-  Redazione P&D  -  18/11/2012

AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO E GIOCO DAZZARDO PATOLOGICO - Alberto MANZONI

Venerdì 16 novembre si è tenuto a Castelfranco Veneto (TV) un seminario di studio dal titolo "Procedure di attivazione dell"Istituto dell"Amministrazione di Sostegno in situazioni di gioco d"azzardo patologico", organizzato dal Dipartimento dipendenze della Aulss 8, dalla Cooperativa Sociale Onlus "Sonda", con il patrocinio dell"Associazione "Alea" (Associazione per lo studio del gioco d"azzardo e dei comportamenti a rischio).

Il seminario appare meritevole di una specifica valorizzazione sotto il profilo contenutistico nonché dal punto di vista metodologico.

Sotto il profilo contenutistico, le relazioni dei relatori prima, gli interventi dal pubblico poi, hanno consentito di focalizzare l'attenzione sull'istituto dell'amministrazione di sostegno in generale, nonché sulla sua concreta utilizzazione nello specifico campo del gioco d'azzardo patologico.

Un"osservazione di carattere introduttivo forse può considerarsi opportuna per meglio delineare il concetto di gioco d'azzardo "patologico": non si tratta, infatti, di attribuire una connotazione intrinsecamente patologica al gioco d'azzardo, né tanto meno all"attività ludica in generale, oppure di un tentativo di "medicalizzare" un ulteriore aspetto della vita quotidiana (risuona ancora, a questo proposito, l'ormai storico saggio di Ivan Illich sulla "nemesi medica"); viene considerato "patologico" il gioco d'azzardo nel momento in cui l'attività ludica, fondata esclusivamente sull'alea, si impadronisce della vita della persona, la quale diviene incapace di determinarsi liberamente rispetto alla scelta di continuare a giocare o meno, con pesanti pregiudizi a carico delle aree di vita nelle quali normalmente si estrinseca l"esistenza di ciascun individuo.

L'applicazione dell'istituto de quo presenta, a parere di alcuni relatori, alcune criticità correlabili al fatto che la legge n. 6 del 2004 aveva in mente, verosimilmente, una platea di possibili beneficiari diversa dai giocatori d'azzardo. In più interventi sono emerse difficoltà applicative della norma, specie quando nella specifica situazione di una persona coesistono interessi diversi: il diritto alla cura, ma anche il diritto alla riservatezza dei propri dati sensibili; i diritti personali se non personalissimi del giocatore, ma anche i diritti di pari rango di terze persone, siano esse interne od estranee al suo nucleo famigliare, che dal gioco d"azzardo patologico possono essere danneggiate nei propri interessi (si pensi ai famigliari che dipendono per il proprio sostentamento dal giocatore, e che scoprono improvvisamente di essere privi di mezzi di sostentamento se non anche indebitati, ovvero ai dipendenti di un"azienda costretta a chiudere per i debiti di gioco dell"imprenditore). Possono inoltre sussistere anche esigenze diverse (ad esempio: mantenere il rapporto terapeutico con il giocatore, non segnalando nulla al Giudice tutelare, ovvero salvaguardare sfere esistenziali "altre" inoltrando la segnalazione di cui all'art. 406 c.c. ma rischiando così di compromettere l'alleanza terapeutica, basata su una fiducia che rischia, talvolta, di rasentare la connivenza?).

Alcuni nodi particolarmente sensibili sono stati tratteggiati, ma non hanno trovato (né forse potevano trovare in questa sede) risposte definitive. Un primo aspetto attiene all"individuazione della persona dell'amministratore di sostegno: se da un lato la norma privilegia in prima battuta il reperimento dell'amministratore all'interno del nucleo famigliare (art. 408 c.c.), dall'altro anche nella platea dei clinici partecipanti (prevalentemente psichiatri e psicologi) non v'era uniformità di vedute: a quanti sostenevano l'indispensabilità (sotto il profilo terapeutico) che l'amministratore di sostegno venga individuato all'interno del nucleo famigliare (il primo ad essere coinvolto, se non travolto, dal sintomo della ludopatia), si contrapponevano altri clinici più dubitativi rispetto a questo approccio, se non addirittura di orientamento opposto in relazione alle possibili tensioni che il controllo, esercitato da un famigliare, può innescare nelle dinamiche relazionali tra beneficiario ed amministratore quando questi sono legati da vincolo di parentela, convivenza stabilizzata o coniugio (per tacer del fatto che talvolta, come emerso dai casi clinici presentati nelle tavole rotonde, lo stesso famigliare non ludopatico può essere a sua volta portatore di una qualche forma di disagio se non di franca patologia, della quale non necessariamente il giudice tutelare può avere contezza).

Un secondo aspetto attiene alla sfera della tutela patrimoniale: l'annullamento di atti pregiudizievoli al beneficiario può essere richiesto, con buone possibilità di successo, solo successivamente alla nomina dell'amministratore di sostegno, anche se l"esito del procedimento normalmente ha luogo molto tempo dopo che il sintomo si appalesa e che, in un secondo momento, viene portato all"attenzione del Giudice tutelare. Anche dopo la nomina dell'amministratore, peraltro, non mancano criticità, non solo sotto il profilo della gestione concreta della misura che, per essere realmente efficace, nei casi della ludopatia non può prescindere da uno stretto controllo della sfera patrimoniale del beneficiario (di fatto, in questa patologia, il denaro è omologabile all'alcol per l'alcolista od all'eroina per il tossicodipendente così come tradizionalmente connotato nell"immaginario sociale), con tutto ciò che ne deriva per il soggetto in campo emotivo, sul versante relazionale della sua vita quotidiana, ma anche per la tutela dei terzi che eventualmente dovessero intrattenere rapporti giuridici col beneficiario ed, in buona fede, concludere negozi successivamente annullabili ex art. 412 cc. È stata evidenziata, sotto questo profilo, una lacuna della norma, che se da un lato prevede una forma di pubblicità del provvedimento (art. 405, u.c., c.c.), dall'altro rimette all"iniziativa delle singole parti l'accesso a tale forma di pubblicità, di fatto rendendo necessaria l"implementazione di una pratica (la richiesta dell'estratto dell'atto di nascita) poco conosciuta e scarsamente diffusa: si è fatto, a titolo di esempio, il caso in cui il beneficiario di amministrazione di sostegno vende autonomamente, in violazione di quanto statuito dal decreto del Giudice tutelare, un immobile ad un terzo, che a sua volta lo rivende ad altro acquirente in buona fede, il quale è evidentemente nell'impossibilità materiale di verificare l'annullabilità dell'atto precedente.

Le criticità evidenziate rappresentano peraltro, a sommesso parere di chi scrive, un punto di forza e non già di debolezza della norma: la tutela della persona con una ridotta autonomia può infatti generare problemi applicativi solo se contemplata dall'ordinamento; prima della promulgazione della legge 6/2004, proprio in virtù dell'assenza della norma, non sussistevano problemi interpretativi né applicativi, ma la contropartita di questa minore "complessità" consisteva proprio nell'assenza di strumenti di tutela per le persone con una autonomia limitata, non tanto grave da rientrare nell"alveo della totale ablazione della capacità di agire costituita dall"interdizione.

Sotto il profilo metodologico, piace evidenziare la compresenza, nella stessa sede formativa, di relatori afferenti a diverse aree disciplinari. Si tratta, a parere di chi scrive, di un approccio ormai imprescindibile quantunque faticoso e complesso. Un dato di fatto notorio a chiunque si occupi di servizi alla persona (specie se territoriali), è che il paziente dei servizi sanitari, l'utente dei servizi sociali, il cliente del legale di fiducia, il ricorrente nel procedimento di amministrazione di sostegno spesso coincidono e si riuniscono nella stessa persona fisica. Intervengono quindi, e se ne occupano ciascuno con i propri strumenti d"azione e modelli concettuali di riferimento, entità organizzative diverse, tutte focalizzate sul perseguimento del "bene" ("della cura e degli interessi") della persona.

La questione che vuol porsi in questa sede non è, evidentemente, quella di stabilire quale entità organizzativa debba o possa, di volta in volta, avere la supremazia sulle altre già coinvolte o ipoteticamente coinvolgibili. Spesso, infatti, le persone seguite dalle singole organizzazioni sono oggetto di interventi reiteratati nel corso degli anni (se non dei decenni): di fatto, col trascorrere del tempo e col passar degli anni, alcune tipologie di intervento possono risultare prevalenti sulle altre, con ciò spostando, ipoteticamente il focus dell"intervento prevalente e, di conseguenza, da un punto di vista astratto, l"organizzazione prevalentemente coinvolta.

Il profilo che invece si vuole qui sottolineare è che attori istituzionali che intervengono più o meno contemporaneamente in una stessa situazione problematica, ciascuno evidentemente nell'ambito delle proprie attribuzioni, rischiano, in assenza di una reciproca conoscenza e comprensione delle logiche d'intervento (comprensione che è, evidentemente, cosa diversa dalla omogeneizzazione e dal recepimento acritico e pedissequo), di interferire reciprocamente ed invalidare l'uno i possibili benefici dell'intervento dell'altro.

Talvolta i modelli concettuali di riferimento degli attori in gioco sono alquanto diversi, apparentemente inconciliabili: basti pensare che il mondo del diritto si rifà a regole codificate, più o meno "personalizzabili" nella loro concreta applicazione nel singolo caso, ma cristallizzate in codici ed interpretate da fonti giurisprudenziali e dottrinali che, con la loro autorevolezza, indirizzano (più o meno radicalmente) il "diritto vivente"; esito finale di un procedimento giudiziario è una decisione che inevitabilmente attribuisce torti e riconosce ragioni, per quanto qui di interesse accoglie o nega la richiesta di nomina di un amministratore di sostegno (non è, infatti, prevista una soluzione "intermedia"), impone o meno al beneficiario specifiche limitazione alla sua autonoma capacità di agire. Dal canto suo, il "mondo" dei servizi alla persona utilizza, nell"individuazione dei nessi causali o nelle correlazioni tra eventi, logiche probabilistiche e non deterministiche, si muove all'interno di modelli relazionali, nell"ambito dei quali ampio spazio hanno la mediazione, il compromesso, il convincimento che stimola la motivazione al trattamento da parte dell'interessato, il quale ben difficilmente trarrà giovamento da una cura "imposta" (quand"anche fosse possibile) manu militari.

Ben vengano, quindi, occasioni di formazione "spuria", nelle quali relatori appartenenti a diverse istituzioni, che si riconoscono in e fanno riferiscono a modelli concettuali ed operativi differenziati, confrontano ed esplicitano i propri paradigmi davanti ad una platea composta da "propri simili" ma anche da "altri": sono infatti queste, a parere di chi scrive, le migliori occasioni non solo per comprendere reciprocamente logiche, strumenti e modelli d'intervento, ma anche per immaginare soluzioni possibili e praticabili anche per l'"altro" attore. Ad esempio, l'operatore del servizio per le dipendenze può imparare non solo quando segnalare un possibile beneficiario di amministrazione di sostegno all'attenzione del Giudice tutelare, ma anche come far trasparire al giudice alcune particolari criticità della specifica situazione, che possono essere tenute in considerazione (o meno, ovviamente), dal giudice; allo stesso modo, il Giudice, e l'avvocato che patrocina il ricorso, potranno porsi il problema se seguire pedissequamente la linea della individuazione dell'amministratore di sostegno all'interno del nucleo famigliare del beneficiario, ovvero se indirizzarsi ab initio verso figure terze, estranee al nucleo, cogliendo se non sollecitando suggerimenti dai servizi addetti alla cura.

Un sentito ringraziamento, quindi, al direttore del Dipartimento per le dipendenze della Aulss 8, dott. Graziano Bellio, ed alla responsabile della Unità Funzionale per il gioco d"azzardo problematico, dott.ssa Amelia Fiorin, per aver avuto l"iniziativa ed il coraggio concettuale di promuovere un seminario forse spurio sotto il profilo tecnico, sicuramente assai utile sotto il profilo operativo.

 




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