessa Costituzione);

-   logica dell'affiancamento con "ascolto" (artt. 407 2° comma c.c., 408 c.c., 410 1 e 2° comma c.c.);

-   logica della strumentalità degli aspetti legali/patrimoniali rispetto alle esigenze relative alla "cura della persona" ed allo "affiancamento sussidiario" della stessa, per permetterle il miglior "espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente" (il cosiddetto "progetto di sostegno") - art. 1 legge 6/2004 e art. 405 c.c.;

-   logica della provvisorietà, dell'elasticità, della modulabilità, della revocabilità; nonché della stessa esecutività immediata del provvedimento del GT, possibile anche in via d'urgenza (art. 405 4° comma c.c.);

-   logica del provvedimento "aperto", temporaneo, modificabile, progressivo,  "imperfetto", periodicamente rivedibile in relazione all'evoluzione delle "condizioni di vita personale e sociale del beneficiario";

-   logica del progetto (di sostegno) e non del giudizio (sulla capacità di agire);

-   punto di vista connesso alla "possibilità (impossibilità)" di agire (in senso ampio, correlato alle "funzioni della vita quotidiana" nel cui ambito rientrano gli "atti giuridici") e non al giudizio sulla "capacità (incapacità) di agire";

-   punto di vista della persona priva in tutto o in parte di autonomia, senza tipizzazioni ghettizzanti (art. 414 c.c. nonostante la riformulazione da parte della legge 6/2004), liberante per il beneficiario non più discriminabile;

-   previsione, all'interno del decreto del GT, di possibilità di compimento di atti da parte del beneficiario e/o dell'amministratore di sostegno in maniera esclusiva, o cumulativa o alternativa e/o parzialmente limitativa (art. 405 5° comma n. 3-4-5), con possibilità di previsione di limiti economici anche periodici per il mantenimento di una diretta seppur ridotta possibilità di diretta gestione  economico-patrimoniale da parte del beneficiario;

-   "carattere liberatorio" anche per il giudice (in particolare GT) rispetto a schemi e certezze apparenti;

-   valutazione della "salute" (art. 32 Cost.) come "benessere in concreto possibile"  per la persona nel suo evolversi nel tempo.

 

La Convenzione di Oviedo (4 aprile 1997, ratificata dalla legge 145/2001) direttamente applicabile, anche ex art. 10 Cost. in relazione alla legge 6/2004.

Evidenzio, in questa parte iniziale del paragrafo, i principi fondamentali della Convenzione di Oviedo, antecedente alla legge sull'amministrazione di sostegno, ma di cui la legge 6/2004 rende possibile la concreta applicabilità (anche per le specifiche previsioni relative alla "cura" della persona, alla valutazione delle sue "condizioni personali e sociali", agli obblighi dei servizi socio-sanitari, alla possibilità di provvedere in via d'urgenza e con immediata efficacia senza necessità di alcuna preventiva "udienza"), prima sostanzialmente "impossibile" senza "forzature totali" del precedente "sistema" giuridico ("familistico-sanitario", anziché "personalistico-solidale" come quello introdotto dalla legge 6/2004).

1 - principio del "libero consenso informato" dell'interessato e della revocabilità del consenso (art. 5 Conv.); diritto al dissenso;

2 - principio del diritto all'informazione adeguata, proporzionata e "temperata" (e del rispetto della privacy art. 10 Conv.);

3 - principio del "diretto beneficio" in relazione a persone che non hanno la capacità di dare il consenso (art. 6 Conv.);

4 - -   principio dell'urgenza e della posizione di garanzia (art. 8 Conv.);

5 - principio di rappresentanza (art. 6 2° e 3° comma e art. 7 Conv.) di assoluta evidenza la riferibilità, anche ex artt. 1 legge 6/2004, 405 4° comma c.c.

- urgenza per la cura -, art. 406 3° comma c.c. - compiti dei "responsabili dei servizi socio-sanitari direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona";

6 - principio di associazione/coinvolgimento – alleanza terapeutica (art. 6 5° comma Conv.);

7 - principio di "attualità", collegato alla "rilevanza dei desideri precedentemente espressi" - DAT (dichiarazioni anticipate di trattamento) e di non vincolatività e revocabilità (art. 9 Conv., anche in riferimento all'art. 5 3° comma ed all'art. 6 5° comma).

Dovranno essere trattate in altro contesto le problematiche relative ai necessari approfondimenti sul "consenso informato", correlati anche alle raccomandazioni del Comitato Nazionale di Bioetica nonché agli stessi sviluppi delle diversificate proposte di legge in materia di DAT - Direttive Anticipate di Trattamento -.

Ritengo di dovermi limitare a dare atto, in questa sede, degli indirizzi giurisprudenziali e poi anche dottrinali non uniformi (né a livello nazionale e o sovranazionale, né tanto meno a livello di altre realtà statuali) che si sono sviluppati negli ultimi anni, anche in connessione a situazioni di particolare gravità e sofferenza (talora portate all'attenzione della pubblica opinione, anche in maniera forse eccessivamente "partecipata").

Mi permetto soltanto di esprimere l'auspicio che eventuali "nuovi ed ulteriori" interventi normativi in relazione alla problematica del consenso (e/o dissenso) riguardo alle "problematiche sanitarie", anche collegate alle "dichiarazioni anticipate di trattamento", si basino sui principi (che ritengo pienamente già operativi) della Convenzione di Oviedo e si pongano in un quadro generale di sussidiarietà e di rispetto costante della vita, della libertà e della dignità di ogni uomo; e pertanto siano anche caratterizzati dalla minor invasività possibile, si esprimano in poche chiare disposizioni comprensibili dai "non iniziati" e non pretendano di regolamentare ogni vicenda e/o sofferenza umana.

Ciò premesso, forse, possono ancora contribuire alla formazione di un quadro generale e sintetico di valutazione, alcune linee "interpretative" minimali genericamente elaborate sulla base di esperienze concrete vissute negli anni 2004-2006 presso il Tribunale di Venezia (tenendo però sempre conto che la problematicità diversificata delle patologie e sofferenze umane, la diversità di condizioni socio-personali e gli stessi non uniformi progressi medico-scientifici, non permettono – e ragionevolmente non permetteranno mai, al di là delle migliori intenzioni normative e dei migliori "principi" - indicazioni risolutive, certe e "tranquillizzanti" per singoli casi, ognuno necessariamente portatore di singole peculiarità).

Mi permetto, di seguito, di riproporne una sintesi:

- La legge non prevede una più o meno generica "rappresentanza di volontà" del paziente che non sia in grado di esprimere il suo consenso (informato) a terapie invasive direttamente da parte di familiari prossimi e/o sanitari responsabili della terapia; per l'espressione di tale consenso (o dissenso) alla terapia e/o all'intervento da parte di persona che non sia in grado di esprimerlo, occorre, prevedere l'intervento di un "rappresentante", che (quantomeno in via sussidiaria rispetto ad indicazioni o volontà precedentemente espresse dal "beneficiario", comunque da "attualizzare" - art. 408 c.c.), nel nostro ordinamento non può che essere l'amministratore di sostegno (eventualmente il tutore, se già nominato ed ancora non "sostituito" dall'A.d.S.).

- L'unica ipotesi di intervento necessario e, in via generale, legittimato a prescindere dall'espressione del consenso, é quella della "situazione d'urgenza", che legittima il "procedere immediatamente a qualsiasi intervento medico indispensabile per il beneficio della salute della persona interessata" (art. 8 Conv. di Oviedo, come da punto 4 sopra riportato, collegato alla "posizione di garanzia"). È opportuno aggiungere, in relazione alle eventuali "conseguenze" e/o ai postumi invalidanti dell'intervento, che può porsi comunque (quantomeno in via sussidiaria) il problema della necessità/opportunità della nomina di amministratore di sostegno per organizzare, attorno, con ed accanto al beneficiario, l'eventuale "progetto di sostegno" utile a superare o ridurre le conseguenze di una sua carenza di autonomia (artt. 1 legge 6/2004, 404, 406 3° comma c.c.), anche conseguente all'intervento.

-   Mai il provvedimento del giudice tutelare e/o la volontà dell'amministratore di sostegno potranno sostituirsi, nella "cura della persona", alla volontà ("non viziata" dalla patologia in atto o da altra patologia psichica) del beneficiario stesso. Se ad esempio questi esprimerà una volontà contraria all'effettuazione diuna terapia particolare e se questa volontà non risulti (art. 407, comma quinto, c.c.) viziata da una impossibilità o inadeguatezza di comprensione e volontà, la terapia stessa, pur se adeguata, idonea e a rischio ridotto o proporzionato, non potrà essere effettuata, per lo stesso principio di libertà desumibile dal secondo comma dell'art. 32 Cost. ("nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge").

-   Ciò, all'evidenza, non esclude che possa essere tentata dall'amministratore di sostegno (e dallo stesso giudice tutelare e/o da suoi ausiliari tecnici,) una corretta opera di informazione e convincimento per indurre in beneficiario a superare tabù, paure o titubanze ingiustificate; ma va escluso che il provvedimento del giudice tutelare o la decisione dell'amministratore di sostegno possano scavalcare una permanente, libera e non viziata espressione di contraria volontà da parte del beneficiario, realizzando così un sostanziale trattamento sanitario obbligatorio in casi in cui non é imposto (o previsto) dalla legge.

- Diversa é l'ipotesi in cui la volontà del beneficiario non sia stata espressa e/o non sia esprimibile; e anche quella in cui la volontà del beneficiario, pur apparentemente contraria alla effettuazione dell'intervento o terapia, sia essa stessa viziata (potrà essere opportuna per tale valutazione la nomina del C.T.U. o la valorizzazione delle cosiddette funzioni peritali dei servizi medici delle strutture sanitarie per valutare se sussista patologia incidente sulle possibilità di comprensione e/o volizione (nell'ipotesi "qualificata" di "contrasto" e "dissenso" espressamente prevista dall'art. 410, comma secondo, c.c.).

-   In questi casi, anche al di là delle possibilità di operare dei principi del cosiddetto "soccorso di necessità" (collegato alla posizione di garanzia del sanitario), l'amministratore di sostegno potrà ricorrere al giudice tutelare perché "adotti", con decreto motivato, gli opportuni provvedimenti, anche "in via d'urgenza e provvisoria" come previsto dall'art. 405 4° comma c.c. (in relazione al decreto, integrabile "in ogni momento" anche ex art. 407 4° comma c.c.); o essere lui stesso autorizzato, anche in via provvisoria ed urgente, a rappresentare           la volontà del beneficiario e/o a disporre in luogo del beneficiario nel suo esclusivo interesse (principio del "diretto beneficio").

Ritengo di dover ribadire che il rifiuto del trattamento sanitario, di per sé, non deve far "scattare" automaticamente la procedura per la nomina di amministratore di sostegno, restando ogni trattamento sanitario in linea di principio "volontario". Ove invece la persona non sia o non sia più in grado di esprimere coscientemente la sua volontà, o la stessa volontà e/o la conoscenza delle condizioni personali e delle possibilità terapeutiche sia viziata da patologia incidente sulla coscienza e volontà dell'atto terapeutico, andranno comunque "tenute adeguatamente in conto" (anche dall'eventuale ADS, che pur non ne é vincolato) volontà e/o indicazioni (vd. anche l'art. 410 c.c. circa le "aspirazioni del beneficiario") anche informalmente espresse precedentemente dalla persona che in quel momento non é in grado di comprendere le sue condizioni, le caratteristiche dell'intervento e/o di esprimere la sua volontà; pur dovendosi parallelamente tener conto che il passaggio del tempo e l'evoluzione delle condizioni personali e sociali rendono comunque "incerta l'attualità" di precedenti indicazioni (in qualsiasi modo formalizzate), ma "date" in diversa situazione di "benessere".

 

La Convenzione di New York (13 dicembre 2006, ratificata dalla legge 18 del 3 marzo 2009): diretta applicabilità quale legge dello Stato Italiano.

L'art. 10 Cost. e l'art. 15 Preleggi: abrogazione per incompatibilità delle norme che permettono il ricorso all'interdizione (e all'inabilitazione).

Premetto che, a mio avviso, basato anche sulla diretta esperienza, vi é stata ex lege una sostanziale "abrogazione di fatto" dell'interdizione (e, per quel che vale, dell'inabilitazione) in conseguenza di una corretta interpretazione funzionale della normativa della legge 6/2004 letta alla luce dei principi costituzionali di cui agli artt. 2-3 della Cost. (art. 414 c.c. - limitazione dell'interdizione a "quando ciò é necessario per assicurare l'adeguata protezione" - applicazione necessaria del principio di sussidiarietà strumentale).

Tale interpretazione abrogativa é diventata anche formalmente cogente in conseguenza della entrata in vigore nell'Ordinamento Italiano della "Convenzione ONU sul diritto delle persone con disabilità" (Convenzione di New York), ratificata con legge 3/3/2009, per l'applicazione necessaria dell'art. 10 della Cost., che stabilisce che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute".

La Convenzione di New York vieta il ricorso a misure di annullamento e/o compromissione permanente (e non periodicamente ed immediatamente rivedibile) della capacità di agire (il riferimento alla "capacità legale" di cui il 4° comma dell'art. 12 permette solo una limitazione temporanea, costantemente proporzionata, adattabile e periodicamente rivalutabile della "capacità di agire").

Va sottolineato che il concetto di "capacità legale" della Convenzione di New York e quello di "capacità di agire", di cui all'art. 2 del c.c., sono pienamente equivalenti.

Dagli stessi principi costituzionali deriva (a mio avviso) la necessità di immediata lettura/interpretazione direttamente applicativa della capacità di agire quale diritto inviolabile dell'uomo; essa é oggettivamente possibile (oltreché doverosa), ai sensi degli artt. 2-3-10 della Cost., che assicurano "riconoscimento e garanzia" dei diritti inviolabili dell'uomo (tra cui ormai non può non rientrare la capacità di agire chiamata nella Convenzione ONU capacità legale), in base alla stessa lettera dell'art. 12 1° comma: "gli Stati Parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto di essere riconosciute - e non, semplicemente, "dovrà" loro essere riconosciuto - ovunque quali persone difronte alla legge" e del 2° comma dello stesso articolo che specifica, come conseguenza necessaria ed attuale del 1° comma, che "gli Stati Parti dovranno riconoscere (la nostra Costituzione dichiara di riconoscere) che le persone con disabilità godono della capacità legale sulla base di eguaglianza rispetto agli altri in tutti gli aspetti della vita".

Ritengo che già sulla base di queste modeste e facili considerazioni, che non hanno alcuna pretesa di essere "giuridicamente strutturate", si imponga il riconoscimento del carattere autoesecutivo (o self-executing) della disposizione (e, in conseguenza, delle disposizioni dell'intera Convenzione ratificata); che, comunque, non potrà mai essere letta correttamente (a mio avviso), addirittura contro i principi costituzionali fondamentali, come avverrebbe se ne venisse data una lettura meramente programmatica.

E' di totale evidenza l'assoluta "incompatibilità" delle disposizioni della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità rispetto a quelle relative alla persona sottoposta a tutela "rimaste" nel codice civile, che (non essendovene stata abrogazione espressa) sembrerebbero permettere ancora, seppur in limiti residuali, in base alla stessa legge 6/2004, l'interdizione (e/o l'inabilitazione).

Infatti la legge di ratifica della Convenzione (artt. 1-2 legge 3 marzo 2009 n. 18) é indiscutibilmente applicabile direttamente nel nostro ordinamento, essendo pienamente in vigore fin dal 2009 sotto ogni profilo (la Convenzione era già entrata in vigore "a livello internazionale" - peraltro rilevante anche "all'interno" ex art. 10 Cost. - nel maggio 2008, dopo la firma del 20° Stato).

Essa abroga direttamente, quale legge posteriore, per assoluta incompatibilità (art. 15 Prel.) le norme che prevedono la possibilità di "applicare" uno strumento giuridico quale l'interdizione, che di per sé, al di là di ogni "temperamento" operato dalla stessa legge 6/2004, "interdice", cioè "elimina permanentemente", "vieta" la capacità di agire della persona (potrebbe sussistere anche ipotesi di responsabilità dello Stato, "censurabile" ex art. 6 del Protocollo aggiuntivo, per l'eventuale "applicazione" da parte di organi dello Stato di uno strumento da ritenersi ormai vietato; tale responsabilità diretta dello Stato potrebbe sussistere anche per non aver previsto modalità di immediata revoca espressa delle interdizioni/tutele già dichiarate e/o aperte).

Va dato atto che resta da valutare la possibilità di ritenere d'ufficio riconvertite (con provvedimento assumibile d'ufficio e de plano dal GT) tutte le tutele/curatele già aperte in amministrazioni di sostegno; su questo punto ritengo occorrano seri approfondimenti, anche per valutare gli "schemi provvisori" eventuali di estensione di singole norme incapacitanti e/o limitanti – ex art. 411 4° comma c.c. - alle amministrazioni di sostegno "da riconversione", (salva la successiva "modulabilità" nel progetto personalizzato ex artt. 407, 410 e 411 c.c.).

Senza addentrarsi in ulteriori considerazioni giuridico-dottrinali mi permetto solo di sottolineare alcuni dei profili specifici che determinano la totale incompatibilità tra applicazione della legge di ratifica della Convenzione ONU (entrata in vigore in Italia, senza necessità di richiamare l'art. 10 della Cost., cinque anni dopo la legge 6/2004) e l'interdizione:

- divieto di ogni discriminazione (art. 3 lettera b) in relazione alla definizione di cui all'art. 2, 3° comma ed al principio di "inclusione", base di tutta la Convenzione);

- principio di "uguale protezione e uguale beneficio" riconosciuto dalla legge, che deve "proibire ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità" e "garantire alle persone con disabilità eguale ed effettiva protezione";

- principio di inclusione (art. 3 lettera c);

- riconoscimento del rispetto della dignità intrinseca (art. 3 lettera a) e principio di pari opportunità ed eguaglianza di cui alla lettera e);

- riconoscimento della uguale "capacità legale / capacità di agire" per tutte le persone con disabilità (cfr. in particolare art. 12 2° comma);

- diritto al "progetto di sostegno" (con caratteristiche pienamente corrispondenti a quelle previste dall'art. 405 c.c. ed 1 legge 6/2004), "enfatizzato" dall'art. 26 della Conv.;

- temporaneità necessaria della misura di protezione (art. 12 4° comma);

- proporzionalità, adattabilità, revocabilità/rivedibilità immediata, costante e periodica da parte di "un'autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario" (art. 12 4° comma).

Risulta credo di tutta evidenza, invece, l'aderenza dello strumento dell'amministrazione di sostegno alle logiche della Convenzione di New York, anche se quest'ultima inserisce tutta una serie ulteriore di diritti e di doveri che rafforzano la tipologia di "protezione attiva/condivisa" prevista dalla legge 6/2004.

A tale proposito appaiono particolarmente importanti anche le concettualizzazioni definitorie di cui all'art. 2 della Conv.; in questa sede, anche per ragioni di sintesi, evito ogni trattazione degli aspetti della Convenzione diversi dai punti sopra indicati, di cui pure mi é stata possibile solo la puntualizzazione "per antitesi" rispetto all'interdizione, per evidenziare la totale incompatibilità rispetto all'applicazione del vecchio (e sperabilmente già sostanzialmente obsoleto) strumento dell'interdizione, di cui ex art. 15 delle Preleggi va ritenuta, anche sotto tale aspetto, l'abrogazione (l'art. 4 lett. d espressamente fa assumere allo Stato Italiano l'impegno, giuridicamente rilevante e sanzionabile, "ad astenersi dall'intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la presente Convenzione e ad assicurare che le autorità pubbliche e le istituzioni agiscano in conformità con la presente Convenzione").

Voglio soltanto sottolineare l'importanza espressamente riconosciuta dalla Convenzione alla "formazione" di professionisti e personale (vd. in particolare art. 4 lettera h) e, in particolare "per coloro che lavorano nel campo dell'amministrazione della giustizia" (i GT, togati e/o onorari nonché il personale di cancelleria vi rientrano con ogni evidenza).

Ritengo opportuno accennare che gli obblighi assunti a livello internazionale (oltre che nazionale, trattandosi per la gran parte di disposizioni di legge di per sé precettive), vengono specificati negli artt. da 31 a 40 della Conv., anche con la previsione di monitoraggi coordinati, rilievi statistici e modalità di cooperazione internazionale (oltreché "interna" tra strutture dello Stato direttamente coinvolte nell'applicazione della Convenzione); e, addirittura, viene previsto il possibile ricorso a sanzioni (in particolare "censura" e "raccomandazioni") per eventuali violazioni.

 

Buone prassi e possibili linee giuda nell'applicazione della legge 6/2004 – Il ruolo dei GOT – Proposte possibili

Ritengo che il carattere necessariamente "insufficiente" di un "buon" provvedimento ex 405 c.c. (altrimenti si rischia di violare il principio di sussidiarietà, fondamentale per permettere che il decreto di nomina di ADS non sia uno strumento oppressivo ma duttile e capace di valorizzare al massimo le autonomie non solo del beneficiario, ma anche di coloro che ne condividono e/o sono chiamati a condividerne il percorso evolutivo, familiari conviventi in primis), permetta di valutare con gli strumenti dell'umana comprensione le insufficienze ed il variegato adattarsi ed adeguarsi dei Tribunale e dei GT alla logica di un "porsi accanto al prossimo sofferente" che di per sé (per studi, esperienze, inclinazioni) non é - almeno normalmente - nelle corde di un giudice; e questo, almeno in assenza di specifica vera formazione anche esperienziale, neanche se chiamato a svolgere le funzioni di GT.

Tanto più quando manchi ogni valorizzazione di un ruolo di grandissimo impatto sociale e che é inevitabilmente in costante "incremento" (in questo contesto si spiegano purtroppo gli atteggiamenti della cosiddetta "giurisprudenza difensiva", Cassazione compresa).

D'altra parte questo "porsi accanto ed assieme, non sopra" talora non era (lo é ora, trascorsi undici anni dall'entrata in vigore della legge 6/2004 - ?? -) nemmeno nelle corde di "più preparati specialisti delle sofferenze umane", quali medici, psicologi, assistenti sociali, personale sanitario e/o assistenziale, ben diversamente chiamati abitualmente alla "logica di condivisione". Eppure, ad essa talora fanno ancora schermo logica di competenze specialistiche, pregiudizi e riserve, cultura della diagnosi specialistica e dell'intervento collegato a diagnosi e prognosi settoriali, valutazioni talora non adeguatamente inserite nel complessivo percorso esistenziale del "malato", volontà di non occuparsi di ciò che non appare di stretta competenza (ne é caratteristica la reciproca "negatoria di competenza", con connessi "rimpalli" per problematiche esistenziali dall'uno o dall'altro settore perché ritenute di volta in volta, a seconda del ruolo rivestito, "unicamente" sociali, mediche, psichiche, psichiatriche, psicologiche), "parlar per iniziati", insomma mentalità diagnostiche più che correttamente prognostiche e solidarmente progettualistiche.

Doverosamente si richiede, ormai, una visione non settoriale e compartimentale di infermità e/o menomazioni fisiche o psichiche di un essere umano "intero", per superarle o ridurne gli "effetti negativi", migliorando per quanto possibile la "qualità di vita" del beneficiario. Ancor di più quando diventa necessario il concorrere di esperienze e sensibilità diverse, del pubblico e del privato, dei familiari e del volontariato, dei servizi socio-sanitari pubblici e privati, per "ascoltare" ed affiancarsi adeguatamente ad un percorso umano comunque di sofferenza.

Eppure questa condivisione progettuale non é solo necessaria, ma é regolata e riconosciuta già, almeno a livello socio-assistenziale, nei progetti delle unità di valutazione multidimensionale (UVMD) consacrati in "schede" (le cosiddette SVAMA) di valutazione multidimensionale, talora anch'esse poco flessibili o poco "proiettate" nel futuro "condiviso" di un progetto solidaristico a favore della persona che vive il disagio.

Anche il GT é chiamato a concorrere con un ruolo preminente, ma certo non come protagonista, tantomeno esclusivo (il protagonista é solo il beneficiario, attorno al quale deve – e/o può - crearsi, nel rispetto del principio di sussidiarietà, la "rete" del progetto di sostegno, cui sono chiamati a concorrere l'A.d.S., ma anche i familiari, i volontari, i servizi socio-sanitari), al "progetto di sostegno", più o meno ampio e periodicamente rivedibile, espresso nel decreto articolato (ma non eccessivamente irregimentato ed irregimentante!) secondo le linee dell'art. 405 c.c.

Va ricordato che le "buone prassi" si sostanziano con provvedimenti che si inseriscono nella realtà del luogo e del tempo di ogni provvedimento sulla base di modalità gestionali che, auspicabilmente, non possono certo ritenersi immutabili; ma che comunque sono oggettivamente condizionanti, anche se destinate ad esser "migliorate" e "superate" nell'esperienza condivisa dei GT, del volontariato e dei servizi ("partecipata" anche dall'avvocatura, i cui professionisti sono nella maggior parte dei casi chiamati ad intervenire come "volontari" nel ruolo di A.d.S.).

Il GT (che può essere togato od onorario, senza alcuna limitazione giuridica o culturale per singoli momenti del procedimento o per il procedimento nel suo complesso), ha poteri-doveri comunque riconosciutigli, in una "anticipata" logica di coordinamento, già dal "vecchio" art. 344 2° comma c.c., che prevede la possibilità per il GT di "chiedere" (e perciò anche di "pretendere", ove non fossero superate barriere di reciproca incomprensione che la logica della legge 6/2004 esige vengano superate) "l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione e di tutti gli enti (nella terminologia generica rientra ogni struttura e/o "formazione sociale" pubblica o privata che sia) i cui scopi corrispondono alle sue funzioni".

Su queste premesse, negli ultimi giorni della mia esperienza lavorativa di Presidente/Giudice tutelare coordinatore presso il Tribunale di Belluno, con la compartecipazione essenziale della GOT Dott.ssa Marta Massaro, sono state adottate alcune linee-guida, necessariamente discutibili, e oggettivamente insufficienti; ma che tuttavia sono possibile base per futuri (e previsti) aggiornamenti migliorativi.

Ritengo utile trascriverle integralmente di seguito, per quanto possano valere come indicazioni destinate ad approfondimenti, critiche ed applicazioni diverse, sempre da correlare e collegare alla "situazione della realtà locale" in cui vengono applicate e specificate personalisticamente per ogni diverso beneficiario.

PREMESSA ALLE LINEE GUIDA:

"L'esigenza costante nell'ambito dell'ADS, sia nella fase di nomina, che di gestione, di collaborazione e condivisione con tutti i protagonisti del progetto di sostegno, può essere realizzata anche tramite la previsione di collaborazione rafforzata di cui all'art. 344, II comma c.c.".

LINEE GUIDA

I: Evitare che il beneficiario si presenti personalmente all'udienza di audizione in Tribunale in tutte le ipotesi in cui tale presenza sia suscettibile di arrecargli qualsiasi tipo di serio disagio (anche ai fini della possibilità di effettivo "ascolto"), a prescindere dal concetto di "intrasportabilità", che si rivela insoddisfacente rispetto alla protezione del soggetto debole (non per nulla la legge sostituisce tale criterio con il più ragionevole "ove occorra"). In caso di necessità di diretta audizione "personale" (che non potrà mai essere realizzata come un "esame"), questa potrà anche essere delegata ad assistenti sociali e/o a responsabili socio-sanitari, pubblici o privati, (e/o a personale ritenuto qualificato anche con nomina ad "ausiliario-tecnico") disponibili ed allo scopo selezionati, e sarà assunta secondo "schemi" predisposti. Sarà, altresì, concordata, anche caso per caso, idonea soluzione per affrontare la problematica del trasporto del G.T. presso il domicilio del beneficiario, quanto indispensabile.

II: Costituzione di un "gruppo di lavoro integrato" (Tribunale – G.T. e personale di cancelleria, servizi sanitari e servizi sociali, volontariato) per la definizione del percorso utile alle persone e delle strategie più adeguate per il raggiungimento dell'obiettivo di nomina ed attivazione dell'ADS. Nell'ambito delle strategie operative, verranno identificati il contesto più adeguato sia per l'audizione delle persone, sia, se del caso, per la "presentazione" e le "modalità" del ricorso; in particolare valorizzando l'operare multidimensionale del "gruppo" in Tribunale e/o presso i Centri Servizi e/o altri luoghi idonei (anche - se condiviso e senza che possa essere inteso come sovrapposizione con Sportelli già esistenti - con la realizzazione, per particolari occasioni e/o con cadenza periodica, di uno "Sportello Multidimensionale" di cui possano far parte anche G.T. e personale di cancelleria).

III: Possibilità di considerare equipollente all'audizione diretta prevista dall'art. 407 2° comma c.c., la effettiva sottoscrizione da parte del beneficiario del progetto personalizzato (e condiviso) di sostegno; ovvero l'attestazione, nel progetto di sostegno personalizzato e condiviso delle condizioni del beneficiario, delle sue volontà nonché dei suoi desideri ed aspirazioni (con modalità tali che comunque possa ritenersi avvenuto un effettivo "ascolto" del beneficiario).

IV: Eliminazione delle notifiche e comunicazioni a soggetti che, pur normativamente previsti – per il richiamo proceduralmente unificante alle norme sull'interdizione -, non possono / debbono avere alcun significato contatto con il beneficiario. Utilizzabilità delle comunicazioni informali (via mail, telefono, fax).

V: Trasmissione immediata da parte della Cancelleria, del ricorso, anche se "urgente", al P.M. per acquisirne le richieste. Se il ricorso é stato presentato dal P.M., se ne richiede, tendenzialmente, la effettiva presenza in udienza.

VI: Concezione polifasica dell'A.d.S., che tendenzialmente prevede: 1) un ricorso iniziale possibilmente comprensivo di "progetto di sostegno", possibilmente, condiviso e sottoscritto anche dal beneficiario, a firma plurima dei soggetti che "si fanno carico" del beneficiario; 2) previsione di un termine, successivo al decreto di nomina dell'ADS, entro cui il "progetto di sostegno" venga aggiornato anche dai soggetti che, secondo criteri di prossimità, abbiano in cura ed a cuore il beneficiario (secondo le previsioni del decreto-progetto di sostegno).

VII: Per la gestione / conservazione patrimoniale andrà tendenzialmente rispettata la volontà del beneficiario riguardo ai tipi di investimento, con divieto, però, di investimenti ad elevato rischio. E, comunque, sarà ammessa in deroga ai criteri dell'art. 372 c.c., solo nei casi di "cogente opportunità".

I limiti di spesa vanno commisurati al patrimonio ed alle esigenze del beneficiario. Quando sia possibile, va valorizzata e/o mantenuta una pur ridotta possibilità di gestione economico-patrimoniale del beneficiario, nonché, alternativamente e/o congiuntamente, l'assistenza al beneficiario, più o meno limitata, nella gestione del suo patrimonio, anziché la sua sostituzione / rappresentanza.

Il riferimento alla disciplina dell'interdizione e relative incapacitazioni non deve costituire la regola.

Deve essere riconosciuta al beneficiario, nei limiti massimi possibili la cd. "contrattualità minima" ed il cd. "peculio autonomo".

VIII: All'A.d.S., durante lo svolgimento degli incarichi affidatigli dal G.T. con il decreto di nomina, può essere fornito supporto da parte dello "sportello del volontariato per l'A.d.S.", con valorizzazione dell'esperienza e dell'opera che il volontariato svolge a favore dei beneficiari di A.d.S.

IX: Valorizzazione della possibilità di addivenire ad un Protocollo, cui aderiscono i vari Enti pubblici, che preveda la possibilità per i notai e per lo "sportello del volontariato" di accedere al registro delle A.d.S.

X: Valorizzazione della possibilità di avanzare istanza alla Regione Veneto, (che sta elaborando una legge sull'A.d.S.), e/o direttamente al Ministero della Salute ed al Ministero della Giustizia per potenziare / valorizzare le funzioni dei G.T.

XI: Centralità, fin dal ricorso introduttivo, del "progetto di sostegno personalizzato e condiviso", che consenta l'attuazione almeno di alcune caratteristiche fondamentali della misura di protezione attiva: elasticità flessibilità, proporzionalità, revocabilità.

XII: Ampliamento delle possibilità di ricorso alla nomina di A.d.S. provvisorio, ex art. 405, IV comma, c.c., quando ricorrano i seguenti presupposti: 1) quando non vi sia la possibilità per il G.T. di effettuare la tempestiva audizione di cui all'art. 407, II comma, c.c. presso il domicilio del beneficiario; 2) quando siano state riscontrate serie difficoltà di "ascolto del beneficiario"; 3) quando sia necessario adottare provvedimenti urgenti di cura della persona (o anche di gestione di ingenti patrimoni).

XIII: Valutazione caso per caso delle modalità di comunicazione del ricorso e dei provvedimenti del G.T. al beneficiario.

XIV: Unicità del giuramento nelle ipotesi in cui si provveda preventivamente alla nomina in via urgente e provvisoria dell'A.d.S. e questo venga, poi, confermato all'esito dell'audizione del beneficiario o della presentazione del progetto di sostegno personalizzato e condiviso.

XV: Possibilità di autorizzazione preventiva al pagamento delle spese funerarie ed alle "ultime spese" da parte dell'A.d.S. in ipotesi di decesso del beneficiario, ovvero successiva ratifica di tale pagamento. In caso di rifiuto dell'Istituto di credito o dell'ufficio postale, emissione di un provvedimento dispositivo da parte del G.T., con previsione espressa dell'esonero di responsabilità dell'istituto di credito o dell'ufficio postale; valutazione della possibilità di trasmissione degli atti alla Procura in ipotesi di mancata ottemperanza.

XVI: Valutazione della complessità del patrimonio ai fini della accettazione con beneficio di inventario delle eredità.

XVII: Elaborazione, concordata con volontariato, responsabili servizi socio-sanitari, avvocati, di un albo informatizzato di persone diversamente disponibili ad assumere l'incarico di A.d.S. e/o a rendersi collaboratori – consulenti dell"A.d.S.

Valorizzazione anche sotto questo profilo del gruppo di lavoro integrato sub II.

XVIII: Aggiornamento da parte del gruppo di lavoro integrato sub II e XVII delle tutele-curatele in A.d.S., con previsione di criteri snelli di trasformazione delle tutele-curateli in A.d.S.

XIX: Iniziative per ampliamento della disponibilità di "volontari" (anche tratti da categorie qualificate) per partecipare al progetto di sostegno come A.d.S. o collaboratori e per la loro formazione.

XXI: Semplificazione massima di tutte le procedure, anche per il passaggio da interdizione – inabilitazione in A.d.S. di cui sub XVIII.

DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE E TRASITORIE:

XXII: L'applicazione delle Linee Guida é immediata ed effettiva. Essa sarà verificata al 30.6.2015, tramite riunione degli Enti ed Istituzioni coinvolti, presso il Tribunale.

Nell'ambito della stessa verranno valutate eventuali proposte migliorative, anche ai fini di eventuali modifiche e/o integrazioni.

Ritengo necessario completare questo capitoletto dedicato alle linee-guida (adottate all'esito della riunione 31.10.2014 con tutti i responsabili ai vari livelli dei servizi socio-sanitari del circondario di Belluno e dichiarate immediatamente efficaci con nota 10.11.2014 – scadenza del "primo periodo sperimentazione" 30.06.2015), riportando il contenuto della nota del responsabile generale dei servizi dell'U.L.S.S. 1 di Belluno.

Con essa "si comunica che le linee-guida adottate all'esito della riunione 31.10.2014, sono state estese a tutti i servizi aziendali coinvolti e che sono già operative. Si sottolinea il valore del documento in oggetto e si conferma l'impegno, così come indicato nelle disposizioni finali e transitorie dello stesso, dopo l'iniziale periodo di sperimentazione che si concluderà con il primo semestre dell'anno venturo, di condividere e valutare l'inserimento di quelle modifiche e/o integrazioni che possano apportare eventuali migliorie alle linee-guida redatte ed oggi in vigore".

Ritengo a questo punto possibile anche la formulazione di alcune proposte, volutamente scarne e schematiche ed oggettivamente disordinate, che potrebbero essere oggetto di rapido approfondimento teorico-operativo, per rendere ai diversi livelli più semplice ed efficace il percorso di attuazione di una legge volta ad esaltare la dignità di ogni uomo ed a rimuovere, nel concorso di normative parallele già pienamente vigenti e sostanzialmente indirizzate allo stesso obiettivo (quali le leggi attuative della Convenzione di Oviedo e della Convenzione di New York), gli ostacoli che di fatto "impediscono il pieno sviluppo della persona umana" (art. 3 2° comma della Cost.):

-   abrogazione espressa dell'interdizione (inabilitazione) e "conversione" ex lege immediata delle tutele/curatele in corso in A.d.S., prevedendo un minimo di coordinamento della conversione con norme di richiamo, quali il 3° comma  dell'art. 411 c.c.; eventualmente anche risolvendo normativamente problemi interpretativi relativi alla possibile applicabilità (comunque necessariamente eccezionale) di norme limitanti quali l'art. 85 1° comma c.c.

-   Superando contrasti interpretativi e logiche formalistiche che ancora ispirano pronunce della Cassazione, previsione espressa della non necessità di assistenza legale, per tutti i ricorrenti legittimati ex art. 406 c.c. alla presentazione del ricorso.

D'altra parte, senza ritornare in questa sede ad una lettura critica delle ragioni per cui la Cassazione prevede ancora la necessità che il ricorso venga presentato attraverso un avvocato quando siano in gioco "diritti fondamentali o essenziali" del beneficiario, basti riflettere sul fatto che non costituisce certo maggior  "protezione" o garanzia a favore dello stesso beneficiario il fatto che un ricorso  per A.d.S. promosso da altri debba essere necessariamente presentato attraverso un avvocato, quando riguardi i cosiddetti "diritti fondamentali o essenziali" della   persona stessa del beneficiario.

Anzi, in linea meramente teorica (qualora l'A.d.S. venisse contra legem intesa o "strumentalizzata" come metodo limitante e non culturalmente ampliativo delle possibilità del beneficiario), proprio il "beneficiario-vittima" verrebbe lasciato solo a "difendersi" da un'ipotizzata "aggressione" - ancor più giuridicamente qualificata in quanto necessariamente "formalizzata" attraverso un avvocato - ai  suoi diritti essenziali, senza che gli venga assicurata nessuna (quantomeno corrispondente) possibilità di "difesa tecnica". In tale prospettazione, che pur ribalta il senso stesso dello strumento di protezione attiva, dovrebbe invece essere "garantito" proprio (e solo!!) al beneficiario – possibile vittima della compressione di suoi "diritti essenziali" - il "diritto alla difesa tecnica", comunque articolato o specificato (anche con la nomina di "difensore d'ufficio", a spese dello Stato); possibilità però certamente esclusa, de iure condito, dalla normativa (la stessa che imporrebbe invece, secondo l'interpretazione processualistico-contenziosa del procedimento, al beneficiario che intenda proporre personalmente il ricorso ex art. 406 1° comma c.c., di munirsi di un avvocato per la sua presentazione!)

Inoltre appaiono difficilmente identificabili "a priori" i cosiddetti "diritti essenziali", sicché si rischia di "giustificare" ogni interpretazione "in buona fede difensiva" dei GT (sovente su conformi indicazioni, sempre in buona fede, di Presidenti di Tribunali, Presidenti di Sezione, ed altri giudici) che estenda la necessità di presentazione attraverso avvocato a tutti i ricorsi ex artt. 406-407  c.c. (ed anche alle richieste di modifica/integrazione?!).

Al di là della assoluta "opinabilità" di una lettura difensiva di tal genere, va rilevato che, attraverso di essa, si impone anche ai "responsabili dei servizi  sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona" di presentare il ricorso attraverso avvocato, con i relativi oneri, pur essendo prevista da parte degli stessi, l'"obbligatorietà" (almeno sussidiaria) di presentazione del ricorso: "sono tenuti a proporre al GT il ricorso...".

Diviene così comprensibile, anche se in totale contrasto con il carattere sussidiario dell'intervento previsto dallo stesso articolo 406 3° comma, il meno oneroso "ricorso alla segnalazione" al P.M., cui basta, da parte dei responsabili socio-sanitari, "fornire notizia" della necessità/opportunità di richiedere la misura di protezione, per ottemperare ai propri obblighi ex art. 406 3° comma  c.c. e per far promuovere al PM stesso un'iniziativa non contestabile e sicuramente ritenuta da tutti i giudici ammissibile ai fini della nomina dell'A.d.S. (al "marchingegno" ricorrono di fatto in diversi casi anche i privati).

Al di là di tutto, é di totale evidenza il radicale contrasto di questo modo di procedere (oltre che con ogni logica di sussidiarietà) con i criteri di  "semplificazione" e di "agevolazione" da cui é animata la stessa legge 6/2004, volta ad assicurare possibilità esistenziali migliorative al beneficiario non  autonomo e non a rendere complicato ed inutilmente oneroso il modo di attuarne una valida protezione attiva, rendendo a lui, ai suoi parenti ed agli stessi  responsabili dei servizi medico-sociali, "più difficile la vita". Non occorre una riflessione approfondita per comprendere lo "snaturamento culturale" cui vengono costretti, con questo tipo di interpretazioni, ruoli e competenze di GT e PM, servizi socio-sanitari e privati, tra cui i parenti già "affaticati" dal "prendersi a cuore" e lo stesso beneficiario. Parallelamente sono invece assicurati il "girar di carte" e l'allungamento dei tempi, senza alcun "rafforzamento" delle possibilità (e nemmeno delle cosiddette "garanzie") della persona sofferente e di  chi, per scelta e/o necessità, gli é accanto.

-   Deve essere valorizzato al massimo il ruolo del GT incaricato della trattazione delle misure di protezione, anche comparativamente (e realisticamente!!) rapportando il peso della specifica attività (che richiede grandissimo impegno) a  quello della "normale" attività giurisdizionale (il che non é attualmente previsto, né in fatto né in diritto). Ciò é compito anche del legislatore, oltreché del C.S.M.  e, ragionevolmente, degli stessi dirigenti, che dovrebbero tutti rinnovarsi anche  rivedendo totalmente i criteri di valutazione dell'attività dei giudici (criteri orientati, attualmente, a valorizzare seriamente, pressoché unicamente, l'attività giurisdizionale ordinaria ed il relativo numero delle sentenze).

-   Appare opportuno/necessario e assolutamente poco oneroso per lo Stato, affidare tendenzialmente a GOT "dedicati" (specializzati) e adeguatamente formati e professionalizzati (aumentandone ovviamente gli organici proprio a tal fine, con "posti riservati") il compito prevalente della trattazione della problematica della protezione delle persone non autonome. Tale indicazione non contrasta in alcun modo con limiti o indicazioni normative e/o culturali, neanche collegati ai limiti previsti dalle tabelle del CSM. Ritengo che gli organici dei giudici onorari possono a tal fine essere ampliati ,senza interventi normativi specifici (comunque tecnicamente "facilissimi"), dallo stesso CSM e/o dal Ministero. La specializzazione di un "corpo" di giudici non contrasta con alcun principio costituzionale ed é spesso – per altri settori - anche troppo praticata (anche in sede di indicazioni delle circolari CSM e di progetti tabellari). Nulla potrebbe impedire, naturalmente, che si attribuisse, ove ritenuto opportuno, ad un giudice togato (sensibile e formato) il compito di coordinatore del gruppo - protezione delle persone non autonome. Credo, a differenza di quel che  potrebbero ritenere alcuni magistrati fin troppo tecnici, che un intervento in tal senso, anche parallelo ad altri di seguito indicati, possa contribuire a far recuperare, nella effettività della considerazione sociale, "prestigio" ad un ruolo (quello del magistrato) che taluni sentono, per altri versi fatti e volontà, troppo  offuscato.

-   In parallelo con l'aumento degli organici dei "GOT specializzati", dovrebbero essere destinate "nuove forze", anche provenienti da altri settori della P.A. in fase di soppressione e/o snellimento (con minimi oneri complessivi per lo Stato, superate le logiche settoriali di "competenza di spesa" dei diversi ministeri), previamente "riqualificate" ad apportare più giovane linfa all'attività della cancelleria, che potrebbe, per lo specifico settore, implementarsi in maniera diversificata di "nuove competenze ed esperienze" condivise e destinate da enti e strutture che cooperano necessariamente con il GT ed il suo personale, anche ai sensi degli artt. 344 2° comma c.c. e 406 3° comma c.c. (formazione integrata di uno sportello condiviso operante anche presso il Tribunale a favore dell'utenza,  con la partecipazione anche dell'avvocatura e del volontariato). Può essere  opportuno a tale proposito, soprattutto per la partecipazione ad attività relativamente "riservata" da parte di personale "estraneo" (quale che ne sia la provenienza, pubblica o privata), ricorrere alla nomina di tali "persone esperte idonee al compimento di atti che giudice, cancelliere o ufficiale giudiziario non é in grado di compiere da sé solo" ad ausiliario tecnico ex art. 68 c.p.c., con la correlata assunzione personale di "garanzie". Alla formazione ed implementazione di tale personale potrebbero anche concorrere volontari qualificati (magari anche pensionati) anche in spirito di gratuità e senza oneri  economici per lo Stato (che non siano eventuali assicurazioni). Naturalmente é opportuno che tale partecipazione e la stessa attività di "sportello" rientri in protocolli condivisi comuni con l'Avvocatura.

-   Appare esperienzialmente inopportuno (come io stesso ho constatato ex post, in  base all'esperienza del periodo bellunese, essendo il decreto-progetto di sostegno  fisiologicamente in progressivo "divenire", scindere la fase della nomina di A.d.S. da quella del "seguito" del procedimento, destinato inevitabilmente a continue modifiche, anche programmate (quali quelle previste attraverso le  relazioni di cui all'art. 405 5° comma n. 6 c.c., nel cui ambito rientra anche il cosiddetto "rendiconto periodico").

Il "seguito" del procedimento di amministrazione di sostegno, con tutte le integrazioni, modifiche, rivalutazioni periodiche del progetto di sostegno in costante divenire, necessariamente previsto anche ex n. 6 del 5° comma dell'art. 405 c.c., é opportuno venga affidato allo stesso GT che ha emesso il decreto d'apertura, in via d'urgenza e/o ordinario, avendo "ascoltato" nelle modalità più  opportune il beneficiario valorizzandone anche progressivamente scelte, indicazioni e aspirazioni (ricordo comunque che neanche il contrasto di scelte e/o indicazioni tra beneficiario ed amministratore di sostegno crea di per sé  impossibilità di provvedere da parte del GT, eventualmente anche in modo difforme dalle indicazioni del beneficiario – art. 410 2° comma c.c. -, sostituendo o meno l'amministratore di sostegno). Il "seguito" costante e periodico del procedimento ed i relativi controlli (oggettivamente molto impegnativi - ma fondamentali - vista la quantità di procedimenti e la frequenza degli interventi richiesti) potranno grandemente essere favoriti dal cooperare anche a tali fini del cosiddetto "sportello". La problematica del "seguito adeguato" dei procedimenti di amministrazione di sostegno, é collegata anche all'importanza di alcune rilevazioni statistiche ad essi correlate, anche in ottemperanza di specifiche indicazioni della Convenzione di New York (art. 31);  da essa consegue come fondamentale la realizzazione di un programma  informatico specifico idoneo anche a valorizzare le possibilità di soluzione e di controllo anche di singole problematiche, attualizzando in ogni momento le possibilità di monitoraggio. Ciò potrà permettere da un lato la previsione dei più idonei interventi collegati all'emergere progressivo delle diverse "sofferenze"  (anche in attuazione del cosiddetto principio di "accomodamento ragionevole" di cui all'art. 2 della Conv.); e dall'altro rendere trasparente la lettura dei limiti attuativi della Convenzione ONU in Italia ed in tutte le sue articolazioni territoriali (art. 33).

-   Appare indispensabile un programma sistematico e sempre rinnovato di  "formazione" (vds. l'importanza della formazione per l'attuazione stessa della Convenzione ONU, come risulta, ad esempio, dallo stesso art. 8 della Conv. e  più specificamente dal 2°comma dell'art. 26) a tutti i livelli, dai giudici ai GOT specializzati, ai responsabili ed agli operatori socio-sanitari pubblici e privati, al             volontariato, con creazione anche di "albi circondariali". Ampia é sul punto la possibilità normativa della Regione e, ragionevolmente, degli stessi Comuni; ma eventuali inerzie dell'ente pubblico non impediscono affatto la formazione e la messa a disposizione dei GT da parte del volontariato di elenchi di persone disponibili nelle diverse zone ad esser nominate A.d.S. (e/o collaboratori –  consulenti dell'A.d.S. per specifiche problematiche: tale possibilità é spesso  grandemente utile anche a familiari nominati A.d.S. non forniti di specifiche conoscenze tecniche, che possono invece in alcuni casi rivelarsi necessarie).

-   Occorre prevedere normativamente e/o con circolari e/o protocolli, la massima semplificazione delle modalità di realizzazione delle "procedure", di cui sarà per  quanto possibile necessaria la massima "informalizzazione" e  "destrutturazione", anche e soprattutto in relazione alle convocazioni/comunicazioni ed alle persone cui i provvedimenti e/o i ricorsi vanno comunicati (appare opportuno eliminare lo stesso concetto di "notifica"), limitandole tendenzialmente solo ai possibili soggetti attivi (volontari e/o necessari) del progetto di sostegno (al di là dei richiami "in quanto applicabili" a formalità procedurali del procedimento di interdizione).

-   Anche se il punto é stato oggetto di riflessioni connesse a proposte già sopra evidenziate, mi pare fondamentale ribadire la necessità di previsione di "sportelli unitari" operanti (anche presso le sedi giudiziarie) quanto meno in ogni circondario e/o consorzio di comuni, quali strumento di agevolazione alla presentazione adeguata di ricorsi "funzionali" ai decreti-progetti di sostegno a                      favore della persona non autonoma.

-   Indispensabile appare (nel contesto generale di servizio alla persona in cui si collocano gli "interventi di sostegno temporaneo o permanente" nei quali si sostanzia, dalle forme minime alle più ampie, il "progetto di sostegno"), la sensibilizzazione di ogni persona alla problematica della non autonomia, a tutti i livelli ed attraverso tutte le organizzazioni e strutture pubbliche e private; ciò può/deve avvenire in tutte le formazioni ed organizzazioni in cui si "svolge la personalità" dell'uomo (art. 2 Cost.), senza volontà di concorrenza o di primazia, ma in rapporto costante di sussidiarietà e complementarietà funzionale all'attuazione della dignità di ogni essere umano.

-   Fondamentale appare, non solo per la realizzazione di singoli progetti di sostegno, ma per permettere l'attuazione di collaudate logiche di conoscenza e collaborazione che rendano possibile, nel reciproco accrescimento culturale, il ricorso adeguato allo stesso strumento, la formazione di "reti" tra strutture pubbliche e private, istituzionali e di volontariato, che in diverso modo possono essere chiamate a concorrere a progetti di sostegno. Tale formazione dovrebbe collegare competenze discipline e studi diversi, anche universitari (dal diritto alla medicina, dalle neuroscienze alle facoltà sociali, ma anche umanistiche o scientifiche), superando vecchi schematismi e logiche settoriali, in una logica di costante apertura al "futuro".

Non intendo certo con queste modeste e limitate indicazioni esaurire il campo enorme di possibili proposte ed interventi anche di sensibilizzazione necessaria (oltreché di formazione) a tutti i livelli, anche territorialmente diffusi e diversamente formati ed operanti nella logica dell'art. 2 della Cost.

Questi accenni vorrebbero soltanto ricordare ad ognuno di noi che la condizione di sofferenza e di non autonomia può riguardare tutti; e che se di questo non ci rendiamo conto rischiamo di essere non soltanto "uomini poveri", ma "poveri uomini", come ci avvertono nella poesia i cipressi del Carducci:

… "ben lo sappiamo, un pover'uom tu se';

ben lo sappiamo, il vento ce lo disse,

che raccoglie degli uomini i sospir..."



In diverso settore mi permetto di citare come esempio la partecipazione come volontari gratuiti (nel caso di specie pensionati di carabinieri e forze di polizia), nominati ex 68 c.p.c. ausiliari tecnici per supportare l'attività di cancelleria, presso il Tribunale di Belluno. Tale previsione é stata inserita nel DOG delle tabelle approvate dal CSM e valutata come "eccellenza" in sede di relazione all'ispezione ministeriale.




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