-  Redazione P&D  -  22/06/2014

ATTI DI CONVEGNO - REGGIO EMILIA 6 GIUGNO 2014 - Maria Rosa PANTE'

Prima testimonianza:

A una delle mie classi, una delle tante che mi stanno facendo perdere la fiducia nel futuro della nostra società, è toccato essere classe campione per la prova invalsi di matematica. Davanti all'osservatore esterno, una persona loro sconosciuta, sono riusciti a ridere tutto il tempo, a bestemmiare ad alta voce inveendo contro il malcapitato e persino - scusatemi la scurrilità - a scorreggiare sonoramente più volte, generando il disgusto in chi osservava, e la più profonda delle vergogne che si possano provare negli insegnanti 'titolari'. A nulla è servito l'intervento degli insegnanti stessi e del vicepreside.

Ora io mi chiedo: è davvero la scuola il luogo più idoneo per questo tipo di ragazzi? Sono sempre più indignato, e senza parole: davvero non so più che pensare di loro.

Giovane docente, maschio, di materie scientifiche presso un IPSIA di provincia in Piemonte, le prove INVALSI coinvolgono le classi seconde

 

Seconda testimonianza:

A me sembra, rispetto alla scuola,  di vivere sempre di più nella dimensione dello "straniamento". Mi sembra di trovare strano tutto e, se si dice qualcosa a chi sta ai piani di sopra, quelli trovano strano ciò che diciamo noi.

Per la maggior parte di noi, proff di latino e storia, oltre che di italiano, quasi ogni insegnamento, si riduce ormai a 2 moduli settimanali, sovente separati. Entri in classe, arrivando di corsa di solito da qualche succursale ( effetto-Dimensionamento), apri il registro elettronico ( sperando che ci sia il collegamento), sistemi la burocrazia, raccogli le idee della volta precedente (e qui l"età incomincia a giocare qualche scherzetto), introduci il discorso. Se ti va bene, riesci a fare anche un esempio... poi, stop! suona la campanella. Il tempo a tua disposizione è finito. E con la frase ormai quasi di rito: "Ragazzi, le domande la prossima volta...!" riparti per la prossima ...lezione.

Non ci fosse la crisi avrei già cambiato mestiere. Certo con grande rammarico, perché a me piace/ o  piaceva insegnare...

Docente, donna, di circa 50 anni, di italiano latino presso un Liceo ad Aosta

 

Le due testimonianze indicano già gli elementi per dire cosa accade "se la scuola funziona male" dal punto di vista dell'insegnante.

 

La prima testimoninaza ci parla di:

1. problemi coi ragazzi – demotivati, maleducati, insopportabili – e con le famiglie – che li difendono o che non sanno farsi rispettare, o con strumenti culturali anche inferiori ai figli...

 

2. a questo punto quando il pessimismo diventa morboso, quando si ritorce contro se stessi e contro il proprio fisico, l'insegnante scoppia, questo accade in tutta l'Europa. MA si tratta di uno scandalo di cui non si può parlare: possiamo mettere in crisi un intero sistema, possiamo insinuare che ci troviamo in una scuola di pazzi?

Per sapere di più sul problema consiglio gli articoli del dottor Vittorio Lodolo d'Oria, in Italia il maggior esperto del problema. http://burnout.orizzontescuola.it/info/

 

La seconda testimonianza (insegnante di Liceo dunque per ora con meno problemi comportamentali da parte degli studenti) ci parla di:

1. problemi con le riforme calate dall'alto,

2. con le classi affollate

3. col risparmio effettuato tagliando ore di insegnamento (Gelmini!),

4. problemi anche con elementi in sé positivi, come l'informatizzazione (registro elettronico, LIM) effettuata senza preparazione e strumenti: l'ARMIR con scarponi di cartone viene mandato a disperdersi in Russia...

 

Perché tutto questo?

- la parola cultura è snob: il problema dei problemi è il calo vertiginoso di considerazione sociale dei docenti.

- tutti sanno dire qualcosa di scuola quasi più che di calcio, tutti hanno avuto a che fare con la scuola... Il professore è stato vissuto o come "la cara e buona immagine paterna " (più spesso materna) di cui parla Dante o come il nemico... non solo dell'alunno, ma delle famgilie e il punto è proprio questo;

- l'insegnante non viene valorizzato, i suoi progetti naufragano... problema coi dirigenti scolastici a tutti i livelli territoriali e la burocrazia (triste fenomeno che condividiamo con molti altri ambiti italiani).

- ci sono insegnanti che entrano di ruolo due anni prima della pensione... e fanno, udite udite, l'anno di prova dopo avere insegnato 20 anni! Ci sono insegnanti pessimi, persone che dovrebbero fare un altro lavoro, ma se entri di ruolo a 60 anni (o poco prima) il danno l'hai già fatto. Il giovane che vuole insegnare deve essere messo alla prova da subito... non buttato in classe allo sbaraglio.

- c'è la legge della sicurezza sul lavoro, ci sono i corsi per la sicurezza. La scuola e i corsi sulla sicurezza, (che titolo) dove si dice tutto sui detersivi, nulla sugli antidepressivi.

 

Cosa si può fare da subito?

1. riconoscere la malattia professionale per il docente (diritto tolto al pubblico impiego dal governo Monti)

2. fornire un supporto psicologico (come per molte altre professioni che si caratterizzano per intensi rapporti personali)

3. formare i dirigenti e informare i docenti stessi

4. introdurre nella giurisdizione il riconoscimento del burn out come rischio professionale anche per i docenti (si sta pensando a una causa pilota)

5. esistono i docenti cosidetti inidoeni all'insegnamento ma idonei ad altri compiti, talvolta la causa della loro situazione è il burn out, per sapere qualcosa di più, per i docenti che si sentono un po' in crisi questo è il sito del CONBS (coordinamento nazionale bibliotecari scolastici) http://conbs.blogspot.it/

 

che da anni si occupa attivamente dei docenti "inidonei", spesso occupati in biblioteca.

 

Ma il punto fondamentale, quello che vorrei fosse scolpito su ogni muro e sulla mente di tutti è questo:

la scuola è la cosa più importante per una società, non esiste un buon medico, un buon professionista, un buon politico ecc. senza una buona scuola.

Dunque la scuola non deve seguire, adeguarsi alla società, piuttosto la scuola deve GUIDARE la società.




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