-  Valeria Cianciolo  -  23/06/2016

Amoris Laetitia. Di cosa parliamo? – di Valeria Cianciolo

E" stata pubblicata l"8 aprile l'esortazione 'Amoris Laetitia' che tira le somme del dibattito nella Chiesa sulla famiglia e che a breve verrà pubblicata in 7 diverse lingue.

Papa Francesco ha diffuso un paio di mesi fa il documento che chiarisce la sua posizione su diversi temi molto controversi all"interno della Chiesa: fra le altre cose il matrimonio, le coppie di fatto e gli omosessuali.

Amoris Laetitia ("La gioia dell"amore") è un"esortazione apostolica post sinodale, cioè, una specie di "lettera aperta" pubblicata in seguito alle discussioni dell"ultimo Sinodo sulla famiglia. Non è quindi una modifica della dottrina della Chiesa.

Bergoglio invita a valutare caso per caso e chiede "autocritica" per le rigidità del passato.

Sottolinea che non è più peccato mortale vivere situazioni "irregolari". Ribadito il no agli anticoncezionali: "Ma il sesso è un dono per gli sposi, non un male permesso"

La soluzione di Papa Bergoglio è nel perfetto stile gesuita, nel segno del discernimento che lo fa invitare a valutare caso per caso, perché, come sottolinea citando a suo sostegno san Tommaso d'Aquino, "quanto più si scende nelle cose particolari, tanto più si trova indeterminazione".

Nel testo si parla anche delle unioni irregolari secondo il quale "altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo".

Non è un'apertura piena alle unioni di fatto, ma il riconoscimento che anche nelle convivenze, ad esempio, "potranno essere valorizzati quei segni d'amore che riflettono l'amore di Dio" e che queste situazioni vanno "affrontate in maniera costruttiva" secondo lo spirito della "Chiesa ospedale" caro al pontefice.

Nel paragrafo 54, il Papa condanna le pratiche di mutilazione genitale femminile e la maternità surrogata.

In un passaggio sull"atteggiamento verso le persone omosessuali, contenuto nel paragrafo 250 e 251, il Papa scrive di voler «ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare "ogni marchio di ingiusta discriminazione", e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza», mentre sul matrimonio gay si limita a citare letteralmente un passaggio molto duro della relazione finale del Sinodo, senza commentarlo.

Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, i Padri sinodali hanno osservato che «circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia»; ed è inaccettabile «che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all"introduzione di leggi che istituiscano il "matrimonio" fra persone dello stesso sesso».

Maggiore apertura verso i divorziati.

Papa Francesco invita a trovare delle soluzioni compromesso per i divorziati che decidono di risposarsi: nel paragrafo 297 il Papa spiega che «si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale», mentre tre paragrafi più avanti suggerisce che si debbano trovare delle soluzioni caso per caso, senza una regola valida universalmente: «È comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E" possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché "il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi", le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi».

Ma non si scarica una grossa responsabilità sulla coscienza del singolo?

Per la Chiesa cattolica, l'unica via per essere ammessi alla comunione eucaristica, da parte dei divorziati risposati, è l'accertamento della nullità del precedente matrimonio celebrato in chiesa e che può essere ricondotta a numerose cause.

L'accesso spontaneo dei divorziati risposati alla comunione è diventato una prassi diffusa, tollerata da preti e vescovi.

Tempo fa è stata pubblicata una nota molto rigorosa a dire il vero, del prefetto della congregazione per la dottrina della fede Gerhard L. Müller che riafferma la "santità" indissolubile del matrimonio e respinge "un adeguamento allo spirito dei tempi" quale sarebbe la concessione della comunione ai divorziati risposati sulla base semplicemente delle loro scelte di coscienza.

Dai tempi del Concilio di Nicea riguardo ai divorziati risposati, nella cristianità hanno convissuto due tendenze, una più rigorista e una più disposta al perdono.

Nel secondo millennio, nella Chiesa di Roma si è imposta la prima. Ma in precedenza per molti secoli anche in Occidente ha avuto spazio la prassi del perdono.

Il cardinale Müller, su "L'Osservatore Romano", scrive che "nell"epoca patristica i credenti separati che si erano risposati civilmente non venivano riammessi ai sacramenti nemmeno dopo un periodo di penitenza". Ma subito dopo riconosce che "a volte sono state cercate soluzioni pastorali per rarissimi casi limite".

Ma perché non assolvere tutti i peccati anche a chi ha rotto il primo matrimonio ed ha una seconda unione?

Non si aprirebbe la strada al sacramento della riconciliazione?

E non ci sarebbe un ritorno alla fede di molti che oggi si sentono esclusi dalla comunione?

L"ultima esortazione post sinodale centrata sulla famiglia era stata diffusa da San Giovanni Paolo II nel 1981. Si intitolava Familiaris consortio ("l"unione della famiglia") e conteneva toni significativamente più conservatori: a un certo punto, ad esempio, si leggeva: «fra i segni più preoccupanti di questo fenomeno ["l"oscurarsi dei valori fondamentali sotto le pressioni derivanti soprattutto dai mass-media"], i Padri Sinodali hanno sottolineato, in particolare, il diffondersi del divorzio e del ricorso ad una nuova unione da parte degli stessi fedeli, l"accettazione del matrimonio puramente civile, in contraddizione con la vocazione dei battezzati a «sposarsi nel Signore»; la celebrazione del matrimonio sacramento senza una fede viva, ma per altri motivi; il rifiuto delle norme morali che guidano e promuovono l"esercizio umano e cristiano della sessualità nel matrimonio».

Non lamentiamoci.

 




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