-  Mazzon Riccardo  -  17/11/2016

Colpevolezza in ambito civile: giudizio normativo di rimproverabilità? - Riccardo Mazzon

Considerare la colpevolezza, in ambito civile, quale attribuzione del fatto materiale dannoso ed obiettivamente antigiuridico al soggetto attraverso un giudizio normativo di rimproverabilità personale consente di rilevare anche l"inopportunità di valutare la responsabilità oggettiva quale mera assenza di dolo o colpa e consiglia, anche in detto ambito, di distinguere la colpevolezza civile in senso stretto (dolo e colpa) dalla colpevolezza civile in senso lato (responsabilità oggettiva).

Come da molti illustrato in diverse sedi (per un approfondimento, si veda il terzo capitolo del volume: "Responsabilità e risarcimento del danno da circolazione stradale" Riccardo Mazzon, Rimini 2014), l"illecito civile e l"illecito penale nascono, storicamente, finalizzati al conseguimento di scopi ben distinti: mentre, invero, il primo è perseguito dall"ordinamento con l"intento di riparazione complessiva del danno subito da interessi privati, il secondo individua violazioni dell"ordine generale di tale gravità da richiedere un intervento statale diretto alla punizione del colpevole. Purtuttavia, il parallelismo strutturale tra illecito penale e illecito civile è pressoché completo: fatto tipico, antigiuridicità, colpevolezza e offesa conseguente da una parte; fatto materiale, antigiuridicità, colpevolezza e conseguente danno dall"altra [si noti, ad esempio, come la seguente pronuncia rammenti che, in tema di responsabilità civile, poiché l"omissione di un certo comportamento, rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell"evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento imposto da una norma giuridica specifica (omissione specifica), purché la condotta omissiva non sia essa stessa considerata fonte di danno dall"ordinamento (come, sul piano penale, per i reati omissivi propri), ovvero, in relazione al configurarsi della posizione del soggetto cui si addebita l"omissione, siccome implicante l"esistenza a suo carico di particolari obblighi di prevenzione dell"evento poi verificatosi e, quindi, di un generico dovere di intervento (omissione generica) in funzione dell"impedimento di quell"evento, il giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale non può limitarsi alla mera valutazione della materialità fattuale, bensì postula la preventiva individuazione dell"obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa in capo al soggetto:

 "l"individuazione di tale obbligo si connota come preliminare per l"apprezzamento di una condotta omissiva sul piano della causalità giuridica, nel senso che, se prima non si individua, in relazione al comportamento che non risulti tenuto, il dovere generico o specifico che lo imponeva, non è possibile apprezzare l"omissione del comportamento sul piano causale. Tale giudizio, peraltro, non ha attinenza con quello sull"attribuibilità della condotta omissiva sul piano soggettivo a colui che era tenuto alla condotta positiva e, quindi, con il giudizio sull"elemento soggettivo dell"illecito, che postula la tenuta del comportamento omissivo con dolo o colpa e, dunque, il relativo concreto accertamento, e che si colloca, pertanto, su un piano diverso e successivo a quello dell"accertamento del nesso di causalità, presupponendo quest"ultimo" (vedi Cass. pen., Sez. U., n. 30328 del 2002)" (Cass. civ., sez. III, 20 settembre 2006, n. 20328, MGC, 2006, 9)].

Quanto alla colpevolezza in ambito civile, pare corretto affermare che, anche in tal settore, essa possa godere della definizione, di chiara matrice penalistica, tendente ad evidenziare l"ulteriore legame tra fatto e soggetto (ulteriore rispetto sia alla suitas, sia al nesso di causalità), necessario per la risarcibilità del danno; colpevolezza, dunque, intesa come attribuzione del fatto materiale dannoso ed obiettivamente antigiuridico al soggetto attraverso un giudizio normativo di rimproverabilità personale, addirittura – in senso generale – svincolato dalla propria partizione interna (equivalenza dolo/colpa).

Ancora, sul punto, s"apprezzi la pronuncia della Suprema Corte (sulla scorta del principio enunciato, è stato respinto il ricorso avverso la sentenza che aveva confermato la condanna generica al risarcimento dei danni del ministero degli interni, nonostante la modifica dell"originaria imputazione da omicidio volontario in omicidio colposo aggravato) secondo cui l"art. 2043 c.c. delinea una fattispecie a struttura complessa, qualificata dall"atipicità dell"illecito civile ed indifferente all"individuazione del criterio soggettivo di imputazione della responsabilità, poiché tutta la normativa civilistica sui fatti illeciti è ispirata al principio di equivalenza tra dolo e colpa in ordine alle conseguenze del fatto dannoso; ecco perché precisa la sentenza in esame, è

"irrilevante stabilire, in relazione all"obbligazione risarcitoria, se un illecito, fonte di responsabilità civile oltre che penale, sia imputabile a titolo di dolo ovvero di colpa, poiché in entrambi i casi sussiste l"obbligo di risarcire il danno" (Cass. pen., sez. V, 15 settembre 1993, MCP, 1993, fasc. 12, 1).

 




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