-  Redazione P&D  -  09/06/2013

ANIMAL HOARDING: PROFILI DI PROTEZIONE GIURIDICA – Giuseppe BUFFONE

«Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente»

Tratto dall"omonima opera di Randy O. Frost, Gail Stekete 2012, Erickson ed.

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 Sommario. 1. Disposofobia – 2. Animali e Cose – 3. Dovere di intervento degli enti locali.

[1]. Possedere un bene non serve a niente se non si è pronti a perderlo (Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65): ma per alcuni soggetti, perdere una propria cosa è una eventualità intollerabile. Si tratta dei cd. Hoarders ovvero delle persone affette da disposofobia, un disturbo mentale a cui dà sostanza un bisogno ossessivo ed irrefrenabile di acquisire (senza utilizzare né buttare via) una notevole quantità di beni, anche se gli elementi sono inutili (cd. sillogomania). La conferma della diffusione statistica del disturbo – e la sua evidenza scientifica – sono confermati dalla recente inclusione della Disposofobia nel "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali" (DSM-V). L'accaparramento compulsivo può, ahimè, dirigersi anche verso animali (es. gatti): in questo caso, ricorre la precipua fattispecie dell"animal hoarding. Ma gli animali, sotto una visuale squisitamente giuridica, sono equiparabili alle cose come sembrerebbe volere il Codice Civile vigente?

[2]. Nell"attuale ordinamento – anche in conseguenza dalla entrata in vigore della Legge 4 novembre 2010, n. 201, di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 - il sentimento per gli animali ha protezione costituzionale e riconoscimento europeo cosicché deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all"animale da compagnia (Trib. Varese, decreto 7 dicembre 2011). Quanto il Legislatore ha, di fatto, riconosciuto, in tempi recenti, con la legge 11 dicembre 2012, n. 220 posto che, modificando l"art. 1138 cod. civ., ha previsto che "le norme del regolamento [condominiale] non possono vietare di possedere o detenere animali domestici". Ne consegue che, una interpretazione evolutiva ed orientata delle norme vigenti, impone di ritenere che l"animale non possa essere più collocato nell"area semantica concettuale delle "cose", secondo l"impostazione tralaticia ma debba essere riconosciuto come "essere senziente" (v. Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007). Non essendo l"animale una «cosa» (v., ad es., artt. 923 c.c.), bensì un essere senziente (v. Trib. Milano, sez. IX civ., decreto 13 marzo 2013), è legittimo (e doveroso) riservare allo stesso un trattamento discriminato (quindi diverso) rispetto a quello che la Legge riserva ai beni tout court. Se queste premesse sono corrette, allora l"animal hoarding costituisce una condotta certamente illecita e plurioffensiva poiché espone l"animale ad un trattamento che provoca sofferenza, ledendo anche il comune sentire che giustifica la relazione persona-animale in termini di scambio di affettività e non anche come collezionismo di oggetti.

[3]. L"accumulo di animali non è un problema del singolo ma una problematica sociale e di rilevanza pubblicistica. L"hoarder, infatti, accumulando animali in modo disordinato, in primis genera una situazione di profondo degrado nell"habitat domestico e provoca una convivenza forzata con un ambiente malsano, certamente non igienico. Questa situazione espone a rischi diretti l"accumulatore ma anche la sua famiglia e comunque le persone che orbitano attorno al luogo in cui si colloca l"hoarding (es. il condominio). Dove la situazione venga resa nota all"Ente locale nel cui ambito si colloca l"accumulatore, deve ritenersi che sussista un precipuo dovere di intervento, già a mezzo dei Servizi Sociali, in virtù delle funzioni e dei compiti spettanti: v. la legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali); decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59); Legge Regionale - Regione Lombardia  12 marzo 2008, n. 3 "Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario"). Dove, peraltro, la situazione di hoarding pregiudichi l"autonomia della persona affetta dalla disposofobia, deve anche ritenersi che la condizione soggettiva sia meritevole di protezione giuridica, ad esempio attraverso la istituzione di una amministrazione di sostegno. Come noto, l"art. 406, comma III, c.c. prevede che "i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all'articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero". L"inciso "sono tenuti" istituisce nella disposizione un vero e proprio obbligo. Deve ritenersi, pertanto, che la norma vada ad arricchire il novero dei compiti e funzioni rimesse dalla Legge alla materia dei servizi sociali. L"istituto dell"amministrazione di sostegno è certamente adeguato per la protezione giuridica degli hoarders: l"amministratore, infatti, «prende in cura» la persona e il patrimonio dell"accumulatore e previene la formazione di recidive, mediante un programma di sostegno che il giudice tutelare disegna con il concerto di servizi sanitari e assistenziali.

[4]. Nell"accumulo ossessivo, animali e hoarder non possono essere lasciati soli: l"intervento di sostegno e controllo è essenziale al fine di evitare che la condizione patologica diventi ingravescente e si traduca in una situazione di pregiudizio per i diretti interessati o i terzi. Dove ciò accada, non è affatto possibile escludere una responsabilità civile o penale di chi, potendo (e dovendo intervenire) è rimasto inerte. Al dovere di intervento non si ritengano estranei gli amici, i parenti, i conoscenti, i condomini, le persone per avventura entrate in contatto con la persona malata: la società non può restare muta davanti alla sofferenza e ciascuno può tendere una mano di aiuto. E non appaia cosa di poco conto: «ogni mano, per quanto piccola, lascia un'impronta nel mondo» (Anonimo).




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