-  Mazzon Riccardo  -  15/03/2017

Cause di giustificazione e ragioni che giustificano il risarcimento: loffesa conseguente allillecito (prima parte) - Riccardo Mazzon

La corretta comprensione dell"identità, anche sistematica, dell"assenza di cause di giustificazione nel sistema risarcitorio italiano del danno non risulterebbe possibile se si omettesse la conoscenza del principio secondo cui ciò che attribuisce legittimità all"intervento statale, tanto in ambito civile, quanto in ambito penale, è l"offesa conseguente all"illecito; ciò genera, tra le altre cose, un parallelismo, nei diversi ambiti, pressoché completo: fatto tipico, antigiuridicità, colpevolezza e offesa conseguente, da una parte (ambito penale); fatto materiale, antigiuridicità, colpevolezza e conseguente danno, dall"altra (ambito civile).

In particolare, se in ambito penale si pone il problema dell"eventuale frattura, riscontrabile in concreto, tra la tipicità formale (integrata compiutamente dal fatto tipico (cfr., amplius, da ultimo, "Le cause di giustificazione nella responsabilità per illecito", Riccardo Mazzon, Giuffré 2017) e la sua offensività sostanziale, dove la legittimazione positiva di tale frattura trova idoneo appiglio normativo nel 2° co. dell"articolo 49 del codice penale, disciplinante il reato impossibile, in ambito civile, invece, l"offesa risulta pressoché sovrapponibile al concetto di danno, atteso che l"illecito civile si completa e si contraddistingue per essere, appunto, produttivo di danno: quest"ultimo, infatti, è offesa che necessariamente deve seguire il fatto illecito e giammai può in esso contenersi, pena lo snaturamento dell"istituto aquiliano.

Il principio testé esposto è quello che ci consente di comprendere che cosa abbiano in comune fattispecie altrimenti apparentemente tra loro assolutamente diverse: si pensi al fatto che, quali presupposti per la liquidazione del risarcimento dei danni sono solitamente individuati, in ambito amministrativo, la colpa della P.A., l'effettiva sussistenza del danno e il nesso di causalità fra il provvedimento e il danno: ai sensi dell'art. 2043 c.c., il danno è risarcibile solo in presenza di un evento ingiusto, consistente nella lesione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, che fonda la sussistenza di una posizione soggettiva; deve inoltre trattarsi di un danno che presuppone la titolarità di un interesse apprezzabile, differenziato, giuridicamente rilevante e meritevole di tutela, che inerisce al contenuto stesso della posizione sostanziale e deve essere inoltre ricollegabile, con nesso di causalità immediato e diretto, al provvedimento impugnato e, nel caso in cui la posizione di interesse legittimo appartenga alla species del c.d. interesse pretensivo, deve concernere l'ingiusto diniego o la ritardata emanazione di un provvedimento amministrativo richiesto; ancora, è noto che, per la configurabilità del reato di coltivazione non autorizzata di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti, è necessario accertare la concreta offensività della condotta e cioè l'effettiva capacità di ledere il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice: spetta al giudice verificare, di volta in volta, se la condotta contestata risulti o meno, in concreto, inoffensiva, tale dovendo ritenersi solo quella che non leda o metta in pericolo, anche in minimo grado, il bene protetto, verificando in concreto l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile; e, in tema di commercio di prodotti aventi marchi o segni distintivi contraffatti o alterati (art. 474 c.p.), il reato è configurabile qualora la falsificazione, anche imperfetta e parziale, sia idonea a trarre in inganno i terzi, ingenerando confusione tra contrassegno e prodotto originali e quelli non autentici e quindi errore circa l'origine e la provenienza del prodotto; ulteriormente, la legittima difesa di cui all'art. 2044 c.c., idonea ad escludere la responsabilità per fatto illecito, esige il concorso di due elementi, ossia la necessità di difendere un diritto proprio od altrui dal pericolo attuale d'una offesa ingiusta, e la proporzione tra l'offesa e la difesa: tali elementi debbono ritenersi sussistenti nel caso in cui il creditore impedisca di fatto al debitore, minacciando azioni giudiziarie, la dispersione dei propri beni mobili attraverso l'alienazione a terzi; ancora si è detto che, in tema di reato paesaggistico (art. 181 d.lg. 22 gennaio 2004 n. 42), pur trattandosi di un reato formale e di pericolo presunto, il giudice, in ossequio al principio di offensività, deve verificare in concreto l'offensività specifica della condotta tenuta dal soggetto attivo, al fine di accertare non già se sia stato effettivamente arrecato un danno al paesaggio ed all'ambiente, ma se il tipo di intervento eseguito era astrattamente idoneo a ledere il bene giuridico tutelato; quindi, quando la condotta materiale non sia neppure astrattamente idonea a pregiudicare il bene paesaggistico-ambientale, il reato paesaggistico non è configurabile né come reato di pericolo, perché è esclusa ogni possibilità di danno d'ambiente e al paesaggio, né come reato formale, perché l'autorità tutoria non ha alcun interesse a controllare preventivamente anche gli interventi ontologicamente estranei al paesaggio e all'ambiente; si pensi, infine, a come, essendo la copia fotostatica di un documento produttiva di effetti giuridici solo se autenticata o non espressamente disconosciuta, ne consegue l'assenza di fatto di reato – ex art.49 c.p. – nel caso in cui un soggetto straniero esibisca una semplice copia fotostatica di patente non autenticata sulla quale abbia posto la propria fotografia.

Orbene, come più volte riferito, l"illecito civile e l"illecito penale nascono, storicamente, finalizzati al conseguimento di scopi ben distinti: in entrambi i casi, peraltro, ciò che attribuisce legittimità costituzionale all"intervento statale è l"offesa conseguente all"illecito, con parallelismo strutturale tra illecito penale e illecito civile pressoché completo; e se, nell"ambito civile, non sempre risulta di facile percezione la distinzione tra l"evento lesivo interno al fatto materiale e il danno risarcibile conseguente all"illecito, tale difficoltà ha la stessa matrice della spesso impercettibile differenza tra offesa e tipicità, constatata in ambito penale, atteso che, come si ricorderà, l"illecito penale tende generalmente ad essere considerato in sé e per sé offensivo, ritenendo i più che, per il diritto penale, l"offesa coincida con il contenuto di disvalore del fatto tipico.

Nel moderno diritto penale, letto alla luce dei principi costituzionali, emerge sempre più l"importanza di considerare come entità distinte il fatto tipico e l"offesa, ponendosi il problema dell"eventuale frattura, riscontrabile in concreto, fra la tipicità formale (integrata compiutamente dal fatto tipico) e la sua offensività sostanziale; si è già notato, inoltre, come anche la giurisprudenza inizi oramai a determinarsi nel senso sopra descritto, trovando idoneo appiglio normativo nel 2° co. dell"art. 49 c.p., disciplinante il reato impossibile: le fattispecie concrete che, ormai tradizionalmente, consentono tali pronunce riguardano vuoi la materia degli stupefacenti, ove l"inoffensività è determinata dall"esiguità del principio attivo, vuoi la tradizionale area del falso grossolano, ove l"inoffensività riposa nell"inidoneità assoluta del falso a trarre in inganno i terzi; così, ad esempio, avverte la Suprema Corte (in pronuncia relativa alla falsificazione di un biglietto gratta e vinci, dove la Corte ha statuito che la presenza di sofisticate procedure di verifica circa la autenticità dei documenti recanti le vincite e presentati per la riscossione, da parte dell'organismo deputato alla erogazione dei premi nel caso di importi consistenti, rappresenta un elemento "esterno" e successivo alla azione posta in essere dall'imputato che non influisce in alcun modo sul versante della relativa idoneità agli effetti di quanto previsto dall'art. 56 c.p., rendendo quindi la relativa condotta rispondente alla figura di tentativo di truffa), laddove l'agente si proponga di realizzare una truffa attraverso la produzione di atti falsificati, solo in presenza di un falso grossolano - ontologicamente inidoneo a svolgere erga omnes una qualsivoglia funzione decettiva - può dirsi sussistente l"inidoneità assoluta, ex ante, dell'atto a trarre in inganno e realizzare, quindi, la frode cui il falso era preordinato.

L"offesa in ambito civile è, invece, si ripete, sovrapponibile al concetto di danno, atteso che l"illecito civile si completa e si contraddistingue per essere, appunto, produttivo di danno (art. 2043 c.c.: "Qualunque fatto ... che cagiona ad altri un danno ingiusto..."), dove il danno è offesa che necessariamente deve seguire il fatto illecito e giammai può in essa contenersi, pena lo snaturamento dell"istituto aquiliano.

L"effettiva esistenza di un danno è dunque, senz"altro, il presupposto principale necessario a far nascere un diritto al risarcimento; altro presupposto, peraltro parimenti necessario, e che incide, a seconda della propria essenza, sulla tipologia e sulle modalità, nonché sulla disciplina processuale del risarcimento dovuto al danneggiato, è, naturalmente, l"illecito medesimo, ossia una violazione del diritto tale da far configurare il danno quale danno ingiusto.





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