-  Andrea Castiglioni  -  22/01/2016

Allontanamento famigliare, servizi sociali in colpa - Cass. 20928/15 - Andrea Castiglioni

- ingiustificato allontanamento del minore dalla casa famigliare per abusi sessuali infondati

- servizi sociali e condotta colposa per negligenza ed imprudenza 

- danno non patrimoniale come danno biologico ed esistenziale

 

Gli assistenti sociali ottenevano dal Sindaco un provvedimento ex art. 403 c.c. di allontanamento di una bambina (che frequentava l"asilo) da entrambi i genitori. Il motivo erano abusi sessuali del padre sulla propria figlia, con sintomi che la bambina manifestava a scuola e che avevano fatto nascere il sospetto in una maestra.

Il provvedimento veniva inizialmente ratificato dal Tribunale, ma nel prosieguo dell"istruttoria, anche a mezzo di CTU, emergeva un quadro ben diverso: veniva accertato che la bambina non manifestava alcun segno "compatibile con la possibile sussistenza di molestie sessuali ai suoi danni, né contenuti atti a far ipotizzare disturbi della personalità od altri aspetti patologici". In altre parole, la bambina, all"occhio esperto dei tecnici, appariva normale, e pertanto veniva disposto il rientro nel nucleo familiare.

Soprattutto emergeva che i servizi sociali avevano agito con grave imprudenza e negligenza, senza compiere indagini in prima persona, ma affidandosi quasi interamente alle "indagini" (estremamente approssimative) condotte dalla maestra (!), la quale aveva colto (a modo suo) sintomi di abusi sessuali, e addirittura condotto interrogatori sulla bambina, influenzando (così è emerso) le risposte che la piccola avrebbe dovuto rendere quando le avrebbero rivolto delle domande.

I genitori adivano il Tribunale per il risarcimento dei danni dovuti all"allontanamento ingiustificato della minore, durato diversi mesi, con rischio di possibile trauma che potrebbe conservare per il resto della sua vita. Veniva riconosciuto un risarcimento di € 50.000,00 per la madre ed € 60.000,00 per il padre, a carico del Comune a titolo di responsabilità oggettiva ex art. 2049 c.c. (fatto degli ausiliari). Il caso non ha precedenti specifici (per fortuna), pertanto meritano attenzione i seguenti aspetti sottolineati dalla S.C., la quale ha rigettato il ricorso proposto dal Comune.

1 - il titolo di responsabilità non è stato inquadrato nell"ambito della responsabilità aquilana da provvedimento illegittimo (art. 2043 c.c.) ma come responsabilità oggettiva per fatto degli assistenti sociali (art. 2049 c.c.), dipendenti comunali. Questi hanno svolto la propria attività in modo gravemente colposo, e a fondare il danno non è stato il provvedimento amministrativo di allontanamento in sé considerato, ma un suo presupposto.

2 - legittimato passivo è il Comune e non lo Stato. La condotta da cui è derivato il provvedimento di allontanamento illegittimo, quindi la sofferenza dei genitori causalmente ricollegata a tale fatto, e quindi il danno da risarcire, non è stato individuato nella (scellerata) iniziativa della maestra d"asilo (di condurre una personale indagine, influenzando anche la bambina), che è dipendente statale, bensì nell"operato dei Servizi sociali, dipendenti comunali, perchè non hanno (testualmente) "saputo esercitare alcun vaglio critico sulle dichiarazioni e sulle convinzioni della suddetta maestra".

3 - il danno riconosciuto è di tipo non patrimoniale (art. 2059 c.c.), il che ha comportato molta prudenza per la liquidazione. Non essendo stati registrati precedenti specifici, il Tribunale ha dovuto decidere in via essenzialmente equitativa, tenendo come indice di riferimento le tabelle in uso al Tribunale di Milano, dato che il risarcimento è stato indicato anche a titolo di danno biologico. La Corte tiene a sottolineare che, comunque, quanto liquidato dal Giudice del merito deve ritenersi congruo per ristorare la sofferenza subita ("un trauma affettivo che potrebbe segnare l"intera vita"), e, nonostante la gravità della fattispecie, non ha funzione sanzionatoria, né dissimula un ingiustificato profitto.

4 - il danno non patrimoniale riconosciuto, dovendo ristorare integralmente la sofferenza subita, è stato correttamente liquidato unitariamente (Cass. SSUU 26972/2008) ma è il risultato di più voci descrittive: danno biologico e (testualmente) "danni non patrimoniali diversi da quelli morali" (quindi diversi dal patema d'animo, sofferenza transeunte). Pur non essendo esplicita, si può affermare la S.C. abbia riconosciuto una cospicua parte delle somme liquidate a titolo di danno esistenziale. Ed invero, è agevole pensare agli sconvolgimenti della vita quotidiana che la famiglia ha dovuto subire per diversi mesi.

 

 

n.d.r. - È pur vero che il caso non ha precedenti specifici (in termini giuridici), ma in termini di cronaca l'iniziativa spontanea della maestra d'asilo del caso sopra esposto (soggetto non qualificato per questa attività e per trarre simili conclusioni) evoca fatti e vicende giudiziarie accaduti in scuole materne nazionali, in cui le maestre hanno dovuto subire procedimenti penali per presunti abusi sessuali e altre gravi imputazioni, poi rivelatesi infondate. Vicende nate da "indagini" approssimative condotte dalle madri dei bambini stessi, con interrogatori condotti a modo loro sui propri figli, andando ad alimentare un turbine dannoso con risvolti a tratti grotteschi (basti ricordare alcuni dettagli... ). L'eco mediatico di tali vicende ha influito molto, sia sulle convinzioni di quelle persone, sia sulle determinazioni della magistratura inquirente. 




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