-  Todeschini Nicola  -  22/10/2014

BALDUZZI E LA SVOLTA DI MILANO: ORA PARLA BALDUZZI - Nicola TODESCHINI

La svolta di Milano, della quale ho discusso brevemente in un precedente contributo, continua a mietere consensi, seppur solo nel mondo dei sanitari (e ci mancherebbe), e delle compagnie di assicurazione che hanno trovato nell'interpretazione milanese un inatteso alleato.

I commenti di soddisfazione sono per lo più generici, e tradiscono di sovente l'assoluta inconsapevolezza delle regole esistenti e del significato della pronuncia, ad ulteriore dimostrazione che il mondo della sanità, spesso tenuto volutamente all'oscuro della verità sulle regole, anche grazie a campagne di disinformazione assai ben orchestrate, non riesce ad avere delle regole del diritto una consapevolezza che consenta valida discussione.

Ma se una certa amatorialità va perdonata a chi non è competente, suscita invece sorpresa in chi dovrebbe esserlo per aver concepito la regola, alludo evidentemente al legislatore. Si, proprio lui, Balduzzi, il padre -secondo alcuni inconsapevole- delle supposta riforma che di recente ha rilasciato alcune dichiarazioni interessanti riprese da Il Sole24 ore Sanità (Tribunale Milano: «Il paziente dimostri la colpa medica». Balduzzi: «Riconsiderare giurisprudenza». Omceo: «sentenza storica», in Il Sole 24 Ore Salute del 13 ottobre 2014).

Ma cominciamo dal mondo della sanità, ed in particolare dal Presidente dell'Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri di Milano che afferma:

"«Si tratta di una sentenza storica – ha commentato Roberto Carlo Rossi, presidente dell'Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Milano -, riguardante un problema che come Ordine milanese avevamo pubblicamente e ripetutamente sollevato e anche portato all'attenzione della Magistratura. Importante, inoltre, è anche il fatto che la sentenza, in base alla legge, riconosca che la presunta colpa si prescrive in cinque anni e non in dieci come in precedenza».

Non è dato comprendere se il Presidente dell'Ordine abbia inteso che la tesi milanese, se mai troverà credito, riguarda solamente la concorrente responsabilità del medico dipendente con il quale il paziente non abbia concluso alcun contratto. Non è vero quindi che la "presunta colpa" si prescriverà in cinque anni, semmai che l'azione che il paziente danneggiato potrà esperire nei confronti del singolo medico dipendente della struttura non sarà più quella fondata sul titolo contrattuale ma quella fondata sul titolo extracontrattuale che da sempre è caratterizzata dal termine, per agire, di cinque anni. Rimane invece azionabile nel termine di dieci anni la pretesa, per lo stesso fatto, nei confronti della struttura per responsabilità contrattuale.

La sensazione che i sanitari, nella confusione creata, ancora una volta ad arte, pensino che sia semplicemente stato modificato il termine di prescrizione dell'azione nei loro confronti è tale da far immaginare che non sarà facile convincerli della realtà. A tacer della sensazione, alimentata da titoli fuori luogo, di aver assistito non ad una sentenza di merito -che contrasta peraltro con l'orientamento della Corte di Cassazione- ma quasi alla pubblicazione in gazzetta di una nuova norma che abroghi le precedenti!

Giova inoltre sottolineare l'affermazione secondo la quale il Presidente dell'Ordine afferma di aver già in passato portato la stessa tesi all'attenzione della magistratura. Quindi gli Ordini sollecitano i magistrati ad interpretare le regole in un modo a loro favorevole?

Imprescindibile il richiamo alla medicina difensiva, allorché il Presidente dell'Ordine afferma che:

«perché fa venir meno alcune delle ragioni della cosiddetta medicina difensiva. A fronte di precedenti sentenze particolarmente onerose, che hanno fatto lievitare i premi assicurativi, infatti, molti medici non si sono più limitati a praticare solo le linee guida e le buone pratiche accreditate dalle comunità scientifica, ma si sono difesi richiedendo esami diagnostici non necessari per il paziente e particolarmente onerosi per il Servizio Sanitario, oppure si rifiutano di trattare i casi più complicati e a rischio denuncia».

«Resta ora da comprendere – conclude Roberto Carlo Rossi – la portata di questa sentenza, ovvero se farà giurisprudenza nei confronti di tutti i medici o se, con un'interpretazione restrittiva, avrà un'efficacia limitata al solo ambito ospedaliero».

Ne apprendiamo una di nuova: per andare esenti da responsabilità non è più solo necessario dimostrare la propria diligenza nell'adempimento suggerita dalla miglior letteratura, incluse linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, ma è necessario addirittura prescrivere esami diagnostici non necessari per il paziente ed onerosi per il sistema! E' paradossale. Come a dire: "per non rischiare di essere in colpa, meglio esserlo di sicuro", e sì perché prescrivere consapevolmente esami inutili significa, tra l'altro con dolo e non sola colpa, violare il contratto di cura ed essere quindi tenuti al risarcimento del danno che ne consegua, sotto il primo profilo; con riferimento al rapporto di lavoro significa violare il contratto con il datore e rendersi colpevoli di danno erariale.

Per quanto tempo ancora racconteremo queste corbellerie?

 

Non meravigli di meno l'intervento del deus ex machina della riforma, il nostro dott. Balduzzi che afferma:

«non è una pronuncia nuova. C'era già stato un tribunale di merito che aveva interpretato la norma in questa direzione. Ma la Cassazione aveva invece confermato l'orientamento tradizionale. Per questo penso che la decisione dei giudici milanesi sia da leggere come una sollecitazione alla Cassazione a riconsiderare la giurisprudenza. E la leggo anche come una conferma della fondatezza dei motivi che hanno portato all'intervento legislativo nel 2012. Noi non volevamo sovrapporci alla giurisprudenza, ma piuttosto sollecitarla a trovare un equilibrio tra tutti i valori in gioco nella medicina difensiva».

Nulla questio sul fatto che la giurisprudenza di merito possa non solo prendere le distanze da una pronuncia della Corte di Cassazione, ma anche inaugurare un nuovo corso.

Sibillina la successiva affermazione, secondo la quale l'ex Ministro, ora al Consiglio Superiore della Magistratura, per bontà delle nostre regole, afferma che non intendeva, la norma allora introdotta, sovrapporsi alla giurisprudenza (ma che significa?), ma piuttosto sollecitarla a trovare un equilibrio. Il legislatore, quindi, quando interviene introducendo una norma nell'ordinamento giuridico non lo fa per sostituirsi alla magistratura (la figura continua ad essermi ignota) ma per sollecitarla e non all'applicazione della regola ma a trovare un nuovo equilibrio tra i valori (forse intendeva dire "malcostumi") che determinerebbero una mala pratica, quella della medicina difensiva.

Dunque Balduzzi ammette che non intendeva prendere a spallate il sistema cancellando la teoria della responsabilità contrattuale -del medico dipendente- per "contatto sociale", ma solo invitare la giurisprudenza a farlo in suo luogo: non si sa -nemmeno lui- come, ma non gli dispiace come lo sta facendo la tesi milanese.

Il nuovo ruolo del legislatore, ora è chiaro, è procedere per allusioni, essere volutamente reticente, per stare poi a vedere cosa accade, se qualcuno recepisce, se fa qualche cosa, importa poco come, purché la faccia.

Siano insomma i magistrati a cercare l'equilibrio che le regole non hanno, nel frattempo gli Ordini, anziché sollecitare il legislatore, continuino a sollecitare la magistratura a sostituirsi al legislatore.




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