-  Farina Massimo  -  25/06/2008

COMMERCIO ELETTRONICO E DIRITTO DI RECESSO - Massimo Farina

Uno degli aspetti di maggiore interesse per l’acquirente via Internet riguarda l’esercizio del diritto di recesso. Sul punto, la normativa italiana, in linea con l’indirizzo espresso dal legislatore comunitario, offre una precisa tutela contenuta nel codice del consumo.

Va preliminarmente precisato che il recesso (o ius poenitendi) è un diritto soggettivo potestativo in base al quale una parte scioglie il vincolo contrattuale con effetti ex nunc. La fonte di tale potere può essere legale ovvero convenzionale. Il recesso, di cui in questa sede brevemente si tratterà, è di fonte legale (d.lgs. n. 206/2005) ed ha un ambito applicativo ben delimitato.

Un primissimo aspetto da considerare riguarda il profilo soggettivo di applicazione; esso, infatti, non è riconducibile ad ogni e qualsiasi acquirente, bensì, esclusivamente, al consumatore. Sul punto l’art. 3 del codice del consumo precisa che è “consumatore o utente: la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. In termini prettamente pratici, non rientrano nella suddetta nozione le aziende ed i professionisti dotati di Partita Iva.

Ulteriore delimitazione imposta dal d.lgs. n. 206/2005 è data dal riconoscimento del diritto di recesso soltanto per coloro che acquistano “a distanza” (nella cui categoria rientra l’e-commerce) e per i contratti “stipulati fuori dai locali commerciali”. In detti casi, il legislatore ha ritenuto il consumatore in una condizione di particolare di debolezza, tale da giustificare una garanzia così forte qual è il diritto di recesso. Sul punto, va immediatamente precisato che le fattispecie di commercio elettronico, alle quali è ricollegabile il diritto di recesso del consumatore è quello cosiddetto diretto, ossia quello relativo agli accordi conclusi on-line. Distinte, e non riconducili alla disciplina dei contratti a distanza, sono, invece, le proposte contrattuali telematiche che differiscono il momento conclusivo dell’accordo in un determinato luogo fisico ( per es. un punto-vendita), ove il venditore adempirà anche alla consegna della merce (fattispecie cosiddette di commercio elettronico indiretto).

La norma di riferimento è l’art. 64 del codice del consumo, la quale dispone che “per i contratti e per le proposte contrattuali a distanza ovvero negoziati fuori dai locali commerciali, il consumatore ha diritto di recedere senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi, salvo quanto stabilito dall'articolo 65, commi 3, 4 e 5”.
Si tratta, evidentemente, di norma inderogabile ed imperativa ché attiene all’ordine pubblico dei rapporti economici nelle negoziazioni tra parti che stanno in posizione impari: la parte debole (il consumatore) e la parte forte (il professionista).

Esistono, però, delle deroghe di legge, che escludono, anche nelle vendite a distanza, il diritto di recesso; più precisamente, il recesso non si applica:
“a) ai contratti di fornitura di generi alimentari, di bevande o di altri beni per uso domestico di consumo corrente forniti al domicilio del consumatore, al suo luogo di residenza o al suo luogo di lavoro, da distributori che effettuano giri frequenti e regolari;
b) ai contratti di fornitura di servizi relativi all'alloggio, ai trasporti, alla ristorazione, al tempo libero, quando all'atto della conclusione del contratto il professionista si impegna a fornire tali prestazioni ad una data determinata o in un periodo prestabilito”.
Il secondo comma dell’art. 55 prevede ulteriori ipotesi di esclusione, “salvo diverso accordo tra le parti”.
Il diritto di recesso, del consumatore che acquista on-line, è esercitato senza penalità e senza alcun obbligo di motivazione (l’acquirente potrebbe semplicemente non gradire più il prodotto ovvero essersi “pentito” dell’acquisto). Si esercita entro dieci giorni lavorativi che decorrono da momenti diversi, a seconda della tipologia contrattuale. Il suddetto termine è innalzato a tre mesi se il fornitore non ha soddisfatto gli obblighi di informazione di cui agli articoli 52, comma 1, lettere f) e g), e 53 del Codice del consumo.

Il consumatore che decide di avvalersi del diritto di recesso ha diritto alla restituzione dell’intera somma dell’acquisto e delle spese di spedizione se comprese nel prezzo. All’acquirente non potrà essere addebitato, infatti, per espressa previsione di legge, alcun onere aggiuntivo. Se il bene è già stato oggetto di consegna l’acquirente dovrà restituirlo secondo le modalità ed i tempi previsti dal contratto, semprechè tali modalità non comportino alcuna penalità per il consumatore.




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