-  Redazione P&D  -  24/07/2008

CESSIONE DI AZIENDA, CESSIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE ED OPPOSIZIONE DEL LOCATORE - parte seconda- Paolo BASSO


L’art. 36 prevede che il conduttore dia comunicazione al locatore della cessione della locazione e che il locatore possa opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.


Invece, in relazione alla funzione della comunicazione, prevale l’opinione che essa vada rinvenuta nella duplice esigenza di rendere la cessione efficace nei confronti del locatore ceduto e, al contempo, di consentirgli di opporsi a tale modifiche contrattuali, purchè ricorrano gravi motivi.
Difatti la dottrina dominante e la prevalente giurisprudenza sostengono che l’effettuazione della comunicazione non costituisce un requisito di validità della cessione del contratto di locazione e che la fattispecie si perfeziona già col mero incontro delle volontà del cedente e del terzo, indipendentemente dal consenso del locatore. Si sottolinea, poi, che la mancata comunicazione al locatore non pone il conduttore in una situazione di inadempienza , essendo quello del conduttore un onere piuttosto che un obbligo, ma comporta l’inefficacia, verso il locatore, della cessione del contratto, pur perfezionata. Precisamente, la comunicazione della cessione può definirsi come “condizione essenziale” di opponibilità della cessione al locatore.
In questa prospettiva, l’opposizione del locatore, cui è strumentale la comunicazione si caratterizza per la funzione di sospendere (immediatamente) l’efficacia della cessione nei suoi confronti (“inefficacia relativa”). 


Occorre, però, rilevare come la Suprema Corte abbia statuito che la comunicazione al locatore deve precedere l’immissione del cessionario nel godimento dell’immobile locato ma può essere anche tardiva, non è cioè necessario che “a pena d’invalidità” sia contemporanea o preventiva alla cessione.
Peraltro gli effetti della comunicazione (cioè efficacia della cessione e decorrenza del termine di 30 giorni per l’opposizione) si producono comunque anche qualora, pur in difetto della stessa, il locatore abbia accettato la sostituzione del terzo cessionario al cedente, o qualora egli, venuto a conoscenza aliunde dell’avvenuta cessione, abbia rinunciato a far valere l’inopponibilità della stessa nei suoi confronti.
Tuttavia, la comunicazione non opera retroattivamente e quindi, se effettuata dopo la cessione del contratto, ha effetto di sanare ogni eventuale situazione irregolare solo dal momento in cui la comunicazione giunge al locatore.
Ciò detto, il locatore, appresa l’avvenuta cessione, può opporsi ad essa adducendo “gravi motivi”. 


Dichiarato risolto o cessato il rapporto nei riguardi dell’originario conduttore, il cessionario non può subentrare neanche qualora provveda alla comunicazione al locatore. Egli, invece, è parte necessaria dei giudizi che abbiano ad oggetto la conclusione, la validità e l’efficacia del contratto di cessione,e, rispetto ad essi, potrò giovarsi, dunque delle norme sul litisconsorzio necessario.
Peraltro, riguardo all’effetto della comunicazione e, di riflesso, dell’opposizione alla cessione, è emerso nella giurisprudenza di legittimità anche un diverso orientamento, secondo cui il conduttore, purchè congiuntamente ceda o affitti l’azienda, non ha l’obbligo di preventiva comunicazione al locatore, che può quindi essere informato anche dopo che la cessione abbia determinato la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente.
A tale premessa la Suprema Corte collega una rilevante conseguenza: l’opposizione (per gravi motivi) del locatore non impedirebbe il perfezionamento della cessione eventualmente già conclusa, ma sarebbe una contestazione di inadempimento, rivolta al conduttore perché ha ceduto il contratto, pur sussistendo gravi motivi in contrario e preordinata alla pronuncia di risoluzione della locazione, idonea a far venire meno anche la cessione della stessa. Ciò, con un’ulteriore conseguenza: fino all’emissione di tale pronuncia, legittimato passivo, rispetto a tutte le azioni concernenti l’esistenza o la durata della locazione, diventerebbe il cessionario; il cedente, invece, se non liberato dal locatore ceduto, resterebbe legittimato a contraddire solo le domande di quest’ultimo tese all’adempimento delle obbligazioni sorte dal contratto di locazione.
Nel medesimo senso, pur più sistematicamente, la Suprema Corte statuisce che la cessione del contratto di locazione “consenta al conduttore ex art. 36 anche senza informare il locatore quando contemporaneamente si ceda l’azienda”, determina la sostituzione del cessionario nei diritti e negli obblighi del cedente, sicchè spetta al cessionario restituire la cosa locata nello stesso stato in cui è stata ricevuta dall’originario conduttore.


Il revirement della Corte di Cassazione
L’esistenza di questi due orientamenti è constatata anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza 9 gennaio 2002 n. 201, con la quale il Giudice di legittimità “aderendo alla opinione manifestata in dottrina ritiene, tra le due tesi prospettate in giurisprudenza, di dovere privilegiare quella che assegna all’opposizione del locatore per gravi motivi l’effetto immediato di sospendere, nei confronti del contraente ceduto, l’efficacia della cessione della locazione sino a quanto non risulti definita, nella sede giudiziale, l’assenza dei gravi motivi, in presenza dei quali invece (quando essi siano stati accertati in giudizio ovvero siano stati riconosciuti sussistenti dal conduttore cedente) gli effetti della cessione non si saranno mai prodotti per lo stesso locatore”.
Come statuisce la Suprema Corte, necessario presupposto di tale teoria è la qualificazione dell’opposizione del locatore per gravi motivi (ex 36 L. 392 del 1978) come “opposizione specifica di tipo invalidante”, così definita perché essa rende inefficace non erga omnes ma erga personam (ossia nei confronti del solo locatore) l’atto su cui interviene (la cessione della locazione), cioè una fattispecie compiuta e perfetta posta in essere fra altri soggetti, impedendone la propagazione degli effetti all’esterno. 


Infatti, nell’ottica della Corte, se la comunicazione rendesse immediatamente efficace nei confronti del locatore l’avvenuta cessione del contratto, ma l’opposizione non avesse efficacia sospensiva, in caso di pronuncia di risoluzione della locazione, l’efficacia medio tempore del contratto di locazione (poi dichiarato risoluto) sarebbe facilmente conciliabile con la regola della retroattività tra le parti della sentenza di risoluzione per inadempimento (di cui all’art. 1458 comma 1 c.c.). 






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