Cultura, società  -  Redazione P&D  -  22/11/2022

Calcio, FIFA tremebonda, diritti umani

Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, a questi Mondiali ha dedicato molto del suo lavoro. Amnesty ha chiesto conto alla Fifa delle sue scelte, pubblicando dossier fin dal lontano 2010, quando la coppa del mondo venne assegnata allo stato asiatico. Un’assegnazione «manipolata» come ha detto quest’oggi a Radio Capital, Evelina Christillin, membro del board della Fifa.

 

NOURY STA SEGUENDO QUESTA EDIZIONE DEI MONDIALI?

«Sì, da due punti di vista: professionalmente e come appassionato. Mi interessa vedere se si muove qualcosa, negli stadi e nelle conferenze stampa, su quello che è il tema dei temi: la violazione dei diritti umani. Essendo, poi, un appassionato di calcio, guardo le partite e faccio il tifo per il Galles, una delle sette squadre che ha aderito alla proposta di Amnesty International di chiedere alla Fifa un fondo di risarcimento di 440 milioni per i danni subiti dai lavoratori migranti e dalle famiglie di coloro che sono morti».

 

LA FASCIA DA CAPITANO CON SCRITTO ONE LOVE È STATA VIETATA, LA SECONDA MAGLIA DEL BELGIO È STATA VIETATA, COSÌ COME L’INGRESSO ALLO STADIO A QUEI TIFOSI CHE INDOSSANO UNA MAGLIA ARCOBALENO. SI PUÒ DIRE DI «SENTIRSI GAY», COME HA FATTO INFANTINO, E POI FAR PASSARE IL MESSAGGIO CHE UN GESTO DI SOSTEGNO A UNA MINORANZA VALGA UN’AMMONIZIONE?

«È un’incongruenza enorme. Quella conferenza stampa del capo della Fifa era intrisa di retorica e si è visto quando, invece di incoraggiare iniziative come queste, ha iniziato a minacciare e a fare appello al rispetto delle regole del Paese ospitante. Non mi meraviglio, mi rammarico. Le iniziative a favore dei diritti dovrebbero essere incoraggiate, non censurate».

 

PERCHÉ LA FIFA NON HA REAGITO E, ANZI, SI È APPIATTITA SULLA LINEA DEL QATAR?

«Hanno ceduto alle pressioni del Paese ospitante. La Fifa come assegnatario del Mondiale aveva la possibilità di fare di più su questo versante, ma anche contro lo sfruttamento dei lavoratori migranti. Non lo ha mai fatto ed eccoci al paradosso: un giorno si dice “mi sento gay” e il giorno dopo ne vieta il sostegno».

 

SPERA ANCORA CHE QUALCUNO DEI CAPITANI NON SI FACCIA INTIMIDIRE?

«Mi auguro di sì. È irreale pensare di compiere dei gesti di questo genere a costo zero. Mi affido a Manuel Nuer che ha detto che indosserà comunque la fascia con la scritta One Love. Riceverà pressioni, ma spero che resista».

 

ERA NORMALE CHE L’OPINIONE PUBBLICA ARRIVASSE COSÌ A RIDOSSO DELLA COMPETIZIONI PER ACCORGERSI DELLE VIOLAZIONI DEI DIRITTI?

«Noi di Amnesty solleviamo il tema dal 2010, quando i Mondiali sono stati assegnati. Se il tema diventa rilevante un mese prima dell’inizio della competizione, è anche per il gioco che fa l’informazione: ci si appassiona quando diventa attuale. Comunque, meglio tardi che mai».

 

CI SONO STATI ALTRE EDIZIONI DEI MONDIALI DISCUSSE E DISCUTIBILI: BASTI PENSARE AD ARGENTINA ‘78 O BRASILE ‘50…

«È evidente che ogni grande evento sportivo si svolge su un terreno non neutro dal punto di vista dei diritti. L’esempio dell’Argentina è clamoroso: si urlava allo stadio per i gol e a 200 metri di distanza per le torture. In alcune parti del mondo, però, si fa o si è fatto dello sportswashing, ovvero l’uso sistematico dello sport per nascondere le violazioni dei diritti umani. In questo caso, alla fine, non ce l’hanno fatta».

 

SI SENTE SPESSO RIPETERE CHE SPORT E POLITICA NON DEVONO ESSERE MISCHIATI: LA STORIA INSEGNA ALTRO. DA JOHN CARLOS E TOMMY SMITH FINO AI CALCIATORI IRANIANI CHE NON CANTANO L’INNO.

«Quando gli sportivi prendono posizione si va incontro a grandi cambiamenti. Se la si pensa come il portiere dei Bleus Lloris, “mi adatto così si adatteranno anche loro quando verranno in Francia”, si compie la scelta opposta. Legittima, ma a sostegno di quei governi che altri, invece, cercano di contestare».

 

CREDE CHE ALLO STATO QATARIOTA INTERESSI QUALCOSA DELLE CRITICHE?

«Sì, e si vede dalle reazioni. Il ministro del Lavoro ha definito la nostra richiesta di un fondo di risarcimento una “trovata pubblicitaria”. Credo che non aspettino altro che la fine della competizione, perché ci sono polemiche quotidiane. Il vero tema andando avanti sarà l’eredità che questi Mondiali lasceranno».

 

E LA FIFA COME NE USCIRÀ?

«Male. Dal punto di vista della reputazione questa edizione rimarrà una macchia . L’assegnazione al Qatar, la comunicazione di Infantino nella conferenza stampa di apertura, la censura. Si stanno inanellando degli errori di comunicazione, figli di una politica della Fifa completamente contraria ai diritti umani»

 




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