-  Mazzon Riccardo  -  15/03/2017

Imputabilità quale presupposto della colpevolezza: le perplessità di parte della dottrina penalistica - Riccardo Mazzon

Il ruolo della colpevolezza è quello di attribuire ad un soggetto, attraverso un giudizio normativo di rimproverabilità personale, il fatto materiale dannoso ed obiettivamente antigiuridico (ambito civile), ovvero il fatto tipico (offensivo) ed obiettivamente antigiuridico (ambito penale): la colpevolezza, in tal senso, anche quando interessa particolari settori, proietta la propria luce in tutti e ciascuno degli elementi del fatto oggettivamente illecito, presupponendone pertanto il complessivo, attento, esame.

Documentato e precisato, peraltro, quello che diviene, in detta costruzione teoretica, il presupposto della colpevolezza (per un approfondimento, si veda, recentemente, il volume: "Responsabilità e risarcimento del danno da circolazione stradale" Riccardo Mazzon, Rimini 2014), ossia l"imputabilità, doveroso, in ogni caso, dar conto delle numerose perplessità che, specie in ambito penale, la dottrina ha sollevato circa il ruolo di presupposto della colpevolezza che l"imputabilità andrebbe ad assumere: secondo una parte della dottrina, ad esempio, la tematica dell"imputabilità concernerebbe non la colpevolezza, ma il reo; più precisamente, essa

"costituirebbe una condizione personale per l"applicazione della pena. Da questo punto di vista, l"imputabilità presupporrebbe il reato (e non concorrerebbe invece a costituirlo). Una tale prospettiva implica l"adesione ad una concezione strettamente psicologica della colpevolezza): solo identificandola nel puro nesso psichico si può infatti concepirne la sussistenza anche nei confronti di soggetti non imputabili. A sostegno si adduce la circostanza che anche ai fini delle misure di sicurezza rileva la distinzione fra delitto doloso e delitto colposo (v., ad esempio, gli artt. 219 e 221 c.p.): ciò che dimostrerebbe appunto la necessità di accertare il nesso psichico a prescindere dall"imputabilità" (Padovani 2006, 183).

Parrebbero aderire a tale accezione (concezione psicologica della colpevolezza) quelle pronunce che assumono carattere prioritario all"accertamento del fatto reato, rispetto all"accertamento dell"imputabilità [nella sentenza che segue, ad esempio, in applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha censurato la decisione del giudice d"appello il quale, investito di gravame proposto dall"imputato avverso sentenza con la quale il medesimo era stato assolto per vizio totale di mente, con applicazione di misura di sicurezza, aveva ritenuto di non poter prendere in esame la richiesta di attenuanti generiche avanzata dall"appellante giacché in tal modo avrebbe indebitamente espresso, in assenza di impugnazione del p.m., un implicito giudizio di colpevolezza:

"l"accertamento del fatto-reato in tutte le sue componenti, comprese quelle circostanziali, presenta carattere di priorità rispetto a quello dell"imputabilità del soggetto cui il fatto medesimo viene attribuito" (Cass. pen., sez. VI, 11 aprile 2001, n. 29106, RP, 2001, 931)].

Ancor più esplicitamente, s"è sostenuto che i concetti di imputabilità e colpevolezza vanno tenuti distinti e non sono legati da alcun rapporto di presupposizione; ne consegue che gli stati psichici che costituiscono il dolo e la colpa possono riscontrarsi anche

"nella condotta di un soggetto infradiciottenne incapace di intendere e di volere" (Trib. Min. L"Aquila, 22 maggio 1996, FI, 1997, II, 511).

L"adesione alla concezione psicologica non pare, peraltro condivisibile e, se alcuni rilievi sono esatti, infondate risultano le implicazioni generali che se ne vogliono trarre: anche gli incapaci, in effetti, possono realizzare il fatto o con dolo o con colpa, ma

"tali coefficienti di imputazione assumono, nei loro confronti, un valore profondamente diverso che nei confronti dei soggetti capaci" (Padovani 2006, 183).




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