Deboli, svantaggiati  -  Alceste Santuari  -  31/03/2022

Co-progettazione: rimborso spese o corrispettivo? – Tar Lazio 281/22

La co-progettazione per essere tale non può prevedere il riconoscimento di un rimborso forfettario

Un comune, ad esito di una fase di co-programmazione territoriale, ha adottato un avviso pubblico, con annesso “documento di massima”, per l’individuazione di un partner con cui progettare e gestire talune misure finalizzate al sostegno e all’inclusione sociale, ai sensi dell’art. 55, d.lgs. 3 luglio 2017 n. 117, del d.m. 31 marzo 2021 n. 72 e di uno specifico provvedimento della giunta regionale, per un importo complessivo di euro 3.063.602,41.

All’avviso hanno risposto due soggetti giuridici, segnatamente, un consorzio e una società cooperativa, che all’esito delle operazioni di selezione è stata individuata quale ente attuatore partner, convocato successivamente per l’elaborazione del progetto definitivo del servizio, unitamente ai rappresentati degli enti locali.

Il consorzio ha presentato ricorso avverso il risultato della procedura, lamentando quanto segue:

  1. L’ente locale non ha seguito le vigenti disposizioni sul coinvolgimento attivo degli enti del terzo settore e, quindi, non avrebbe inteso strutturare un progetto di servizio o intervento finalizzato a soddisfare bisogni definiti, bensì affidare la realizzazione di servizi già in essere ed attualmente gestiti dal consorzio ricorrente;
  2. L’intenzione dell’ente locale espressa al precedente punta a) sarebbe evidente nel documento di massima allegato all’avviso, il quale, anziché prevedere il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, contemplava “contra legem un valore forfettario di rimborso dei costi indiretti, quantificato nel 9,14% dei costi diretti, disvelando così la (reale) natura onerosa del servizio, con susseguente necessità di applicare il d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50”.

Il Tar Lazio, sezione staccata di Latina, sez. I, con sentenza del 28 marzo 2022, n. 281, ha accolto il ricorso. Da un lato, i giudici amministrativi hanno riconosciuto la legittimità dell’azione dell’ente locale. In quest’ottica, il Tar ha ribadito che il comune ha attivato un “complesso iter procedimentale di co-programmazione e co-progettazione”, che ha condotto all’adozione del piano sociale di zona 2021-2023.

Si tratta di un procedimento di stampo programmatorio che è presupposto e connesso con quello di co-progettazione di cui è causa. E’ infatti l’art. 55, comma 1, d.lgs. n. 117 cit. a stabilire che il coinvolgimento attivo degli enti del c.d. terzo settore avvenga nel rispetto, tra l’altro, “delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona”.

Quanto sopra descritto evidenzia la correttezza dell’azione comunale nel ricercare e realizzare il coinvolgimento attivo degli enti del terzo settore.

I giudici amministrativi hanno inoltre sottolineato che il comune ha realizzato la co-progettazione secondo una delle due modalità stabilite nel d.m. n. 72/2021 (linee guida ministeriali), attivando il tavolo di co-progettazione con i soli enti del terzo settore utilmente collocati nella graduatoria finale o la cui proposta progettuale sia stata valutata positivamente.

Dall’altro, tuttavia, il Tar ha riconosciuto che la procedura istruita dall’ente locale debba considerarsi quale contratto a prestazioni corrispettive e non alla stregua di un contributo ex art. 12, legge n. 241/1990. A suffragio del proprio giudizio, la Sezione richiama:

  1. l’art. 56 del Codice del Terzo settore
  2. il parere del Consiglio di Stato del 20 agosto 2018, n. 2052, secondo il quale nelle procedure di co-progettazione “deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese (“le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente”)”.

I giudici amministrativi laziali hanno così, dunque, riconosciuto che la procedura di cui in oggetto deve ricondursi ad “una procedura concorrenziale finalizzata all’affidamento di un contratto pubblico per lo svolgimento di un servizio con il riconoscimento di un corrispettivo, idoneo ad assicurare un utile di impresa”. Da ciò consegue l’applicazione del d.lgs. n. 50/2016, poiché viene “ad esistenza un rapporto a prestazioni corrispettive”. Per poter rientrare nelle fattispecie previste dal Codice del terzo settore, la procedura ad evidenza pubblica deve essere finalizzata alla selezione degli enti del terzo settore con i quali formalizzare un rapporto di collaborazione.

In altri termini, la Sezione ha contestato la previsione di un contributo complessivo che esuli dal mero rimborso delle spese sostenute e documentate.  

La decisione in argomento merita qualche seppure breve considerazione. La prima riguarda il richiamo all’art. 56. E’ opportuno ricordare che l’articolo è riferito all’istituto della convenzione, da sottoscriversi con due tipologie di ETS (nelle quali non rientrano né il consorzio né la cooperativa). Il Codice del terzo settore ha inteso segnare una “linea di confine” tra le attività e gli interventi oggetto di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento da quelli da versare nelle convenzioni ex art. 56. Mentre la co-progettazione attiene necessariamente a progetti innovativi e specifici, che richiedono un certo tipo di intervento (organizzativo, economico, gestionale e finanziario), le convenzioni riguardano attività e interventi, che non casualmente vengono richiesti a talune tipologie di enti del terzo settore, definite largamente se non prevalentemente sull’apporto del volontariato. Coerentemente con il “dna” e il modus operandi delle OdV e delle APS, conseguentemente, l’art. 56 prevede il mero rimborso delle spese sostenute e documentate, non operando questi soggetti giuridici con una “vocazione marcatamente imprenditoriale”.

Per contro, nella co-progettazione, gli enti locali mettono a disposizione – in specie a seguito della procedura di co-programmazione – un quadro economico di riferimento che per se non può essere interpretato alla stregua di un “mero rimborso delle spese”. Nel caso di specie, le voci di spesa rendicontabili erano state individuate nelle linee guida del soggetto capofila del distretto, affinché gli enti locali potessero avere la “griglia” di riferimento dei contributi erogabili. Contributi che l’art. 12 della legge n. 241/1990 non appare agganciare o giustificare in termini di rimborso delle spese sostenute e documentate dai soggetti beneficiari.

In ultima analisi, sembra di poter affermare che:

  1. è necessario tenere distinti l’art. 55 e l’art. 56, atteso che essi rispondono a “logiche” diverse, seppure riconducibili al medesimo genus dei rapporti collaborativi tra enti pubblici ed enti del terzo settore;
  2. le procedure di co-progettazione non debbono necessariamente essere a “costo zero”: anzi, il contenuto economico (che ricordiamo può essere invero integrato anche dalle risorse messe a disposizione dagli enti del terzo settore), in specie a fronte di progetti, attività e interventi complessi costituisce un elemento caratterizzante questa specifica fattispecie di relazione pubblico-privata.




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