-  Miceli Carmelo  -  30/07/2013

ACQUISTO DI BENI IMMOBILI, EVIDENZA PUBBLICA E MANO INVISIBILE - Cass, S.U., n 17782/13 - Carmelo MICELI

Poniamo l"attenzione in questa sede su una decisione degli ermellini concernente l"acquisto di beni immobili da parte della pubblica amministrazione: benché il Codice dei contratti pubblici non trovi applicazione in virtù dell"art. 19, d.lgs. n. 163/2006, deve comunque seguire procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente in base alle comuni norme di contabilità dello Stato.

Degne di nota sono le argomentazioni sviluppate in parte motiva, in cui, a ben vedere appare chiara un"ascendenza comunitaria che influenza il dispositivo rassegnato nel caso de quo.

Ai fini di una completa ricostruzione del quadro di riferimento, in punto di rito, merita anzitutto evidenziare, che la giurisprudenza della Suprema Corte (in antitesi con quella amministrativa) reputa stabilmente che il potere di ius dicere spetta comunque al giudice ordinario, anche se l'amministrazione utilizza il procedimento pubblicistico per la scelta del contraente, senza però esservi tenuta (Cass. s.u. 29 maggio 2012 n. 8511). Da questo indirizzo non vi sarebbe ragione di discostarsi, attesa la sua aderenza al principio dell'indisponibilità della giurisdizione, che sarebbe violata se gli enti pubblici potessero avvalersi di questa sorta di forum shopping, predeterminando a loro arbitrio il plesso giurisdizionale destinato a conoscere delle controversie conseguenti al loro agire in sede contrattuale.

Nondimeno, ad avviso delle Sezioni Unite manca nella specie il presupposto della facoltatività, richiesto perché il principio invocato dal ricorrente sia concretamente predicabile. In Sicilia l'ordinamento degli enti locali, in forza del rinvio recettizio operato dalla legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, è disciplinato in conformità con la (pur se abrogata) legge statale 8 giugno 1990, n. 142, il cui art. 56 statuisce, per la stipulazione dei contratti dei comuni e delle province, "le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle amministrazioni dello Stato".

Secondo le deduzioni di una delle parti in causa, esulerebbero da questa previsione gli acquisti di immobili, poiché l'art. 19 lettera a) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 li esclude dal novero di quelli cui esso si applica. Ma tale opzione esegetica viene rigettata nell" impianto decisorio che qui si commenta. La disposizione ora citata e le varie altre contenute nello stesso art. 19 contribuiscono a delimitare e precisare la dizione - contenuta nell'art. 1 - di "contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti lavori e opere", cui si applicano, nella ricorrenza di determinati presupposti, le norme in tema di evidenza pubblica. Ma la sottrazione degli acquisti di immobili a tale disciplina (e quindi alla giurisdizione amministrativa esclusiva: art. 244 dello stesso decreto legislativo e art. 133 del codice del processo amministrativo) non esclude affatto la loro sottoposizione alle comuni norme di contabilità dello Stato, le quali impongono di regola, salvo eccezioni che non vengono qui in considerazione, l'adozione di procedimenti pubblicistici di scelta del contraente per i negozi da cui derivi una spesa, come appunto sono quelli di acquisto di cespiti immobiliari (con conseguente radicamento della giurisdizione amministrativa generale di legittimità per la cognizione delle relative controversie).

L" idée directrice che costituisce il sostrato del decisum in questione, risponde alla duplice esigenza di garantire la trasparenza e la non discriminazione nell" agire amministrativo, ed evitare al contempo, che si verifichino distorsioni e asimmetrie nel mercato immobiliare. Finalità ultima che concorre precipuamente a irrobustire l"intelaiatura comunitaria, e ciò perché talune disomogeneità dei soggetti che vi operano potrebbero dar luogo a dei deficit funzionali ed alterazioni di posizioni, con l"inevitabile risultato di una inefficiente allocazione delle risorse.

Le evoluzioni macroeconomiche, sottolineano come proprio simili disomogeneità e sfasamenti procurino il fallimento del mercato, in cui le forme di ibridazioni cui quotidianamente assistiamo tra regime di concorrenzialità e di oligopolio, verrebbero oltremodo vulnerate dal mancato rispetto sostanziale di un"evidenza pubblica nella scelta del contraente. Pur se, sulla base dell"intuizione di qualche economista, come nel "dilemma del prigioniero", le parti di un accordo collusivo otterrebbero tutte una posizione migliore, se nessuna di esse tradisse il patto. E invero, sarebbero evidenti e neanche troppo lontane le esternalità negative che da tali alterazioni verrebbero a discendere, configurandosi l"ottimo paretiano solo come un sogno di mezz" estate..chissà, l" ennesimo fallimento della c.d. "mano invisibile".




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