Viene da richiamare - anche se il gioco delle parti non è ovviamente paragonabile - quello che, secondo una diffusa “leggenda metropolitana”, avrebbe affermato Pablo Picasso dopo avere dipinto il quadro Guernica (la cittadina basca bombardata dagli aerei nazisti durante la guerra spagnola degli anni ’30). Nello studio del pittore spagnolo, a Parigi, era entrato a un certo punto un ufficiale nazista, il quale scorgendo il grande e rivoluzionario dipinto, da poco ultimato, aveva/avrebbe chiesto minacciosamente a Picasso: “Siete voi che avete fatto questo?”; e quest’ultimo: “No, siete voi che avete fatto questo!”.
Lo stesso potremmo forse ripetere - fatte le debite proporzioni (e al di là, beninteso, di qualsiasi minacciosità di tono) - con riguardo al caso oggi in esame.
Anche a me cioè – allorché, durante gli incontri con gli psicoterapeuti, con i Servizi sociali, con le associazioni, capita che qualcuno degli astanti sollevi l’interrogativo: “Siete stati voi (del Dipartimento giuridico di Trieste) a redigere il testo di questa legge?” - viene spontaneo rispondere: “Non noi; siete voi piuttosto che avete fatto questo”. E così direi che è andata, in effetti. Sono gli uomini della 180, se vogliamo usare questa espressione, i quali hanno aperto, non solo sul terreno della medicina sociale, la strada contro le rigidità omologanti e custodialistiche del passato