-  Bernicchi Francesco Maria  -  08/06/2013

ANCORA SUL DANNO MORALE AL PROSSIMO CONGIUNTO - Cass. Civ. 14040/13 - Francesco Maria BERNICCHI

A seguito del già esaustivo commento a titolo "Danno morale liquidato al prossimo congiunto" a firma di Massimiliano Naso (http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=42921&catid=94), torniamo ad occuparci della recentissima sentenza della Corte di Cassazione n. 14040/2013 in materia di illecito e potenziale lesivo dello stesso che può toccare anche la sfera giuridica del prossimo congiunto.

Il fatto, in breve: due coniugi (Tizio e Caia) proponevano al Tribunale di Napoli domanda di risarcimento danni per responsabilità medica contro l'Azienda Universitaria Policlinico a seguito di intervento chirurgico di asportazione di un neo dalla gamba a cui si era sottoposto l'uomo.

L'operazione aveva avuto, invero, due effetti tragici: da una parte, per errore materiale vero e proprio, aveva causato al paziente una leggera zoppia, dall'altra parte un vero e proprio stato depressivo.

Infatti, al neo, ancora prima della biopsia, era stata riconosciuta la natura di melanoma, un tumore ormai allo stadio finale, tale che sarebbero rimasti al paziente pochi mesi di vita.

La notizia aveva causato a Tizio una profonda depressione, situazione che aveva, inevitabilmente, colpito anche la moglie.

Tuttavia, successivamente e con molti giorni di ritardo, gli stessi medici avevano comunicato alla coppia che l'esame istologico aveva rivelato trattarsi di una semplice cisti seborroica.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello di Napoli riconoscevano il carattere lesivo dell'operazione, ma affermavano titolare del diritto al risarcimento dei danni morali solo il marito - paziente (il Tribunale riconosceva la cifra di 22.205,89, mentre il giudice di seconde cure la cifra di € 50.000) e non la moglie, la quale, invece aveva richiesto, nell'atto di citazione, la cifra totale di 300 milioni di euro.

Con ricorso in Cassazione i due denunciavano, tra le altre cose, l'illogicità della sentenza sul punto del mancato riconoscimento del risarcimento di danno morale anche alla donna.

"La ricorrente, in particolare, critica il principio affermato dalla Corte di appello, secondo cui i congiunti potrebbero far valere i danni c.d. "riflessi" solo a fronte di lesioni seriamente invalidanti della persona cara, e denuncia la contraddittorietà insita nell'avere affermato che le lesioni subite dal marito sono state gravi e meritevoli di un risarcimento, ed avere contestualmente escluso che esse giustifichino il risarcimento dei danni morali subiti dalla moglie convivente."

La Corte di appello ha riconosciuto che l'intervento chirurgico distruttivo e l'errata notizia di essere affetto da una malattia mortale con breve aspettativa di sopravvivenza, avevano causato a Tizio la sussistenza di uno stato ansioso, con elaborazione depressiva e presenza di somatizzazioni, come accertato da precisa perizia.

Nonostante però tali premesse la Corte di appello ha negava la rilevanza dei danni morali patiti dalla moglie, con motivazione sostanzialmente apodittica: dichiarando cioè che il danno morale dei congiunti assume rilievo solo se "può ricondursi alle ipotesi di lesioni seriamente invalidanti, tali cioè da rendere di particolare gravità le sofferenze del soggetto leso e, di riflesso, quelle dei suoi prossimi congiunti e da compromettere lo svolgimento delle relazioni affettive".

In linea di principio, la Corte napoletana ha così escluso che il danno psichico, soprattutto gli stati depressivi, possano assumere un tale rilievo da doversi considerare gravemente invalidanti.

Tuttavia è vero il contrario, in particolare nel caso di specie: "è indubbio, infatti, che la situazione venutasi a creare era obiettivamente idonea a configurare sofferenze di particolare gravità non solo per il soggetto direttamente leso, ma anche per colei che da anni ne condivideva la vita, ed era certamente tale da compromettere lo svolgimento delle relazioni affettive (come ben sperimenta chi si trovi a convivere con un depresso)."

Da qui l'enunciazione del principio di diritto: "l'illecito può esplicare a carico degli stretti congiunti una sua potenzialità lesiva autonoma, venendo così ad assumere una valenza pluri - offensiva, sì da poter essere considerato come causa immediata e diretta non solo del danno subito dalla vittima, ma anche di quello subito dal congiunto (cfr. per tutte, Cass. civ. S.U. 1 luglio 2002 n. 9556)".

P.Q.M.

La sentenza impugnata deve essere sul punto annullata.




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