-  Mazzon Riccardo  -  25/02/2015

MURO COMUNE: APPOGGIO ED IMMISSIONE DI TRAVI O CATENE - Riccardo MAZZON

l"appoggio e l"immissione di travi o catene nel muro comune

l'art. 884 c.c. stabilisce le facoltà del comproprietario del muro comune: appoggio di costruzione, immissione di travi, attraversamento con chiavi e catene di rinforzo, appoggio di camino, apertura di incavo, entro determinati limiti e condizioni

non prevede, invece, nè la facoltà di immettervi i tubi, di cui all'art. 889, comma 2 c.c., nè alcuna deroga all'obbligo delle distanze ivi previste, trattandosi di norme che operano in materia diversa e perseguono finalità diverse o analoghe, ma con mezzi diversi

Il comproprietario di un muro comune può fabbricare appoggiandovi le sue costruzioni e può immettervi travi, purché le mantenga a distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta.

Nel caso di immissione di travi, il vicino può far accorciare la trave immessa sino alla metà del muro, nel caso anch"egli voglia, a sua volta, collocare una trave nello stesso punto del muro, aprire su quest"ultimo un incavo od appoggiarvi un camino:

"tra le facoltà riconosciute dalla legge va segnalato in primo luogo l'appoggio di costruzione al muro comune: trattasi del cosiddetto appoggio laterale. Sono irrilevanti, in proposito, la natura e la destinazione del fabbricato che si vuole realizzare in appoggio al muro comune (edificio, scala, ecc.). Se il muro non fosse comune, il vicino potrebbe costruirvi in aderenza, ex art. 877, ma non pretendere l'appoggio. Altra facoltà spettante al comproprietario è quella di attraversare il muro comune con chiavi e catene di rinforzo, anche qui però mantenendosi ad una distanza di cinque centimetri dalla parete opposta. Per tali opere non è però prevista la possibilità di accorciamento; il che si giustifica sia per la modesta entità dello spazio occupato dalle suddette opere, sia, soprattutto, per la loro funzione, che è quella di rendere solidali i muri, impedendone il divaricamento" (Albano, Muro, in NN.D.I., X, Torino, 1964, 1024; ma vedi, amplius, il volume "I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento" - Riccardo Mazzon - CEDAM 2013, in Collana SapereDiritto);

"una seconda facoltà riconosciuta al condomino consiste nell'immettere nel muro comune travi per la grossezza del medesimo, purché queste siano mantenute alla distanza massima di cinque centimetri dalla superficie opposta, e ciò allo scopo di non deturpare la superficie del muro dalla parte del vicino. La facoltà di immissione subisce delle limitazioni per l'esercizio del pari diritto del vicino; quest'ultimo, infatti, può accorciare la trave fino alla metà del muro in tre casi: a) per collocare una trave nello stesso posto; b) per aprirvi un incavo; c) per appoggiarvi un camino. Si ritiene, tuttavia, che tale elencazione abbia natura meramente esemplificativa, sicché l'accorciamento potrà essere richiesto tutte le volte che sia reso necessario dall'esercizio dei diritti di condominio spettanti all'altro condomino. Le spese dell'accorciamento sono a carico del primo costruttore, in quanto la prevenzione non gli assicura alcun privilegio, posto che l'uguaglianza delle posizioni dei condomini deve essere assicurata in ogni tempo. Se poi la natura dell'opera immessa impedisca l'accorciamento, non dovrà farsi luogo allo spostamento dell'opera, tranne il caso in cui sia strettamente necessario immettere in quel punto l'altra trave od opera. Mentre la formulazione letterale del 2° co. sembra vietare in modo assoluto la facoltà di aprire incavi, l'interpretazione logica induce a ritenere che siano vietati solo quegli incavi che compromettano la stabilità del muro o lo danneggino. L'incavo non può però superare la metà del muro, e ciò al fine di consentire all'altro proprietario un'analoga utilizzazione dell'altra metà" (Albano, Le limitazioni legali della proprietà, in Tratt. Rescigno, 7, I, Torino, 1982, 589).

Il comproprietario può, inoltre, attraversare il muro con chiavi o catene di rinforzo, sempre mantenendo la distanza di cinque centimetri dalla superficie opposta:

"l'art. 884 c.c. stabilisce le facoltà del comproprietario del muro comune: appoggio di costruzione, immissione di travi, attraversamento con chiavi e catene di rinforzo, appoggio di camino, apertura di incavo, entro determinati limiti e condizioni, ma non prevede nè la facoltà di immettervi i tubi, di cui all'art. 889, comma 2 c.c., nè alcuna deroga all'obbligo delle distanze ivi previste, trattandosi di norme che operano in materia diversa e perseguono finalità diverse o analoghe, ma con mezzi diversi" Cass. 3.4.79, n. 1895, GCM, 1979, fasc. 4.

Qualora dalle opere compiute conseguano danni, l"autore è tenuto alla riparazione degli stessi.

In ogni caso, non si possono effettuare incavi sul muro comune o eseguire altre opere (diverse da quelle sopra evidenziate)

"l'art. 884 c.c., che disciplina alcune forme di utilizzazione del muro comune con riferimento esclusivo all'ipotesi di costruzione in appoggio, in quanto "lex specialis" derogativa ai normali principi dell'accessione e della comunione, non è applicabile fuori dei casi in esso tassativamente previsti. (Nella specie, in cui si discuteva della legittimità di balconi di una delle due proprietà a confine, realizzati a livello superiore del muro comune, con l'aggetto oltre la linea di confine, rappresentata dalla mediana di tale muro, il S.C. enunciando il surriportato principio, ha cassato la decisione del giudice del merito che aveva ritenuto applicabile l'art. 884 citato)" Cass. 26.10.81, n. 5596, GCM, 1981, fasc. 10,

che ne compromettano la stabilità o lo danneggino:

"la disposizione dell'art. 884 c.c., che prevede l'appoggio e l'immissione di travi e catene nel muro comune, funziona come "lex specialis" rispetto alle norme in tema di comunione e, pertanto, l'elencazione dei poteri da essa attribuiti al proprietario del muro comune deve considerarsi tassativa e non meramente esplicativa. (Nella specie la S.C., alla stregua del suesposto principio, ha ritenuto che la Corte del merito aveva correttamente escluso che l'apertura, da parte dei convenuti, di luci nel muro comune e l'applicazione ad esse di piastrelle di vetrocemento, in sostituzione della muratura piena originaria, potesse trovare giustificazione a norma dell'art. 884 c.c.)…" Cass. 10.3.81, n. 1336, GCM, 1981, fasc. 3.

 




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