-  Valeria Cianciolo  -  06/12/2016

Autorizzata anche tramite AdS l'interruzione del trattamento di sostegno vitale – di Valeria Cianciolo

Nota a Tribunale di Cagliari, decreto 16 luglio 2016 - G.T.: Dr.ssa Isabella Delitala

Deve essere autorizzata previa assunzione del consenso attuale del malato di SLA e in caso di sopravvenuta incapacità, del suo amministratore di sostegno, l'interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale realizzato mediante respiratore artificiale previa sedazione dovendosi ritenere che il quadro normativo il rispetto assoluto della volontà del malato.

 1. Un uomo affetto da SLA dal 2011, pienamente capace di intendere di volere, nel 2013 redigeva una scrittura privata contenente le proprie determinazioni in relazione al fine vita, dichiarando nell'ipotesi in cui si fosse venuto a trovare, a causa della propria patologia, in condizioni di non poter decidere riguardo alle sue cure,:  "…di non ricevere terapie o interventi invasivi atti a prolungare la mia esistenza e che i trattamenti già iniziati aventi per obiettivo il prolungamento della mia vita siano interrotti compresi respirazione assistita dialisi rianimazione cardio polmonare interventi chirurgici volte a prolungare la mia esistenza trasfusioni sanguigne terapia antibiotica alimentazione in ogni sua forma naturale o artificiale incluso soluzione delicata. Qualora uno di questi o altri interventi si rendesse necessario chiedo in sostituzione la sedazione terminale."

Nel 2014 alla presenza di testimoni, l'uomo redigeva una scrittura privata affermando che posto che dal settembre 2013 le proprie funzioni respiratorie in ragione della patologia da cui era afflitto  (SLA in stadiazione quattro) "…sono affidate ventiquattr'ore al giorno ad un respiratore meccanico al quale è collegato attraverso un tubo da una maschera nasale… Rilevato che in un arco di tempo più o meno ravvicinato, l'inevitabile procedere della malattia comporterà la completa perdita delle capacità vocali già oggi fortemente compromesse, rendendo impossibile la comunicazione diretta e dispiaciuta della propria volontà, delega il proprio amministratore di sostegno, al verificarsi di tali circostanze (perdita totale delle capacità fonatorie) a chiedere l'assistenza del medico rianimatore perché proceda alla somministrazione di farmaci sedativi."

Con scrittura privata del 2016, l"uomo chiedeva all'Asl di Cagliari, il distacco del respiratore artificiale.

Nel giugno 2016, il giudice tutelare si recava presso il domicilio dell'uomo il quale attraverso il comunicatore acustico, confermava quanto dichiarato nelle precedenti scritture private e le richieste in esse contenute.

Il pubblico ministero in relazione alla problematica della responsabilità del medico curante in ordine al decesso del paziente nolente, ha richiamato i seguenti principi: il consenso informato che costituisce la base di ogni trattamento terapeutico. E, da tale principio scaturisce la configurazione di un vero e proprio diritto perfetto sancito dalla Costituzione.

La Costituzione infatti tutela non solo il diritto alla salute, ma anche il diritto all'autodeterminazione, lasciando a ciascuno, il potere di scegliere autonomamente se effettuare o meno, il determinato trattamento sanitario. Il divieto del medico di porre in essere un qualsiasi trattamento medico in presenza di un documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, ciò vale certamente in ragione dell'ampio contenuto del diritto del paziente anche per il trattamento medico in atto. E,

Il rifiuto di un trattamento sanitario deve essere frutto di una scelta libera ed effettiva del paziente. Il consenso, come pure il rifiuto, deve quindi, essere:

- personale: entrambi espressi dal titolare del diritto alla salute;

- libero: risultati dalla libera autodeterminazione del paziente;

- attuali: ossia, concomitanti al trattamento sanitario o ad esso preventivo;

-concreto: consenso e rifiuto  non devono essere meramente ipotetici, ma devono essere espressi, in relazione ad uno specifico trattamento incipiente o infieri;

- informato: per essere validamente espresso il paziente deve ricevere un'informazione adeguata in ordine agli effetti che possono derivare dal rifiuto.

Queste sono le spiegazioni che hanno condotto il giudice tutelare di Cagliari Isabella Delitala ad accogliere la richiesta dell"uomo, previa sedazione.

 

2. Da queste precisazioni si ricava che solo l"interessato, essendo l"unico a poter sperimentare la propria condizione esistenziale, possa giudicare, anche in relazione al suo stile e concetto di vita, il grado di qualità della sua esistenza, risolvendosi la dignità stessa, secondo la concezione di riferimento, in nient"altro che nella possibilità personale di scegliere in autonomia. In quest"ottica si potrebbe affermare che l"uomo sia misura della sua esistenza e che la disponibilità della propria vita sia giustificabile solo in base a questa relativizzazione.

Secondo questa tesi, la vita, quale fondamento essenziale della persona avrebbe carattere assolutamente irrinunciabile e preminente rispetto agli altri valori, e conseguentemente andrebbe protetta da qualsiasi aggressione, anche autodeterminata, in modo da garantirne la maggiore durata possibile[1]. Secondo questa corrente, una morale così intesa non lascerebbe spazio a visioni individualistiche, in virtù della verità obiettiva che essa conterrebbe in quanto espressione della legge di natura, quella stessa di cui il diritto dovrebbe essere trasposizione nella sua funzione coercitiva.

Da un esame sommario di questa posizione, non si può fare a meno di notare innanzitutto che l"appello alle leggi di natura appaia inappropriato in relazione alla tematica in questione che riguarda esclusivamente casi caratterizzati da una palese artificialità poiché proprio l"apporto tecnologico, facendo cadere i confini naturali della vita, determina quelle problematiche che altrimenti nemmeno avrebbero ragione di porsi.

Il carattere di assolutezza e primarietà di un valore si scontri con la presenza di valori alternativi comunque tutelati dalla nostra Costituzione, quali, in primo luogo, quello all"autodeterminazione

individuale e quello del pluralismo stesso. Allo stesso modo l"imposizione su tutti gli individui della concezione etica dell"inviolabilità della vita, quale conseguenza della sua impostazione assolutizzante, risulterebbe fortemente lesiva del principio di laicità, quindi del pluralismo religioso e della libertà di coscienza di ciascuno.

Quello che è possibile affermare sin da subito è che la Costituzione italiana non sembra stabilire una gerarchia di diritti fondamentali ,al contrario di ciò che invece sostiene la dottrina dell"intangibilità della vita, che vede nell"art. 2 Cost. la formula dichiarativa, ad apertura della Carta, della protezione della vita e della sua inviolabilità assoluta, come espressione di un principio personalistico in cui la vita in sé è fondamento della persona.

E" abbastanza palese che tale norma costituisca una clausola aperta, idonea a richiamare, attraverso la lettura congiunta con gli altri articoli, diritti fondamentali di pari valore, e non ultimo certamente, quello all"autodeterminazione.

Si può giustamente ritenere piuttosto che l"attenzione e la tutela che la Costituzione riserva allo svolgimento della personalità individuale dimostri un chiaro intento di promozione della cosiddetta vita biografica del cittadino, quindi di protezione del suo ambito di autonomia dalle altrui intrusioni e del percorso personale di scelte esistenziali, sempreché ovviamente esse non si scontrino con altri valori altrettanto tutelati.

Infine, ma credo di dire una banalità, l"esperienza degli anni più recenti ha evidenziato –in Italia ma anche all"estero– come in maniera esponenziale sia cresciuta la domanda di giustizia in ambito biogiuridico e che «è ormai al giudice che si richiede la salvezza. I giudici sono rimasti gli ultimi a svolgere una funzione d"autorità – clericale, addirittura parentale – non più svolta dagli antichi titolari[2]».

Si è dunque assistito ad un diritto vivente giurisprudenziale affannosamente impegnato ad ovviare a quanto avrebbe dovuto piuttosto fare quello vigente legislativo.

Ma in questo lavoro di difficile tessitura, cosa può fare il giudice?

Può arrivare a spezzare la norma per rispondere ad una chiesta del cittadino che chiede adeguata tutela?

E il giudice gli può riconoscere dignità?

La Costituzione pare disseminata di scelte non effettuate, di valori lasciati incompiuti che attendono solo che sia la mano del giudice, nella sua quotidiana attività di interpretazione, a dar loro forma e contenuto concreti.

Nessuna gerarchia tra valori costituzionali può, del resto, darsi – com"è stato da tempo rilevato dalla più avvertita dottrina – "in astratto", ma piuttosto un ordine variabile da rimodulare, volta per volta, "in concreto" favorendo in tal modo una maggiore responsabilizzazione del magistrato nella decisione del caso in esame.

 



[1] GIOVANNI PAOLO II, Evangelium Vitae. Valore e inviolabilità della vita, in www.vatican.va: "l"uomo pensa di essere criterio e norma a se stesso e ritiene di avere il diritto di chiedere anche alla società di garantirgli possibilità e modi di decidere della propria vita in piena e totale autonomia."

[2] "I Giudici e il biodiritto. Un esame concreto dei casi difficili e del ruolo del giudice di merito, della Cassazione e delle Corti europee" di Roberto Conti, Ed. Aracne, 2014




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