-  Antonio Arseni  -  26/09/2016

Brevi riflessioni sul danno esistenziale causato dalla violazione del diritto alla procreazione. Antonio Arseni

La capacità sessuale di un individuo fa parte dei suoi diritti inviolabili, presidiati costituzionalmente.

La perdita o compromissione della sessualità determinante un condizione di infertilità costituisce un danno esistenziale, in grado di pregiudicare il normale svolgimentodelle attività realizzatrici della persona umana e , quindi, un peggioramento delle stesse condizioni di vita del soggetto danneggiato, condizionandone le scelte in un contesto in cui viene perduta la speranza confortante di poter diventare genitore, di formarsi una vera famiglia e di goderne gli effetti positivi quale luogo degli intangibili affetti reciproci e della scambievole solidarietà.

 

Come è noto, il danno esistenziale è configurabile tutte le volte che un evento lesivo provochi un peggioramento della qualità della vita, pur non essendo inglobabile nel danno alla salute.

Trattasi più propriamente di un pregiudizio che incide sulle attività realizzatrici della persona umana che, senza tradursi in una lesione psicofisica, può seriamente compromettere le c.d. abitudini quotidiane con rinuncia forzata ad occasioni felici ed in genere a tutte quelle opportunità capaci di promuovere l'esistenza di un soggetto.

Esso si sostanzia in pratica in una vita che cambia e che non è più la stessa.

Si pensi, ad esempio, al danno riflesso per la perdita del rapporto parentale (v. Cass. 10107/2001) o per morte del prossimo congiunto causata da stress lavorativo (Cass. 9945/2015), al danno ad una vita attiva di uno sportivo, immobilizzato su una sedia a rotelle a seguito di un grave incidente, che non è più la stessa, quindi, e che viene del tutto sconvolta, al pregiudizio per la nascita indesiderata del figlio malforme (Cass. 14488/2004), al danno da protesto illegittimo (Cass. 17288/2014), e così via.

Tutte ipotesi in cui la gravità dell'evento lesivo è notoriamente di tale intensità da sollecitare il Giudice, se richiesto al riguardo, a verificarne la sussistenza.

Ed invero, è ormai un dato acquisito nella giurisprudenza di legittimità e di merito quello secondo cui il "Giudice, dopo aver accertato la esistenza di una situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, è tenuto ad una rigorosa analisi ed ad una conseguente rigorosa valutazione tanto dell'aspetto interiore del danno (la sofferenza morale), quanto del suo impatto modificativo in peius con la vita quotidiana (il danno esistenziale): ciò in quanto il risarcimento non deve essere duplicato ma deve tenere presente le diverse possibili lesioni derivanti dal fatto illecito". Così si esprime testualmente Cass. 22/08/2013 n° 19402, ma gli stessi principi sono stati ribaditi successivamente in molteplici pronunce, tra le quali meritano di essere segnalate la "imponente" Cass. 1341/2014 e le precise Cass. 11851/2015, 9320/2015, 7776/2016 e, da ultimo, Cass. 20/05/2016 n° 10414.

È stato sottolineato dalla S.C. che "il danno biologico, quello morale e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile "esistenziale"), costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili e che tale conclusione non contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza n° 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti"(da ultimo v. Cass. 20.05.2016 n. 10414 e Cass. 22.07.2016 n. 15116).

In tale contesto, alcune recenti decisioni della giurisprudenza di merito e di legittimità hanno ritenuto che anche "la fertilità" debba considerarsi un "bene" in senso giuridico presidiato costituzionalmente.

La capacità sessuale di un individuo rientra tra i suoi diritti inviolabili ed influisce e condiziona pesantemente la vita del soggetto in tutti i suoi aspetti. È chiaro, dunque, che un fatto illecito, capace di causare danni all'apparato genitale di una persona, può aver conseguenze tali da sostanziare un danno esistenziale (oltre che morale) essendo in grado proprio di compromettere lo svolgimento di una delle attività realizzatrici della persona umana, come il diritto ad una vita sessuale normale.

Ed invero è un fatto notorio che la infertilità, l'impotentia generandi, produce una sofferenza lacerante soprattutto per la donna, colpendola nel suo "essere femminile", determinando senso di frustrazione e perdita di fiducia che attenta alla stessa serenità familiare (altro valore costituzionale) che può sfociare in una irreversibile crisi della coppia.

Un corpo che non risponde più alle aspettative della persona, in conseguenza di un fatto illecito, determina certamente un cambiamento radicale della propria vita e delle relative scelte, sicuramente diverse da quelle effettuate prima del fatto illecito.

È un modus vivendi che muta consistentemente, prima dell'illecito caratterizzato dalla speranza di una maternità e paternità confortante che diventa frustrazione successivamente per la consapevolezza della impossibilità di lasciare qualcosa di sé ai posteri, in cui il trascorrere del tempo è percepito con una acutezza dolorosa tale da modificare significativamente la stessa capacità della persona di rapportarsi all'interno ed all'esterno della famiglia.

L'evento lesivo che va ad incidere negativamente sulla capacità della persona a procreare, può anche determinare, per la sua efficacia invalidante, la perdita di appetito sessuale e la ricorrenza di una condizione in cui il sesso può essere vissuto privo di qualsivoglia senso, poiché spogliato della sua potenziale funzione procreativa.

Tutte evidenze, queste, che incidono sullo sviluppo della persona umana e senza dubbio idonee per fondare la richiesta di danno esistenziale.

Mette conto di rilevare, a tal riguardo, che la costruzione teorica del danno esistenziale prende le mosse proprio da una sentenza della Cassazione del 1986 (n° 6607 del 11 novembre) che accolse la domanda, avanzata, a titolo personale, da un marito che aveva visto la moglie, per un deprecabile errore medico, asportarsi l'utero con gravi ripercussioni fisiologiche che avevano inciso anche sull'uomo, compromettendone l'attività sessuale e, quindi, le relative libertà di esplicazione.

Nell'occasione la S.C. sosteneva testualmente che "il comportamento illecito del terzo, che cagiona ad una persona coniugata l'impossibilità di avere rapporti sessuali, è direttamente ed immediatamente lesiva, sopprimendolo, del diritto dell'altro coniuge a tali rapporti, che questo diritto-dovere reciproco ed inerente alla persona ed insieme agli altri diritti e doveri reciproci, ne struttura il rapporto di coniugio. La soppressione di tale diritto, menomando la persona del coniuge nel suo modo di essere e nel suo svolgimento nella famiglia, comporta un danno che rientra nella previsione dell'art. 2043 CC ed è di per sé risarcibile, quale modo di riparazione di quel diritto della persona".

Sul punto non può non rilevarsi come dal 1986 la giurisprudenza abbia fatto ulteriori, significativi e faticosi passi riconoscendo l'esistenza di un danno esistenziale, in tutte quelle ipotesi che abbiano prodotto una lesione di un diritto inviolabile tutelato dalla Costituzione: un danno dotato di una autonomia ontologica nell'ambito di un sistema bipolare della responsabilità aquiliana che vede, da una parte, il danno patrimoniale e, dall'altra, quello non patrimoniale.

Tra tali diritti inviolabili, un posto a parte meritano, dunque, quelli appartenenti alla c.d. sfera sessuale, la cui lesione, laddove connotata di un impatto modificativo in peius della vita quotidiana, secondo le linee sopra tratteggiate, può sostanziare un danno autonomamente risarcibile, come visto.

Per fare alcuni esempi di casi concreti, tratti dalla giurisprudenza, si cita il caso in cui è stato riconosciuto il danno esistenziale ad un uomo il quale aveva subito, a causa di un grave incidente stradale, una disfunzione erettile con conseguente impotentia coeundi (v. Cass. 02/02/2007 n° 2311 e, in un caso simile, Tribunale di Sala Consiliana 03/06/2008 n° 148 in Red. Giuffré 2008).

Ma la perdita o compromissione della sessualità costituisce danno esistenziale anche ed, in un certo senso, maggiore allorché venga in considerazione il diritto del soggetto a crearsi una famiglia, luogo preminente degli affetti e relazioni sociali, nella ipotesi in cui la persona abbia subito una lesione che l'ha resa infeconda (impotentia generandi). Come nel caso deciso recentemente dalla Cassazione con sentenza 19/01/2015 n° 777, la quale ha riconosciuto il danno esistenziale ad un venticinquenne per la gravità delle conseguenze pregiudizievoli subite in un incidente stradale che lo avevano costretto alla immobilizzazione su sedia a rotelle ed incidenti nella vita di relazione avuto riguardo proprio alla capacità di procreazione ed alla relativa vita sessuale.

Va ricordato, per concludere, che l'infertilità può sostanziare un danno esistenziale anche in ragione dell'omessa informazione, nella specie da parte del marito prima delle nozze e nel corso del matrimonio, di una grave patologia con conseguente incapacità coeundi (v. Cass. 10/05/2005 n° 9801).




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film