-  Mottola Maria Rita  -  30/10/2016

Aldo Moro, terremoti, statistiche, verità, giornalismo – Maria Rita Mottola

Cosa lega fatti all'apparenza così lontani? Mi piace l'esercizio che assomiglia alla teoria dei sei gradi di separazione. Trovo stimolante collegare eventi tra loro. Ci provo ancora una volta.

Ieri 23 settembre era l'anniversario della nascita di Aldo Moro. Cento anni, un secolo. Non vorrei ricordarlo come statista ma come giurista, giovanissimo fa parte della costituente e della Commissione dei Settantacinque. Contribuisce alla scrittura di quel capolavoro di equilibrio e di tensione verso il futuro che è, o forse era, la nostra Costituzione. La sua morte, oltre a essere drammaticamente legata a fatti inquietanti della nostra storia, costituisce uno scrimine, tra un prima e un dopo. Prima del '78 una lunga stagione di lotte e di riforme verso uno Stato sempre più solidale, sempre più attuativo di quei principi fondanti della carta costituzionale, che tendenzialmente cerca gli strumenti per la piena occupazione, voluta dall'art. 1 che pone al centro della vita economica il lavoro. Dopo ...

Ricordo quel giorno, il giorno del rapimento. Ero allora responsabile dell'ufficio personale di una azienda di 215 dipendenti, e frequentavo la facoltà di giurisprudenza, ero di poco più giovane di quell'Aldo Moro che, trent'anni prima, valutava le parole da scrivere per meglio interpretare il desiderio di libertà e di dignità che tutto il popolo italiano esprimeva. Entrò nel mio ufficio l'amministratore delegato, di destra, senza dubbio, senza nasconderlo, quando forse aveva un significato, o almeno noi attribuivamo un significato, a destra e a sinistra. Signorina chiami, per favore i pullman per le operaie, andiamo tutti a casa. Percepii una vibrazione nella sua voce che non potrò mai dimenticare, un misto di orrore, di preoccupazione, di ansia, di stupore. Quella voce rappresentava tutti i nostri sentimenti, tutti noi in quel momento ci sentimmo così. Nulla fu come prima (mi sovviene un particolare che avevo scordato e che, in un certo senso, rende ancor più incredibile il mancato ritrovamento del covo ove era imprigionato lo statista. Tra le operaie della piccola fabbrica di abbigliamento collocata in un paese sconosciuto ai più della provincia italiana – a proposito era di buon livello la produzione, partecipavamo a manifestazioni di moda di rilievo e esportavamo persino in Australia – ve ne era una, una cellula dormiente dei servizi segreti, e si favoleggiava avesse un busto del Duce in casa! Se vi era una rete così ramificata sul territorio come è possibile che nella Capitale ...). Pochi però ricordano e persino pochi allora seppero che il giorno del ritrovamento di Moro venne ucciso Peppino Impastato, senz'altro di sinistra, alla ricerca della verità. Come di sinistra era senz'altro Pier Paolo Pasolini ucciso nel 1975. Stava scrivendo Petrolio, sul caso Mattei, di verità si può anche morire.

Si succedono avvenimenti terribili (basta ricordare l'uccisione di Ambrosoli e le sue motivazioni), il terrorismo e gli anni di piombo, le BR qui e in Germania, appunto in Germania dell'Ovest.

Terremoti, l'Italia trema. Ma la frequenza negli ultimi tempi è aumentata. Nel periodo dal 2000 al 2016 si contano 112 (salvo mio errore di computo) con magnitudo superiore al 4° grado della scala Richter, 73 per l'intero periodo dal 1900 al 2000. Pare che i numeri e le statistiche siano complottiste! O forse no, i numeri ci raccontano la verità, quella verità che la storia, la cronaca e la scienza sembrano voler negare.

L'altro ieri, invitata a una serata dedicata all'informazione sull'ultimo terremoto chiesi al geologo, giovane, preparato e brillante, se conoscesse una ricerca effettuata dall'Istituto per la Valorizzazione del Legno in seno al CRN-Invalsa di San Michele all'Adige (Trento) in collaborazione con l'università della Calabria. Si tratta di un recente studio che ha approfondino un fatto poco noto: il Re Carlo di Borbone, dopo il catastrofico terremoto del 1783 in Calabria, decine di migliaia le vittime, affidò all'ing. Francesco La Vega la scrittura di un regolamento edilizio antisismico, ovviamente il primo in Europa, uno dei tanti primati del Regno borbonico. Lo stesso ingegnere sovraintendeva i lavori di scavo nell'area archeologica di Pompei ed Ercolano e sperimentò le strutture che aveva potuto ivi trovare e studiare. Le case costruite con il suo metodo, cd. casa baraccata, forti di strutture lignee di sostegno, e realizzate secondo il regolamento borbonico, hanno resistito a terremoti di magnitudo superiore al sesto grado della scala Richter, come la casa del Vescovo di Mileto studiata oggi dal CNR.

Il nostro geologo, onesto intellettualmente, ha risposto alla mia domanda con un candore affascinante. E' vero, molti studi sono fatti in Italia da università della penisola, purtroppo noi dobbiamo usare il regolamento europeo che raccoglie al 95% le regole statunitensi e quindi i nostri studi divengono inutili.

Ecco oltre 2000 anni fa gli italiani sapevano costruire case anti sisma e sapevano fare le leggi. Lo stesso popolo oggi si fa imporre dall'esterno un vincolo assurdo da chi le leggi non solo non le sa scrivere ma neppure le applica, che le case di mattoni, le chiese, i campanili e le torri, non solo non le sa costruire ma neppure le possiede.

E allora si comprendono gli sproloqui del day after: non è colpa del terremoto è colpa di chi risparmia sul cemento armato. Certo per negare l'evidenza, per negare che quel cemento imposto da un vincolo esterno non è adatto alle nostre case, ai nostri paesi, che se invece di cedere alla furia devastatrice dei Savoia che aveva distrutto, messo a fuoco, violentato, ucciso e deportato, ma anche, purtroppo, eliminato le leggi e i regolamenti borbonici e quella burocrazia snella e attenta ai bisogni del popolo, se si fosse fatto come facevano i romani accogliendo il bene del nemico conquistato, forse i nostri paesi non sarebbero stati distrutti da quel numero stranamente alto di terremoti degli ultimi decenni.

Sì perché dire che il meridione è una palla al piede perché paga l'eredità borbonica appartiene alla voglia ideologica di negare la verità che è un'altra: il cavaliere Vittorio Sacchi, inviato da Cavour a Napoli, per adeguarne l'amministrazione a quella sabauda, fu così colpito da efficienza e snellezza di quella borbonica, che ne scrisse con parole entusiaste al Conte, proponendone l'estensione a tutta l'Italia, Sacchi fu richiamato in patria e " i piemontesi piemontizzarono"*.

Gli storici per scrivere la storia della nostra Italia a piacimento dei politici non utilizzarono le numerose fonti, ne negarono l'esistenza, approfittarono del fatto che molti atti e fatti furono abilmente celati e qualche volta andati distrutti. Ma chi voleva manipolare la storia non fece i conti con le lettere, gli epistolari, che possono affiorare all'improvviso tra le carte di famiglia, in un piccolo archivio di un ancor più piccolo centro montano. E neppure fecero i conti con le statistiche! E voilà, appare tutta un'altra storia.

La storia è menzognera, o meglio gli storici sono menzogneri. Tutti ricordano l'eroe dei Due Mondi che nell'altro mondo poco eroe era. Pochi forse ricordano la figuraccia che nel 1995 fece l'allora presidente Scalfaro in visita all'Argentina che definì Garibaldi eroe. Con garbo e misura il giornale El Pais così replicava: "...Il presidente d'Italia è stato nostro illustre visitante...... Disgraziatamente, in un momento della sua visita, il presidente italiano si è riferito alla presenza di Garibaldi nel Rio della Plata, in un momento molto speciale della storia delle nazioni di questa parte del mondo. E, senza animo di riaprire vecchie polemiche e aspre discussioni, diciamo al dott. Scalfaro che il suo compatriota non ha lottato per la libertà di queste nazioni come si afferma. Piuttosto il contrario".

Nessun libro di storia ci racconta che Mazzini era all'esilio perché ricercato per insurrezione e incontrò Garibaldi con il quale organizzò una sommossa in Piemonte ed entrambi, condannati a morte, furono dichiarati banditi di primo catalogo, insomma terroristi, dallo Stato Sabaudo. Era il 1834. Quel bandito tanto si era distinto anche in molte e altre avventure, per esempio nel trasporto e vendita di guano e già che c'era anche di "coolies" (ovvero di schiavi cinesi). Già perché finita la schiavitù nera negli States, qualcun'altro il lavoro sporco lo doveva pure fare. E le notizie ci giungono dalla sue stesse memorie, che non si vorranno certo smentire.

Gli scritti parlano, parlano le corrispondenze dei soldati costretti a trucidare i meridionali, parlano le memorie lasciate per dare riposo alla coscienza martoriata dalla colpa, parlano scritti che all'apparenza non dovrebbero avere contenuti politici e quindi non vengono distrutti come le statistiche (anche se stranamente le carte del censimento piemontese non si trovano più!)

E ci raccontano un'altra storia: ci raccontano di un atto notarile segreto stipulato a Torino per l'acquisto di due navi da Garibaldi, ove come garanti appaiono in prima persona Vittorio Emanuele II e il conte di Cavour, ci raccontano di soldi e oro pervenuti a Garibaldi dall'America e dal Canada, ci raccontano delle pensioni conferite alle prostitute offerte ai garibaldini, i fucili contro gli operai di Pietrarsa, e le decine di paesi messi a ferro e fuoco, gli scritti della Banche (Monte dei Paschi di Siena) ci raccontano che l'eroe dei due mondi non era uso pagare né debiti né tasse, le fucilazioni (anche di bambine di 10 anni), ci parlano delle connivenze inglesi, ci raccontano la verità su Mafia e Camorra, parlano della cospirazione contro il Regno Borbonico e contro tutto il popolo italiano. "...secondo il ministro della guerra di Torino, 10.000 napoletani sono stati fucilati o sono caduti nelle file del brigantaggio; più di 80.000 gemono nelle segrete dei liberatori; 17.000 sono emigrati a Roma, 30.000 nel resto d'Europa... la quasi totalità dei soldati hanno rifiutato d'arruolarsi... ecco 250.000 voci che protestano dalla prigione, dall'esilio, dalla tomba... **

E sono dati di un giornalista francese nei primi anni della "conquista", la repressione più cruenta si avrà negli anni successivi.

Noi in realtà abbiamo pagato e ancora paghiamo queste falsità. "La Sicilia fu un fallimento più grande dell'impresa risorgimentale: alle favole dell'isola che non aspetta altro finirono per credere anche quelli che l'avevano costruita (ma dei 1087 garibaldini sbarcati a Marsala, i siciliani erano 31, appena 5 di Napoli, 20 del resto del Sud). Il regno sabaudo usava foraggiare e corrompere i giornalisti italiani e stranieri; sosteneva interi giornali finanziati secondo il grado di utilità e servilismo. Silvio Spaventa e Ubaldino Peruzzi, che fu ministro, vennero più tardi accusati di aver costruito "un sistema di corrispondenze per i giornali di provincia, grazie al quale si eran procacciato il monopolio delle informazioni": riportato in La mala setta. Valentino Romano, giornalista e storico meridionalista, mi segnala un manoscritto che ha appena rinvenuto: "Si tratta di un progetto per indirizzare, attraverso un giornale "amico" l'opinione pubblica europea. I documenti provengono dal Fondo Bianchi (carte di Ricasoli) custodito nell'archivio centrale dello Stato; si inserisce nel disegno più ampio della manipolazione dei fatti ad usum delphini, perseguito da Ricasoli. L'autore è un funzionario della presidenza del consiglio che lo indirizza a Celestino Bianchi che della presidenza Ricasoli è il segretario." *

Le statistiche ristudiate e confrontate con altri dati storici ci stanno raccontando una storia differente da quella appresa nei libri di storia ... e i numeri non mentono.

Come vedete la storia si ripete, tragicamente, e solo se la conosciamo, solo se la conosciamo in verità, possiamo trarne giovamento, altrimenti è un altro ostacolo alla nostra comprensione al nostro avvicinamento a quella Verità che può renderci liberi, là ove nessuno potrà portarla via, liberi nel nostro pensiero.

Bibliografia

*Aprile Carnefici, Piemme 2016, 334

** Oscar de Poli, pubblicato sul giornale "De Naples a Palerme" 1863 - 1864 in riedizione febbraio 2010 da Kessinger Pub Co in lingua francese

Così solo per un piccolo assaggio sulla bibliografia critica della figura di Garibaldi indichiamo:

Dennis Mc Smith, "Storia d'Italia"

Denis Mack Smith "Cavour contro Garibaldi ", Ed. Rizzoli

Indro Montanelli-Marco Nozza, "Garibaldi", ed. Rizzoli

Jasper Ridley,"Garibaldi", Mondadori

C. Patrucco, "Documenti su Garibaldi e la Massoneria", ed. Forni 1914

Lorenzo del Boca, Maledetti Savoia, editrice Piemme, 2003

Compagnoni Giuseppe da Lugo, "Istituzione Riti e Cerimonie; dell'Ordine de' Francs-Maçons ossia Liberi Muratori", Venezia 1785

Alessandro Luzio "La Massoneria sotto il regno italico e la restaurazione austriaca"; Milano 1918

Gino Racheli, "La Maddalena e le isole intermedie"

A.Scirocco, "Garibaldi, battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo", Laterza, 2004

AA.VV, La storia proibita, Ed. Controcorrente 2001

Cappelli "Da Palermo al Volturno, memorie di un garibaldino", 1974

Francesco Pappalardo "Scritti politici e militari, ricordi e pensieri inediti

Alfonso Scirocco, "Garibaldi", Laterza

Angelo Manna, "I briganti furono loro", Sun Books, 1997

Harold Acton "Gli ultimi Borboni di Napoli", Giunti,1997

A. Pellicciari, "L'altro Risorgimento", 2000

Giuseppe Ressa, "Il Sud e l'unita' d'Italia", Centro Culturale Studi Storici, 2003

Antonio Ciano, "I Savoia e il massacro del Sud,"

Antonio Pagano, Due Sicilie 1830-1860, Capon Editore, 2002

V. Vecchj, "150 Lettere da Caprera" 1882

Cesare Abba, "Da Quarto al Volturno" Note di uno dei Mille; Mondadori 1980

Memorie di Garibaldi, Einaudi, 1975.

Ma se si vuole approfondire l'argomento gli scritti negli ultimi anni sono divenuti innumerevoli. Per una rilettura "economico-sociale" l'intera opera di Nicola Zitara, docente di economia da poco scomparso per esempio "L'invenzione del Mezzogiorno" ed. Jaca Book.




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