-  Mazzotta Valeria  -  04/03/2016

ADS E DOVERE DI CURA: NO RESPONSABILITA' PENALE PER ABBANDONO - Cass. 7974/2016 - V. MAZZOTTA

L'amministratore di sostegno non è penalmente responsabile se abbandona il soggetto da assistere perchè se non è previsto nel decreto di nomina specificamente, l"Ads non assume una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell"incolumità individuale dell"incapace

 

 

La sentenza n.7974 del 26 febbraio 2016 pronunciata dalla V sezione penale della Cassazione suscita, a parere di chi scrive, qualche perplessità.

Non tanto laddove  esclude la responsabilità penale dell"Ads nel caso in cui il beneficiario della misura di protezione venga trovato abbandonato e in uno stato di degrado assoluto, quanto allorchè dispone che compito dell"amministratore di sostegno, che pure ha il compito di relazionare periodicamente sull"attività svolta e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario, è quello «di assistere la persona nella gestione dei propri interessi patrimoniali e non anche la cura la persona, poiché l"art. 357 Cc, che indica tale funzione a proposito del tutore, non rientra tra le disposizioni richiamate dall"art. 411 tra le norme applicabili all"amministratore di sostegno».

Nel caso all"esame della Corte, un amministratore di sostegno viene assolto sebbene non abbia assicurato alla beneficiaria un"adeguata assistenza, come imposto dall"art. 410 c.c.

Nel caso di specie, l"Ads non si era reso conto dell"incapacità del figlio dell"anziana e dell"assistenza insufficiente della badante part-time, e, inoltre, non aveva segnalato agli organi di riferimento la necessità di un ricovero immediato in una struttura protetta. L"imputato di difendeva sostenendo l"inesistenza di un vero e proprio pericolo per l"incolumità della persona, che si trattasse di un caso sociale che non necessitava di un ricovero presso strutture protette come sostenuto dall"Unità di valutazione distrettuale e che a tale ricovero si opponevano sia la beneficiaria che il figlio. La sentenza d"appello assolveva l"imputato per carenza dell"elemento soggettivo, ravvisando solo la colpa,  negligenza e imprudenza e non il dolo.

La Cassazione, nel valutare la condotta dell"Ads, concorda con i Giudici di merito su quest"ultimo, e quindi giudica l"imputato non colpevole per il reato di cui all"art. 591 c.p. Detto reato è un reato proprio, che può essere commesso solo dal soggetto che riveste una posizione di garanzia nei confronti del soggetto passivo, sia esso minore o incapace. Ciò perché, spiega la Corte, la condotta consiste nell"abbandono della vittima, cioè nella volontaria sottrazione anche solo parziale o temporanea dai propri obblighi di custodia o di cura, nella consapevolezza della esposizione a pericolo della vita o dell"incolumità individuale del soggetto incapace di attendervi da solo.

Logico che la valutazione dei profili di responsabilità penale sia attenuata per l"Ads e corretto, mi pare, escludere il dolo, seppure generico.

Ma la Cassazione va oltre, perché ritiene di non individuare una posizione "generica" di garanzia dell"Ads rispetto al beneficiario. Detta posizione di garanzia che si traduce in un obbligo di cura sussiste solo laddove il decreto di nomina dell"Ads gli conferisca, appunto poteri di cura personale.

A tale conclusione la Suprema Corte giunge con una serie di passaggi.

Dapprima chiarisce la funzione, l"ambito di applicazione  e i rapporti dell"Ads con interdizione e inabilitazione.

Richiamando la sentenza 440/2015 della Consulta, fonda il discrimine  tra Ads da un lato e interdizione e inabilitazione dall"altro nel più adeguato grado di tutela che nel caso specifico una misura offra rispetto alle altre, e conseguentemente nella minor limitazione possibile della capacità di agire. Ribadisce poi la Corte il principio assodato per cui l"ambito di applicazione dell"Ads va individuato con riguardo non già al diverso e meno intenso grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, bensì alla maggiore idoneità dell"Ads ad adeguarsi alle esigenze del soggetto debole, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa (da ultimo Cass. 17962/2015).

Prosegue la Corte chiarendo che l"Ads, nello svolgimento dei suoi compiti, ha un dovere di ascolto, ossia deve tenere conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario, oltre che di informazione tempestiva e preventiva circa gli atti da compiere, dapprima nei confronti del soggetto debole e poi verso il Giudice Tutelare in caso di dissenso con il beneficiario stesso. In caso di contrasto, di scelte o di atti dannosi ovvero di negligenza nel perseguire l'interesse o nel soddisfare i bisogni o le richieste del beneficiario, è possibile ricorrere al giudice tutelare, al quale spetta l"ultima parola.
Da ciò emerge, secondo la Corte, "pur avendo un dovere di relazionare periodicamente sull"attività svolta e sulle condizioni di vita personale e sociale del beneficiario, compito dell"amministratore di sostegno resta fondamentalmente quello di assistere la persona nella gestione dei propri interessi patrimoniali e non anche la cura della persona, poiché l"art. 357 c.c., che indica tale funzione a proposito del tutore, non rientra tra quelle disposizioni richiamate dall"art. 411 tra le norme applicabili all"amministratore di sostegno".

Quindi, se non è previsto nel decreto di nomina specificamente, l"Ads non assume una posizione di garanzia rispetto ai beni della vita e dell"incolumità individuale dell"incapace.

Orbene, che l"Ads non rivesta una posizione di garanzia nel senso di un dovere di cura nei confronti del soggetto debole è un"affermazione che cozza contro la natura e lo spirito "esistenziale" dell"istituito, che proprio in questo si differenza dalle tradizionali misure di protezione dell"incapace, ossia l"interdizione e l"inabilitazione.

Al di là della considerazione per cui interdizione e inabilitazione non sono rispettose della dignità della persona perché incidono sulla capacità di agire eliminandola in tutto o parzialmente, dette misure si contraddistinguono anche per il contenuto prettamente patrimoniale, nel senso che bel difficilmente tutore e curatore (al di là di quanto detta l"art. 357 c.c.) assolvono a compiti di cura della persona, quanto piuttosto di cura e gestione patrimoniale. Tanto che ancora vengono disposte (e non a ragione, sia detto) da qualche Tribunale, e preferite all"Ads, proprio nelle ipotesi in cui vi siano ingenti patrimoni da gestire.

Vero è che i compiti, e quindi i poteri e i doveri sono specificati dal Giudice Tutelare nel decreto di nomina e che il Giudice definisce di volta in volta, secondo i casi, le attribuzioni e le limitazioni, ma un dovere di cura "personale" permane sempre verso il beneficiario.

L"Ads è l"angelo custode che dovrebbe vigilare sulla vita del soggetto da assistere garantendogli le migliori condizioni possibili, non solo economiche, ma anche personali, abitative, sanitarie, igieniche e via di seguito.

L"assetto patrimoniale è solo uno degli aspetti dell"esistenza di una persona: se l"Ads ravvisa la necessità di intervenire in ambiti quali la situazione abitativa e il possibile ricovero in struttura, ad esempio, si confronterà con il beneficiario ove ciò sia possibile, e nel caso di dissenso interpellerà il Giudice, sempre ricostruendo il quadro della situazione e le soluzioni possibili per garantire al soggetto una migliore qualità della vita. Non basta insomma il diniego del diretto interessato, poiché tale diniego è superabile laddove occorra per tutelarlo.

L"Ads ha anche il dovere di favorire le relazioni interpersonali e la vita sociale dell"individuo, coinvolgendo se occorre i servizi a ciò deputati e con i medesimi collaborando nella predisposizione di un progetto di vita e di sostegno che tenga conto delle aspirazioni del soggetto e sia approvato dal Giudice Tutelare.

Tutto ciò a prescindere dal fatto che la cura della persona sia tra i doveri indicati nell"atto istitutivo dell"Ads, essendo tale dovere indissolubilmente legato al ruolo dell"amministratore di sostegno.




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