-  Redazione P&D  -  17/12/2004

Cass., sez. lav., 17 dicembre 2004, n. 23552, pres. Ianniruberto, rel. Stile - LEGITTIMITA' DELLO SCIOPERO SENZA PREAVVISO FINALIZZATO ALLA TUTELA DELL'ORARIO DI LAVORO



Secondo l'orientamento di questa Corte (Cass. 27 luglio 1984 n. 4260; Cass. 8 agosto 1987 n. 6831), avallato dalla dottrina, il diritto di sciopero, che l'art. 40 cost. attribuisce direttamente ai lavoratori, non incontra - stante la mancata attuazione della disciplina legislativa prevista da detta norma - limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell'intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti. Pertanto, sotto il primo profilo, non si ha sciopero se non in presenza di un'astensione daI lavoro decisa ed attuata collettivamente per la tutela di interessi collettivi - anche di natura non salariale ed anche di carattere politico generale, purché incidenti sui rapporti di lavoro - e, sotto il secondo profilo, ne sono vietate le forme di attuazione che assumano modalità delittuose, in quanto lesive, in particolare, dell'incolumità o della libertà delle persone, o di diritti di proprietà o della capacità produttiva delle aziende; sono, invece, privi di rilievo l'apprezzamento obiettivo che possa farsi della fondatezza, della ragionevolezza e dell'importanza delle pretese perseguite nonché la mancanza sia di proclamazione formale sia di preavviso al datore di lavoro sia di tentativi di conciliazione sia d'interventi dei sindacati, mentre il fatto che lo sciopero arrechi danno al datore di lavoro, impedendo o riducendo la produzione dell'azienda, è connaturale alla funzione di autotutela coattiva propria dello sciopero stesso. 

A tali principi si è richiamata l'impugnata sentenza, evidenziando anche, in maniera implicita ma non per questo poco chiara, l'esistenza di un interesse collettivo formalizzato dalla presenza di tre dei sei lavoratori dipendenti della società e dall'invio della comunicazione dello sciopero da parte della CGIL di Savona alle ore 9,45 della medesima giornata. 

Alla luce di quanto precede, l'impugnata sentenza, oltre a risultare immune dalle violazioni denunciate e da vizi di motivazione, si appalesa, contrariamente a quanto si assume, informata all'esatto principio di diritto, correlativo ai connaturali limiti di liceità dello sciopero quale è delineato secondo la comune nozione presupposta dal precetto costituzionale (art. 40 Cost.). E cioè al principio che lo sciopero è legittimo se realizzi una astensione dal lavoro intesa a tutelare un interesse professionale collettivo dei lavoratori, giusta il suaccennato accertamento compiuto dal Giudice di merito e da ritenere insindacabile in questa sede perché validamente sostenuto da corretta motivazione, e non, invece, a perseguire finalità pretestuose e il soddisfacimento di contingenti esigenze di singoli lavoratori. 

Quindi l'accertamento - adeguatamente motivato dalla Corte d'appello di Genova - in ordine alla esistenza, nella specie, dell'esercizio del diritto di sciopero, oltre a far venir meno l'applicabilità delle norme indicate nell'esaminato motivo di impugnazione, rende superfluo l'esame del secondo motivo, con cui la società, denunciando violazione degli artt. 4 l. n. 604/1966, 15 l. n. 300/1970, 3 I. n. 108/1990 e 2697 c.c., nonché vizio di motivazione, insiste, tra l'altro, nel sostenere la proporzionalità della sanzione applicata alla (pretesa) condotta antigiuridica del G.C., dolendosi, al contempo, della erronea interpretazione, fornita dal Giudice di merito, alla normativa contrattuale collettiva riguardante i casi di licenziamento 




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