-  Cendon Paolo  -  29/09/2016

Chi ha fatto il male merita che abbiamo ancora fiducia in lui? – Paolo Cendon

Un avvocato che vive in Veneto, di cui non faccio il nome, mi ha scritto recentemente:

"Mi chiedo seriamente se come operatori del diritto, cittadini e cristiani sia giunto il momento di domandarci, con coscienza ed in profondità, se non sia giunta al termine la stagione dell"impostazione "retributiva" dell"ordinamento penale e se i tempi siano invece maturi per promuovere un approccio sostanzialmente "riparativo" del sistema giustizia.

Un radicale cambio di mentalità circa l"intervento penale che non dovrebbe spaventare. Penso, per esempio, all"inizio del capitolo terzo del libro biblico del Qoèlet, che con i suoi contrapposti "c"è un tempo per…ed un tempo per" ci insegna che anche all"interno di una medesima esperienza di vita si susseguono stagioni diverse, dove quella successiva può anche porsi in totale antitesi con quella precedente.

Il parametro oggettivo di riferimento è sancito dall"art. 27, co. 3, della Costituzione: «Le pene…devono tendere alla rieducazione del condannato».

Superflua ogni considerazione circa il fallimento in tal senso della pena detentiva.

Il legislatore costituzionale si rivolterebbe nella tomba constatando il livello di mancata attuazione di tale norma, la quale -pur riferendosi ad un momento successivo alla consumazione del reato ed all"irrogazione della relativa sanzione- ha funzione e significato anche di prevenzione perché "una persona recuperata rappresenta un elemento di contraddizione rispetto alle scelte criminose, elemento che rafforza l"autorevolezza dell"ordinamento giuridico" (L. Eusebi, Giustizia umana e misericordia: un incontro possibile?, in Orientamenti Pastorali, n. 1-2/2016, pg. 57). Una tale lettura pone perfetta continuità tra precetto laico e pensiero religioso: "io non mi compiaccio della morte dell"empio, ma che l"empio si converta dalla sua via e viva" (Ez 33,11).

Se consideriamo questa la corretta lettura dell"art. 27 Cost. allora davvero si spalancano alle nostre intelligenze e alle nostre coscienze nuovi orizzonti ai quali necessariamente prestare attenzione.

È vero: con il reato commesso ed i diritti violati non si può -e non si deve- banalizzare, far finta di nulla, dimenticare semplicemente; non si possono -e non si devono- tacere le sofferenze ed il senso di torto subito dalle vittime del comportamento criminoso; non si possono -e non si devono- tralasciare le esigenze di senso di sicurezza della collettività.

Ma una giustizia riparativa correttamente intesa non ammette nulla di tutto ciò in quanto: (a) pone come premessa la valorizzazione effettiva del ruolo centrale della vittima e la sua partecipazione al "processo" di riparazione; (b) non tralascia la necessità di individuare forme adeguate di restituzione/risarcimento del danno; (c) all"autore del reato chiede quantomeno: la presa di coscienza dell"errore commesso e la relativa assunzione di responsabilità; la volontà di riparare, per quanto possibile, il male compiuto; la tensione a ricostruire relazioni purtroppo recise.

In aggiunta, e forse proprio qui sta il vero nodo da affrontare, chiede il coraggio di approcciarsi al reato commesso e alle sue conseguenze si dal punto di vista della vittima, ma anche da quello del colpevole, al fine di cercare i presupposti di una giustizia che, piuttosto che limitarsi a ripristinare le regole e l"ordine violati, sappia invece gettare ponti rispetto alle fratture che l"uomo è in grado di produrre.

Provocatoriamente potremmo dire che la logica della "legge del taglione", comunque sottesa, e talvolta in maniera malcelata, alla preferenza per una visione rigidamente "retributiva" del sistema penale, significa assicurare vendettanon giustizia. "Occhio per occhio fa sì che si finisca con l"avere l"intero mondo cieco" ammoniva Mahatma Gandhi.

Se il reato è la rottura di una relazione allora la giustizia l"abbiamo solo quando, in qualche maniera, questa relazione viene ricostruita (o quantomeno si cerca di farlo).

Il tema è ovviamente complesso, aperto, di grande respiro (coinvolge le scienze umane, psicologiche, sociali, giuridiche, etc.), ma per fortuna molteplici sono i tentativi già esplorati (sia in ambito internazionale che nazionale) e tanti gli studi e gli approfondimenti svolti.

L'idea che mi guida nell"esternare queste poche riflessioni è il desiderio che su questi temi si moltiplichino, in ogni sede, anche locale, confronti e dibattiti sinceri e costruttivi, per il bene di tutti.

Un compito del genere può apparire impossibile da realizzare.

Se pensiamo però che "il fine del viaggiare è il viaggiare stesso e non l"arrivare" (Tiziano Terzani), se consideriamo quindi che sia necessario intraprendere questo percorso di rinnovamento a prescindere dai risultati che possiamo aspettarci perché ciò che ci viene chiesto è l"impegno e non il risultato, allora è arrivato il momento di mettersi in cammino puntando quantomeno a muovere i primi passi sulla via di costruzione di una nuova idea di giustizia".

 

 

Ecco cosa gli ho risposto

 "Parole nobili - invidio la sua larghezza di orizzonti e il suo spirito evangelico e costruttivo -

in tanti casi  di reati riesco anch"io a sentire come lei -   in molti altri confesso di no

 

Forse perché  mi sono occupato molto del dolo (civile)

forse perché sono per destino mio di studioso  un vittimologo

forse perché penso che ben pochi si pentano davvero, dentro se stessi

 Sto scrivendo un romanzo in cui il centro è

non proprio  la perversione, il gusto  sadico del male,

ma il fatto che il "male" è  spesso fecondo, liberatorio, vitale, per chi lo commette

 Comunque sono pieno di contraddizioni -- quando vedo i film carcerari (ne avrò visti 50 o 70) sono sempre dalla parte dei detenuti - dei condannati a morte poi ...

 Quando  penso però al piccolo Tommy

ucciso da Alessi perché piangeva di paura

allora penso che non farei fatica ad abbassare la leva"

 

Questa la replica del"avvocato

"La ringrazio per il Suo tempo e le Sue riflessioni: non banali né di circostanza, avremo tutti bisogno di saper guardare in profondità le questioni, per questo grazie.

La rassicuro subito: anch'io pensando ai tanti, troppi, piccoli Tommy che ancora popolano le nostre cronache ed i nostri incubi pensando "di pancia" non farei fatica ad abbassare la leva. Per questo, conoscendo la mia debolezza, prego Dio che non mi induca in tentazione e mi scampi dall'essere io messo nella posizione di subire in prima persona.

E, tuttavia, credo che entrambi concordiamo che il tempo dello "abbassare la leva" è definitivamente tramontato (per fortuna, aggiungo io).

Mi chiedo allora se, dietro a tante tragedie, o magari anche ad episodi meno raccapriccianti ma ugualmente delittuosi, non si possa intravvedere un qualcosa di diverso da una punizione fine a se stessa, che non riabilita e che, alla fin fine, non so quanto ripari al male commesso.

 Non so se le mie riflessioni siano praticabili, certamente ho molto da imparare e da riflettere al riguardo, ma tutti -io per primo- abbiamo bisogno della misericordia altrui per continuare a vivere e sperare.

Per questo La ringrazio per il Suo contributo: facciamo in modo che non cada tutto nel dimenticatoio, aiutiamoci tutti ad andare in profondità nelle cose!"

 

Fin qui l"avvocato – Il dialogo continuerà forse

 "Ha ragione l"avvocato naturalmente – Vorrei avere la fiducia di chi, come il papa Francesco e tanti altri, prima di lui, a cominciare da Gesù Cristo, per finire a mio padre, pensa davvero che l"uomo in fondo è buono, che se sbaglia è solo per effetto di alcune circostanze sfortunate, che creando situazioni adeguate quella spinta al bene riemergerà del tutto, lo redimerà, lo indurrà a pentirsi, ne farà un cittadino esemplare - Penso a Raskolnikov, penso a Resurrezione di Tolstoi, penso anche a me stesso che di solito riesco un po" a pentirmi del male che ho fatto, quando me ne accorgo – penso alle sentenze che risarciscono o almeno indennizzano i detenuti costretti a vivere in dieci in una cella di pochi metri quadrati (fra l"altro sono la prova che il danno esistenziale è una cosa seria, non l"invenzione di qualche scemo -..) – penso al carcere che produce follia e che induce tanti a uccidersi (è stato questo non l"ultimo dei motivi che mi ha spinto a scrivere un po" di tempo fa "Il prezzo della follia")

 Poi c"è in me l"altra dark side popolata di piccoli Tommy e di situazioni del genere, che continuano a sconvolgermi >>> fare del male a chi non può difendersi, NO, a chi è fragile, NO, ha paura, trema, supplica, NO; penso ad Auschwitz, a Marzabotto, all"infermiera di "Qualcuno volò sul nido del cuculo", al padre della Monaca di Monza, ai bulli che infieriscono sulla dodicenne grassoccia, al protagonista e alla vittima del "Collezionista" di W.Wyler, a Sara di Pietrantonio, bruciata viva dal suo ex alla Magliana poco tempo fa, ad Anna Frank, a Valeria Solesin, veneziana come me, che voleva dedicare la sua vita al bene e all"amore …"

 




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