-  Redazione P&D  -  23/03/2017

Danno non patrimoniale : Lo stato dellarte - Maria Beatrice Maranò

Danno non patrimoniale : Lo stato dell"arte

Maria Beatrice Maranò

"Scorretto pensare, in ogni caso, di esaurire col semplice richiamo a un barème i discorsi sul valore che una donna può attribuire al proprio seno – non è detto che quella manciata di euro basti sempre, non si possono trascurare nel pregiudizio i particolari di fatto, non tutte le donne sono uguali a questo mondo, non è sicuro che il "danno biologico statico/tabellato" sia tale da esaurire, anche qui, ogni risvolto di esistenzialità. A partire da quelli di cui alla novella "Idillio" di Maupassant, ben nota a chi s"interroga, fra le altre cose, sui misteri della femminilità: lo scompartimento di un treno, allora, la provincia francese di fine "800, una giovane balia sola e ansimante, l"allattamento del giorno prima che è sfumato, le smanie per quella benedizione calda e dolce che le gonfia le mammelle, un coscritto che ad una fermata sale nello scompartimento, il caldo bruciante d"estate, l"impossibilità per la ragazza di tenere chiusa la camicetta, il bisogno di slacciarsi, i seni che a un certo punto traboccano fuori, la muta preghiera allo sparuto compagno di viaggio, per essere aiutata a liberarsi di quel peso, la risposta di lui dopo un attimo di esitazione, il lungo idillio silenzioso che segue, sino alla battuta conclusiva del ragazzo col mento ancora umido e gli occhi riconoscenti: "Erano due giorni che non mangiavo"". Era questo un bellissimo commento di Paolo Cendon pubblicato su "Responsabilità Civile e Previdenza" ad una sentenza di Cassazione del 2006 che aveva negato l"esistenza del danno esistenziale. Quanta acqua passata sotto i ponti da quel lontano 2006, e proprio nella seduta del 21 marzo del corrente anno, l'assemblea di Montecitorio ha approvato il Disegno di Legge n. 1063-A recante ""Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice civile in materia di determinazione e risarcimento del danno non patrimoniale". Di poco rilievo le novità rispetto a quelle celebrate e previste dal testo originario del disegno di legge poi eliminate in sede di esame in Commissione. Le innovazioni non arrivate in porto sono consistenti:  1) gli articoli 2059-bis e 2059-ter c.c. che avrebbero dovuto prevedere criteri diversi di quantificazione del risarcimento del danno non patrimoniale in base alla tipologia di diritto leso se alla salute o se da altri diritti; 2) la figura del "danno tanatologico" finalizzato, in caso di morte del danneggiato, a risarcire il danno non patrimoniale subito da quest'ultimo nel periodo intercorso tra l'evento lesivo e la morte, nella misura dell'80% di quello previsto nelle tabelle per le lesioni permanenti; 3) la possibilità di un aumento fino al 50% del risarcimento stabilito in tabella,  qualora la menomazione avesse inciso "su specifici aspetti dinamico-relazionali personali" della vittima; 4) l"attribuzione al Ministero della Giustizia del compito di  pubblicare, nel gennaio di ogni anno, una raccolta delle sentenze in materia emesse nell'anno precedente; 5) una specifica norma  per regolare il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, da determinare in base ad una tabella allegata che avrebbe ripreso i valori previsti dalle tabelle milanesi per i risarcimenti per la perdita di un congiunto; 6) l'eliminazione nel Codice delle Assicurazioni della norma riguardante la tabella unica nazionale (c.d. T.U.N.) per la quantificazione del danno biologico per lesioni di non lieve entità e per lesioni di lieve entità.

Insomma l"innovazione è tutta nell'articolo 1 del disegno di legge che introduce l'art. 84-bis nelle disposizioni di attuazione del codice civile, e così dispone: "sia il danno non patrimoniale derivante dalla lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica, sia il danno non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto di tipo familiare, devono essere liquidati dal giudice con valutazione equitativa, sulla base delle tabelle A e B allegate alle disposizioni di attuazione del codice civile (primo comma); il giudice può, tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato, aumentare l'ammontare della liquidazione fino al 50% dovendo motivare la propria decisione (secondo comma). L'articolo 2 detta una disciplina transitoria relativa all'applicazione delle nuove disposizioni ai procedimenti in corso all'entrata in vigore della legge. Per la liquidazione del danno non patrimoniale si applicano dunque le tabelle allegate alle disp. att. c.c., che sono, in buona sostanza le tabelle elaborate dall'Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano ed aggiornate nel 2013. La tabella B ha modificato la sola tabella relativa al danno non patrimoniale per la morte del congiunto, in particolare è stato aggiunto il riferimento alla parte dell'unione civile ed è stato sostituito all'evento "morte del congiunto" l'evento "perdita del rapporto di tipo familiare". Arriva a definizione un evoluzione giurisprudenziale sul danno biologico e sul danno esistenziale che aveva avuto una svolta consistente nel 2008 con le famose sentenze di San Martino (SS.UU., senetnza 11 novembre 2008, n. 26972)che avevano affermato che il danno non patrimoniale è una categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate; il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. In sostanza il danno non patrimoniale costituisce una sorta di "contenitore" con tante scatole cinesi che costituiscono le componenti di danno variamente denominate: biologico, morale ed esistenziale. Dopo il famoso giorno di San Martino tutti noi operatori nel settore del danno ci siamo arrovellati nei nostri scritti difensivi al fine di fornire l"ulteriore prova del danno morale, ma le sentenze successive a quella hanno attestato comunque sempre che il danno morale, non era stato eliso, come scatola compresa in quel grande baule contenente tutto il danno non patrimoniale e di ciò si ha contezza attraverso i precedenti susseguitisi in materia: (cfr. Cass. civ., sez. III, 12.12.08 n. 29191 in  Resp. civ. e prev. 2009, 4 811 ). Una cassazione civile, sez. III, 13 gennaio 2009, n. 469 (in Giust. civ. Mass. 2009, 1 41) statuiva che quando l"illecito sanitario (per responsabilità aquiliana o contrattuale) derivi una lesione gravissima alla salute del neonato, il danno morale richiesto iure proprio dai genitori va risarcito come danno non patrimoniale, nell'ampia accezione ricostruita dalle S.U. della Cassazione (nelle sentenze n. 9556 del 2002 e n. 26972 del 2008 in De Jure- Giuffrè) come principio informatore della materia; tale risarcimento deve avvenire secondo equità circostanziata (art. 2056 c.c.), tenendosi conto che anche per il danno morale il risarcimento deve essere integrale e tanto più elevato quanto maggiore è la lesione che determina la doverosità dell'assistenza familiare e il sacrificio totale ed amorevole verso il macroleso. Stando alla nuova impostazione unitaria del danno non patrimoniale dettata dalle SS.UU. (Cassazione civile, ss.uu., 11.11.2008, n. 26972 in De Jure- Giuffrè), nessuno spazio sembrava essere riservato, sul piano liquidatorio alle voci di pregiudizio "degradate". Peraltro, tale "degradazione", se ben si è inteso il senso dell" "arresto", rilevava unicamente sul piano nominale. Ai fini liquidatori tutti i pregiudizi devono venire in rilievo, al fine di garantire il risarcimento integrale, essendo stato ribadito che il giudice deve "procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando anche le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interessa". Se pure la "parte del leone" era riservata al danno biologico, al danno biologico stesso era pure attribuita la "capacità di ricomprendere (con il corredo di una contabilizzazione riferita alle pieghe ripercussionali concretamente determinatesi) il pregiudizio morale e quello esistenziale". Le Sezioni Unite (Cassazione civile, ss.uu., 11.11.2008, n. 26972), dunque, non hanno determinato una deminutio di tutela, bensì una visione prospettica di questa diversa. Restava il problema di individuare i criteri risarcitori cui ancorare la liquidazione del danno non patrimoniale. In ordine ai criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, in giurisprudenza è stato costantemente sempre affermato il principio che la stessa non possa essere compiuta se non con criteri equitativi (in quanto i danni in esame, privi delle caratteristiche della patrimonialità, non si prestano ad una precisa determinazione del loro ammontare mediante criteri obiettivi), tenendo, tuttavia, conto di tutte le particolarità e circostanze del caso concreto, in modo da garantire l"adeguatezza del risarcimento alla fattispecie. In giurisprudenza è stato, inoltre, con altrettanta costanza, affermato che, al fine di assicurare, quanto più possibile, uniformità di trattamento con riguardo a vicende della medesima natura e per evitare che la valutazione inevitabilmente equitativa del danno non patrimoniale potesse assumere connotazioni ogni volta diverse ed imprevedibili, suscettibili di apparire arbitrarie, doveva ritenersi "non improprio" liquidare le suddette specie di danno sulla base di parametri tendenzialmente uniformi, ricorrendo, per la determinazione dei relativi quanta, all"applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, quali le cosiddette "tabelle". Beninteso, ciò doveva sempre avvenire al di fuori di ogni automatismo, dovendosi ognora "adeguare" il risultato dell"applicazione alla fattispecie, attuando una sorta di "personalizzazione" del danno, tenendo cioè conto della peculiarità del caso concreto e della reale entità del danno, apportando, se del caso, correttivi in aumento o in diminuzione rispetto al quantum determinato con il metodo tabellare. Si verte in una materia che non può tollerare differenziazioni di trattamento a seconda della collocazione geografica del danneggiato. Di guisa che, fermi restando gli "adeguamenti" determinati dalla "peculiarità" del caso concreto, molti giudici di merito hanno ritenuto opportuno adottare ai fini di "nostro" interesse, quale parametro base, le "tabelle" statisticamente maggiormente testate, vale a dire quelle del Tribunale di Milano: questo il ragionamento in una bella motivazione della Corte d"Appello di Perugia del 24.11.2008 (in De Jure- Giuffrè). E" risarcibile il danno morale, anche nel caso in cui sia basato su una presunzione e non su un accertamento concreto della colpa così stabiliva Cass. civ. sez. III del 03.03.2009 n. 5057 (in De Jure- Giuffrè): La peculiarità del danno non patrimoniale veniva individuata nella sua tipicità, avuto riguardo alla natura dell'art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai casi previsti dalla legge (e, quindi, ai fatti costituenti reato o agli altri fatti illeciti riconosciuti dal legislatore ordinario produttivi di tale tipo di danno) ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presieduti dalla tutela minima risarcitoria, con la precisazione in quest'ultimo caso, che la rilevanza costituzionale deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio conseguenzialmente sofferto e che la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale presuppone, altresì, che la lesione superi la soglia minima di tollerabilità, imposto dai doveri di solidarietà sociale e che il danno non consista in meri disagi o fastidi o sia addirittura meramente immaginario (Cass. civ. sez. III 04.06.2009 n. 12885 in De Jure- Giuffrè). Il danno non è mai in re ipsa. Alla luce della sentenza Cassazione civile, ss.uu., 11.11.2008, n. 26972, dovevano  essere necessariamente rivisti i criteri e i valori monetari adottati dalle tabelle degli Uffici Giudiziari. In particolare, la tabella milanese già comprendeva, nella nozione unitaria del danno biologico, la molteplicità delle singole possibili "voci" di pregiudizi, non lasciando spazio ad autonome liquidazioni del danno alla vita di relazione, del danno estetico, del danno alla sfera sessuale, ecc.; la tabella prevedeva, separatamente, solamente la liquidazione del danno morale, nella misura da un quarto alla metà dell"importo liquidato per il danno biologico. Incorreva dunque anche questa tabella nelle censure delle Sez. Unite, perché produceva una duplicazione del risarcimento del danno. Come risolvere questo problema salvaguardando in pari tempo i valori monetari finora riconosciuti? La soluzione maggiormente condivisa dai giudici milanesi muoveva dal presupposto che la nuova tabella di liquidazione del danno non patrimoniale da lesione del bene salute dovesse prevedere valori monetari che fossero riconducibili a quelli già riconosciuti precedentemente, sia a titolo di danno biologico che di danno morale, da liquidarsi dal giudice complessivamente all"esito di una personalizzazione del danno accertato. In sostanza, per ciascun punto percentuale di menomazione dell"integrità psicofisica, si sarebbe liquidato un importo volto a dare ristoro alle conseguenze delle lesioni in termini "medi": in relazione agli aspetti anatomo-funzionali, agli aspetti relazionali, agli aspetti di sofferenza soggettiva, ritenuti provati anche presuntivamente. Il giudice – in considerazione delle peculiarità allegate e provate nella fattispecie concreta, con specifico riguardo sia alla "sofferenza soggettiva" che alle "particolari condizioni soggettive del danneggiato" (nozione accolta anche dagli artt. 138 e 139 Cod. delle Assicurazioni) – doveva procedere ad una adeguata e complessiva "personalizzazione" della liquidazione del danno entro valori monetari stabiliti in un predeterminato range di aumento dei citati importi "medi". Con gli stessi criteri il giudice avrebbe liquidato anche il danno biologico temporaneo, comprensivo altresì del danno morale, entro un range che avesse consentito un"idonea personalizzazione. In ogni caso il giudice era sempre libero di liquidare importi diversi da quelli indicati in tabella, con congrua motivazione, soprattutto laddove la fattispecie concreta presenti aspetti affatto peculiari. (cfr. Tribunale Milano, sez. V civile, 06.05.2009, n. 6076 in De Jure- Giuffrè). Il danno morale era ed è dotato in ogni caso, di autonomia ontologica, che deve essere considerata in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene alla sfera della dignità morale delle persone e pure attiene ad un diritto inviolabile della persona; nello stesso senso si era mosso il Legislatore, che aveva parlato expressis verbis di danno morale come autonoma categoria di danno non patrimoniale (cfr. D.P.R. n. 37 del 3.3.2009) cfr. Tribunale di Piacenza, sentenza 04.06.2009, in De Jure- Giuffrè):  Non ultima sent. Cassazione civile ss.uu. del 19.8.09 n.18356, che aveva confermato indirettamente la validità del danno morale per lesioni comunque al bene salute, escludendolo solo per i danni "bagatellari" consistenti in disagi, fastidi e disappunti (caso di invio di tre solleciti di pagamento rivelatisi inesatti). Anche il Tribunale di Bari del 09.12.09 n. 3642 (in De Jure- Giuffrè), confermava che il danno morale non doveva essere accordato attraverso meccanismi semplificativi di liquidazione di tipo automatico, ovvero attraverso una meccanica quantificazione secondo una quota minore proporzionale alla quantificazione del danno biologico, ma doveva tenere specificamente conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto in concreto. Detta voce di danno, costituente il danno morale soggettivo, attesa la peculiare natura che lo contraddistingue, sfuggiva e sfugge ad una precisa valutazione patrimoniale ed il suo risarcimento mira a soddisfare l'esigenza di assicurare al danneggiato un'utilità sostitutiva che lo compensi, per quanto possibile, delle sofferenze morali e psichiche patite a seguito dell'evento dannoso. Il Tribunale di Taranto  non ha negato in nessun caso il risarcimento del danno morale, nei seguenti ultimi precedenti: sent. n. 508/09 , sent. n. 187/10, sent. n. 1756/09. Nonchè  sent. n. 957/09, in cui si legge: "All'importo come sopra determinato deve aggiungersi, al fine di coprire l'intero danno non patrimoniale, il ristoro delle sofferenze morali patite dal soggetto leso, da valutarsi anche in ragione di presunzioni, e sulla base di un giudizio equitativo circostanziato ex artt. 1226 e 2056 c.c.". E come anche in una sentenza avente per oggetto una R.C. sanitaria, la sentenza  n. 1454/09: "...A detta somma è stato poi aggiunto quanto equitativamente (art. 1226 c.c.) necessario a ristorare... il patema d'animo che secondo l'id quod prelumque accidit accompagna di consueto colui il quale subisca lesioni e conseguente malattia del tipo di quella riscontrata a carico dell'attore che interessando l'arto superiore dominante, necessario per l'espletamento di una serie di attività manuali, genera sicura angoscia circa gli esiti e la durata della stessa". Ritornando alla Suprema Corte  ( Cassazione Civile n. 11609 del 26.05.2011, in De Jure- Giuffrè): "La giurisprudenza di questa S.C., da un lato, ha ricondotto i danni risarcibili nell"ambito della classificazione bipolare stabilita dal legislatore, riassumendoli tutti nelle due categorie dei danni patrimoniali e dei danni non patrimoniali, specificando che le distinzioni elaborate dalla dottrina e dalla prassi fra danno biologico, danno per morte, danno esistenziale, ecc., hanno funzione meramente descrittiva; dall"altro lato, ha precisato che, nel procedere alla quantificazione ed alla liquidazione dell"unica categoria "danno non patrimoniale", il giudice deve tenere conto di tutti gli aspetti di cui sopra… i danni non patrimoniali debbono comunque essere integralmente risarciti, nei casi in cui la legge ne ammette la riparazione: nel senso che il giudice, nel liquidare quanto spetta al danneggiato, deve tenere conto dei diversi aspetti in cui il danno si atteggia nel caso concreto (cfr  Cass. n. 8360/10)".

Un ulteriore svolta in  questo lungo percorso giurisprudenziale è stata data dalla Corte di Cassazione, Sez. III Civ., sentenza 7 giugno 2011, n.12408 (in De Jure- Giuffrè): con la quale si è affermata la necessità di applicare su tutto il territorio nazionale un unico criterio di liquidazione, costituito dalle cd. "tabelle di Milano". Di recente le tabelle milanesi sono state recepite anche dal foro romano, che in passato si è sempre distinto per l'adozione di un proprio sistema tabellare, diverso da quello milanese; (cfr. Corte d'Appello di Roma, sentenza 25 marzo 2014, n. 36, e Corte d'Appello di Roma, Sez. III Civ., sentenza 21 dicembre 2016, n. 7200 in De Jure- Giuffrè).

Abbiamo tanto lottato per ottenere un unicum italiano a livello risarcitorio, affinchè una lesione del bene alla salute non valga più a Trieste che a Taranto ma questa uniformità in senso verticale siamo sicuri che non sacrifichi l"autonomia del giudice e le abilità difensive: patrimoni da conservare perché  volti a personalizzare quanto più possibile il risarcimento adattandolo al caso specifico?




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