Letteratura  -  Redazione P&D  -  20/02/2022

Emilio Graziuso ha letto "Storia di Ina"

La vita è fatta di attimi e piccoli gesti, spesso impercettibili ma in grado di creare, in modo inatteso ed inspiegabile, una metamorfosi esistenziale nelle persone.

Un incrocio casuale di sguardi, una parola scambiata ed il proprio mondo non è più quello di prima.

Da un momento all’altro cambiano le prospettive, l’agenda delle priorità, i colori, i profumi e ci si ritrova proiettati in una nuova dimensione nella quale i gesti quotidiani, ai quali ci si è spesso assuefatti, assumono una connotazione diversa fatta da emozioni, interrogativi interiori, brividi per semplici cose, come, ad esempio, una passeggiata, un raggio di sole, il profumo di un fiore.

Ad un tratto, ciò che si presenta alla vista, all’olfatto, all’udito ed al tatto comincia a riempire l’anima di chi sta vivendo quell’attimo di eterno.

Ed è proprio questo ciò che in “Storia di Ina”, bellissimo romanzo di Paolo Cendon, accade al prof. Marigondi, professore, o meglio Maestro, di diritto civile ed avvocato di sessant’anni,  e la ventottenne Ina, sua ex allieva.

Il suono del campanello dello Studio del prof. Marigondi (per gli amici M.), quest’ultimo che apre la porta, si trova di fronte la sua ex allieva e da quel momento le vite di entrambi si intrecceranno in modo indissolubile.

E così, per una strana formula alchemica, magistralmente tratteggiata dall’Autore,  scompaiono le differenze di età, di modo di vivere. M. ed Ina affronteranno, insieme, con tutte le ripercussioni che ne possono derivare per la coppia, le avversità della sorte, i pettegolezzi e le maldicenze di una società spietata e prigioniera dei propri pregiudizi, l’ostruzionismo del figlio del prof. Marigondi, sfociato in un contenzioso giudiziario per far sottoporre il padre ad amministrazione di sostegno.

Nello scrivere “Storia di Ina”, Paolo Cendon è, come sempre, spiazzante ed infrange, in modo delicato, vellutato, poetico tanti luoghi comuni, primo fra tutti quello del Maestro del diritto che si invaghisce del fascino estetico della giovane ragazza e quest’ultima che trova una situazione di comodo che possa garantirle una vita agiata.

Cendon, da vero esistenzialista, manda in frantumi questo stereotipo e ci proietta in un mondo ovattato, intimo, fatto di risvegli emozionali, scoperte di sensazioni mai provate, di giochi della mente.

Entrambi, i protagonisti, sin dall’inizio del romanzo, procedono  “con il freno a mano”, quasi a non voler accettare che quegli sguardi rubati, quell’emozione provata nello sfiorarsi le mani, quei piccoli gesti e delicatezze sottendano qualcosa di più profondo.

“Freno a mano” utilizzato anche per la consapevolezza di M. di derogare, se avesse lasciato parlare i propri sentimenti, a regole non scritte osservate nel corso della propria vita, personale e professionale, cercando di convincersi che non possa essere vero, troppe le differenze.

Troppo strana per il prof. Marigondi  quella situazione inaspettata.

Assurda, invece, per la giovane Ina.

Finalmente, dopo una perentesi di allontanamento tra i due protagonisti, M. ed Ina danno voce al proprio intimo ed ai propri sentimenti, avendo preso coscienza piena di essi.

Da questo momento, il romanzo assume un nuovo ritmo nel quale i due protagonisti si muovono all’unisono, uno accanto all’altra, procedendo con lo stesso passo.

Nessuno dei due che precede, quindi, l’altro.

Ed in questo modo, quasi a passo di danza i due protagonisti affrontano la loro nuova vita, all’interno della coppia ed all’esterno di essa,  fronteggiando, come si è detto all’inizio, anche i rovesci della sorte ed i momenti bui che l’esistenza riserva.

Paolo Cendon nelle pagine di Storia di Ina,  fa soffiare un vento delicato, armonico, musicale per spingere il lettore, utilizzando le parole di Francesco Guccini in Scirocco, 

“a guardare dietro la faccia abusata delle cose

nei labirinti oscuri delle case

dietro lo specchio segreto di ogni viso

dentro di noi”




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