-  Redazione P&D  -  09/12/2013

COLPA MEDICA E LINEE GUIDA: LA BALDUZZI E' MOMENTANEAMENTE SALVA - Corte cost. ord. 6.12.2013, n. 295 - Gian Luigi GATTA

Con l'ordinanza che può leggersi in allegato, la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (c.d. decreto Balduzzi), sollevata dal Tribunale di Milano, nello scorso mese di marzo.

La disposizione censurata stabilisce che "non risponde per colpa lieve" l'esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, "si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica". Secondo il Tribunale di Milano si tratterebbe di "una norma ad professionem" in contrasto con plurimi parametri costituzionali (tra questi, in particolare, i principi di uguaglianza/ragionevolezza, oltre che di tassatività o precisione della legge penale).

La pronuncia della Corte costituzionale era particolarmente attesa: non solo per il rilievo mediatico avuto dall'ordinanza di rimessione del giudice milanese, ma anche e soprattutto in ragione dei diversi problemi - interpretativi e prima ancora di legittimazione all'interno del sistema - posti dalla disposizione in esame, che in sostanza limita alla colpa grave la responsabilità colposa dell'esercente la professione sanitaria che si sia attenuto a linee guida e best practices, quando le circostanze del caso concreto richiedevano (macroscopicamente) di discostarvisi.

Senonché le attese sono rimaste frustrate in ragione di un vizio dell'ordinanza di rimessione, che la Corte costituzionale ha sanzionato con la manifesta inammissibilità della questione proposta, senza pertanto entrare nel merito della stessa, per valutarne la fondatezza o meno: il giudice a quo - si legge nell'ordinanza allegata - "ha omesso di descrivere compiutamente la fattispecie concreta sottoposta al suo giudizio e, conseguentemente, di fornire una adeguata motivazione alla rilevanza della questione".

In particolare, il giudice rimettente si è limitato a premettere di essere investito di un processo per lesioni personali gravi contestate ad alcuni operatori sanitari "per colpa generica e per violazione dell'arte medica", ma non ha specificato "la natura dell'evento lesivo, le modalità con le quali esso sarebbe stato accusato e il grado della colpa ascrivibile agli imputati"; ma "soprattutto non ha precisato se, nell'occasione, i medici si siano attenuti - o, quantomeno, se sia sorta questione in ordine al fatto che essi si siano attenuti - a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica proprie del contesto di riferimento, così che possa venire effettivamente in rilievo l'applicabilità della norma censurata".

L'insufficiente descrizione della fattispecie concreta, aggiunge la Corte, si estende d'altra parte (sia consentito il gioco di parole) alla generica contestazione della colpa generica, senza riferimento particolare all'imperizia. L'ordinanza allegata fornisce infatti all'interprete una sola indicazione 'di merito' allorché, nella parte conclusiva, avalla la tesi emersa in giurisprudenza e in dottrina secondo cui "la limitazione di responsabilità prevista dalla norma censurata viene in rilievo solo in rapporto all'addebito di imperizia, giacché le linee guida in materia sanitaria contengono esclusivamente regole di perizia: non, dunque, quando all'esercente la professione sanitaria sia ascrivibile, sul piano della colpa, un comportamento negligente o imprudente" (nella giurisprudenza della Cassazione v. ad es., in questo senso, Cass., Sez. IV, 24 gennaio 2013, n. 11493, ric. Pagano)

 

Tratto da www.penalecontemporaneo.it




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