-  Redazione P&D  -  08/03/2010

Cass. 8 marzo 2010, n. 5564, pres. Schettino, rel. Migliucci - RUMORE E DANNO NON PATRIMONIALE – Marcello Adriano MAZZOLA

Fatto. – Il Tribunale nel merito accoglieva la domanda attorea, ritenendo che in occasione dei festeggiamenti e dei ricevimenti che si svolgevano presso il ristorante erano stati sensibilmente superati i limiti regolamentari di rumorosità, e dunque che doveva ritenersi violata l’art. 844 c.c.. All’uopo condannava la proprietaria ad installare doppi vetri e le faceva divieto di utilizzare per le attività di ristorazione e di intrattenimento il cortile della villa.
Contestualmente il Tribunale respingeva la domanda di risarcimento del danno alla salute sul rilievo che non erano state neppure dedotte patologie che fossero in rapporto causale con le lamentate e accertate immissioni, giudicando inammissibili perché tardive le domande di risarcimento degli ulteriori danni morali ed esistenziali.
Successivamente la Corte di appello di Brescia, riformava parzialmente la sentenza e condannava il soggetto immettente al risarcimento dei danni morali, tenuto conto della durata e dell’intensità delle immissioni, liquidati in euro 15.450,00 in favore di uno e di euro 15.000,00 in favore di un altro attore iniziale. Il danno morale veniva riconosciuto perché derivava da condotta costituente reato e perché costituiva conseguenza della lesione del diritto alla tranquillità del proprio ambiente domestico, tutelato dall’art. 32 Cost.
I giudici del gravame riconoscevano pure euro 450,00 per il danno alla salute per un aggravamento di un disturbo gastrico.
Da ultimo i giudici di legittimità cassavano la sentenza sul solo versante del riconoscimento del danno morale perché “è evidentemente necessario che l’attore prospetti, a fondamento della domanda, un fatto illecito costituente reato”.
Spunti di riflessione. - La sentenza in esame è già stata oggetto di attenzione da parte del brillante Antonello Negro e le sue riflessioni devono essere condivise. Va tuttavia osservato come la pronuncia dei giudici di legittimità sia stata pure “causata” dalla scelta nella fase di merito, prima del gravame, di tralasciare di porre la dovuta attenzione sui danni non patrimoniali che invece assai spesso vengono arrecati nell’ambito delle immissioni intollerabili (sia consentito rimandare a Mazzola M.A., Immissioni e risarcimento del danno, 2009, Utet).
La continuità (e sempre in seno a tale precipua caratteristica, anche la discontinuità interposta in una continuità) delle immissioni intollerabili si pone come una vera e propria galleria di sofferenza interiorizzata dal soggetto esposto alle immissioni, soprattutto se di rumore. Inevitabile è quindi la manifestazione di un danno non patrimoniale c.d. morale.
Al contempo le immissioni intollerabili possono ripercuotersi gravosamente sulla sfera esistenziale delle persone, compromettendo il normale fare delle stesse. Il cui danno non patrimoniale c.d. esistenziale pretende la giusta attenzione con una valutazione in parte oggettiva e in parte soggettiva, ossia in quest’ultimo caso tenendo in considerazione il fare della persona danneggiata.
E’ dunque necessario che vi sia un approccio culturale diverso, dapprima dei difensori patrocinanti chiamati a far emergere con una cartina di tornasole ogni danno non patrimoniale ove si sia realizzato e dall’altro dei giudici, i quali devono prestare la dovuta attenzione al vissuto ed al divenire della persona umana, coinvolta e sconvolta dalla spirale delle immissioni. Le due condizioni, unitamente, devono realizzarsi poiché in caso contrario il danno, e quindi l’esternalità negativa, viene allocato sul soggetto esposto.
L’inibizione delle immissioni intollerabili, ancorché adeguata forma di risarcimento in forma specifica, non sempre si pone come adeguata riparazione di una illecita condotta.
La sentenza dei giudici di legittimità, in ogni caso, offre incidentalmente continuità alla lettura evolutiva e costituzionalmente orientata dell’art. 844 c.c..




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