-  Peron Sabrina  -  26/09/2012

A MARGINE DEL CASO SALLUSTI - II - Sabrina PERON

La notizia è subito rimbalzata in tutte le testate on-line e nei social network e sicuramente finirà nelle prime pagine dei giornali di domani: la Corte di Cassazione, sezione penale, ha confermato la condanna a 14 mesi di reclusione per il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, per la commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa a danni di un magistrato.

In attesa di leggere la motivazione della sentenza, mi pare utile (ri)pubblicare una ricerca svolta nel 2004 insieme al collega Emilio Galbiati, per l'Ordine dei Giornalisti della Lombardia (Presidente Franco Abruzzo), sulle cause di diffamazione decise dalla Corte d'Appello di Milano, sezione penale.

La ricerca é ancor oggi reperibile sul sito dell'Ordine dei Giornalisti della Lombaria al seguente link: http://www.odg.mi.it/node/30118

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Diffamazione a mezzo stampa. Analisi critica delle 103 sentenze emesse dalla Corte d"Appello penale di Milano nel biennio 2001-2002. Il lasso temporale intercorrente tra il deposito della sentenza di primo grado ed il deposito della sentenza di secondo grado è pari in media a circa 1.251 giorni (quasi 3 anni e mezzo).

Diffamazione - Corte penale d"Appello di Milano Le statistiche precisano che 18 condanne di primo grado su 100 vengono annullate, mentre 19 vicende sono chiuse grazie alla prescrizione del reato e altre 19 con il ritiro della querela. Nell"ambito delle testate giornalistiche sono state interessate diverse tipologie di pubblicazione secondo le percentuali che seguono: i quotidiani nazionali per il 67%; i quotidiani locali per il 9%; i periodici per il 22%; le reti televisive per l"1%; agenzie di stampa per l"1%. Tra le parti offese: 27% magistrati; 17% privati, vale a dire soggetti in cui la fattispecie diffamatoria non ha investito o interessato l"attività professionale; 12% politici; 9% avvocati; 6% amministratori di persone giuridiche; 5% medici; 5% imprenditori; 5% pubblici dipendenti; 4% professionisti; 3% impiegati Milano, 8 settembre 2004.

Completato il lavoro di ricerca (svolto dagli avvocati Sabrina Peron ed Emilio Galbiati) sulle sentenze rese dal Tribunale e dalla Corte d"Appello di Milano nel biennio 2001- 2002 in materia di diffamazione a mezzo mass-media. Oggi rendiamo noti i risultati della disamina delle sentenze emesse in materia dalla Corte d'Appello Penale di Milano. Dall"esame delle 103 sentenze penali della Corte d'Appello, è emerso che le pronunzie di primo grado oggetto di impugnazione sono state rese nella stragrande maggioranza dei casi dai Tribunali di Monza (52%) e di Milano (40%) e riguardano soprattutto quotidiani nazionali (67%) e periodici (22%). Tra le categorie professionali maggiormente coinvolte in fattispecie di diffamazione a mezzo mass-media, spiccano i magistrati (nel 27% dei casi dei giudizi di appello), seguiti dai privati (17%) e dai politici (12%).

Con riguardo, all'esito del giudizio d'appello, è interessante sottolineare come per una percentuale abbastanza rilevante dei casi (38%) il procedimento penale si è chiuso con una dichiarazione di improcedibilità processuale motivata dalla intervenuta prescrizione del reato / decesso dell"imputato (19%) o remissione di querela (sempre nel 19% dei casi). Nel restante 62% dei casi la Corte si è invece pronunziata nel merito delle controversie, provvedendo al rigetto dell"appello (44%) con conferma della sentenza di primo grado o all"accoglimento (16%) con conseguente riforma del primo grado (si noti che per riforma della sentenza si intende la modifica delle statuizioni, sia nel senso di un loro inasprimento, sia nel senso di una loro riduzione o, addirittura, di una revoca integrale). Più specificamente, laddove la sentenza di primo grado è stata confermata gli imputati sono stati assolti nel 41% dei casi, mentre laddove è stata riformata gli imputati sono stati assolti in una percentuale pari al 58% .

Venendo specificamente alla disamina delle pronunzie contenenti statuizioni di condanna, sono emersi i seguenti dati: nelle sentenze in cui la Corte ha rigettato l"appello confermando la condanna di primo grado, nel 98% dei casi è stata comminata la sola multa (generalmente in misura inferiore a € 1.000,00), mentre nel 2% dei casi la sola reclusione (la cui entità massima è stata pari a tre mesi); nelle sentenze in cui la Corte, pur accogliendo l"appello, ha comunque pronunziato la condanna degli imputati, nel 60% dei casi è stata comminata la sola multa (sempre in misura inferiore a € 1.000,00), nel 30% la sola reclusione (la cui entità massima è stata pari a 1 anno 4 mesi e 15 giorni ed una media calcolata intorno ai 5 mesi e mezzo) e nel restante 10% multa e reclusione insieme. Per quanto concerne i provvedimenti civilistici di natura risarcitoria, che costituiscono corollario della pronunzia penale, vengono – in media – liquidati, in € 12.744,40 quanto al risarcimento dei danni morali; € 2.194,94, quanto alla sanzione civile; € 8.816,70 in via provvisionale. Si noti che le medie di cui sopra, sono inferiori a quelle delle sentenze rese in pari periodo dal Tribunale Penale di Milano, ossia €.23.221,13 per il risarcimento dei danni; €.5.550,45 per la sanzione civile ed €.15.097,10 in via provvisionale.

E" stata calcolata la durata media del processo penale di secondo grado. A tale proposito, poiché le sentenze non riportano la data di proposizione dell"appello, è stato calcolato il lasso temporale intercorrente tra il deposito della sentenza di primo grado ed il deposito della sentenza di secondo grado, pari in media a circa 1.251 giorni (quasi 3 anni e mezzo). Venendo al merito delle pronunzie esaminate, anche la Corte d"Appello conferma il consolidato orientamento secondo cui non esistono fonti giornalistiche privilegiate tali da svincolare il giornalista dalla loro diligente verifica. In particolare, il giornalista non è esonerato dall"obbligo di verifica, qualora la notizia falsa sia stata precedentemente diffusa da un Telegiornale a diffusione nazionale o da una autorevole agenzia di stampa. Inoltre, si è ribadito che la verità non può ritenersi tale quando è incompleta, dovendo la verità parziale equipararsi alla falsità. La Corte d'appello ha emesso anche alcune interessanti pronunzie in tema di critica, stabilendo, ad esempio, che nella polemica politica possono utilizzarsi toni aspri e duri (poiché l'aggressività costituisce un tratto naturale del dibattito politico, il cui unico limite è quello di non ledere la personalità morale dell'avversario) e di intervista, per la quale ha ritenuto che la fedeltà del contenuto delle dichiarazioni rese dall'intervistato, nonché l'uso della virgolettature, la correttezza formale dell'esposizione, rappresentano indici di un atteggiamento di neutralità e di distacco assunto dal giornalista, nei cui confronti si ammette, quindi, l"applicabilità della scriminante dell"esercizio del diritto di cronaca. La Corte d'Appello, infine, richiede al direttore responsabile un controllo particolarmente rigoroso ed attento quando si tratti pubblicare di un editoriale o un articolo di notevole rilevanza per l'opinione pubblica; uguale controllo viene richiesto per la titolazione, soprattutto quando sia diretta ad orientare la lettura dell'articolo.

A completamento di questo lavoro di ricerca sulle sentenze di diffamazione tramite mass-media emesse dal Foro di Milano (sia civili che penali e sia in primo grado che in grado d'appello) l'Ordine Regionale dei Giornalisti della Lombardia e gli avvocati Sabrina Peron ed Emilio Galbiati, ringraziano per la gentile autorizzazione, che ha reso possibile tale ricerca, il Presidente del Tribunale di Milano, dr. Vittorio Cardaci, ed il Presidente della Corte d'Appello di Milano, dr. Giuseppe Grechi; un altro ringraziamento va per la sollecita collaborazione all'Ufficio Statistiche del Tribunale di Milano ed alle varie Cancellerie, civile e penali, che hanno reso possibile il reperimento delle sentenze.




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