-  Santuari Alceste  -  15/05/2017

Appalti e clausole sociali: quale estensione? – Tar Calabria 209/17 – Alceste Santuari

Alla ditta appaltatrice che subentra nella gestione del servizio oggetto di affidamento non può essere imposto l"assorbimento di tutto il personale uscente, salvo che l"impresa non riesca ad ammortizzarne i costi.

Un comune ha indetto una procedura aperta, ai sensi dell"art. 60, I comma, del D. Lgs. n. 50/2016, per l"affidamento del servizio integrato di raccolta, trasporto, avvio a recupero e smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati ed altri servizi accessori, per il triennio 2017/2019.

Il criterio di aggiudicazione previsto è quello dell"offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell"art. 95, II e III comma, lett. a), del D. Lgs. n. 50/16.

Una impresa esercente attività nel settore di riferimento nonché affidataria del servizio di igiene urbana in via temporanea ed urgente non ha presentato domanda di partecipazione alla gara, ritenendo l"importo soggetto a ribasso "del tutto insufficiente rispetto all"entità dei costi fissi, imposti dalla stessa lex specialis di gara… risultando impossibile la presentazione di un"offerta seria e sostenibile e che preveda un utile per la stessa impresa".

La medesima impresa ha presentato ricorso amministrativo per la censura degli atti di gara, sostenendo quanto segue:

-) l"importo posta a base d"asta sia non solo affatto remunerativo, ma assolutamente incapiente rispetto ai costi ed alle spese da sostenere per la gestione dell"appalto, ai sensi di quanto previsto nella lex specialis;

-) le criticità più importanti si riferiscono ai costi per il personale da impiegare nell"esecuzione del servizio, in ragione, soprattutto, dell"obbligo imposto all"impresa subentrante di assorbire tutto il personale dell"azienda cessante addetto in via ordinaria o prevalente allo specifico appalto, così come previsto dal bando e dal capitolato;

-) la stazione appaltante, in una risposta ad un preciso quesito di parte ricorrente, precisava che il ccnl applicabile prevede impone all"operatore economico di impegnarsi ad assumere tutto il personale della ditta incumbent;

-) conseguentemente, il bando prevedeva che i relativi oneri economici siano previsti sin dalla predisposizione dell"offerta;

-) i costi relativi al personale impiegato dall"impresa cessante, sommati agli altri costi fissi, sarebbero già di per sé superiori all"importo complessivo posto a base di gara;

-) la clausola sociale, così come dedotta nel bando e integrata dal ccnl, deve considerarsi illegittima in quanto essa deve realizzarsi attraverso un "un adeguato bilanciamento con i valori della libera concorrenza e della libertà imprenditoriale" e quindi nel rispetto dei principi dell"Unione europea;

-) la clausola sociale può obbligare l"appaltatore subentrante unicamente ad assumere in via prioritaria i lavoratori che operavano alle dipendenze dell"impresa uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l"organizzazione d"impesa prescelta.

Tutto ciò premesso, secondo il giudizio di parte ricorrente, "la rigida imposizione della clausola sociale, pertanto, renderebbe il bando illegittimo, per violazione dell"art. 50 del D. Lgs. n. 50/16 e per contrasto con i fondamentali principi nazionali ed europei di libera concorrenza e di libertà imprenditoriale."

Il TAR Calabria, con sentenza 15 marzo 2017, n. 207, ha accolto il ricorso, ribadendo quanto segue:

-) la norma del codice appalti va letta nel senso che la clausola sociale non può trasformarsi in un deterrente per la partecipazione alla gara;

-) la clausola sociale è un elemento che non riguarda la partecipazione alla gara ma le condizioni di esecuzioni del contratto;

-) il bando non garantisce la trasparenza oltre che la concorrenza tra i partecipanti, in quanto non sembra in grado di garantire alle imprese lo spazio utile per poter formulare la loro offerta;

-) il bando non indica quanti lavoratori sono necessari per eseguire l'appalto e viene dunque meno a un principio di adeguatezza delle risorse umane;

-) è necessario invece procedere all"applicazione del principio di proporzionalità, in forza del quale l'aggiudicatario deve essere messo nelle condizioni di poter garantire l'applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro;

-) il bando di gara non può dettare condizioni che rendano impossibile centrare l'obiettivo perseguito dalla procedura ad evidenza pubblica;

-) non rileva il fatto che ci sia stata soltanto un"offerta;

-) con sentenza n. 231/17, la Sez. III del Tar Toscana ha bocciato il bando di gara predisposto dall'ente regionale ancora per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti sanitari, in quanto è stato ritenuto illegittimo obbligare chi subentra nella gestione dell'appalto a riprodurre alla lettera inquadramento e orario di lavoro del personale impiegato dall' impresa uscente;

-) nella medesima sentenza i giudici amministrativi, richiamando la direttiva 24/2014/UE, che prevede che anche gli appalti pubblici abbiano una specifica attenzione alle esigenze sociali, hanno sostenuto che la clausola sociale risulta comunque una facoltà del bando di gara;

-) anche l"Anac ha affermato che la stabilità occupazionale costituisce un obiettivo che non può essere trasformato in un rigido obbligo: la clausola sociale deve conformarsi ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza. Si dovesse ragionare in modo diverso si giungerebbe a limitare in modo indebito la platea dei partecipanti, mentre la libertà d' impresa, viene riconosciuta e garantita dall' articolo 41 della Costituzione;

-) non si può sostenere che il personale in eccesso potrebbe essere utilizzato in altre commesse che fanno capo alla stessa azienda;

-) con la sentenza n. 1969/16, la Sez. II del Tar Lazio ha statuito che la stazione appaltante non può imporre nella procedura pubblica bandita l'adozione di un determinato contratto collettivo di lavoro anche se l'appalto prevede la clausola sociale: l'impresa che subentra, infatti, ben può scegliere di applicare ai lavoratori riassorbiti un contratto collettivo di lavoro diverso, a patto che siano garantiti congrui livelli retributivi ai prestatori d'opera;

-) la stazione appaltante non può deliberare l'inammissibilità dell'offerta per la mancata adozione di un determinato Ccnl, in quanto si tratta di scelte che rientrano nella libertà d' impresa;

-) non può scattare l'estromissione dalla gara senza la prova che il contratto collettivo applicato in concreto non consenta retribuzioni adeguate per i lavoratori da riassorbire.

In ultima analisi, i giudici amministrativi calabresi hanno concluso che "la tassativa impostazione della lex specialis non è stata, quindi, in grado di consentire ai potenziali concorrenti alcuno spazio di modulazione dell"offerta; la quale, beninteso, avrebbe potuto essere "anche" articolata nei termini rigorosi del bando, ma non "necessariamente", alla stregua di requisito di partecipazione."

La sentenza de qua è stata emanata in vigenza dell"art. 50 vigente prima delle correzioni introdotte dal d. lgs. n. 56/2017, che ha novellato l"articolo in parola prevedendo che, ancorché nel rispetto dei principi dell"Unione Europea, le stazioni appaltanti inseriscono (grassetto dell"A.) specifiche clausole sociali. Deve forse ritenersi che, tuttavia, la decisione del Tar Calabria, alla luce delle motivazioni addotte e sopra brevemente descritte, non sarebbe stata diversa.




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