-  De Giovanni Cristiano  -  15/03/2013

AFFIDAMENTO FIGLI MINORI E POTERI OFFICIOSI –Cass. 5847/2013- Cristiano DE GIOVANNI

In sede di regolamentazione giudiziale della crisi familiare, tanto che si tratti di separazione quanto di cessazione degli effetti civili ovvero di scioglimento del matrimonio, uno degli aspetti più delicati riservati all'accertamento e alla cedizione del giudice riguarda la posizione della prole minore di età.

Ebbene la Suprema corte nella pronuncia in esame (Cass. Civ. 8 marzo 2013 n. 5847) ha affermato che il giudice al fine di assumere ogni decisione che ritenga utile sull"affidamento dei figli minori ben può fare ricorso a mezzi di ufficio ai sensi del primo comma dell"art 155 sexies c.c..

La norma de qua stabilisce, infatti, che "prima della emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all"art. 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d"ufficio, mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l"audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento"

Trattasi di disposto normativo che è stato introdotto dal legislatore con la legge n. 54 del 2006 avendo come riferimento gli artt. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003.

Non si può dimenticare che i figli minori sono pienamente protagonisti della situazione di crisi che coinvolge il rapporto famigliare e che stante la necessità di preservare il loro interesse che altro non è se non quello di crescere e sviluppare la propria personalità e i propri bisogni a prescindere dal conflitto che può involgere i genitori, devono essere garantiti con tutti gli strumenti processuali idonei e, quindi, anche azionabili d"ufficio.

La stessa Corte, sul presupposto della centralità rivestita dalla prole nei giudizi de quibus, ha confermato che l"audizione dei figli minori (che abbiano compiuto dodici anni e anche di età inferiore ove capaci di discernimento) costituisce un adempimento necessario nelle procedure relative al loro affidamento nel primo grado di giudizio la cui violazione è causa di nullità della sentenza che può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole fissate dall"art. 161 c.p.c. e, dunque, è deducibile con l"appello (v. Cass. n. 1251/2012).

Su tale scorta la Suprema corte riconosce rispetto al caso sottoposto al suo esame che l"eventuale mutamento del regime di affido della prole da condiviso – originariamente disposto dal Tribunale- a esclusivo come disposto dal giudice del gravame sulla base del ricorso ai poteri officiosi in esame – richiesta di intervento e relazione dei Servizi Sociali- non può essere oggetto di censura da parte del giudice di legittimità in quanto espressione del principio dell"officiosità dei poteri di cui gode il giudice per l"affidamento dei figli.




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