-  Converso Rosaria  -  30/08/2013

MUTUO: CLAUSOLE VESSATORIE E INTERESSI - Trib. Napoli, V, Sent. N. 8740, 30/06/2013-08/07/13 - Rosaria CONVERSO

Il Tribunale di Napoli ha decretato, lo scorso 30 giugno 2013, che le clausole vessatorie dei mutui siglati prima dell"entrata in vigore della L. 108/96 (legge anti usura), prescrittive di un tasso d"interesse all"11,75% sono assolutamente valide. Diversamente, per le rate successive a tale data, le quote d"interessi, eccedenti tale limite, devono essere eliminate tramite il meccanismo sostitutivo dell"art. 1319 Codice civile. Non si applicano, a dire del Giudice Napoletano, le sanzioni ex art. 1815 c.c. e 644 codice penale.


All"esame del Tribunale Campano un mutuo fondiario, erogato nel 1993 per un importo da restituirsi in 19 mensilità con interesse a tasso variabile, con pagamento differito (a sei mesi) della prima rata.
I debitori, saldate le prime due rate, risultavano, poi, morosi per la terza, la quarta, la quinta e la sesta semestralità. L"Istituti di Credito, pertanto, giustappunto a causa dell'inadempimento, comunicava agli obbligati "l'avvenuta risoluzione" del contratto.


In merito, la Suprema Corte, già pronunciatasi a SS.UU., evidenzia che al creditore, in tali casi, spettano gli ulteriori interessi di mora negoziali, ma non anche gli interessi di ammortamento conglobati nelle successive semestralità a scadere. Pertanto, i soli interessi di mora annui sul capitale residuo puro, maturati fino al primo tasso-soglia pubblicato il 02/04/97 (si cfr. Cass. Civ., SS.UU., n. 12639/08).


Successivamente al 02/04/1997 (data richiamata data di pubblicazione del primo tasso-soglia ex lege 108/96), tale limite usuraio - come da giurisprudenza di legittimità diffusamente analizzata – andrebbe, quindi, sempre applicato.
In definitiva, il tasso-soglia va computato dal 02/04/97 al 30/11/08 (si cfr. Cass. Civ., I sezione civile, n. 603/13).
Prendendo le mosse dalla sent. 603/13, va osservato che la Corte di Cassazione, per mutuo venuto in essere (come nella specie) prima della legge 108/96, ha in parte motiva affermato, in primo luogo, che "...la questione dell'anatocismo [...] può essere considerata anche d'ufficio"; inoltre, e soprattutto, il Giudice di legittimità riferisce che, per fattispecie anteriore alla detta legge anti/usura, "Valide dunque le [...] clausole contrattuali, [...] va richiamato l'art. 1 L. n. 108 del 1996 che ha previsto la fissazione di tassi soglia [...]al di sopra dei quali gli interessi corrispettivi e moratori, ulteriormente maturati, vanno considerati usurari (al riguardo, Cass. 5324 del 2003) e dunque automaticamente sostituiti, anche ai sensi degli artt: 1419, secondo comma e 1399 ce, circa l'inserzione automatica delle clausole, in relazione ai diversi periodi, dai tassi soglia".
Di conseguenza, la Suprema Corte, confermando per questa parte la gravata pronuncia della Corte di Appello di Roma, afferma, altresì, che tale sentenza di seconde cure, per le pattuizioni anteriori alla legge 108/96, "precisa correttamente l'illegittimità degli effetti, relativamente ai rapporti non ancora esauriti, con sostituzione del tasso divenuto usurano con il tasso soglia...".
In pratica, il Giudice di legittimità, in forma più esplicita e positiva, eleva e ribadisce il principio per cui sono sì valide le clausole-interessi anteriori alla legge 108/96, ma afferma anche che esse, con il sopraggiungere dei successivi tassi-soglia, divengono illegittime negli effetti a partire, naturalmente, dal momento in cui intervengano i medesimi e più bassi tassi usurari, generandosi in tal modo un fenomeno di sostituzione automatica ex art. 1339 codice civile ed applicandosi  - da tale momento - in conseguenza, il saggio di soglia (in luogo del maggiore interesse contrattuale) rispetto alla porzione di rapporto non ancora esaurita, ad es. in ordine agli interessi moratori ancora dovuti.

Tale principio, per vero, era già evincibile da una cospicua serie di anteriori pronunce di legittimità, per lo più a contrario rispetto ai contenuti da esse espressi.
La vicenda va necessariamente ricostruita e richiamata, anche per dimostrare che la più recente pronuncia della Suprema Corte costituisce, in realtà, l'approdo di un già avviato e pregresso percorso interpretativo, non rappresentando perciò essa statuizione isolata.
In particolare, va osservato che  - a fronte di un primo orientamento giurisprudenziale (SS.UU. 18128/05), che negava l'applicabilità della legge 108/96 ai contratti venuti in essere anteriormente, vi è, di contro, un altro importante filone interpretativo che, in sostanza, attraverso varie modulazioni, riconosce, di contro, l'applicabilità della nuova disciplina anti/usura anche ai negozi stipulati in epoca precedente, in riferimento a quella porzione di rapporto negoziale ancora in corso che non sia completamente esaurita o conclusa (si cfr. Cass. 1126/00, 5286/00, 14899/00, 8442/02). Tali sentenze - le prime tre - sono intervenute prima della legge d'interpretazione autentica n. 24/01, nell"ambito della quale si è ritenuto che - ai fini della commissione del reato di usura  - è rilevante il solo momento della pattuizione o promessa degli interessi e non quello della loro concreta dazione (avendosi così riguardo al solo momento genetico, di conclusione del contratto e della sua validità e liceità), ma ciò non toglie che, quanto al profilo funzionale - relativo cioè al successivo rapporto - in base agli ordinari principi dello ius superveniens possano appunto applicarsi, se del caso, i tassi/soglia rispetto a quelle porzioni del rapporto stesso che siano ancora in corso e che, quindi, siano suscettive di ricevere la nuova disciplina imperativa; più precisamente, l'eco e il vivace dibattito suscitati dall'accennato orientamento del Giudice di legittimità, ha indotto il Legislatore (che, infatti, nella relazione di presentazione ne ha fatta apposita menzione) ad emanare, come dichiarata "interpretazione autentica", il D.L. 394/00 convertito, con modifiche, nella L. 24/01.
Come è noto, quanto al 1° comma dell'art. 1, sgombrando il campo da ogni dubbio interpretativo e ritornando all'idea dell'usura come reato istantaneo, il legislatore, ai fini dell'applicazione degli artt. 644 c.p. (illecito penale) e 1815, 2° co., c.c. (nullità civilistica della clausola usuraria e non debenza degli interessi), ha stabilito che siffatti accessori s'intendono usurari nel momento in cui "sono promessi o, comunque, convenuti, indipendentemente dal momento del loro pagamento".

In tal modo, avendosi riguardo - sul piano sanzionatorio - alla sola fase genetica (promessa o convenzione) e non anche a quella funzionale (relativa cioè al momento del pagamento), si esclude senz'altro, come si è ancora osservato in dottrina, l'incidenza dei tassi-soglia sulla validità dell'originario titolo negoziale ante l. I08/96. Viene così bandita la configurabilità del reato (nel penale) e della nullità (nel civile) rispetto ai contatti stipulati prima della nuova disciplina, pur se i conseguenti rapporti, ancora in corso, eccedano poi, tuttavia, le predette soglie usurarle.
Nello stesso senso e sia pure "incidenter", si legge in Corte Cost. n. 29/02, su cui oltre, che "...le sanzioni penali e civili di cui agli artt. 644 cod.pen. [reato] e 1815, secondo comma, cod.civ. [nullità negoziale] (novellati) trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarle...".


Ciò, dunque, a contrario, conferma che i contratti stipulati prima della L. 108/96 - i cui rapporti ancora pendano - sono, comunque, leciti, salvo che non fossero illeciti già secondo le anteriori regole, pur se detti rapporti, nel loro funzionale sviluppo, superino poi i sopravvenuti tassi-soglia.


Ne deriva, in pratica, che i mutui ancora in corso, stipulati anteriormente all'accennata riforma, non vengono colpiti da nullità nonostante la successiva eccedenza rispetto alle nuove soglie usurane.
Orbene! Se l'art. 1, comma 1, della L. 24/01 circoscrive all"usurarietà originaria (promessa o convenzione contrattuali) la sanzione civile della nullità della clausola-interessi ("Ai fini dell'applicazione... dell'art. 1815...") - con la ripetuta conseguenza che i negozi stipulati anteriormente alla 108/96 siano geneticamente validi - tuttavia ciò non esclude, sul diverso e successivo piano esecutivo/funzionale, che la nuova disciplina possa rilevare sotto profili diversi da quello, appena detto, della illiceità della pattuizione originaria.
In sostanza, se la citata disposizione esclude l'incidenza dei tassi-soglia (a monte) sulla validità del titolo negoziale, nulla però dice quanto alla possibile incidenza degli stessi (a valle) sul derivante rapporto che, a sua volta, soggiace, peraltro, alle altre regole del sistema e non a quella sanzionatoria (codificata solo rispetto all'atto generatore).
Altrettanto, del resto, può evincersi dalla ricordata pronuncia della Corte Costituzionale che, nel far salvo il citato comma 1, in ordine ai profili sanzionatoti del contratto, riferisce, tuttavia, tra l"altro, che restano "evidentemente estranei all'ambito di applicazione della norma impugnata gli ulteriori istituti e strumenti di tutela del mutuatario, secondo la generale disciplina codicistica dei rapporti contrattuali".


In definitiva, le sanzioni del primo comma riguardano - in genesi - il negozio, ma per gli ulteriori aspetti (non esclusa, perciò, la valutazione dell'incidenza delle soglie usurane sui conseguenti effetti), devesi aver riguardo alle generali regole sui rapporti privatistici.
Siffatta clausola di apertura della Consulta lascia, quindi, libero l'interprete di condurre l'indagine sui profili escutivo-funzionali alla luce dei criteri generali evincibili dal sistema.
Nella specie, al di là del nomen iuris che si preferisca adottare (sembra preferibile parlare di inefficacia sopravvenuta, in parte qua, delle porzioni di interessi eccedenti le soglie usurarie fissate a partire dai 2/4/97), può affermarsi che gli interessi debbano - da tale data - armonizzarsi con le nuove disposizioni di legge.
In particolare, ed in applicazione di siffatti criteri, ne discende che è valido il mutuo stipulato ante L.108/96 e che, tuttavia, a decorrere dal 2/4/97 (data di pubblicazione del primo tasso-soglia), la porzione di rapporto moroso - non ancora esaurita – debba, da tale momento appunto, confrontarsi con le soglie usurarie fissate dalla legge, da cui la prima può essere sostituita attraverso il meccanismo di cui all'art. 1339 codice civile.

La conferma di siffatta interpretazione si ha - a contrario - leggendo anche alcune recenti pronunce della Suprema Corte, secondo cui le norme che prevedono la nullità di patti contrattuali che determinano gli interessi con rinvio agli usi o che - come qui interessa - fissano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia usuraria (di cui, rispettivamente, agli artt. 4 L. 154/92 e 4 L. 108/96), non sono retroattive e, pertanto, in relazione a contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, non influiscono sulla validità delle clausole dei contratti stessi, ma possono soltanto implicarne l"inefficacia ex nunc (si cfr. Cass. Civ. 2140/06, conforme Cass. Civ. 4092/05 e Cass. Civ. 4093/05).
La Suprema Corte, ferma la genetica validità del negozio, ritiene, pertanto, che i tassi che risultino superiori ai limiti usurari, in corso di rapporto, divengono inefficaci ex nunc, applicandosi di conseguenza, in loro sostituzione, i tassi/soglia (Cass. Civ. 15497/05 e, più di recente, Cass. Civ. 15621/07): la legge 108/96 non si applica, quindi, secondo i Giudici di Piazza Cavour,  a rapporti "completamente esauriti" prima della sua entrata in vigore: questo significa anche che, al contrario, ove il rapporto non sia ancora completamente esaurito allora, alla sua porzione ancora corrente, debbano, di conseguenza, applicarsi, per tale residua parte, i corrispondenti tassi-soglia.
In definitiva, un cospicuo (e forse numericamente prevalente) orientamento di legittimità evidenzia in sostanza, che - ferma la ribadita validità del contratto stipulato ante/1.108/96 - la porzione di rapporto non ancora esaurita all'entrata in vigore della nuova legge debba soggiacere, ex nunc, all'applicazione delle sopravvenute soglie usurane, divenendo inefficaci le eccedenze illegali (si cfr. Cass. Civ.  n. 603/13).




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