-  Bernicchi Francesco Maria  -  31/08/2013

ART. 51 C.P. :ADEMPIMENTO DI UN DOVERE - Francesco Maria BERNICCHI

ADEMPIMENTO DI UN DOVERE

L'articolo 51 c.p. stabilisce che l'adempimento di un dovere sia esso imposto da una norma giuridica ovvero da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità. La ratio della norma che disciplina una delle cause di giustificazione è tutta nel rispettare il principio di non contraddizione all'interno del medesimo ordinamento giuridico.

1) Dovere imposto da norma giuridica (poliziotto che esegue un arresto, ufficiale giudiziario che fa un pignoramento): nulla quaestio nei casi in cui l'obbligo di agire derivi dalla legge, sorge invece il problema in caso di doveri di agire che trovano la loro fonte nei regolamenti anche se, in conformità all'indirizzo giurisprudenziale consolidato, "per norma giuridica" si deve intendere in senso lato quella comprensiva di ogni precetto giuridico pur se straniero in attuazione dell'articolo 10 Cost.

2) Dovere imposto da ordine dell'autorità: l'ordine consiste in una manifestazione di volontà che un superiore rivolge ad un subordinato, in vista del compimento di una data condotta.

Affinchè esista l'efficacia scriminante (art. 51 c.p.) tra il superiore ed inferiore deve sussistere un rapporto di subordinazione di diritto pubblico, a nulla rilevando l'adempimento di obblighi che si inquadrano in rapporti privati (in tali casi - lavoratore - datore di lavoro - la punibilità potrebbe comunque non sussistere, ma sul piano della colpevolezza, ossia la volontà del subordinato è stata coartata dal superiore).

Ai fini della punibilità, non basta l'esistenza di un ordine, ma esso deve essere legittimo. La legittimità vive secondo due presupposti: formali → competenza del superiore ad emanare l'ordine; competenza dell'inferiore ad eseguirlo; forma prescritta. Sostanziali → presupposti stabiliti dalla legge per l'emanazione dell'ordine.

Sindacato di legittimità del subordinato: egli ha potere di sindacare la legittimità dell'ordine e lo si ricava, indirettamente, dall'ultimo comma dell'articolo 51 che esclude la punibilità di chi esegue un ordine legittimo quando la legge non gli consente un sindacato di legittimità; a contrariis, pertanto, la sindacabilità è la regola. Per verificare i limiti del potere di sindacato dell'inferiore occorrerà considerare sia la natura dell'ordine che viene in questione, sia il tipo di rapporto che intercorre tra subordinato e superiore: più aumenta la subordinazione, meno vi è facoltà di sindacare l'ordine.

Se, tuttavia, il controllo di legittimità non è effettuato dai subordinati che sono titolari di questa facoltà la regola è che anche loro rispondono penalmente dell'eventuale reato scaturente dall'esecuzione dell'ordine illegittimo. (Art. 51 comma 2 e 3).

Questa regola che estende la punibilità anche al subordinato che non compie il sindacato di legittimità subisce, ancora, due eccezioni che lo fanno tornare, per così dire, di nuovo "non punibile":

1) se, per errore di fatto, ha ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo = è applicazione dei principi generali in tema di errore (47 c.p.), nel concetto di errore di fatto vi deve rientrare anche l'errore sulla legge extra-penale;

2) se la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine = tale eccezione si riferisce ai rapporti di subordinazione - gerarchica tipica del mondo militare o para-militare. Si tratta di ordini legittimi e vincolanti che per la celerità con cui devono essere attuati, non possono essere ridiscussi.

E' opportuno però segnalare che la dottrina nel punto sub2 segnala dubbi di interpretazione e di sussistenza vera e propria di tali ordini.

Per negare l'esistenza si fa riferimento a due concetti: a) se davvero l'ordine fosse vincolante sarebbe da presupporre l'esistenza di una sanzione per la sua non applicabilità, ma nel nostro ordinamento non esiste tale sanzione. b) sul piano del diritto positivo esistono diverse norme che permettono al subordinato di disattendere l'ordine illegittimo (art. 17 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato, art. 66 della legge che disciplina la Polizia di Stato che obbliga il sottoposto a non eseguire l'ordine che costituisce reato). Si tratta di un sindacato di legittimità sostanziale, non formale.

Altri, ancora, in dottrina qualificano l'impunità del sottoposto che esegue un ordine illegittimo da lui non sindacabile non come esimente, ma bensì un'impunità che deriverebbe dal piano della colpevolezza: il subordinato non ha la libera autodeterminazione. (nello stesso senso Corte cost.123/1972).

In conclusione, dottrina e giurisprudenza, ritengono che esista un limite all'impossibilità di sindacare la illegittimità dell'ordine, cioè quando questo è manifestamente criminoso, ed è un richiamo analogico all'articolo 4 della L.382/1979.




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