-  Storani Paolo  -  18/03/2014

ALIMENTI E INDEGNITA' A SUCCEDERE NEL NUOVO ART. 448 bis c.c. - Giuseppe PALAZZOLO

P&D ha il piacere di pubblicare un originale scritto di Giuseppe PALAZZOLO, intitolato "ALIMENTI E INDEGNITA' A SUCCEDERE NEL NUOVO ART. 448 bis c.c.", con il corredo di un ricco apparato di note.

Del medesimo Autore teniamo a menzionare l'altro, recente contributo intitolato "Il gazzonismo e le metastasi del quasi giuridico nel diritto civile", che abbiamo pubblicato il 4 marzo 2014.

Buona lettura (pms).

 

Sommario: 1. La nozione di rifiuto alimentare al genitore indigente decaduto dalla potestà genitoriale nel nuovo art. 448 - bis c.c. – 2. La revoca della potestà genitoriale e le indicazioni delle disposizioni delegate sulla capacità educativa dei genitori – 3. Molteplicità delle cause revocatorie della potestà genitoriale, circolazione degli obblighi alimentari ed alterazione della graduatoria degli obbligati contenuta agli artt. 433 e 441 c.c. – 4. Indegnità a succedere per decadenza dalla potestà genitoriale: limiti sostanziali ed aperte antinomie sistematiche del nuovo art. 448 bis c.c. – 5. L"inamovibilità delle regole del processo civile per la declaratoria di indegnità a succedere. 

 

1. La nozione di rifiuto alimentare al genitore indigente decaduto dalla potestà genitoriale nel nuovo art. 448 bis c.c.

 

Il lungo periodo di gestazione della riforma sugli status di filiazione, che prendendo le sue mosse dalla parificazione è finalmente giunto alla loro unificazione, trova oggi approdo nella l. 10 dicembre 2012, n. 219, frettolosamente intitolata alle " Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali ", nonostante l"art. 2, n. 1 di essa preveda l"impegno per il Governo delegato di sostituire i riferimenti ai figli legittimi e ai figli naturali in tutta la legislazione vigente con quelli di figlio, salvo l"utilizzo dell"espressione di nati nel matrimonio o fuori dal matrimonio, quando si tratti di disposizioni ad essi specificamente relative ([1]).

Ma, nonostante la nuova legge affermi principi di grande valore etico nella materia della filiazione, in argomento di alimenti, invece, con l"introduzione dell"art. 448 - bis c.c., sembra aver perso il movente originario, introducendo disposizioni afflittive in capo al genitore revocato dalla potestà genitoriale ed intervenendo sulla materia dell"indegnità a succedere, già regolata con l"art. 463 c.c. con gravi errori di collegamento a normative già esistenti.

Sulla base delle preannunciate premesse negative, l"argomento che ha colto la nostra attenzione in tema di indegnità a succedere, e di rifiuto degli alimenti dovuti al familiare indigente([2]), si trova all"art. 1, punto 9 della nuova legge, laddove si afferma che: " Nel titolo XIII del libro primo del Codice civile, dopo l"art. 448 è aggiunto il seguente " – art. 448 bis – ( Cessazione per decadenza dell"avente diritto dalla potestà sui figli ). – Il figlio, anche adottivo([3]), e, in sua mancanza i discendenti prossimi, non sono tenuti all"adempimento dell"obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla potestà, e per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all"art. 463 ([4] ), possono escluderlo dalla successione ".

         Già dalla prima lettura del nuovo testo normativo viene in evidenza una grave durezza dispositiva, del tutto incompatibile con la riforma della unificazione degli status di filiazione, ove, invece, l"affettività prevale sulla causa di generazione( [5] ), visto che con essa si deprime il contenuto dei principi di solidarietà e di responsabilità allargata tra i membri della famiglia riguardo la causa giustificativa della prestazione alimentare dovuta al familiare stretto caduto in stato di indigenza.

         E" pur vero che la disciplina degli alimenti contenuta agli artt. 433 – 448 c.c., da molti anni a questa parte, appare quasi caduta in stato di desuetudine ([6]); ma concentrandosi in essa i migliori principi del nostro ordinamento, tradotti da quelli della solidarietà e della carità evangelica, non v"era traccia, nella normativa precedente, di un tale rifiuto della prestazione alimentare in favore di familiari stretti caduti in stato di bisogno né si stabilivano collegamenti col diritto successorio tra i membri della vicenda alimentare([7]).

Dunque, in buona sostanza, il nuovo testo normativo produce l"effetto di alterare un sistema ove il dovere di rispondere al bisogno dell"indigente prevaleva su ogni pregressa condotta dell"alimentando, ivi considerandosi, soltanto le ipotesi previste all"art. 440 c.c. in argomento di cessazione, riduzione e aumento del rateo alimentare, unitamente a quelle di estinzione per morte dell"obbligato ex art. 448 c.c., anche quando l"obbligo veniva imposto con sentenza passata in giudicato.  

         Il dettaglio della disposizione in esame, una volta individuati i soggetti titolari del diritto di rifiuto, nelle persone del figlio e dei discendenti, benché tutti parimenti richiamati nell"art. 433 n. 2 c.c., sembra indurli, senza sufficienti ragioni di carattere etico - morale, a coalizzarsi contro il genitore e di poi ascendente, nella possibilità di rifiutargli gli alimenti richiesti ai sensi dell"art. 445 c.c., sul presupposto che costui abbia subito la revoca della potestà genitoriale([8]).

Si ignora, così statuendo la nuova legge, un recente parametro di bilanciamento delle posizioni in campo, del tutto sfuggito ai lavori preparatori della normativa qui analizzata, stante che il genitore, pur revocato dalla potestà, è sempre tenuto ad adempiere alla prestazione alimentare e/o mantenitoria ([9]) nei confronti degli aventi diritto, a prescindere dal reato che abbia determinato la perdita della potestà anzidetta([10]).

         Quindi, se così è, la stessa umanità sottesa alla causa generale del contributo alimentare, doveva mantenersi, come era prima del nuovo art. 448 - bis c.c., in favore del soggetto bisognoso, anche in considerazione del fatto che la disciplina degli alimenti dovuti non è richiamata, né collegata ai profili dell"indegnità a succedere, come invece si è voluto generalmente fare col recente testo normativo, donde anche l"omicida del de cuius, del suo coniuge, del discendente o dell"ascendente, va alimentato dai suoi aventi causa capienti, quando esponga una condizione di indigenza tale da potersi temere per la sua sopravvivenza.      

        

2. La revoca della potestà genitoriale e le indicazioni delle disposizioni delegate sulla capacità educativa dei genitori

 

La nuova norma dell"art. 448 – bis c.c., con troppa sufficienza, collega il rifiuto alimentare nei confronti del genitore decaduto dalla potestà genitoriale ai parametri dell"indegnità a succedere, senza vedere le ipotesi dalle quali si giunge alla revoca anzidetta, stante che essa può intervenire da vari eventi della vita familiare, comprese pure le violazioni minori, quali la conseguenza penale della mancata prestazione del mantenimento in favore dei figli minori e del coniuge affidatario, attivata con l"applicazione degli art. 330 c.c. e 570 n. 1 c.p., nei sempre più frequenti contenziosi matrimoniali di separazione e divorzio([11]).

E, quand"anche la revoca della potestà genitoriale giunga da altre cause, attinenti al rapporto educativo, per incapacità non colposa del genitore all"esercizio della potestà sul minore, continuiamo a credere che la costruzione della norma volta a giustificare il rifiuto degli alimenti al genitore bisognoso, sia in capo al figlio che al nipote, suo discendente, esponga una durezza incompatibile con un ordinamento civile ed evoluto, inemendabile anche di fronte alla sua rinnovata laicità.

Poi, per chi crede, la brutta norma di cui discorriamo, annienta quell"idea del perdono che scende tra i membri della famiglia, quando un affetto prima incrinato possa poi rientrare nella circolazione di quelli familiari, spenti i fuochi del dissidio originario([12] ).

Venendo, ora all"esegesi del nuovo testo di legge, il segnale più grave della confusione ingenerata dalla norma in esame, riposa nelle pieghe dell"art. 2, n. 2) lett. n., che contiene le disposizione delegate al futuro Governo delle Repubblica, laddove si assegna al medesimo di specificare la nozione di abbandono morale e materiale dei figli, con riferimento alla prova della irrecuperabilità delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole, ivi pure affermandosi che, in ogni caso, le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà parentale non debbano ostacolare il diritto del minore alla propria famiglia.

La costruzione che precede, necessaria alla verifica delle capacità genitoriali sia per il profilo mantenitorio ed educativo del minore, sia per quello morale, dovrebbe, dunque, intervenire in un prossimo ed imprevedibile futuro, mentre la norma che già dispone il rifiuto alimentare e l"indegnità a succedere del genitore revocato dalla potestà genitoriale ha avuto immediata attuazione, stante l"inserimento dell"art. 448 – bis c.c. nel sistema degli alimenti dovuti.

Considerata, quindi, l"aleatorietà della disposizione delegata, veramente difficile da interpretare nei suoi contenuti, con riferimento alla prova del recupero delle capacità genitoriali, per così dire de iure condendo, sarebbe stato più opportuno attendere tale precisazione delegata, piuttosto che scrivere la norma inserita all"art. 448 – bis c.c. che nella sua immanenza procura un grave effetto massimalista nella delicata disciplina degli alimenti e de relato in materia successoria.

Quanto al profilo successorio, collegato con l"ipotesi dell"indegnità per la perdita della potestà genitoriale, il contrasto di sistema si evince, in particolare, con l"art. 2, n. 2) lett. l, della l. 219/2012, che intervenendo nella materia delle successioni e delle donazioni([13]) esige un suo adeguamento al principio dell"unicità dello status di figlio, in forza del quale il governo delegato dovrà dettare disposizioni per i giudizi in corso, assicurando la produzione di effetti successori anche in favore dei parenti e degli aventi causa del figlio naturale premorto o deceduto nelle more del riconoscimento, riportando le anzidette tutele alla sola ipotesi della petizione di eredità, richiamando l"art. 533 e ss. c.c.

Rimane, pertanto, tra tanti altri vuoti dispositivi, il vulnus delle altre azioni ereditarie particolarmente connesse alla riduzione e restituzione contro il terzo acquirente di beni di provenienza donativa ed il suo finanziatore titolare di ipoteca, per le donazioni fatte entro il 2005, in forza della L. 14 maggio 2005, n. 80 che, come è noto, ha rimodulato gli artt. 561 e 563 c.c. con la residualità del risarcimento del danno in capo al solo donatario in favore dei legittimari che non abbiamo fatto opposizione alla donazione entro venti anni dalla trascrizione di essa.

Potrebbe, pure, affermarsi a lenimento della massiva disposizione delegata in commento, che il termine per proporre opposizione alla donazione rimarrebbe sospeso, con l"ausilio dell"art. 2935 c.c., in favore dei legittimari sopravvenuti al donante dopo la donazione; ma, data la complessità dell"argomento, un richiamo oggettivo della materia in questione era quantomeno dovuto, al fine di evitare contorsioni interpretative, che, in ogni caso non è difficile prevedere per il futuro  

        

3. Molteplicità delle cause revocatorie della potestà genitoriale, circolazione degli obblighi alimentari ed alterazione della graduatoria degli obbligati contenuta agli artt. 433 e 441 c.c.

 

Sfugge, così, nella nuova normativa, una riflessione di sintesi, ben nota tra gli addetti ai lavori, riguardo il labile confine tra il diritto civile e quello penale in argomento di revoca della potestà genitoriale, potendosi considerare che la nozione di abbandono del minore sembra sempre più uscire dall"accezione criminale prevista agli artt. 591 e 570 c.p., per sistemarsi in quella dell"inadempimento dell"obbligo civile di mantenimento in favore dei minori ai sensi dell"art. 147 c.c. e del coniuge affidatario della prole.

         La discriminante, anzidetta, doveva essere ricordata nella norma dettata all"art. 448 - bis c.c. al fine di evitare una situazione di abbandono alimentare dell"avente diritto indigente senza una sufficiente causa giustificativa del rifiuto, specie considerando che costui si presenterebbe alla richiesta di alimenti in una fase avanzata della sua vita terrena, assumendo la qualifica di anziano, categoria tal ultima sempre più negletta e abbandonata dal legislatore, per la quale non ha mai dettato norme di tutela ( [14] ), e non inferiore, sul piano ontologico, a quella di minore abbandonato o bisognoso ( [15] ).

Bisognava, perciò, ricordare, unitamente alla giustificazione legale dell"obbligo alimentare che non si compone solo col denaro ([16]), il momento in cui la norma può avere applicazione, stante che il figlio ed in sua mancanza il discendente avrebbero il dovere di adempiere al bisogno alimentare del genitore o dell"ascendente, solo quando le loro condizioni patrimoniali lo avessero consentito, vale a dire in una fase compiuta della vita di costoro, siccome assistita da una certa agiatezza economica.

La triste scena giuridica che si aprirà nel futuro al diritto dell"alimentando, vedrà un anziano signore bisognoso, nella figura del padre decaduto dalla potestà o del nonno, ancor più cruenta, quando questi sopravviva al proprio figlio e rimanga il discendente, cui potrà essere opposto dall"obbligato sopravissuto, ai sensi del nuovo art. 448 - bis c.c., di non esser tenuto ad alimentarlo: non perché non possa in relazione alla sue condizioni patrimoniali, ma perché non deve, anteponendo quale causa del rifiuto l"antica dichiarazione di decadenza dalla potestà genitoriale a prescindere dalla gravità del motivo che l"abbia determinata.

Ma l"uomo bisognoso, nella concezione del legislatore antico, che ha fatto tesoro dei precetti evangelici sul valore della carità ([17]), non può morire abbandonato a sé stesso, sì che ricevuto il rifiuto degli alimenti da parte dei suoi diretti discendenti, per così dire legalizzato dalla norma anzidetta, benché capienti, dovrà rivolgersi alla graduatoria degli obbligati in subordine, nella sequenza divisata all"art. 433 c.c., sperando di trovare, tra questi, qualcuno che si prenda cura di lui.

Ora, se si può capire il peccato del singolo uomo, al cui favore si rivela catartico ed importante anche il pentimento avvenuto nell"ultimo momento esiziale della sua vita, non può assolutamente comprendersi quello commesso dal legislatore che con le sue leggi lo alimenta, nonostante abbia il dovere di essere, per definizione, perfetto ed equilibrato.

Sì che, lo squilibrio del nostro legislatore si avverte immediatamente dal fatto che nello scrivere la legge non ha tenuto conto di quanto la nuova introduzione dell"art. 448 - bis c.c., scardini il fragile sistema degli obbligati in subordine, considerato che i soggetti titolari del diritto di rifiuto ivi individuati, rappresentano le categorie più estese, appunto quelle dei figli e dei discendenti, naturalmente plurali ed occasionalmente bilaterali, tutti ricompresi nello stesso grado parentale, donde, al fine di evitare una logorante escussione capo per capo, l"ottimo legislatore antico ha previsto per l"esecuzione dell"obbligo alimentare due norme di centrale importanza, vale a dire gli artt. 441 e 442 c.c., rispettivamente dettate in tema di concorso tra più obbligati alla prestazione alimentare e di concorso di aventi diritto alla medesima.

Tali norme, lette congiuntamente, rappresentano la massima espressione legale della solidarietà partecipativa al bisogno dell"alimentando che trascina con sé l"ulteriore movente della responsabilità allargata tra i membri del gruppo familiare per la sopravvivenza del congiunto prossimo indigente, al contempo rispettose delle singole condizioni patrimoniali degli obbligati.

La norma che qui in particolare rileva è quella dell"art. 441 c.c., sì che, tolto il contributo alimentare dell"altro coniuge([18]), uno per definizione, si scende nella categoria prevista dall"art. 433 n. 2 c.c., che può comprendere più figli o in assenza di loro più discendenti, donde, essendo stato previsto il diritto di rifiuto in favore degli uni e degli altri, sia come singoli che, a più forte ragione, quali obbligati nello stesso grado, l"alimentando dovrà scendere ancora tra le categorie parentali minori ed in quelle degli affini, essendo molto probabile l"estinzione dell"obbligo in capo ai genitori dell"alimentando e dei suoi ascendenti prossimi ( art. 433 n. 3 c.c. ) per morte, tenendo presente la naturale durata della vita umana.

Fa specie, a questo punto, che la norma dell"art. 448 - bis c.c. non consideri che i generi e le nuore ( art. 433 n. 4 c.c. ), in capo ai quali dovrebbe permanere l"obbligo alimentare, siano i rispettivi coniugi dei figli testualmente esonerati dalla legge dall"alimentare il genitore decaduto dalla potestà su di loro; sì che, scontato lo stupore che deriva da tale digressione, del tutto dimenticata dal disattento legislatore, le poche parole che rimangono nel commento della nuova disposizione non possono essere che di profondo biasimo, senza ulteriori espressioni.

Rimangono, allora, in corsa per la prestazione alimentare i fratelli e le sorelle germani ed unilaterali ( art. 433 n. 6 c.c. ), seppure col limite dello stretto indispensabile ( art. 440 c.c. ), ove ancora campeggia il differenziato regime dell"obbligo tra le sorelle e i fratelli germani e quelli unilaterali, stabilendosi la precedenza degli uni sugli altri.

Tale precedenza non ha più ragione di esistere, movendo dalla riformulazione della norma sulla parentela e sui suoi gradi secondo il nuovo art. 74 c.c., per così dire unificati, a prescindere dalle forme della filiazione da cui prendono origine ([19]), stante che, muovendo dal parametro di uguaglianza tra tutti i figli, poi vedendoli nella loro correlata dimensione di fratelli, lo spettro della completa unificazione deve completarsi in modo uniforme, abolendosi espressamente il regime della precedenza degli uni rispetto agli altri ed attivandosi con maggiore pienezza il disposto dell"art. 441 c.c.

Qui giunti, l"epilogo che ognuno può trarre dal " pericoloso " riflesso dell"art. 448 - bis c.c., sulla scena giuridica del diritto alimentare e successorio è fin troppo evidente che con esso si intenda cancellare ogni rapporto col genitore decaduto dalla patria potestà, senza distinzione di cause, annientandosi, con una fragilissima previsione di indegnità, i suoi diritti successori dal lato attivo e conservandosi interi quelli dei suoi aventi causa diretti, nelle persone dei figli e dei discendenti che succedono al genitore indegno nel caso di sua naturale premorienza([20]).

Essi, infatti, nella posizione di legittimari appartenenti al primo ordine successorio ( art. 536 c.c.), precedono la categoria dei fratelli e delle sorelle che, invece, appartengono all"ordine dei collaterali, il cui diritto di succedere è regolato agli artt. 565 e 570 c.c. in assenza di costoro.

Tali ultimi, benché posti in fondo alle categorie previste dall"art. 433 c.c., nella triste digressione cui la norma costringe, largamente sovversiva degli ordini successori anzidetti, rimarrebbero gli unici obbligati alla prestazione alimentare in favore del proprio fratello decaduto dalla potestà genitoriale e destinato alla declaratoria di indegnità da parte dei suoi discendenti diretti.

Se questo era l"intento del legislatore, bastata scrivere un norma ancor più brutale di quella qui analizzata, ma al contempo tragicamente sincera, con la quale si poteva affermare la perdita di ogni diritto in capo al genitore revocato dalla potestà genitoriale, siccome indegno di succedere e di essere alimentato dalla sua progenie.

 

4. L"indegnità a succedere per decadenza dalla potestà genitoriale: limiti sostanziali ed aperte antinomie sistematiche del nuovo art. 448 bis c.c.

        

Venendo ora al profilo della indegnità a succedere del genitore, conseguente dalla revoca della potestà, attivabile dal figlio o dal discendente in mancanza di lui, esso espone una serie di contraddizioni non emendabili, le quali rendono il passaggio della norma che la contiene irta di insidie con riferimento alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti non difficili da individuare all"art. 3 della Costituzione.

E proprio qui riposa il punto critico delle nuove disposizioni contenute all"art. 448 bis c.c., stante che la previsione di indegnità ivi richiamata, era già stata regolata con l"introduzione del n. 3 bis nel novero dei casi previsti all"art. 463 c.c., contemplandosi per la prima volta il caso dell"indegnità a succedere conseguente dalla perdita della potestà genitoriale nei confronti del figlio.

Il precedente legislatore, ammetteva, dunque, la possibilità di dichiarare l"indegnità del genitore e tuttavia salvo reintegra, addizione, tal ultima, determinata dal richiamo dell"art. 1 della L. 137/2005, che ne consentiva l"applicazione solo nel caso in cui il genitore fosse giunto alla successione del figlio col peso della revoca della potestà ancora sulle spalle.

Un occhio attento alla rigide ipotesi di indegnità a succedere, contenute all"art. 463 c.c. avrebbe sicuramente notato che in ognuna di esse, anche in quelle più gravi che considerano l"omicidio tentato o consumato, è sempre prevista una liberatoria, tutte le volte in cui sia esclusa la punibilità del reo da parte della legge penale, unitamente ai reati colposi; sì che il non aver considerato la reintegra nella potestà, quale causa riparatrice dell"indegnità, rappresenta più un capriccio paidocentrico di ultima istanza che un valido ed opponibile movente esclusivo del diritto di succedere.

         Ciò posto e scendendo, allora, nel dettaglio della nuova disposizione rileva negativamente, a nostro avviso, il seguente inciso " …. per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all"art. 463, possono escluderlo dalla successione " estendendosi la detta facoltà anche in favore dei discendenti, naturalmente, se non prendiamo errori, dopo la morte del figlio, loro padre.

         L"ipotesi descritta nella norma anzidetta risulta tanto eccezionale a verificarsi da non meritare l"enucleazione di un principio di così radicale portata, volto ad ampliare i casi di indegnità oltre le categorie individuate nell"art. 463 c.c., norma, tra l"altro, di stretta interpretazione che non consente alcuna estensione analogica dei casi esclusivi della successione dell"indegno in essa individuati

Stupisce, perciò, il fatto che il legislatore, pur avendo sotto gli occhi l"art. 315 c.c., ove al primo comma era previsto il rispetto dovuto dai figli nei confronti dei genitori, abbia perso l"occasione di riflettere sul risvolto della questione dell"indegnità a parti inverse, dal quale ricavare, con le stesse parole adottate per il figlio e il discendente, il bilanciato potere di esclusione dalla successione anche in favore dei genitori anziani, fuori dai casi dell"art. 463 c.c., quando vengano abbandonati, disprezzati, vilipesi da coloro che hanno messo al mondo e condotti alla maturità, emancipandoli con i loro apporti dai bisogni della vita( [21] ).

Quindi il figlio, invertendo l"ordine dei fattori, pur avendo rifiutato gli alimenti al genitore ai sensi dell"art. 448 - bis c.c., sul presupposto che durante la sua infanzia costui abbia subito la revoca della potestà, senza distinzione tra casi maggiori e casi minori cui essa dà corso, gli potrà succedere, laddove residui, dopo la sua morte, un certo patrimonio, nonostante lo possa espressamente escludere, quando premuoia, anche oltre i casi previsti dall"art. 463 c.c., mettendo in mano ai discendenti lo stesso potere esclusivo della successione dell"ascendente.

         E ciò si badi, a prescindere dal fatto che il genitore abbia ottenuto la reintegra nella potestà genitoriale, come sembra affermare la norma considerata nell"art. 448- bis c.c., stante che non verifica, neanche per richiami esterni, l"ipotesi del superamento della causa di indegnità, già prevista all"art. 463, n. 3 bis c.c. tutte le volte in cui il genitore fosse stato reintegrato prima della morte del figlio con un valido provvedimento del giudice.

         Se così è, rimanendo inemendabile il carattere rancoroso che circola all"interno della nuova disposizione di legge, un legislatore giusto e comprensivo avrebbe avuto altri possibili profili da collegare al rifiuto degli alimenti dovuti al genitore da parte del figlio, sul presupposto di una revoca della potestà genitoriale di cui non si distinguono le cause ed i veri confini.

Ed allora, rilevata la permanenza del provvedimento di revoca della potestà, laddove fosse stata determinata da cause severe ( [22] ), si sarebbe potuta escludere la successibilità del padre con l"attribuzione della quota che sarebbe spettata all"indegno all"altro genitore, del caso vivente, visto che per gli ascendenti non c"è rappresentazione ma solo accrescimento; oppure, una volta ammessa l"indegnità a succedere del genitore decaduto dalla potestà genitoriale, anche fuori dai casi previsti dall"art. 463 c.c., consentire al genitore che l"abbia correttamente esercitata, di attivarla nei confronti di quel figlio che reiteratamente abbia posto in essere nei suoi confronti, atti di abbandono e disprezzo, tali da attentare al suo patrimonio morale e materiale.

         Tale cautela avrebbe fornito, con l"evasione dalle rigide classi dell"indegnità offerta dalla nuova norma contenuta all"art. 448 bis c.c., per giunta collocata proprio nel sistema degli alimenti dovuti, un miglior criterio argomentativo alla giurisprudenza, ancora impegnata nella ricerca dell"atto lesivo della personalità del donante in argomento di revoca delle donazioni per ingratitudine ( [23] ) ai sensi dell"art. 801 c.c.

         L"ultimo profilo, veramente difficile da collocare nel sistema successorio, si incontra nella misura della disposizione dell"art. 448 - bis c.c., che prevede la possibilità offerta al discendente, nel caso in cui manchi il figlio del padre indegno, che non abbia attivato il nuovo meccanismo ablativo, di attivarlo lui stesso, stabilendosi, più che un caso possibile a verificarsi nella realtà giuridica, una sorta di successione nel rancore derivante dalla permanenza della perdita della potestà genitoriale sul genitore del genitore, vale a dire il nonno.

         L"inciso della legge che riporta il seguente passaggio: " possono escluderlo dalla successione " congiuntamente riferito al figlio e ai discendenti, prima autorizzati a non prestare gli alimenti al genitore revocato dalla potestà, appare, dunque, particolarmente oscuro, considerato che secondo un logico ordine graduale, i momenti dell"indegnità a succedere, poggiati sull"unica causa della decadenza dalla potestà genitoriale, sembrerebbero spiegare effetti attivi in capo a due categorie di successibili, confondendosi l"interesse ad agire in capo all"una e all"altra, potendosi attivare, l"azione di specie, solo dopo la morte della persona offesa.

         Deriva, allora, che l"azione di indegnità da parte dei discendenti contro il genitore revocato dalla potestà sul figlio premorto, può essere innescata solo dopo tale esiziale momento, quando non vi sia il testamento di costui col quale si dichiari espressamente l"indegnità del genitore, per una causa che pur girando intorno alla permanenza della perdita della potestà genitoriale, potrebbe andare anche oltre i casi previsti dall"art. 463 c.c., stando al testo della norma in esame.

         Ora, quali possano essere i casi posti fuori dall"art. 463 c.c. da cui giungere all"esclusione dalla successione del genitore inciso dalla perdita della potestà sull"originario minore non è dato saperli; mentre si conosce con certezza quello contenuto all"art. 463 n. 3 bis c.c. che consente l"attivazione del rimedio ablativo di succedere da parte dei successibili concorrenti, solo quando permanga in capo al genitore la revoca della potestà dopo la morte del figlio.

         Ma, a ben vedere, rilevato che le categorie di indegnità sono tassativamente previste dall"art. 463 c.c., l"inciso " possono escluderlo " trascina con sè l"idea che tale esclusione possa avere radice volontaria, potendo essa dichiarazione di esclusione dell"indegno, nel cui curriculum vitae vi sia la macchia della revoca della potestà genitoriale, trovare la sua sede solo nel testamento della persona offesa e in sua mancanza in quello dell"avente causa diretto, vale a dire il discendente.

         Deriva, allora, che un testamento del genere, laddove si dichiari l"indegnità del genitore a succedere quando, invece, costui sia stato reintegrato nella potestà prima della morte del figlio, da cui deriva poi l"identico potere del discendente in sua assenza, sarà colpito da nullità parziale; e a più forte ragione nel caso in cui la dichiarazione anzidetta giri intorno ad una causale collegabile al precedente conflitto genitoriale, del tutto non richiamata nella lista dei casi tassativamente previsti dall"art. 463 c.c.  

Venendo, ora, al profilo della legittimazione attiva dell"erede concorrente, che prende le mosse, nel nostro caso, dal presupposto dell"assenza di testamento del figlio e nell"ipotesi più lontana del discendente, cui segue l"apertura della successione legittima, laddove concorrano discendenti e ascendente, sembrerebbe aprirsi il campo all"azione di indegnità, il cui interesse ad agire sarebbe trasferito in capo al discendente contro l"ascendente revocato dalla potestà, al quale non gioverebbe nemmeno l"intervenuta reintegra nella potestà genitoriale, se, per fuori dai casi previsti dall"art. 463 c.c., come afferma l"art. 448 – bis c.c., debba pure comprendersi quello dettato al n. 3 bis della norma in questione, vale a dire l"intervenuta reintegra nella potestà, prima della morte del figlio.

La norma del nuovo art. 448 - bis c.c., con una estensione parossistica, sembra pure prevedere la disponibilità dell"azione di indegnità in capo al discendente del discendente, stante che il " possono escluderlo " riferito al figlio e al discendente, benché incomprensibile in prima battuta, deve collocarsi nell"ambito dell"autonomia dispositiva, non potendosi prevedere una dichiarazione di esclusione congiunta con atto volontario precedente la morte in capo a soggetti egualmente autorizzati dalla legge, ciò che in ultima analisi rende la norma del tutto illogica ed in quanto tale inapplicabile ai rarissimi casi concreti.

Qui giunti, volendosi, infine, segnalare l"errore di fondo, sottostante all"art. 448 bis c.c. esso si incontra, con miglior chiarezza, procedendo alla naturale sezione della norma in due parti, benché appaia superficialmente impostata in un"unica disposizione, da cui trarre argomenti utili a dimostrare l"impossibilità tecnica del richiamo volto all"applicazione della congiunta declaratoria di indegnità in capo al genitore decaduto dalla potestà.

E" evidente, infatti, che nel caso del rifiuto degli alimenti al genitore decaduto dalla potestà, il primo richiamo è rivolto al figlio obbligato ai sensi dell"art. 433 n. 2 c.c., registrata la mancanza del coniuge, per morte o per cessazione del vincolo matrimoniale, dalla cui intrapresa spesso deriva l"attivazione della revoca della potestà nei confronti dell"altro; sì che, l"inciso " in sua mancanza", può cogliersi soltanto in quello che si riferisca alla sua morte, da cui deriva la chiamata in subordine del discendente prossimo. Ed, infatti, non avrebbe avuto alcun senso una doppia chiamata alla prestazione di alimenti, sull"identico potere di rifiuto introdotto dall"art. 448 - bis c.c., congiuntamente e contemporaneamente attribuito al figlio e al discendente.    

Da qui deriva, a nostro avviso, che nella successiva sezione della norma, ove si tratta dell"indegnità a succedere anticipata dal " possono escluderlo dalla successione " la stessa graduazione adottata per il rifiuto degli alimenti al genitore decaduto dalla potestà sul figlio evidentemente premorto, deve essere mantenuta, tale da escludersi una posizione congiunta del figlio e del discendente, come erroneamente affermato nella legge che prende le mosse da una identica causa di esclusione.

Secondo un"altro angolo di lettura, potrebbe ancora affermarsi che la perdita remota della potestà genitoriale avrebbe un carattere plurioffensivo volto a colpire il figlio e i discendenti, da ciò legittimati a non prestare entrambi gli alimenti al genitore, senza chiamata in subordine, così sovvertendosi i criteri della personalità del rapporto alimentare, da cui normalmente deriva quello dell"irrogazione della sanzione, e di poi ancora, in ambito processuale il criterio dell"opponibilità.

Tale costruzione, per così dire allargata ai naturali discendenti del genitore colpito dalla perdita della potestà avrebbe il fatale intento di cancellare, addirittura, ogni legame tra di loro, quasi anticipando la morte civile del dante causa comune, cui nessun riguardo dovrà più essere portato finchè viva.

Ma, se muore prima il padre, com"è normale che accada nella naturale sequenza della vita umana, il figlio e il discendente, quisque pro suo, non hanno limiti legali nella facoltà di succedergli, sì che ogni rancore precedente, dinanzi ad un patrimonio devolubile iure hereditatis si estinguerà del tutto, essendo ben noto che di fronte al denaro ogni antico pregiudizio moralistico, cedendo il passo all"oblio, annega nel fatto contingente dell"apprensione dei beni ereditari, il cui effetto catartico è comune a quegli eredi ingrati ed irriconoscenti che si presentano al capezzale del dante causa un momento prima che spiri, pur avendolo abbandonato e, a volte, disprezzato durante la sua vita terrena.            

 

5. L"inamovibilità delle regole del processo per la declaratoria di indegnità a succedere.

 

Messe così in evidenza le incongruità della legge qui commentata, seppure nell"euforia della prima lettura, appare doveroso ricordare le regole minime di attivazione dell"indegnità a succedere riportate alle categorie contenute all"art. 463 c.c., siccome blindate dal criterio della stretta interpretazione.

E" noto in dottrina che l"ipotesi della indegnità a succedere di colui il quale abbia commesso nei confronti di alcuno dei soggetti indicati all"art. 463 n. 1 c.c., uno dei reati previsti nelle successive sequenze della norma, non conduce verso il parametro dell"incapacità, bensì costituiscono singole cause di esclusione dell"indegno dalla successione della persona offesa ( [24] ), che secondo la vecchia massima, ancor oggi molto esplicativa, " potest capere sed non retinere ".

Movendo allora da questo abbrivo, l"inciso riferito alla successione del figlio e del discendente dell"indegno in pectore : " possono escluderlo dalla loro successione anche fuori dai casi previsti dall"art. 463 c.c. " da cui deriva un esplicito richiamo alla materia generale dell"indegnità, non ha speranza di veder la luce della corretta applicazione, stante che le cause di indegnità non possono essere estese oltre i ( durissimi ) casi in essa previsti, se non individuandosi, da parte del legislatore, una nuova causa specifica ed oggettiva, con la necessaria previsione delle ipotesi estintive dell"indegnità connesse alla legge penale e a quella civile.

Posta così in luce la prima evidente anomalia della nuova norma, del tutto incomprensibile risulta poi il non aver tenuto conto dell"art. 463 n. 3 bis, c.c. ove è testualmente previsto, da una parte, il caso di indegnità riportato alla perdita della potestà genitoriale sul figlio e dall"altra la sua neutralizzazione in ipotesi di reintegra intervenuta prima della sua morte, che con rigore sistematico alla disciplina dell"indegnità produce una causa di esclusione della punibilità, riconducibile sia alla legge penale, per le ipotesi maggiori, sia alla legge civile, quando il genitore venga reintegrato nella potestà ai sensi dell"art. 332 c.c.

Il diritto dell"avente causa in subordine, concorrente con quello dell"indegno, deve essere portato alla conoscenza del giudice civile con domanda giudiziale, rispettate le regole del litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., tra gli interessati all"eredità della vittima dell"indegno ([25]) , notificata e trascritta ai sensi dell"art. 2652 c.c., entro dieci anni dall"apertura della successione della persona offesa, da cui deriva la sentenza costitutiva di indegnità a succedere.

Volendo qui ipotizzare un ipotetico scenario processuale, laddove mai potessero concretizzarsi le costruzioni della norma da noi avversata, le possibilità di difesa del genitore decaduto dalla potestà genitoriale e reintegrato, al tempo suo, ai sensi dell"art. 463 n. 3 bis c.c., sarebbero senz"altro prevalenti su quelle adottabili dai discendenti che dovrebbero cercarle fuori dai casi previsti dall"art. 463 c.c.

Il pericolo cui conduce l"impostazione dell"art. 448 bis c.c. è da considerare, perciò, grave, stante che un giudice, strettamente argomentando dai suoi generalissimi richiami, potrebbe dichiarare l"indegnità dell"ascendente ( quando gli vada di succedere al figlio premorto ) sulla domanda proposta dal discendente, siccome tenuemente argomentata dalla perdita della potestà genitoriale, nella quale sarebbe incorso, moltissimi anni prima dell"attivazione del giudizio ereditario, senza tener conto della reintegra da costui ottenuta, fissando nella sentenza un nuovo caso di indegnità, sostituendosi al legislatore e così all"infinito.      

Ogni altro ragionamento sull"impostazione della norma contenuta nell"art. 448 bis c.c., risulta fin qui impedito dall"evidente disarmonia che essa genera, sia in argomento di alimenti dovuti, sia per i riflessi negativi introdotti nel delicato ambito successorio, rendendosi così del tutto estranea ai principi generali della nuova normativa sulla parificazione degli status di filiazione.

Vorremmo perciò concludere questo studio evidenziando, in senso critico, la possibilità di riconoscere il figlio incestuoso, oggi consentita dal rimodulato art. 251 c.c., nella persistente incuria del legislatore, considerato che il reato di incesto ancora vive nel Codice penale con l"art. 564 c.p.( [26] ) la cui conseguenza, relativa al profilo genitoriale è connessa alla perdita della potestà sul figlio generato dal rapporto tra il padre e la figlia, dal fratello e la sorella o dal genero e la nuora. Ne deriva, nonostante il fine etico della volontà di riconoscerlo, in seguito all"azione penale promossa dal parente, in persona del coniuge così tragicamente tradito, nei confronti del quale il riconoscimento produrrebbe effetti ai sensi del nuovo art. 258 c.c., accertato il reato penale, l"applicazione dell"art. 448 bis c.c. Ma qui è meglio fermarsi per non cadere nell"apostasia.

 

 



([1]) Quindi, a ben vedere, come rilevato da Michele Sesta, nell"àmbito del Convegno organizzato dall"Osservatorio per il diritto di famiglia, Sez. di Palermo, in data 1 febbraio 2013, intitolato : " La legge sulla filiazione: Dalla parità all"unificazione dello status ", con la partecipazione del Prof. Ferruccio Tommaseo e del sottoscritto, per la lettura della norma in commento, la prima correzione andrebbe fatta sull"intitolazione della stessa legge, togliendo l"inciso naturali e lasciando la denominazione di figli ( cfr. ora, M. SESTA, L"unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e dir., 3, 2013, p.231 e ss. ove rileva la singolare contradictio in adiecto nella quale è caduto il legislatore ). In ogni caso, la norma, vista nei suoi contenuti migliori, ha dato voce agli studi di A. PALAZZO, La filiazione fuori dal matrimonio, Milano, 1965; ID. La filiazione, in Tratt. dir. civ. comm.,. Cicu e Messineo, continuato da L. Mengoni, diretto da P. Schlesinger, 2 ed., Milano, 2013, cui si rinvia, anche per la revisione critica della legge qui in commento, nonché alle serrate riflessioni di Cesare Massimo Bianca contro l"arresto di Corte Cost. 23 novembre 2000, n. 532 che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento alla esclusione dei parenti naturali dalla successione legittima, osservazioni, tali ultime che abbiamo avuto l"onore di ricevere ne, I Pareri, richiesti e ordinati da G. Palazzolo, in A. Palazzo, Testamento e istituti alternati, Tratt. teorico pratico di diritto privato, diretto da G. Alpa e S. Patti, Padova, 2008, p. 693 ss., C.M. Bianca, Alcune considerazioni sulla parentela naturale e sul principio di eguaglianza dei figli ove, trovando felici espressioni afferma che : " Un ordinamento civile non può essere costruito sulle disuguaglianze tra figli. Il civilista deve piuttosto guardare ad un ordinamento in cui non vi siano figli legittimi e figli non legittimi, ma figli e basta ".

( [2] ) La dottrina generale sugli alimenti dovuti è vasta, sì che tra i contributi più recenti e significativi, cfr. T. AULETTA, Alimenti e solidarietà familiare, Milano, 1984; ID., Diritto di famiglia, X ed., Giappichelli, Torino, 2011; G. BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2012, V ed.; G. CIAN, Alimenti, in Comm. alla riforma del diritto di famiglia, Padova, 1977, p. 815; G. TAMBURRINO, Lineamenti del nuovo diritto di famiglia italiano, Torino, 1976, p. 376; D. VINCENZI AMATO,Gli alimenti, in Tratt. di dir. priv. diretto da Rescigno, Torino, 1982, p. 848, G. PALAZZOLO, Alimenti dovuti e mantenimento negoziato, Napoli, 2008, p. 31 ss., tutti sulla fondamentale lezione di A. CICU, La natura giuridica dell"obbligo alimentare tra congiunti, in Riv. dir. civ., 1910, p. 145.  

( [3] )In argomento di adozione legittimante ex L. 184/1983 e sue relazioni con l"art. 74 c.c., si veda G. SALITO, Parentela e affinità, in Il diritto di famiglia nella dottrina e nella giurisprudenza, Il matrimonio, le unioni di fatto, i rapporti personali, Vol. I., Trattato teorico – pratico, diretto da G. Autorino Stanzione, II ed., Torino, Giappichelli, 2011, p. 13 e ss.; : mentre, per completezza di informazione, sulle tematiche relative alla posizione del figlio adottivo sia, inter vivos che mortis causa, si rinvia alla completa analisi di G. BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, cit., p. 335 e ss., specie in argomento di adozione di maggiorenni, nonché A. GIUSTI, L"adozione di persone maggiori di età, in Il diritto di famiglia, Vol. III, Filiazione e adozione, Tratt. diretto da G. Bonilini e G. Cattaneo, continuato da G. Bonilini, Torino, 2007, II ed., p. 563 ss, ed ancora, in tema di adozione civile e riconoscenza dell"adottato al recente e compendioso contributo di C. COPPOLA, L"ingratitudine nel diritto privato, Padova. 2012, p. 61 ss.

( [4] ) Si ricordi, fin da ora, che la norma generale contenuta all"art. 463 c.c., regolatrice dei casi di indegnità a succedere era stata già integrata con l"introduzione del n. 3 bis per effetto della L. 8 luglio 2005, n. 137, pubblicata in G.U., n. 166 del 19 luglio 2005 che escludeva dalla successione del figlio il genitore revocato dalla patria potestà, salvo che alla morte dell"ereditando non fosse stato reintegrato con provvedimento dell"autorità giudiziaria su istanza del genitore revocato; oppure, in via volontaria, da parte del figlio, per mezzo del testamento ai sensi dell"art. 466 c.c., sia in forma espressa che tacita ed infine con atto pubblico. Dalla stessa norma, per completezza di informazione è da riferire che vennero pure espunti alcuni termini che evocavano l"idea della pena di morte al n. 3 e la menzione " penale " riportata dalla legge in argomento di omicidio al n. 2. Per tali questioni si rinvia alla completa analisi di A. ALBANESE, L"indegnità a succedere dopo la l. 8 luglio 2005, n. 137, in Contr .e impr.., 3, 2006, p. 854 e ss., e R. CALVO, L"indegnità, in Diritto delle successioni, a cura di R. Calvo e G. Perlingieri, T. I, Napoli, 2009, p. 109 e ss.  

( [5] ) Come insegna A. PALAZZO, La filiazione, in Tratt. dir. civ. comm , cit., specie alle pp., 205, 211, 241 e 261, che, contro il tradizionalismo delle regole antiche, concernenti i vari status di filiazione differenziati dal matrimonio, pone al centro del sistema la tutela dei figli non matrimoniali, coniandone l"evolutiva qualificazione ed ancorandola al tema dell"affettività, della solidarietà e dell"amore oblativo, che nella norma qui analizzata sembra tragicamente dimenticato.

( [6] )Scorrendo i repertori della giurisprudenza raramente si incontra un provvedimento giudiziale che disponga sugli alimenti dovuti ai sensi degli artt. 433 e ss. c.c., essendo noto che i genitori si compiacciano dei propri figli al punto da tenerli fuori da ogni loro vicenda esistenziale, attribuendosi, di contro, all"intervento impersonale dello Stato di welfare il ruolo di colmare, col sistema dei servizi agli anziani indigenti, certi obblighi di assistenza e cura che prima dovrebbero essere risolti in famiglia, quando le condizioni economiche di alcuni suoi membri siano tanto sufficienti da poterli garantire. Ed infatti, ai sensi dell"art. 443 c.c., la prestazione del rateo alimentare può trasformarsi nell"attività di accoglienza e mantenimento dell"alimentando nella casa dell"obbligato, che nonostante sia considerata quale modo di adempimento alternativo dell"obbligazione di alimenti, perpetua nella legge un uso atavico delle famiglie italiane, ancora molto diffuso nel Sud d"Italia, vale a dire quello di accompagnare i propri genitori nelle ultime fasi della loro esistenza verso quel crepuscolo della vita cui tutti gli uomini devono soggiacere; per tali argomenti sia consentito rinviare a G. PALAZZOLO. Alimenti dovuti e mantenimento negoziato, Napoli, 2008, p. 25 ss. .  

( [7] ) L"unica norma riconducibile ad un parametro contrattuale oggettivo, riguardante l"obbligato agli alimenti e l"alimentando caduto in stato di bisogno, si incontra all"art. 437 c.c. ove il donatario è tenuto ad adempiere con precedenza su ogni altro soggetto previsto all"art. 433 c.c., escluso il caso della donazione obnuziale ( art. 785 c.c.) e della remuneratoria ( art. 770 c.c. ), prevedendosi in capo all"obbligato che persista nell"inadempimento della prestazione alimentare una specifica causa di revocazione, secondo il richiamo dell"art. 801 c.c. riconducibile, con altre deduzioni, al sistema dell"ingratitudine e tale da non consentire il mantenimento della donazione a lui fatta. Tali particolari applicazioni dell"ingratitudine al diritto dei contratti gratuiti, delle attribuzioni mortis causa e delle donazioni sono state di recente messe in chiaro da C. COPPOLA, L"ingratitudine nel diritto privato, cit., p. 73 e ss.  

( [8] ) Il non aver previsto nell"ambito della nuova disposizione dettata con l"art. 448 - bis c.c. la causa della revoca della potestà genitoriale che conduce al diritto del figlio di rifiutare gli alimenti dovuti al genitore o all"ascendente, produce un grave effetto massimalista, del tutto sbilanciato rimanendo al contenuto patrimoniale dell"obbligo circolare di alimenti, specie, quando, nelle ipotesi minori il genitore decaduto continui ad adempiere alla prestazione di mantenimento. Tale massimalismo, poteva essere risolto semplicemente aggiungendo al diritto di rifiuto anzidetto, le causali più gravi della decadenza dalla potestà genitoriale, normalmente connesse ai reati di abuso o di gravi maltrattamenti sul minore, lasciandosi, in ogni caso, al genitore decaduto la possibilità di riscattarsi con la riabilitazione, non fosse altro che per il richiamo successivo all"art. 463 c.c. in argomento di indegnità a succedere, ove è prevalente l"impostazione penalistica..

( [9] ) Sulla questione generale del diritto al mantenimento dei figli e dell"affidamento condiviso, nella disciplina introdotta dalla L. 54/2006, si rinvia all"esaustiva analisi di G. FREZZA, Mantenimento diretto e affidamento condiviso, Milano, 2008, p.5 ss., unitamente alle sue numerose riflessioni critiche sulla tenuta e l"applicabilità della nuova legge, specie in argomento di disarmonie tra di essa e quella precedente che si propone di innovare sul discrimen posto dall"art. 4 comma 2 del nuovo testo.

( [10] ) Ci basta qui riportare l"arresto della Corte Costituzionale n. 31 del 23 febbraio 2012, che intervenendo sulla pena accessoria relativa alla perdita della potestà genitoriale prevista dall"art. 569 c.p., siccome derivante dal reato di alterazione di stato commesso in violazione dell"art. 567 c.p., l"ha dichiarata costituzionalmente illegittima, tutte le volte in cui sia corrispondente all"interesse del minore che il genitore continui a mantenerla in vista della realizzazione degli obblighi genitoriali connessi al fatto di procreazione.

([11]) Quando l"altro coniuge non abbia un patrimonio aggredibile, è noto che l"azione penale prevista dall"art. 570 n.1 c.p. nei confronti dell"obbligato al mantenimento in favore del figlio minore e del coniuge affidatario, anche nei casi di oggettiva impossibilità di adempiere regolarmente, spesso rappresenti una sorta di rimedio punitivo - afflittivo di ultima istanza, col quale colpire l"altro genitore e fargli perdere la potestà genitoriale sul minore nel susseguente giudizio previsto all"art. 330 c.c. dinanzi al Tribunale per i minorenni; espediente questo, tanto odioso ed inopportuno, specie considerandosi che il genitore, nonostante la dichiarazione di decadenza pronunciata nei suoi confronti, che in linea astratta lo libererebbe dal dovere di adempiere, deve continuare ad assolvere ai suoi obblighi di mantenimento senza esercitare la potestà sul minore, passaggio, tal ultimo, cui provvede il largo spettro argomentativo di Corte. Cost. 31/ 2012 cit.

( [12] ) Per tali particolari argomenti si veda, A. PALAZZO, Il patto del decalogo e l"idea del contratto sociale nell"Europa moderna, in Jus, 1 – 2, 2011, p. 159 ss., la cui lettura apre nuove direttrici di analisi della nostra materia, considerandosi la Legge di Dio un dono di cui godono tutti gli uomini per conseguire la libertà dalle regole particolari poste a tutela di singoli e spesso contrastanti interessi.

( [13] ) Sembra rimanere senza richiami delegati la questione sottesa all"art. 279 c.c., specie ora, che sono crollate le barriere in argomento di figli irriconoscibili, con riferimento alle norme previste dagli artt. 580 e 594 c.c., sì che, una volta considerato positivamente l"interesse del minore ad ottenere contro il genitore naturale il trattamento alimentare e mantenitorio previsto dalla norma anzidetta, il suo diritto successorio dovrà essere regolato con pienezza, e quindi escludendosi l"attribuzione dell"assegno vitalizio capitalizzato a carico degli altri eredi, corrispondente alla quota di eredità che gli sarebbe spettata se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta, secondo quanto ancora prevede l"art. 580 c.c.

( [14] ) Nonostante un primo interessamento della nostra migliore dottrina, intervenuto a cavallo degli anni 90" nessuna norma protettiva dei bisogni degli anziani è stata pensata dal legislatore italiano, sì che, tra i più importanti contributi cfr. L. MENGONI, La tutela giuridica della vita materiale nelle varie età dell"uomo, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1982, p. 1127; P. Perlingieri, Diritti della persona anziana, diritto civile e stato sociale, in P. Stanzione ( a cura di ), Anziani e tutele giuridiche, Napoli, 1991, p. 88 ss.; P. Stanzione, Le età dell"uomo e la tutela della persona: gli anziani, in Riv. dir. civ., 1989, I, p. 447 ss.; L. ROSSI CARLEO, Il futuro degli anziani: le ragioni di una ricerca, in L. Rossi Carleo, M.R. Saulle, L. Siniscalchi ( a cura di ), La terza età nel diritto interno e internazionale, Napoli, 1997.

( [15] ) Si vedano sul punto discriminante della questione esposta al testo, correlata al fatto che la posizione del minore nel processo è garantita da una pluralità di norme cogenti, mentre per l"anziano i riferimenti della sua tutela debbano essere cercati all"esterno del diritto, vale a dire nelle scienze sociologiche, nella medicina, nella psicologia, nell"economia, le profonde riflessioni di M. Dogliotti, Anziani e società; doveri e diritti, in Dir. fam. e pers., 1998, p. 426; Id., I diritti dell"anziano, in Riv. trim. dir e proc. civ.., 1987, p. 711 s.; Id., Diritti della persona ed emarginazione: minori, anziani, handicappati, in Giur. it., 1990, IV, c. 361.

( [16] ) Si deve a G. BONILINI, Sull"inadempimento del vitalizio assistenziale, in Resp. Civ., 1998, p. 331 ss.; ID., Vitalizio e risoluzione per inadempimento dell"obbligo di prestare assistenza morale, in Contratti, 1996, p. 5 ss. l"individuazione dei nuovi caratteri su cui si fonda la prestazione globale di assistenza e cura in favore delle persone deboli, che ha mosso anche il sistema degli alimenti dovuti, nella misura in cui la prestazione alimentare non è più inquadrata nell"antico parametro dello stretto indispensabile per la sopravvivenza dell"alimentando, bensì su un coacervo di prestazioni complesse che si compongono, altresì, con l"assistenza e l"accompagnamento dell"alimentando stesso in tutte quelle attività della vita giornaliera che da solo non potrebbe svolgere compiutamente.

( [17] ) Si rinvia sul punto alla recente fatica, per così dire extragiuridica, di uno dei nostri migliori giuristi, sì che cfr. M. PARADISO, Il vangelo di Gesù. I quattro Vangeli raccolti e ordinati in un"unica narrazione, L"Espresso editore, Roma, 2011, p. 113 ss.  

( [18] ) Sui rapporti tra i coniugi ed in particolare con riferimento al dovere di fedeltà, si rinvia alla completa analisi di E. GIACOBBE, Il matrimonio, T.1, L"atto e il rapporto, in Tratt. di dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 2012, p. 733 e ss. Quanto, invece, ai paradossi e all"emarginazione del genitore bisognoso, cui dà corso la norma in questione, è da riferire il fatto, possibile a verificarsi, che il coniuge revocato dalla potestà e quello immune da censure, possano in ogni momento della loro vita terrena, ripristinare la cessata convivenza, donde, nell"ipotesi in cui entrambi chiedano congiuntamente gli alimenti al figlio, ovvero, ai discendenti in mancanza di costui, l"obbligazione potrà essere adempiuta solo in favore del secondo, mentre il primo dovrà richiederli agli obbligati in subordine fino ad incontrare, come spiegheremo più avanti, i fratelli posti al n. 6 dell"art. 433 c.c., ormai unificati nell"ordine parentale dal nuovo art. 74 c.c.    

( [19] ) Bisogna qui ricordare il coraggioso contributo di M. SESTA, Stato di figlio legittimo e richiesta di alimenti al padre naturale, in Riv. dir. civ., II, 1975, p. 460 e ss., che schierandosi contro la dottrina dominante del periodo e passando in rassegna la giurisprudenza precedente la riforma del diritto di famiglia, allora all"esordio, ha dimostrato che il sistema non escludeva che il titolare dello status di figlio legittimo altrui, non potesse ottenere ulteriori diritti alimentari, dimostrando, con l"ausilio dell"art. 279 c.c., una diversa paternità, conformemente all"idea della prevalenza del fatto biologico di procreazione sul favor legitimitatis, ormai, quasi irrilevante nei giudizi di accertamento della genitura naturale. Tale fondamentale passaggio della dottrina, espresso in tempi duri per il diritto di famiglia, consente, quindi, un"efficace lettura delle norme contenute agli artt. 580 e 594 c.c. in argomento di successione dei figli cd. irriconoscibili, sì che sia consentito rinviare a G. PALAZZOLO, I diritti successori dei figli non matrimoniali, in Rass. dir. civ., IV, 2010, p. 1116 e ss.

( [20] ) Tale nuova introduzione produce una ulteriore criticità proveniente dal potere loro concesso di rifiutare gli alimenti al dante causa decaduto dalla potestà genitoriale, dichiarando di non essere tenuti, che si incontra con quanto dispone la vecchia norma contenuta nella L. 1580/31, all"art. 1 comma 1, ove è prevista, nonostante le rimodulazioni intervenute con L. 833/78, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, la rivalsa dello Stato per le spese di spedalità effettuate in favore del congiunto prossimo, ripetibili nei confronti dei suoi eredi legittimi o testamentari. Tale normativa, nonostante sia scarsamente seguita, risulta ancora applicabile, specie dopo l"intervento di Corte Cost. 349/89 che argomentando dal movente dell"arricchimento senza causa ( cfr. la corretta applicazione di Cass. 10 maggio 1999, n. 4621, in Mass. Giur. It., 1999 ), ritiene la rivalsa attivabile nei confronti degli aventi causa diretti dell"alimentando, quando questi risulti in stato di povertà, ai sensi dell"art.. 438 comma 1 c.c., secondo cui gli alimenti possono essere chiesti solo da chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento. Dall"esclusione dell"obbligo alimentare in capo ai figli e ai discendenti che comunque succedono nel patrimonio del loro dante causa, deriva senz"altro un appesantimento della spesa pubblica che contrasta con la dichiarazione di invarianza contenuta all"art. 6 del Disegno di legge unificato C. 3915 – S. 2805 approvato dalla Camera dei Deputati il 27 novembre 2012, confluito nella L. 219/2012..

( [21] ) Sia qui consentito richiamare l"apporto di A. PALAZZO, Testamento e istituti alternativi, in Tratt. teorico – pratico di Dir. priv. diretto da G. Alpa e S. Patti, Padova, 2008, p. 452 e ss., nonché p. 455, nt. 25, che replica al progetto di legge n. 1043 della XV legislatura, volto ad abolire la successione necessaria ed il patto di famiglia, con profonde riflessioni in argomento di tutela dei soggetti deboli e sulla particolare funzione della proprietà partecipativa vista nell"ambito del diritto successorio dei legittimari.

( [22] ) E, tuttavia, esclusa quella relativa al compimento di reati concernenti abusi sessuali sul minore che solo la morte del genitore accertato colpevole potrebbe riparare, com"è, senza alcuna indulgenza, nell"immaginario collettivo di tutti gli uomini coscienti; sì che, considerata la gravità del gesto disumano ed innaturale, connesso a tale tipologia di reati, non sarebbe stato difficile aggiungere l"esclusione per indegnità del genitore colpevole di tali abomini all"interno dell"art. 463 n. 1 c.c., laddove si prevede il caso l"omicidio consumato o tentato.

( [23] ) Con le nuove introduzioni al tema indicato nel testo, offerte da C. COPPOLA, L"ingratitudine nel diritto privato, cit. p. 57 e ss., che sottopone ad una critica pacata ed elegante le precedenti posizioni assunte in dottrina ( cfr., in particolare i diversi risultati di G. FERRANDO, Filiazione. 1) Rapporto di filiazione, in Enc Giur., Vol. XIV, Roma, 1988, p. 4 e ss. e G. FOTI, Commento all"art. 315 cod. civ., in Commentario al Codice Civile, dir. da E. Gabrielli, Della famiglia, a cura di L. Balestra, Vol. II, Torino, 2010, p. 978 ss. che escludono ogni simmetria tra l"obbligo di rispetto dei figli verso i genitori con quello previsto dall"art. 147 c.c. in argomento di mantenimento dovuto dai genitori ai figli minori ), prendono corpo e sostanza giuridica le nostre riflessioni in argomento di revoca delle donazioni per violazione dell"obbligo di rispetto verso i genitori da parte del figlio donatario, in violazione dell"art. 315 c.c., contenute in G. PALAZZOLO, Atti gratuiti e motivo oggettivato, Milano 2004, p. 73 ss., mentre per l"analisi dei profili revocatori della donazione, quale rimedio autonomo dalla categoria dell"inefficacia del contratto, cfr. R. MARINI, Revocazioni delle donazioni e tutela del donante, ESI, Napoli, p. 16 e ss.  

( [24] ) Contro l"autorevole voce di R. NICOLO", La vocazione ereditaria diretta e indiretta, in Annali dell"Università di Messina, 1933 – 1934, pp. 3 e 44, che riteneva l"indegnità una specifica forma di incapacità a succedere, cfr. A. PALAZZO, Successioni ( Parte generale ), in Dig. Disc. priv., Sez. civ., diretto da R. Sacco, XIX, Torino, 1999, p. 1222 e di recente A. NATALE, L"indegnità a succedere, in Tratt. delle successioni e donazioni, diretto da G. Bonilini, I, La successione ereditaria, Milano, 2009, p. 939 ss.

( [25] ) Chiara sul punto è la massima di Cass. civ., 12 luglio 1986, n. 4533, in Giust. Civ., 1986, I, p. 2347.

( [26] ) Per tali profili sia consentito rinviare a G. PALAZZOLO, Riconoscimento dell"incesto e induzione al reato, in Atti del Convegno di Assisi, 25 e 26 maggio, 2013, intitolato alla " Parificazione degli status di filiazione", a cura di S. Stefanelli e R. Cippitani, in Studi tematici di Diritto e Processo a cura di A. Palazzo, Perugia, 2014, p 259 ss., ove abbiamo semplicemente rilevato che in previsione della prima riforma della filiazione del 75" che ha consentito il riconoscimento dei figli adulterini, le norme sanzionatorie dettate agli artt. 559 e 560 c.p. in tema di adulterio della moglie e di concubinato del marito, sono stati estinti con due pronunce della Corte di legittimità, sicchè, cfr. Corte Cost., 19 dicembre 1968, n. 126 e Corte Cost., 3 dicembre 1969, n 147,entrambe consultabili in www.giurcost.org preparandosi il campo alla filiazione extramatrimoniale senza la commissione del reato in capo ai genitori.  




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