-  Redazione P&D  -  04/04/2017

A proposito delle Linee guida del Tribunale di Brindisi, Sezione Famiglia, in tema di affido condiviso e residenza alternata: una ri-lettura della Risoluzione del Consiglio d'Europa N. 2079 del 2 ottobre 2015 - E. Reale

A proposito delle Linee guida del Tribunale di Brindisi, Sezione Famiglia, in tema di affido condiviso e residenza alternata: una ri-lettura della Risoluzione  del Consiglio d'Europa N.  2079 del 2 0ttobre 2015

Elvira Reale, psicologa

La Risoluzione 2079 che propone il riequilibrio di genere nell'ambito delle cure parentali ha questi due caposaldi:

1."L"Assemblée parlementaire a de manière constante promu l"égalité entre les femmes et les hommes dans la vie professionnelle et dans la sphère privée".

2. "La coresponsabilité parentale implique que les parents ont vis-à-vis de leurs enfants des droits, des devoirs et des responsabilités"

Tale risoluzione, come altre sulla parità, hanno sempre posto all'attenzione degli Stati le diseguaglianze di genere a svantaggio delle donne nell'ambito pubblico e domestico ovvero nella cura della casa e dei figli. Menzioniamo a questo proposito, come sintesi della Commissione europea sulle attività per il riequilibrio di genere in tutti gli ambiti, l'ultimo documento del 2015 sulle strategie da intraprendere per raggiungere gli obiettivi della parità, (allo stato non ancora raggiunti) di cui riportiamo alcuni stralci in inglese.

This Strategic engagement to gender equality 2016-2019 marks a new phase in our efforts to promote equality between women and men while continuing to focus on priority areas for action of particular relevance.

Dall'analisi dei gap di genere:

Attitudes towards equality are evolving, but today"s younger generation is not immune to gender stereotypes and disparities. Gender in­equalities in education persist – in terms of study subject preferences, performance and patterns of participation. Boys, especially from disadvantaged backgrounds, drop out of school more than girls and encounter many more difficulties in reading. Women are more likely to have a higher education degree but remain overrepresented in fields of study that are linked to traditional female roles such as care-related fields and are under-represented in science, mathematics, IT, engineering and related careers. As a result, inequality in occupations is taking new forms rather than diminishing and, despite their investment in education, young women are still twice as likely as young men to be economically inactive. Women also represent the biggest untapped source of entrepreneurial potential, representing only 29 % of entrepreneurs.

Gender-based violence is still widespread and can take many forms: one woman in three has experienced physical or sexual violence, 5 % have been raped since the age of 15 and 20 % have experienced online harassment.

Worldwide, women"s fundamental rights continue to be violated and they face discrimination in access to education, work, social protection, inheritance, economic assets, productive resources and participation in decision-making and society at large. Women spend two to ten times more time on unpaid work than men, which is one of the main obstacles to economic and political empowerment

Tra le priorità:

increasing female labour-market participation and the equal economic independence of women and men;

reducing the gender pay, earnings and pension gaps and thus fighting poverty among women;

promoting equality between women and men in decision-making;

combating gender-based violence and protecting and supporting victims; and

promoting gender equality and women"s rights across the world.

Tra gli obiettivi:

If we are to achieve the EU"s target of 75 % of men and women in employment in 2020 and, in particular, close the gender gap in employment, coordinated efforts will be required to facilitate women"s labour-market participation. As underlined in the 2016 work programme, this will involve making it easier to balance caring and professional responsibilities. It also requires a more equal sharing of time spent on care and household responsibilities.

Molti i paesi europei, tra cui l'Italia,  che  hanno fatto passi avanti nelle misure per sostenere la parità di genere e l'avanzamento delle donne nell'equa distribuzione degli incarichi dirigenziali e politici ( le quote rosa ne sono un esempio); non solo, anche molte le Risoluzioni per attuare la parità di genere nell'assistenza, nelle cure, nella prevenzione delle malattie e nella ricerca medica. Rimane un nervo scoperto la condivisione delle responsabilità familiari e la partecipazione dell'uomo ai carichi di lavoro domestici e di cura. In questo campo abbiamo solo alcuni segnali positivi come una proposta sul congedo obbligatorio per gli uomini , comunque di diversa entità di quello che spetta alla donna, dove oltre le cure materiali  da dispensare, abbiamo un legame psico-biologico da salvaguardare che è il periodo dell'allattamento e della prima relazione di attaccamento del bambino, quella con la madre, nei primi mesi di vita.  Ancora sulla parità di genere molto si è fatto, ma ancora molto c'e da fare, nel campo delle differenze lavorative tra uomo e donna: la parità salariale rispetto a medesimi carichi e funzioni, le progressioni di carriera garantite rispetto agli stessi output produttivi; il sostegno della genitorialità nelle iniziative di supporto alla relazione di cura ( asili nido e quant'altro).

Il quadro della parità è poi offuscato da un indicatore che segna le difficoltà di affermazione di questo processo che è appunto la violenza di genere contro le donne che la convenzione di Istanbul," riconoscendo altresì che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini",  ha considerato il "principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi".

La violenza entra però prepotentemente anche all'interno delle mura domestiche (è infatti la violenza domestica quella più subdola e diffusa, un terzo della popolazione femminile in Europa ne soffre, secondo i dati OMS del 2013) e costituisce il contraltare della parità e della condivisione dei carichi di lavoro e di responsabilità. Dove c'è violenza non c'è condivisione, non c'è scambio dei ruoli né alternanza; c'è al contrario un padre-padrone che impone le sue regole, e gioco forza non ci può essere né democrazia né partecipazione.

Violenza e mancanza di condivisione delle cure  potrebbero essere i due aspetti di un'unica medaglia, stante ancora una volta quello che dice la  Convenzione di Istanbul: "Riconoscendo che il raggiungimento dell"uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne" e che ovviamente, per  converso, la disparità genera violenza.

Al di là anche delle pronunce  del mondo internazionale (le dichiarazioni e risoluzioni dell'ONU in materia di parità e violenza contro le donne)  e del consiglio d'Europa, con l'emancipazione femminile  e l'ingresso nel mondo del lavoro produttivo,  le donne hanno sempre richiesto ai partner una condivisione delle cure all'interno della famiglia. Ad oggi il carico di lavoro familiare è ancora quasi per intero sulle spalle delle donne tant'è che nei dati europei sulla condivisione delle cure l'Italia è maglia nera dell'Europa per il contributo degli uomini al lavoro domestico, e l'Istat segnala nel rapporto del 2014 (confermando i rapporti precedenti  se non per lievissimi miglioramenti) che gli uomini svolgono un'ora e mezza di lavoro domestico a giorno, di fronte a 5 volte di lavoro in più delle donne (ma direi, ad esempio, che in queste ore non è stato compreso il raffronto del lavoro notturno con i bambini piccoli!) . Inoltre le donne italiane lavorano più di tutte le altre donne dei paesi europei anche di quelli meridionali come la Spagna. Ciò è l'ovvio contraltare del dato che gli uomini italiani  sono quelli che partecipano di meno alla condivisione del lavoro e delle  responsabilità domestiche e di cura!

Il divario di genere aumenta poi quando vi sono i figli dove diventa  più evidente la irrisoria partecipazione maschile al lavoro di cura: "I dati lievemente migliori contenuti in un"indagine ISTAT del 2006 sulla paternità non modificano la realtà della scarsa partecipazione degli uomini al lavoro domestico e di cura per la famiglia. Le differenze nei profili delle giornate-tipo di uomini e donne diventano più marcate quando nella coppia ci sono anche i figli. Essere madri, infatti, comporta un consistente incremento delle ore dedicate al lavoro familiare (6h e 47"), che cresce sensibilmente all"aumentare del numero di bambini. I tempi degli uomini, al contrario, non risultano variare in funzione della fase del ciclo di vita in cui si trova la famiglia, e la nascita dei figli coincide, piuttosto, con un maggiore coinvolgimento maschile sul piano lavorativo. Il contributo degli uomini al lavoro domestico e alla cura dei figli è così poco rilevante che, addirittura, l"assenza dei padri (nelle famiglie di madri sole) si traduce in una riduzione del lavoro familiare a carico della donna".

Tralasciando il fatto poi (cosa che non emerge dalle statistiche)  che gli uomini si scelgono le mansioni da svolgere ed alle donne rimane tutto il resto di ben più ore, impegni e responsabilità e soprattutto rimangono tutte le mansioni residuali non gradite agli uomini. Ancora dati di precendenti ricerche Istat sul tempo libero, fotografavano un tempo libero delle donne condizionato da scelte familiari (tempo libero è ad esempio portare a spasso i bambini o andare a cinema con loro!)  rispetto ad un tempo libero maschile centrato su hobby, incontri con gli amici, gioco e quant'altro!

E su questo punto della presenza in casa dedicata alla hobbistica da parte degli uomini abbiamo un indicatore interessante quello degli infortuni domestici in Italia che colpisce in via preponderante le donne, come emerge dai  dati Ispesl : " L"elevato tasso di incidenti domestici, che supera quello degli incidenti stradali con la loro mortalità, è frutto di un lavoro ( femminile) che, da solo o in associazione con quello esterno, crea condizioni di elevato stress e pressione  che si riflette poi nell"aumento dell"infortunistica…. poi  la quota maschile di infortunio domestico è causata, non tanto da attività di lavoro domestico ( come per le donne), quanto da attività di tempo libero e di hobbistica svolte in casa".

Dal punto di vista delle donne ben venga quindi, come alleggerimento di un carico di lavoro, la partecipazione maschile anche fino al 50% alle cure domestiche e familiari, il fatto è che non vi sono leggi a riguardo che disciplinano questa partecipazione che è affidata alla coppia. Oggi abbiamo una previsione di legge per 15 giorni di congedo parentale anche per gli uomini; una goccia nel mare magnum del lavoro e delle  responsabilità ancora ad oggi tutte sulle spalle delle donne almeno in Italia. Ben venga allora la cura solidale dei piccoli, con la corresponsabilità della loro salute e del loro benessere. Va da sé che la compartecipazione alle attività di cura non possono essere disciplinate per legge (chi dovrebbe controllare che nella coppia si realizzi il 50% di condivisione in ogni attività?). Tale compartecipazione può essere frutto da un lato  di un cambiamento culturale che viaggia nel tempo per tappe progressive, e che va sostenuto, dall'altro lato, con provvedimento e leggi  a sostegno delle donne, della loro partecipazione attiva nella produzione, nella politica, ecc. ecc. ed a sostegno della genitorialità per uomini e donne che svolgano alla pari il doppio lavoro in casa e fuori casa.

In questo quadro, la risoluzione sulla  shadred parenting è una ulteriore spinta  pensare e organizzare una società abitata da uomini e donne che condividono gli stessi carichi di lavoro e responsabilità. Sarebbe un assurdo guardare a tale risoluzione nel quadro europeo delle disparità uomo donna, ancora attuali e presenti, come un obbligo dei governi ad applicarla, in una fase della vita della coppia (la separazione), quando non vi sono le condizioni della parità nella coppia. L'effetto non voluto sarebbe quello della esposizione massiccia dei bambini ad una genitorialità non competente (se non esercitata prima della separazione), ed una penalizzazione delle donne, le quali se hanno dovuto dimettersi dal lavoro per curare i figli, nella separazione si trovano deprivate ( in condizioni sociali in cui il lavoro delle donne non è sostenuto socialmente)  della casa e/o del reddito familiare.

Dalla risoluzione si legge che si invitano gli Stati  a introdurre nelle loro legislazioni il principio della residenza alternata che può essere prevista ad eccezione  dei casi di violenza domestica ed altri gravi casi di pregiudizi del minore  e che la gestione della condivisione va rapportata alle esigenze del minore, che rimane sempre  il centro di questa organizzazione e come tale va ascoltato:

"5.5. à introduire dans leur législation le principe de la résidence alternée des enfants après une

séparation, tout en limitant les exceptions aux cas d"abus ou de négligence d"un enfant, ou de violence domestique, et en aménageant le temps de résidence en fonction des besoins et de l"intérêt des enfants;

5.6. à respecter le droit de l"enfant d"être entendu pour toutes les affaires le concernant dès lors qu"il est censé être capable de discernement pour ce qui est des affaires en question".

Ed  ancora si comprende il valore della Risoluzione come prospettiva futura  quando si afferma che gli Stati sono chiamati: " 5.11. à encourager l"élaboration de plans parentaux qui permettent aux parents de définir eux-mêmes les principaux aspects de la vie de leur enfant et introduire la possibilité pour les enfants de demander la révision des arrangements les concernant directement, en particulier leur lieu de résidence;

5.12. à instaurer un congé parental payé dont les pères peuvent bénéficier, en privilégiant le modèle

des périodes de congés incessibles."

La Risoluzione europea in questione sulla separazione con residenza alternata, che rafforza dal punto di vista genitoriale il legame di ciascuno con il figlio, non nasce in un deserto, ma nasce da tutte le altre risoluzioni sulla equità di genere volte a superare i gap a svantaggio delle donne. Essa quindi quando parla di separazione parla implicitamente  anche di doveri precedenti della coppia che si considerano assunti e soddisfatti da entrambi i genitori. In sintesi questa Risoluzione europea nasce dall'idea che la parità di genere e la equa distribuzione dei compiti di cura possa essere attuata, oltre che nella convivenza anche nella fase della separazione; ma se parla di parità nella gestione dei figli nella separazione è ovvio che dà per scontato che la parità e la condivisione sia stata attuata in precedenza, in modo che i membri della coppia possano godere anche nella separazione del diritto/dovere  di vedersi attribuita la cura paritaria dei figli, anche attraverso metodi rafforzativi come la residenza alternata.

Ma anche questa proposta, come abbiamo già detto, mette paletti e limiti alla misura della residenza alternata; un paletto forte che indica i casi in cui non è praticabile perché arreca un grave pregiudizio ai minori: la violenza domestica. Paletto che nel nostro ordinamento è oggi costituito, rispetto all'affido condiviso dall'art. 337 quater cc. Questo paletto misura una controindicazione che vale, stante le cifre che abbiamo indicato dell'OMS, per  il 30% della popolazione femminile  e per i corrispondenti partner maschili, non quindi un numero risibile di casi. Percentuale che diviene molto più alta  nell'ambito dei contenziosi  per l'affido, là dove ovviamente si trovano tutti i casi di separazione intentati da donne e motivati dalla violenza domestica. Rimane la necessità poi per i tribunali civili di munirsi di mezzi di accertamento della presenza della violenza domestica al di là di un percorso penale che può durare anni ed anni. A questo riguardo ricordiamo la differenza dei due percorsi penale e civile, che permette al tribunale civile di prendere provvedimenti limitativi della genitorialità anche solo con una evidente presunzione di violenza "Questa corte ha più volte sottolineato che nel processo penale vige , in materia probatoria, la regola della prova, oltre il ragionevole dubbio, laddove nel processo civile opera la diversa regola della preponderanza dell'evidenza  o 'del più probabile che non'." (cass. Pen, sez. III, sent. 5 maggio 2010, n. 29612).

Veniamo ora a valutare cosa significa in pratica questa opzione della residenza alternata dal punto di vista del minore, il cui interesse è sempre, per tutte le convenzioni e direttive  internazionali, superiore all'interesse degli adulti e quindi anche agli interessi ed ai diritti dei genitori di godere della sua presenza in modalità  alternata.

Un bambino ha una serie di diritti, come persona prima che come figlio, tra questi, il diritto  alla salute ed alla sicurezza, allo sviluppo della sua personalità, il diritto  alle relazioni, che non sono solo quelle parentali, ma anche sociali, amicali e scolastiche,  fondamentali accanto alle relazioni familiari per la sua evoluzione. Ha diritto poi ad un domicilio, alla casa, in cui evolvere come individuo e come persona. La casa quindi è luogo di garanzia anche delle libertà individuali, di espressione della personalità sia individuale che relazionale e sociale. La casa è tutto questo per una persona ed ancor di più per un bambino, per cui appare difficile che costituzionalmente  si possa  legiferare in tema di partizione al 50% di questo diritto alla casa ed al domicilio. Ancora di più tenendo presente che tale partizione in due del diritto di abitazione, risponde più  in via generale ai bisogni dei genitori, che non ai bisogni del minore. In sintesi, un bambino deve essere garantito nel fatto che l'alternanza non debba compromettere la sua stabilità relazionale nel contesto amicale e scolastico; il che significa che le due residenze dovranno essere gioco-forza limitrofe e idealmente far parte di una un unico ubi consistam. Inoltre al minore deve essere garantito che il suo tempo non sia diviso con la spada, per cui se deve andare da un amichetto, deve interrompere l'attività perché (come la cenerentola di buona memoria) scade il tempo da passare con l'uno o con l'altro genitore. Il bambino non deve piegare i suoi ritmi di vita ai tempi degli adulti ed alle loro esigenze di subentro nella relazione di cura!. Quindi sul piano dello spazio  le due residenze devono essere contigue, sul piano dei tempi questi non possono regolati con il machete, né per azione giudiziaria, ma devono discendere dalle esigenze del bambino (che possono mutare di volta in volta o con la sua crescita e con la crescita e diversificazione delle sue esigenze)  e dalla  priorità delle sue attività di sviluppo e relazione con il mondo esterno, che dall'età scolare in poi si dirigono sempre al di fuori  dello stretto ed angusto universo della  famiglia e della coppia genitoriale.

Infine non può essere che il tempo deciso per disavventura da un provvedimento giudiziario impedisca a ciascuno il normale svolgimento delle proprie attività e costituisca motivo di ansa e stress per tutti; perché questo non accada, sarà necessario che tale amministrazione familiare della residenza alternata sia decisa e scelta dalla coppia, che risponda alle esigenze di tutti e soprattutto dei figli; che i tempi siano flessibili ed elastici, e che vi sia armonia, altrimenti diventa un luogo in cui chi era abituato a fare da padrone continua, supportato dalla "in-giustizia", nel suo esercizio di potere sugli altri, aumentando  le sue quote di autoritarismo a detrimento soprattutto delle esigenze del minore.

La residenza alternata in definitiva può essere una strada di condivisione che nasce in un contesto separativo preceduto dal rispetto della condivisione dei ruoli e delle responsabilità nell'ambito della  convivenza. Là dove c'è parità di ruoli non c'è neanche violenza e soprattutto c'è il desiderio di tutti a mantenere i rapporti con il minore nel  modo migliore per garantire  il suo equilibrio psico-socio-relazionale.

La residenza alternata può nascere solo in un contesto di diritti rafforzati alla parità prima che alla genitorialità; il percorso è uno ed uno solo: questi diritti si rafforzano nelle  politiche di pari opportunità e di superamento delle differenze di genere a vantaggio delle  donne ( che ancora oggi soffrono di queste disparità ad ogni livello).

Altre leggi o risoluzioni che, saltando il vincolo del perseguimento concreto della parità di genere,  impongano dall'esterno la condivisione delle responsabilità genitoriali in un regime di alternanza e formalmente di parità,  sono candidate, non volendo, a perpetuare le disparità di genere con tutti gli annessi e connessi (violenze e disagi per donne e bambini).

C'è anche da dire che il regime alternato della residenza dei figli non deve in alcun modo essere legato al disconoscimento del diritto di un coniuge (quello con maggiori difficoltà)  a mantenere il suo domicilio nella ex casa coniugale (anche se di proprietà dell'altro) o a ricevere il sostegno economico. A trovarsi in condizioni di maggiore indigenza all'atto di una separazione, stante le attuali disparità nel lavoro e nelle retribuzioni, sono le donne,  verso cui è doveroso agire nel senso di una  perequazione delle diseguaglianze.

Quindi ricapitolando:

la residenza alternata, al di là del problema di assegnazione della casa che va disgiunto dalle modalità di un affido condiviso e alternato,  è misura di management all' interno dei rapporti di coppia; è una misura da scegliere in armonia  a partire  da entrambi i genitori con l'adesione dei figli, in un rapporto che ha fatto esperienza già nella  convivenza dell'interscambio dei ruoli di cura.  Essa non può essere frutto oggi, in un mondo  in cui ancora  vige la disparità di genere, di provvedimenti imposti dall'esterno di tipo giudiziario.

Il ricorso giudiziario per una richiesta di residenza alternata fatto in genere  dai padri separati dovrebbe essere oggetto di particolare attenzione, esso procede da dissensi di coppia evidenti, se non da violenza pregressa, e sicuramente indica una visione adultocentrica e  proprietaria della prole. Sottolineiamo questo punto che la residenza alternata, quando non procede da accordi né da una pratica precedente di alternanza di ruoli, rispecchia il bisogno del possesso: 'avere' cioè metà della casa, metà dei soldi e anche metà dei figli! Non possiamo accedere a questa visione proprietaria dei bambini, che discende chiaramente - dal punto di vista culturale - dalla ideologia del possesso e del controllo degli uomini sulle donne, aspetti specifici della violenza di genere.

La residenza alternata è improponibile quindi in un contenzioso giudiziario, aperto a qualsiasi titolo, perché esso  indica che non vi è stato alcun accordo della coppia alla  base di questa scelta,  dove l'accordo ed il consenso di entrambi sono al contrario elementi indispensabili. Ricordiamo poi che dietro queste richieste per via giudiziaria ci possono essere pregresse violenze domestiche e minacce alla donna in caso di denunce e/o separazione " ti toglierò (alla stessa stregua)  i soldi ed i figli".

Infine ci chiediamo è possibile,  richiamando il punto di vista dei bambini , sostenere la decisione dell'alternanza del domicilio sulla base di una interpretazione corretta dei desideri dei figli? Chiunque abbia fatto un lavoro  con i bambini ed ancor più con gli  adolescenti ed i pre-adolescenti, all'interno dei servizi pubblici, sa bene come il desiderio di stare metà tempo con l'uno o l'altro genitore non appartenga ai minori né sia questa  una causa del loro malessere. Molte volte i minori sono chiamati a stare a casa per tutelare un genitore della violenza dell'altro, allora stanno male perché perdono il loro naturale riferimento che è la rete di supporto amicale.  L'alternanza non è un desiderio del minore, né un suo reale bisogno di crescita e sviluppo: interesse del minore è che non vi sia violenza tra i genitori , è non essere chiamato in causa nei litigi; interesse del minore è al contrario essere coadiuvato dai grandi nelle sue scelte, nelle sue relazioni amicali, essere sostenuto nei suoi obiettivi, e soprattutto non dover dedicare tempo e risorse ai genitori per farli sentire  amati e/o potenti.  La residenza alternata, se obbligata, sembra aprire davanti ai minori un insieme di obblighi e vincoli  maggiori di quelli che oggi ha in una normale separazione non conflittuale, aprendo la possibilità, anche in una coppia solidale, a difficoltà organizzative e relazionali.

E' necessario quindi considerare la residenza alternata un'opzione che sancisce la parità nella distribuzione di compiti, quando essa sia stata presente e sia stata vissuta fattualmente prima della separazione, quando essa sia stata accettata e valutata nell'interesse di tutti,  senza però obbligazioni e controlli  esterni di tipo giudiziario ma invece in totale libertà di gestione e di decisione.

Si pubblica in allegato il testo integrale con note.




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