-  Redazione P&D  -  21/01/2011

APOLIDIA, ASILO E RIFUGIO UMANITARIO DI FRONTE AL GIUDICE DI MERITO - Maria Rosaria ACAGNINO

Si deve rilevare che, di recente, almeno in primo grado, il numero dei ricorsi è notevolmente diminuito, a seguito della politica dei respingimenti, che ha, di fatto, comportato un cambiamento delle rotte d’ingresso nel territorio dello Stato e ha reso più difficile l’identificazione ed il controllo dei flussi migratori, sebbene irregolari.
Nel mio intervento mi limiterò a segnalare le questioni che mi sembrano più interessanti, offrendo al dibattito i necessari spunti di riflessione, non avendo, ovviamente, la soluzione “magica” ai numerosi problemi interpretativi che la normativa pone.
La prima questione che si pone è quella della qualificazione dell’intervento giurisdizionale.
Prima ancora dell’intervento del legislatore col D.L. vo n. 25/08, successivamente modificato col D.L. vo n. 159/08, i giudici, sia ordinari che amministrativi, avevano qualificato la pretesa del richiedente asilo o il riconoscimento dello status di rifugiato come volta a far valere un diritto soggettivo, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario (Cass. civ. S.U. 907/99).
La Cassazione aveva coerentemente affermato che la pronuncia giurisdizionale avesse natura dichiarativa, trattandosi di riconoscimento di diritti soggettivi attinenti alla persona (Cass. civ. 8423/04).
Il legislatore, con l’art. 35 del D.L. vo n. 25/08, ha disciplinato la materia affidandola al giudice ordinario, come già previsto dall’art. 30 D.L. vo n. 286/98, in tema di diritti dello straniero di rilevanza costituzionale.

QUESTIONI PROCESSUALI

Il primo tema da affrontare è quello relativo all’individuazione del giudice competente.
Particolarmente interessante è la sentenza, emessa il 24/1/09, dalla collega De Lecce del Tribunale di Lecce che, con argomentazioni che condivido e, in parte riporto, ha interpretato in senso restrittivo l’art. 20 del D.L. vo n. 25/08 che individua il Tribunale competente e dimezza i termini per l’impugnazione, nell’ipotesi di trattenimento del richiedente la protezione in un centro di permanenza temporanea ed assistenza.
La deroga alla competenza del Tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte di appello in cui ha sede la commissione territoriale, in favore del Tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto in cui trovasi il centro, opera sia nei casi in cui lo straniero richiedente la protezione internazionale sia stato destinatario di un provvedimento di trattenimento, ai sensi dell'art. 21 del D.L.vo n. 25/08, sia nei casi in cui sia stata disposta l'accoglienza del soggetto in un centro di accoglienza richiedenti asilo, ai sensi dell'art.20 dello stesso Decreto.
Nulla quaestio per l’ipotesi in cui il richiedente sia destinatario di un provvedimento di trattenimento, mentre il caso affrontato dal Tribunale di Lecce riguardava l’ipotesi di cui all'art.20. Secondo la norma citata, il soggetto richiedente è ospitato in un centro di accoglienza (i cd. CARA), in tre casi:
a) quando e' necessario verificare o determinare la sua nazionalita' o identita', ove lo stesso non sia in possesso dei documenti di viaggio o di identita', ovvero al suo arrivo nel territorio dello Stato abbia presentato documenti risultati falsi o contraffatti;
b) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere il controllo di frontiera o subito dopo;
c) quando ha presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare;
Lo stesso articolo prevede che, nel caso di cui al comma 2, lettera a), il richiedente e' ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario agli adempimenti ivi previsti e, in ogni caso, per un periodo non superiore a venti giorni. Negli altri casi il richiedente e' ospitato nel centro per il tempo strettamente necessario all'esame della domanda innanzi alla commissione territoriale e, in ogni caso, per un periodo non superiore a trentacinque giorni. Allo scadere del periodo di accoglienza al richiedente e' rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo valido tre mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda.
L'art. 22 dello stesso decreto legislativo dispone che " al termine del periodo di accoglienza nei centri di cui all'articolo 20 o del periodo di trattenimento di cui all'articolo 21, è fatto obbligo al richiedente di comunicare alla questura ed alla competente Commissione territoriale il luogo di domicilio ai sensi e per gli effetti dell'articolo 11", fissando così un limite temporale alle deroghe previste in materia di notifica, da effettuarsi, nel periodo precedente, presso il centro di accoglienza. Giustamente il giudice di Lecce ha sottolineato la riduzione del termine ordinario di proposizione del ricorso giudiziario che accompagna la previsione derogatoria della competenza, individuando la ratio di tale eccezione, con la necessità di assicurare la tutela giurisdizionale al richiedente la protezione in maniera, per così dire, più semplice e rapida, nel senso di consentirgli di adire l'ufficio giudiziario più vicino al centro.
L’interpretazione adottata dal detto giudice è, peraltro, l’unica costituzionalmente corretta, in quanto fornisce una giustificazione adeguata alla riduzione dei tempi per il deposito del ricorso, collegandola alle condizioni di vita del richiedente e alla minore distanza fra il luogo in cui si trova e il giudice competente.
Correttamente il Tribunale ha poi limitato la competenza eccezionale del giudice del capoluogo di distretto in cui trovasi il centro al tempo previsto dalla legge per tale tipo di ospitalità (non superiore a 20 o a 35 giorni), non potendo attribuirsi rilievo ai casi di protratta permanenza di fatto.
E’ vero che l’art. 36 D.L. vo n. 25/08 prevede che il richiedente asilo (tale è l’espressa dizione normativa) ospitato nei centri di cui all'articolo 20 rimanga in accoglienza nelle medesime strutture, ma tale previsione attiene, sempre secondo la sentenza citata, più alle “modalità”, espressamente richiamate dalla norma in parola che ai termini, non essendo sufficiente tale norma a giustificare la deroga alla disciplina ordinaria della competenza, in relazione all'individuazione del Tribunale territorialmente competente ed al termine per impugnare.
Uno dei problemi interpretativi è quello relativo ai limiti della cognizione e del potere d’intervento del giudice ordinario, in una materia in cui l’oggetto del giudizio è, comunque, il contenuto di un atto della P.A..
In particolare, una questione da affrontare è se il giudice adito, ad es. in sede di reclamo avverso un provvedimento di rigetto della richiesta di asilo politico, possa estendere il suo sindacato anche alla sussistenza delle condizioni per ottenere il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale, in mancanza di una pronuncia, su tale punto, della Commissione Territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato.
La Cassazione si è espressa in materia di rigetto del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, riportandosi al principio processuale della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, per cui ha cassato la sentenza del giudice di merito che, ritenendo insussistente la condizione che aveva indotto il Questore a rigettare la relativa richiesta, aveva poi rigettato il reclamo, ravvisando l’inesistenza di altro requisito di legge, non rilevato né dal Questore, né dal Ministero degli Interni (Sez. I 2539/04).
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