Interessi protetti  -  Redazione P&D  -  14/09/2022

Brevi note in tema di plagio d’opera musicale - Tribunale di Roma, Sentenza n. 3794 del 10/03/2022 - Sabrina Peron – Gianluca Pojaghi

Sommario: I.- Premessa; II.- La nozione di “plagio”; III.- Le diverse ipotesi di plagio; IV.- Aspetti istruttori (CTU) ed elementi di comparazione fra le opere; V.- Il danno: qualificazione, criteri di quantificazione; misure accessorie (distruzione/rimozione, pubblicazione della sentenza); VI.- Brevi note su creatività, intelligenza artificiale e plagio; VII.- Conclusioni

 I - Premessa

La causa trae origine da una contestazione di plagio formulata nei confronti (dei produttori) della colonna sonora di uno spot pubblicitario, realizzato per una nota azienda italiana di prodotti alimentari, che avrebbe mostrato “corrispondenza di melodia e precisa uguaglianza nelle prime quattro battute” con altra composizione musicale preesistente creata dall’attore.

Per tale ragione, parte attrice chiedeva al Tribunale di Roma di dichiarare, la paternità esclusiva del suddetto brano, con condanna dei convenuti alla rimozione del titolo, alla rettifica dell'indicazione dell'autore del brano, nonché alla pubblicazione ripetuta del dispositivo della sentenza su almeno tre giornali a tiratura nazionale. Oltre, ovviamente, alla condanna, a corrispondere all’attore i diritti patrimoniali relativi al brano in oggetto, nonché al risarcimento di tutti i danni patrimoniali, tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto, e non patrimoniali subiti e subendi, da liquidarsi, come stabilito dalla legge sul diritto di autore, in particolare all'art. 158, anche in via equitativa, ovvero a corrispondere quanto dovuto per indebito arricchimento.

Effettuata l’istruttoria, nel corso della quale veniva disposta CTU, il Tribunale rigettava peraltro ogni domanda attorea, una volta “accertato che le prime quattro battute (con lo spartito 4/4) del brano musicale denominato “GU” (…) non ha carattere creativo, nonché accertato che il brano “GR” non integra le contestate condotte di plagio, contraffazione e camuffamento (…)”

*   *   *

La sentenza in esame si inserisce nel solco consolidato delle pronunce di legittimità e di merito in materia, richiamandone alcuni principi fondamentali, ed offre lo spunto per inquadrare nell’attuale sistema normativo e giurisprudenziale il tema del plagio dell’opera musicale.

II – La nozione di “plagio”

Né le norme del codice civile che regolano il diritto d’autore (artt. 2575 - 2583 c.c.) né la legge speciale sul diritto d’autore (L. 633/1941, L.A.) ci offrono la definizione di plagio. Esse offrono però una indicazione, da un lato, dei criteri necessari perché l’opera possa dirsi protetta dal diritto d’autore e, dall’altro lato, dei comportamenti che costituiscono violazione dei diritti dell’autore, fra cui anche le varie ipotesi di plagio oggetto delle presenti riflessioni.

Sotto il primo profilo, la sentenza in parola richiama il principio secondo cui il carattere creativo e la novità dell’opera sono elementi costitutivi del diritto d’autore sull'opera dell'ingegno (Cass. n. 24594/2005).

Ed infatti sia l’art. 2575 c.c., sia l’art. 1 L.A., stabiliscono che godono protezione ai sensi del diritto d’autore “le opere dell'ingegno di carattere creativo”; quelle che costituiscono cioè “espressione del lavoro intellettuale” dell’autore ed espressione della propria personalità, secondo quanto precisato dal seguente art. 2576 c.c. (e dall’art. 6 L.A., il cui testo ricalca quello della norma codicistica), il che costituisce titolo originario per l’acquisto del diritto.

Nel diritto d’autore non vi è quindi necessità di alcuna formalità costitutiva del diritto, come invece previsto dal Codice della Proprietà Industriale - D. Lgs. 30/2005, C.p.i. - per i marchi d’impresa, i brevetti per invenzione e i disegni e modelli (questi ultimi, sempre che non abbiano carattere creativo e valore artistico, così ricadendo nella protezione ai sensi del diritto d’autore ex art. 2, n. 10), L.A. e art. 44 C.p.i.); è sufficiente che l’opera, frutto ed espressione della creatività del proprio autore, venga ad esistenza perché questa goda di protezione ai sensi del diritto d’autore.

Non è invece sufficiente la semplice idea di opera che non sia effettivamente venuta ad esistenza, posto che la disciplina del diritto d’autore intende tutelare esclusivamente la forma espressiva di tale idea, attraverso la quale si estrinseca il contenuto del prodotto intellettuale, meritevole di protezione allorché rivesta il carattere dell'originalità (vedi per tutte, Trib. Bologna, 11.02.2021 n. 310).

Chiarito il primo, indispensabile, requisito, perché possa configurarsi plagio, occorre che gli elementi caratterizzanti dell’opera plagiata siano stati acquisiti dall’autore dell’opera plagiante, sì da trarne (indebito, evidentemente) vantaggio nella creazione della propria opera.

Secondo un consolidato criterio interpretativo, infatti (vedi da ultimo Trib. Roma, Sex. IX civile, 28.08.2007, e i copiosi precedenti ivi citati), per la sussistenza del plagio o della contraffazione, occorre la coincidenza degli elementi essenziali costituenti la rappresentazione intellettuale dell’opera imitata con quelli dell’opera in cui sarebbe avvenuta la trasposizione. Secondo una più recente pronuncia della Suprema Corte (Cass. n. 2039/2018), ripresa, a contrario, dalla Corte d’Appello di Firenze (n. 362/2020), costituisce plagio la identità di essenza rappresentativa fra due opere, quella plagiante e quella plagiata.

Ne deriva che perché vi sia plagio occorre che i) l’opera plagiata sia dotata di creatività, godendo quindi della protezione ai sensi del diritto d’autore, e ii) che fra l’opera plagiata e l’opera plagiante vi sia coincidenza, totale o parziale, del gradiente creativo che caratterizza la prima, indebitamente acquisito dall’autore della seconda.

Dal che la definizione di plagio che potremmo dare quale “indebita appropriazione di elementi creativi dell’opera altrui”.

Elementi creativi che, nella composizione musicale, vanno ricercati mediante analisi della melodia (ovvero, la successione di suoni organizzata in maniera tale da avere senso compiuto), dell’armonia (ovvero, la successione degli accordi attraverso i quali si esprime, in senso verticale, il rapporto fra i suoni) e del ritmo (ovvero, la scansione temporale della musica).

Per contro, la sentenza in esame giustamente ricorda che, in tema di plagio, la riproduzione di un frammento di una canzone in un’altra non costituisce di per sé un atto di plagio, occorrendo accertare se il frammento, inserito nel nuovo testo, conservi una identità di significato poetico-letterario ovvero se, al contrario, evidenzi, in modo chiaro e netto, uno scarto semantico ed un diverso significato artistico rispetto a quello che aveva nell'opera anteriore (Cass. n. 3340/2015).

Così come non potrà trovare protezione il brano di musica leggera che, per la semplicità della melodia, simile a numerosi precedenti, sia carente del requisito dell'originalità (App. Milano, 24.11.1999), dovendosi sempre valutare se l’opera sia dotata di creatività alla luce delle anteriorità conosciute e appartenenti al patrimonio artistico (Trib. Milano, Sentenza n. 6509/2018, confermata in appello), ed essendo da escludersi il plagio o la contraffazione qualora nella composizione (apparentemente) plagiante vengano organizzati in modo nuovo elementi già appartenenti al patrimonio culturale comune (Trib. Roma, Sentenza 05.02.2018) ovvero al patrimonio di idee proprio di tutti (Cass. 2039/2018).

Quanto alla responsabilità risarcitoria, è appena il caso di ricordare che se da un lato il plagio, in quanto violazione di un diritto opponibile erga omnes, quale il diritto d’autore, prescinde dallo stato soggettivo dell’autore della violazione e può quindi configurarsi anche inconsapevolmente, dall’altro lato lo stato soggettivo potrebbe invece assumere rilievo in termini di responsabilità risarcitoria, mitigandone la portata.

III – Le diverse ipotesi di plagio

Già la citata sentenza n. 362/2020 della Corte d’Appello di Firenze osserva che il plagio può realizzarsi in forme e con gradienti diversi, distinguendo fra varie ipotesi:

- il “plagio semplice”, o mero plagio, che consiste nella attività di chi attribuisce a sé la paternità di un’opera, o parte di essa, creata da terzi e comporta quindi, ontologicamente, violazione del diritto morale (di paternità, appunto) dell’autore dell’opera plagiata;

- la “contraffazione”, che consiste nell’attività di chi sfrutta commercialmente un’opera, o parte di essa, creata da terzi e comporta quindi, ontologicamente, violazione del diritto di utilizzazione economica dell’opera spettante all’autore dell’opera plagiata (il che significa che il più delle volte ci si troverà di fronte a ipotesi di “plagio-contraffazione”, laddove si abbia sia la attribuzione di paternità dell’opera plagiata, o parte di essa, nell’opera plagiata, sia il suo sfruttamento economico);

- il cosiddetto plagio (o plagio-contraffazione) “evolutivo”, di più recente identificazione giurisprudenziale, che consiste invece un’ipotesi più complessa nella quale la nuova opera non è più solo pedissequamente imitativa o riproduttiva dell'originaria, per il tratto sostanzialmente rielaborativo dell'intervento eseguito su quest'ultima, e si traduce non già in un’opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell’abusiva e non autorizzata rielaborazione di quest’ultima, compiuta in violazione della legge sul diritti d’autore (sia sotto il profilo del diritto morale, sia sotto quello del diritto di utilizzazione economica dell’opera).

Il plagio evolutivo consiste quindi sostanzialmente nell’attingere ad elementi creativi e caratterizzanti dell’opera altrui per poi effettuarne una elaborazione, non autorizzata, che potrà a propria volta essere dotata di creatività e novità. Creatività e novità che non saranno però sufficienti ad assolvere il suo autore da responsabilità, se la elaborazione rispetto agli elementi di partenza è avvenuta senza il consenso dell’avente diritto sull’opera originaria (in tal senso, Cassazione n. 14635/2018, che ha cassato la sentenza di precedente merito che aveva escluso la sussistenza del plagio con riferimento ad un pupazzo umanoide, ideato come personaggio televisivo in Italia, rispetto ad altro pupazzo umanoide, adottato come mascotte di una squadra di basket negli USA, in ragione del gradiente del originalità creativa espresso dal primo).

Da notare che mentre nel nostro ordinamento il plagio, ancorché evolutivo, è sempre vietato, così non è necessariamente in altre legislazioni ed in particolare negli Stati Uniti d’America, per effetto delle norme sul cosiddetto “fair use” (o uso “ragionevole” dell’opera altrui, che costituisce il parallelo normativo nordamericano alle norme europee sulle cosiddette “utilizzazioni libere”), secondo il quale invece il cosiddetto “uso trasformativo” (transformative use) dell’opera altrui è consentito, ancorché effettuato senza il consenso dell’autore dell’opera originale, laddove l’autore dell’elaborazione aggiunga a quest’ultima qualcosa di nuovo, che sia in grado di differenziare sufficientemente l’opera derivata, attribuendo a quest’ultima un scopo o un carattere nuovo che ne renda diversa la destinazione d’uso, non sovrapponibile a quella dell’originale.

IV – Aspetti istruttori (CTU) ed elementi di comparazione fra le opere

Il Tribunale di Roma nella decisione qui in commento, ritenuti applicabili i  principi sopra illustrati ha quindi disposto una consulenza tecnica al fine di: i) accertare il carattere di originalità, creatività, novità e compiutezza dei frammenti musicali del brano “Gu.” di cui si assumeva il plagio; ii) accertare la sussistenza, o meno, di una identità sostanziale delle prime battute dei due brani; iii) accertare, in caso di riscontrata identità sostanziale dei frammenti in questione, se il frammento di creazione più recente, a seguito dell'inserimento nel brano “Gr.”, avesse acquistato una sua rilevanza autonoma ed un valore artistico diverso.

La perizia espletata, anzitutto, non ha rinvenuto i requisiti di originalità, creatività, novità e compiutezza del brano “Gu.” in relazione al frammento musicale oggetto di contestazione. In secondo luogo, non ha neppure rinvenuto un’identità sostanziale tra le prime quattro battute dei due brani musicali in comparazione. Dopodiché, ha accertato che il brano “Gr.” possedeva comunque una sua rilevanza autonoma ed un valore artistico diverso rispetto al frammento del brano “Gu.”.

In sintesi, dalla perizia emergeva, che quanto al requisito

  • dell'originalità, la sequenza melodica delle prime quattro battute della composizione “Gu.” era ritagliata in un ambito di note confinato nei limiti di una quarta con la terza battuta che erano, sostanzialmente, una ripetizione delle prime due battute;
  • della creatività, il frammento del brano “Gu.” mancava di salti melodici o di altri interventi idonei a caratterizzarlo;
  • della novità, il quid novi risultava assai debole, dato che il motivo in sé generava una sensazione di già sentito.

In definitiva, dalla comparazione dei due brani emergeva unicamente “un’analogia uditiva momentanea per via del moto melodico ascendente delle prime due battute e per la presenza di salti nelle successive due battute, ma che già all'ascolto emergeva una diversa scansione ritmica dei due brani, differenza che risultava chiara all’analisi delle parti in notazione musicale”.

Alla luce delle risultanze peritali la domanda degli attori di accertamento del plagio e del conseguente risarcimento del danno veniva rigettata con condanna al pagamento delle spese di lite.

V - Il danno: qualificazione, criteri di quantificazione; misure accessorie (distruzione/rimozione, pubblicazione della sentenza) 

Nella sentenza in commento, il mancato accoglimento delle domande attoree ha fatto sì che il Tribunale non entrasse nel merito delle domande risarcitorie richieste, tuttavia per completezza espositiva, brevemente di seguito si illustrano gli aspetti risarcitori (patrimoniali e non) in materia e le misure accessorie applicabili.

Al riguardo, si rammenta che l’art. 158 L.A. pone le seguenti regole speciali: a) il risarcimento del danno è liquidato nel rispetto degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c.: ossia, nel rispetto delle regole comuni di liquidazione del danno, quanto a nesso causale, potere di liquidazione equitativa e concorso del fatto dello stesso debitore; b) il lucro cessante va valutato ai sensi dell'art. 2056, co 2, c.c.: ossia, con “equo apprezzamento delle circostanze del caso”, dunque, ancora una volta, ex art. 1226 c.c., con l’aggiunta, però,  dell’indicazione dei parametri espliciti, relativi agli “utili realizzati in violazione del diritto” ed alla liquidazione “in via forfettaria sulla base quanto meno dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare l'autorizzazione per l'utilizzazione del diritto”; c) sono dovuti anche i danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c.

V.a) Ciò posto, quanto ai danni patrimoniali, per giurisprudenza costante, la violazione di un diritto di esclusiva integra di per sé la prova dell’esistenza del danno da lucro cessante, restando a carico del titolare del diritto d’autore solo l’onere di dimostrarne l'entità (Cass.,14060/2015; Cass., 8739/2011), a meno che l'autore della violazione fornisca la prova dell’insussistenza nel caso concreto di danni risarcibili nei limiti di cui all’art. 1227 c.c. (Cass., 12954/2016).

In proposito, Cass.  28133/2021 ha osservato che:

  • il nucleo precettivo dell’art. 158 L.A. è rappresentato dal punto b) sopra citato, ossia dai due criteri della retroversione degli utili e del prezzo del consenso, all’interno della cornice di una liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c.;
  • tali criteri, si pongono come “cerchi concentrici” difatti: il prezzo del consenso permette una liquidazione c.d. minimale; mentre la retroversione degli utili (dall'intrinseco significato anche sanzionatorio), consente di attribuisce al danneggiato i vantaggi economici conseguiti dall’autore del plagio (e ricomprendenti anche l'eventuale “costo” per l’acquisto dei diritti di sfruttamento economico dell'opera, ed ulteriormente implementati dai ricavi conseguiti dal plagiario sul mercato).

Esaminiamo separatamente questi due criteri.

V.a.i) La ratio del criterio della retroversione degli utili (criterio che, peraltro, non è estraneo anche ad altri settori dell'ordinamento, si veda ad esempio per marchi d’impresa, brevetti per invenzione, disegni e modelli nonché per gli altri strumenti di privativa industriale ivi disciplinati l’art. 125, CPI, ove però è diversamente configurato con tratti speciali) è insita nel fatto che il profitto conseguito dal danneggiante è un indice presuntivo delle potenzialità di sfruttamento dell’opera sottratte all'autore e del cui depauperamento questi deve essere ristorato. 

Ne segue che il lucro cessante va valutato ai sensi dell'art. 2056, co 2, c.c., considerando anche gli utili illegittimamente realizzati che rappresentano così uno dei parametri che il giudice del merito utilizza nella liquidazione equitativa del danno. Ferma restando - come si desume dall'espresso richiamo all’art. 1223 c.c., contenuto in esordio dell'art. 158, comma 2, L.A. - la necessità di calcolare i soli profitti che siano conseguenza immediata e diretta dell'illecito. Si tratta del c.d. il principio dei “fattori di moderazione” dei profitti restituibili, il quale richiede di “disaggregare i ricavi conseguiti dall'autore dell'illecito, al fine di separare, al loro interno, sia i costi sostenuti, sia la frazione di utile derivante da fattori estranei” (Cass., 28133/2021). In altre parole, il beneficio ottenuto dall’attività vietata, nel correlarsi al profitto del danneggiante che ha sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, deve pur sempre avvenire nell’apprezzamento delle circostanze del caso concreto (Cass., 11225/2015).

Ne segue che nella determinazione del danno:

  • da un lato, occorre considerare la lesione alle potenzialità di sfruttamento dell'opera che sarebbe potuto avvenire e, in particolare, dei proventi che la stessa avrebbe prodotto, se sfruttata e diffusa dai suoi autori legittimi;
  • dall’altro lato, occorre depurare il totale dei proventi riscossi, in considerazione: i) dei costi sopportati direttamente ricollegati allo sfruttamento illecito; ii) dei proventi esclusivamente dipendenti, in realtà, dall'autonomo contributo del plagiario (Cass., 11464/2015). Il che significa, che il ricavo per le vendite dell'opera plagiara, deve essere depurato, dei costi sopportati ai fini di quelle vendite e dell'autonomo contributo al successo dell'opera, apportato dall'autore dell'illecito, per quanto tale successo dipenda dal “lancio, propiziato dalla notorietà dell'interprete e dalle concrete capacità esecutive ed evocative del medesimo, tali da suscitare l’interesse del pubblico” (Cass., 28133/2021).

Ciò al fine di evitare di attribuire al danneggiato un risarcimento eccedente la correlazione causale con la ritenuta responsabilità. Diversamente opinando, difatti, una liquidazione che non tenesse conto di tali elementi “violerebbe il disposto dell'art. 158 L. aut., il quale mira ad attribuire unicuique suum, non ad arricchire chi, per sorte, si trovi ad aver subito un plagio. Ovviamente la quantificazione dell'importo, da detrarre a titolo di costi sostenuti, deve fondarsi su documenti e prove, il cui onere di produzione e deduzione grava in definitiva sui danneggianti, con l'ausilio, ove occorra, degli accertamenti disposti d'ufficio mediante idonea c.t.u., la quale dia conto dell'incidenza media dei costi sui ricavi nel settore di mercato considerato (Cass., 28133/2021).

V.a.ii) Quanto, invece, al criterio del prezzo del consenso (detto anche della “royalty virtuale”) come sopra accennato rappresenta invece una soglia minima della liquidazione ed ha natura sussidiaria e residuale. Ne segue che, il giudice del merito non è affatto vincolato all’applicazione di tale criterio, “neppure al fine di mitigare l’importo dei profitti effettivamente conseguiti dai soggetti responsabili del plagio” (Cass., 28133/2021).

In proposito la giurisprudenza di legittimità effettua una interpretazione armonizzata del diritto nazionale con l’art. 13 Direttiva 48/2004/CE,  che per le “violazioni dolose o colpose pretende che l'entità del risarcimento da riconoscere al titolare tenga conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali la perdita di guadagno subita dal titolare dei diritti o i guadagni illeciti realizzati dall'autore della violazione e considera solo come alternativa - da esperirsi ad esempio, in caso di difficoltà di determinazione dell'importo dell'effettivo danno subito la parametrazione dell'entità dal risarcimento alla royalty virtuale” (Cass., 39762/2021).

In applicazione a tali principi la giurisprudenza di merito, con specifico riferimento ai brani musicali,  ritiene che “qualora non possano essere dimostrate specifiche voci di danno patrimoniale, il soggetto leso può far valere il diritto al pagamento di una somma corrispondente al compenso che avrebbe presumibilmente chiesto per dare il suo consenso alla duplicazione dei brani musicali a scopo commerciale, e tale prezzo può equitativamente essere desunto” anche da convenzioni sottoscritte da associazioni di categoria. 

In definitiva, nelle ipotesi di violazione del diritto d’autore, il risarcimento del danno da lucro cessante a favore del titolare del diritto violato deve essere completo ed effettivo e deve essere liquidato in via preferenziale ai sensi dell'art. 158, co 2, L.A., interpretato in conformità all'art. 13 della Direttiva 29.4.2004 n. 48 - 2004/48/CE, con equo apprezzamento di tutte le circostanze del caso e tenendo anche conto degli utili realizzati in violazione del diritto e solo, in via sussidiaria e residuale, nei casi in cui ciò non sia possibile o riesca disagevole, in via forfettaria sulla base dell'importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l'autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l'utilizzazione del diritto (cosiddetto prezzo del consenso – cfr. Cass., 39762/2021).

V.b) E’ noto che la giurisprudenza di legittimità che si è espressa in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, lo configura come una categoria unitaria ed omnicomprensiva, idonea a ricomprendere tutti i pregiudizi che, accomunati “ontologicamente” dalla loro natura non economica, si compongono di diversi aspetti (ad esempio, la perdita delle possibilità di svolgere date attività nella vita, le relazioni personali pregiudicate, la sofferenza morale, e così via). Fermo restando, tuttavia, quali che siano le forme di manifestazione dei pregiudizi non patrimoniali, essi hanno natura omogenea fra loro e concorrono alla liquidazione di un unico danno.

Secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., danno non patrimoniale è risarcibile quando: (a) il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall'ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale; (b)  ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni): (c) il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice (cfr. Cass. 25510/2010; Cass. civ. S.U. 26972/2008).

Tanto premesso, il diritto d’autore può essere tutelato sotto due differenti profili: quello patrimoniale dello sfruttamento economico dell'opera e quello dei diritti morali a difesa della personalità del suo autore.

Se dunque il diritto patrimoniale d'autore corrisponde al profitto economico che l’autore ritrae dalla sua creazione (e la sua lesione può dar luogo al risarcimento del danno per il pregiudizio economico che ne sia derivato) il diritto morale d’autore rappresenta quella ricompensa non economica (ma altrettanto importante) che consiste nell’essere riconosciuto dal pubblico come l’autore dell'opera realizzata con il proprio originale apporto creativo (impendendo l’altrui abusiva auto o etero-attribuzione). In proposito, l’art. 20 L.A., attribuisce all'autore il diritto di rivendicare la paternità della sua opera, il diritto all'integrità della stessa (potendo l’autore opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, e a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione,) ed il diritto al ritiro dal commercio. Inoltre, ove l'attore alleghi la volontà dell’autore (nella specie, defunto) di mantenere la riservatezza della sua opera, il danno subito dall'illecita pubblicazione ha carattere essenzialmente non patrimoniale e deve essere fissato in misura equitativa (Trib. Milano, 29.08.2018, n. 8768).

Come sopra accennato, l’art. 158 L.A. sono dovuti anche i danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. Per tale ragione, il danno morale d'autore, potrà essere autonomamente risarcito, indipendentemente dall'esistenza e dall'entità di un danno patrimoniale da sfruttamento dell'altrui opera dell'ingegno e ovviamente tale liquidazione dovrà conformarsi principio di proporzionalità ed equità e, tenuto conto delle circostanze del caso. 

La prova del danno, deve sempre essere fornita dal soggetto leso in quanto danno-conseguenza e non danno-evento. Sulla parte lesa grava, quindi, l’onere di allegare e provare le specifiche e circostanziate ripercussioni negative patite per effetto della condotta illecita.

V.c) All'accertamento del plagio, consegue anche l'accoglimento anche delle domande accessorie consequenziali (ovviamente se specificamente richieste dall’attore).

In questi casi, difatti, può disporsi, ex art. 156 L.A., l’inibizione all'ulteriore prosecuzione degli illeciti accertati, ovvero: la promozione, l’offerta in vendita e/o la vendita, diretta o indiretta, la distribuzione e comunque la commercializzazione, la pubblicizzazione e lo sfruttamento in qualunque forma e modo (ivi compreso quello on-line) dell’opera. 

Altresì può disporsi, ex art. 158, co 1, L.A. il ritiro definitivo dal commercio delle opere contraffatte ed anche la loro distruzione (solitamente assegnando un termine congruo per l'esecuzione di quanto disposto). 

Il tutto con fissazione di penale in caso di reiterazione delle condotte o mancata attuazione dell’ordine di ritiro e distruzione.

Si noti, tuttavia, che se le opere contraffatte, previa adeguata modifica, sono suscettibili di utilizzazione legittima da parte dell'autore della violazione, può disporsi, ex art. 159 L.A., il loro ritiro temporaneo dai commercio con possibilità di un loro reinserimento a seguito degli adeguamenti imposti a garanzia del rispetto del diritto. In ogni caso, ai sensi dell’art. 160 L.A., la rimozione o la distruzione non possono domandarsi nell'ultimo anno della durata del diritto d’autore (ma se ne può disporre il sequestro sino alla scadenza della durata medesima).

Da ultimo ai sensi dell’art. 166 L.A., può disporsi la pubblicazione della sentenza di condanna, rispetto alla quale, però, la giurisprudenza opta per il rigetto della domanda, quando la violazione riguardi unicamente il diritto patrimoniale ma non il diritto morale d'autore, poiché il danno subito risulta già pienamente risarcito dalla condanna della parte soccombente al relativo risarcimento (App. Milano, 24.01.2019, n. 361).

VI – Brevi note su creatività, intelligenza artificiale e plagio

Da ultimo, per completezza e vista l’attualità del tema, si ritiene opportuno svolgere brevemente alcune considerazioni in tema di creatività, intelligenza artificiale e plagio.

Già nei primi anni ‘90 Mario Fabiani, profondo conoscitore dei temi del diritto d’autore, osservava che “la tecnologia entra nella nostra vita quotidiana e gli istituti della proprietà intellettuale non ne sono esenti (…). Quanto al momento della creazione, è da osservare che per la realizzazione di nuove opere ci si avvale sempre più spesso degli strumenti che la nuova tecnologia offre. All’immagine romantica dell’autore isolato nel proprio tormento ed estasi creativa so sostituisce (…) il programma di elaboratore elettronico. Si parla spesso di disumanizzazione dell’arte: la macchina interviene nella produzione dell’opera sino ad offuscare l’uomo-creatore”.

Se infatti non v’è dubbio che i grandi maestri del passato componessero le proprie opere avvalendosi esclusivamente di carta e penna, per fissare nel corpus mechanicum il corpus mysiticum, ovvero il risultato immateriale del proprio estro creativo, è altrettanto vero che nel processo creativo moderno lo strumento meccanico ha acquisito una sempre maggior sofisticazione e complessità, sin quasi, con l’intelligenza artificiale, a rendersi autonomo dalla mano dell’uomo.

Il progetto Magenta di Google, ad esempio, è un sistema di intelligenza artificiale programmato con la capacità di generare automaticamente una composizione musicale completa (di armonia, melodia e ritmo) sulla base di una serie di note suonate, anche in maniera del tutto casuale, sulla tastiera, mentre la Flow Machine realizzata da Sony dichiara di sfruttare la capacità di apprendimento della macchina per la composizione di una melodia “secondo le intenzioni” del proprio autore. 

Nell’ambito del progetto “The next Rembrandt”, realizzato con il supporto di Microsoft e in collaborazione con il Rembrandt House Museum di Amsterdam, nel 2016 è stato creato il dipinto raffigurato a fianco, creato interamente dal computer ed interamente sulla base di informazioni acquisite per il tramite dell’intelligenza artificiale, sì da rispettare tutti i parametri della pittura dell’autore. 

Nel 2011 il fotografo inglese David Slater, durante un servizio fotografico in Indonesia, ha lasciato al suolo una serie di apparecchi fotografici pronti ad essere utilizzati. Una femmina di macaco della zona, incuriosita, è riuscita ad azionare uno dei dispositivi, scattando una serie di foto, fra cui quella riprodotta a fianco, soprannominata “Autoritratto del macaco”. Il fotografo ha venduto le fotografie, rivendicandone a sé la qualità di autore per aver ideato e organizzato l’allestimento dal quale le stesse sono poi scaturite.

L’intersezione fra diritto d’autore e intelligenza artificiale ci pone quindi di fronte a una prima serie di quesiti, fra loro correlati, ovverossia determinare (i) se l’opera frutto dell’intelligenza artificiale possa essere dotata di creatività, (ii) chi sia l’autore dell’opera frutto dell’intelligenza artificiale e conseguentemente, (iii) chi sia il responsabile della violazione al diritto d’autore realizzata dall’opera frutto dell’intelligenza artificiale.

Se da un punto di vista, quantomeno, astratto sembra possibile rispondere affermativamente al primo quesito, riconoscendo all’opera frutto dell’intelligenza artificiale quel quid novi che le conferisce carattere di creatività, va per altro verso osservato che la creatività non può consistere in una variazione casuale rispetto allo status quo ante e che la “opera” creativa che il diritto d’autore intende proteggere è quella frutto dell’ingegno umano, del quale costituisce appunto l’espressione.

Tanto che il diritto d’autore è considerato un diritto dell’uomo e, in quanto tale, esso trova ad esempio protezione al secondo comma dell’art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, secondo cui “ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.”

Dal che discende che nell’attuale sistema normativo sembra doversi escludere:

- sia che l’opera frutto di intelligenza artificiale possa essere dotata di creatività - quantomeno della creatività così come la si intende nell’ambito della disciplina sul diritto d’autore;

- sia che l’opera frutto di intelligenza artificiale possa avere un autore non umano. O meglio, possa non avere un autore umano, così come oggi è per qualunque tipo di opera protetta dal diritto d’autore, ivi comprese quelle per le quali si presume che, ferma restando la titolarità dei diritti morali in capo all’autore-persona fisica che la ha creata, i diritti di utilizzazione economica spettano, secondo il caso, al datore di lavoro (del dipendente autore di un programma per elaboratore o di una banca dati ex art. 12 bis L.A. nonché di un’opera del disegno industriale ex art. 12 ter L.A.), al produttore (dell’opera cinematografica ex art. 45 L.A.) o al committente dell’opera realizzata su commissione (con la particolare previsione relativa alle fotografia, ex art. 98 L.A.).

Alla stessa conclusione sono pervenuti i Giudici statunitensi ai quali era stata sottoposta la vicenda relativa agli autoritratti del macaco, secondo i quali la scimmia - e tutti gli animali, non essendo umani - mancano di legittimazione attiva ai sensi della legge sul diritto d’autore (“this monkey - and all animals, since they are not human – lacks statutory standing under the Copyright Act”).

Più semplice invece la risposta al terzo quesito, nel senso che se anche è impossibile (per le ragioni sopra esposte) indentificare un “autore” per l’opera plagiante realizzata con l’intelligenza artificiale, rimane almeno in certi casi possibile applicare la normativa codicistica della responsabilità extra-contrattuale per identificare il soggetto responsabile della violazione così commessa dell’altrui diritto d’autore.

VII – Conclusioni

Ai fini dell’accertamento del plagio tra due opere è preliminarmente necessario verificare se l’opera che si assume plagiata abbia gli elementi costitutivi per beneficiare della tutela del diritto d’autore: ossia creatività e novità dell’opera.

Svolta tale verifica preliminare, occorrerà poi accertare se fra le due opere sono identificabili sovrapposizioni, ovvero se elementi caratterizzanti dell’una sono presenti anche nell’altra, il che può consistere in mera acquisizione di detti elementi ovvero attraverso elaborazione creativa dei medesimi; elaborazione che si caratterizza per una trasformazione dell'opera originale con un riconoscibile apporto creativo. In quanto tale, quest’ultima si differenzia infatti da plagio e contraffazione, che consistono invece nella sostanziale riproduzione - in tutto o in parte - dell'opera originale, ovvero con differenze di mero dettaglio (frutto non di un apporto creativo, ma del mascheramento della indebita appropriazione).

In quest’ipotesi ciò che rileva non è tanto la possibilità di confusione tra due opere, alla stregua del giudizio d'impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell'impresa, quanto la riproduzione illecita di un'opera da parte dell'altra. Se vi è illecita riproduzione (di elementi creativi) vi è plagio, ancorché la riproduzione in questione sia stata camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l’opera originaria.

In allegato l'articolo integrale con note


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