-  Redazione P&D  -  28/02/2013

ABUSIVA PUBBLICAZIONE DI IMMAGINE DI PERSONA NOTA - Fabio CAPRARO e Dario SABBADIN

BREVI NOTE IN TEMA DI ABUSIVA PUBBLICAZIONE DI IMMAGINE DI PERSONA NOTORI

Con la sentenza che si annota il Tribunale di Venezia - Sezione Distaccata di San Dona" di Piave decide sulla domanda risarcitoria formulata da persona notoria in relazione all"abusivo utilizzo della propria immagine.

La pronuncia contiene spunti interessanti e consente l"approfondimento di alcune delle questioni rilevanti in subiecta materia.

 

Sommario: 1. Il caso – 2. Il consenso – 3. Pubblicazione lesiva dell"onorabilità – 4. Danno risarcibile e sua quantificazione

1. Il caso

La Sig.ra M.T., oggi nota showgirl e conduttrice televisiva italiana, all"epoca dei fatti esercitava da circa quattro anni l"attività di fotomodella, avendo prestato la propria immagine per varie campagne pubblicitarie, servizi fotografici e filmati.

Nel marzo 2006, la stessa veniva a sapere che sulla copertina del periodico "Il P." – rotocalco mensile che contiene pressoché esclusivamente pagine pubblicitarie di locali notturni quali night clubs e lap dance clubs – era apparsa una sua immagine fotografica a tutta pagina che faceva da sfondo alla pubblicità del locale "C. – Lap Dance, Cabaret, Night Club".

Tale foto, realizzata nel febbraio 2005 dal fotografo M. M., era stata "scaricata", senz"alcun consenso ed in violazione della dicitura "all right reserved" che la accompagnava, dal sito internet "[…].com" dell"attrice ove era stata da quest"ultima inserita per ragioni professionali di autopromozione.

La fotomodella, pertanto, lamentava l"abusivo utilizzo della sua immagine, il carattere diffamatorio della medesima pubblicazione nonché la lesione del diritto alla riservatezza.

 

2. Il consenso

I referenti normativi in tema sono gli artt. 96 e 97 della L. n. 633/1941 (Legge Autore) siccome implicitamente richiamati dall"art. 10 del c.c.. Deriva da tali disposizioni che per pubblicare o esporre l"immagine di una persona occorre in via generale il suo consenso e che, in mancanza dello stesso e fuori dalle ipotesi contemplate dall"art. 97 L.A., l"interessato che abbia visto esporre o pubblicare la sua immagine possa ricorrere giudizialmente per ottenere la cessazione del comportamento lesivo ed il risarcimento del danno[1].

È dato acquisito in dottrina[2] ed in giurisprudenza[3] che il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale avente ad oggetto non già il diritto, personalissimo ed inalienabile, all"immagine, bensì solo il suo esercizio, con la conseguenza che esso è revocabile in ogni tempo, anche in difformità di quanto pattuito contrattualmente (salvo, in questo caso, il diritto dell"altra parte al risarcimento del danno)[4] e che la pattuizione del compenso non costituisce un elemento del negozio autorizzativo[5].

Quanto ai requisiti di forma del consenso, l"orientamento assunto dalla giurisprudenza è nient"affatto restrittivo essendo pressoché pacifico che possa essere manifestato anche tacitamente[6]. Si è ritenuto invero che esso possa essere acquisito anche in via implicita[7] o per facta concludentia[8].

Nondimeno, in una pronuncia di merito rimasta isolata[9], valorizzando il fatto che l"immagine rientrerebbe fra i dati personali protetti dalla normativa sulla privacy, si è affermato che il consenso al suo utilizzo non possa essere tacito o implicito, ma debba essere espresso ai sensi dell"art. 23 D.lgs. n. 196/2003.

In dottrina si è pure sostenuto che il consenso all"utilizzo dell"immagine debba necessariamente essere provato solo per iscritto in forza dell"art. 110 L.A. stante le analogie tra il diritto della personalità in parola ed i diritti di utilizzazione delle opere dell"ingegno e sulla base della connessione con il diritto d"autore ai sensi dell"art. 107 L.A.[10], ma la tesi è rimasta isolata[11].

Quale che sia la forma del consenso, la giurisprudenza quasi unanimemente ritiene che l"utilizzo dell"immagine sia legittimo purché questo si mantenga all"interno degli eventuali limiti, soggettivi ed oggettivi, entro cui il consenso è stato prestato[12].



[1] Per completezza si segnala l"art. 8 del D.lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale) il cui co. 1 dispone: "I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e, dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte, dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei parenti fino al quarto grado

incluso.".

[2] ZENO-ZENCOVICH, Profili negoziali degli attributi della personalità, in Dir. Inf., 1993, 545 ss.; VERCELLONE, Il diritto sul proprio ritratto, Utet, 1959, 64.

[3] Cass. Civ., 17.02.2004, n. 3014; Trib. Trani 06.11.2007; Trib. Torino, 26.01.2006.

[4] Cass. Civ., 19.11.2008, n. 27506.

[5] Tra le tante, v. tra le più recenti Cass. Civ., 06.05.2010, n. 10957; Cass. Civ., 16.05.2006, n. 11491.

[6] "Il consenso alla utilizzazione commerciale della propria immagine a norma dell"art. 96 l. n. 633 del 1941 può essere anche tacito." (Cass. Civ., n. 11491/2006, cit.).

[7] Cass. Civ, 29.11.1973, n. 3290; Trib. Roma, 07.10.1988; Trib. Roma, 02.11.1994.

[8] Trib. Verona, 17.03.1990; Trib. Benevento, 04.07.2008.

[9] Trib. Roma, 12.04.2004.

[10] DE SANCTIS, Autore (diritti connessi), in Enc. Dir., 1959, 4, p. 437.

[11] Salvo, forzatamente, rinvenire un"implicita adesione in Trib. Roma, 07.10.1988, cit. secondo cui ancorché sussista l"originario consenso l"uso dell"immagine da parte di terzi non sarebbe lecito perché "non risultano […] pattuizioni scritte al riguardo e, quindi, si dovrebbe desumere aliunde il consenso così ampio da valere nell"arco di molti anni e per un diverso ambito di situazioni soggettive e oggettive.".

[12] Espressamente Trib. Roma, 07.10.1988, cit. e Corte App. Roma, 08.09.1986; v. anche Cass. Civ., 01.09.2008, n. 21995; Corte App. Bologna, 01.08.2006; Trib. Milano 19.12.2005; Trib. Messina, 08.03.2005.




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