-  Mazzon Riccardo  -  10/12/2016

Colpevolezza civile in senso stretto: dolo e colpa come canonici momenti di attribuibilità del fatto al soggetto - Riccardo Mazzon

La colpevolezza proietta la propria luce in tutti e ciascuno degli elementi del fatto oggettivamente illecito, presupponendone pertanto il complessivo, attento, esame; quale categoria trasversale interessante sia l"ambito penale sia l"ambito civile, è soggetta a tripartizione: in particolare, essa può essere esaminata nei suoi tre aspetti del dolo, della colpa e della responsabilità oggettiva.

L"art. 2043 c.c., nonché dottrina e giurisprudenza pressoché unanimi, riservano il termine colpevolezza, in ambito civile, ai due istituti del dolo e della colpa, nel contempo autorizzando, attese le definizioni proposte ed utilizzate, a considerare unitariamente l"istituto della colpevolezza e, ulteriormente, a colorarlo di rimproverabilità (per un approfondimento, si veda il terzo capitolo del volume: "Responsabilità e risarcimento del danno da circolazione stradale" Riccardo Mazzon, Rimini 2014):

"oltre che antigiuridico, l"atto, per essere qualificato illecito, dev"essere colpevole, cioè frutto di un contegno riprovato dall"ordine giuridico. Sempre l"art. 2043 nelle prime parole prevede il fatto doloso o colposo. Pertanto, mentre l"antigiuridicità si riferisce oggettivamente all"atto come lesivo del diritto, la colpevolezza riguarda il soggetto che ha compiuto l"atto, cioè il suo contegno" (Trabucchi 2004, 907).

Corretto ed opportuno, pertanto, appare considerare la colpevolezza, anche in ambito civile, quale giudizio di rimproverabilità personale in ordine al compimento del fatto materiale dannoso ed obiettivamente antigiuridico, con definizione evidenziante al massimo grado il parallelo colpevolezza civile/colpevolezza penale.

L"affermazione non è, evidentemente, di poco momento: accolta, infatti, tale impostazione, nessuna difficoltà incontrerà l"interprete nel delineare concetti unitari degli istituti del dolo e della colpa, valevoli in entrambi i settori in esame (civile e penale); con indiscussi vantaggi, che vanno dall"utilizzo, in ambito civile, della vasta bibliografia penalistica in materia, all"unitarietà di applicazione ed indirizzo nei (molti) casi concreti dove la responsabilità civile si sovrappone a quella penale: si pensi, ad esempio, al risarcimento del danno derivante da reato, suscettibile, addirittura, di essere richiesto parte in ambito civile e parte in ambito penale, pur originando da un medesimo fatto [così, nel caso in cui il danneggiato da un reato agisca dinanzi al giudice civile per il risarcimento del danno morale e di quello biologico e, successivamente, si costituisca parte civile nel processo penale chiedendo il risarcimento dei soli danni patrimoniali, il giudizio civile non va sospeso, in quanto il principio di autonomia e di separazione del giudizio civile da quello penale, posto dall"art. 75 c.p.p., comporta che, qualora un medesimo fatto illecito produca diversi tipi di danno,

"il danneggiato possa pretendere il risarcimento di ciascuno di essi separatamente dagli altri, agendo in sede civile per un tipo e poi costituendosi parte civile nel giudizio penale per l"altro" (Cass. civ., sez. III, 10 marzo 2006, n. 5224, MGC, 2006, 3)].

 

 




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