-  Bernicchi Francesco Maria  -  21/01/2014

CONCAUSE NATURALI NELLA RESPONSABILITÀ CIVILE - Cass. Civ. 15991/2011 - F.M. BERNICCHI

La Cassazione con la sentenza n. 15991 del 21 luglio 2011 muta decisamente rotta (inziata in modo isolato con la sent. n. 975/2009) tornando al vecchio e consolidato orientamento dell"irrilevanza delle concause naturali per lo meno per quanto concerne l'imputabilità del fatto.

Il fatto, in breve: Tizio e Caia, in proprio e come genitori esercenti potestà sul figlio A., convennero in giudizio dinanzi al tribunale di Roma la Casa Generalizia Fatebenefratelli, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dal minore in conseguenza di condotte negligenti e imprudenti tenute dal personale medico chiamato ad assistere sia l'attrice al momento del parto, sia il neonato (al quale sarebbe stata poi riconosciuta una invalidità permanente nella misura del 100%) subito dopo la nascita.

Nella contumacia dell'ente convenuto, il giudice di primo grado accolse la domanda, riconoscendo al minore un risarcimento pari ad Euro 1.473.592, ed ai genitori in proprio quello di Euro 100.970.

La corte di appello di Roma, investita del gravame principale proposto dall'ente ospedaliere, lo rigettò (accogliendo invece quello incidentale dei coniugi in punto di liquidazione delle spese processuali di primo grado).

La sentenza è stata impugnata dalla Casa Generalizia con ricorso per cassazione sorretto da 3 motivi.

Resistono con controricorso Tizio e Caia ponendo due quesiti:

1) "Dica la Corte se, nella valutazione della condotta del medico ospedaliero, sia possibile pervenire ad un'imputazione, oltre il ragionevole dubbio, della responsabilità esclusiva per negligenza a causa del danno occorso al paziente tralasciando una precisa e motivata valutazione puntuale dell'efficienza causale di tutte le concause naturali dell'evento così come documentate e provate nel corso del giudizio di merito."

2) " Dica la Corte se, in tema di responsabilità medica, ai fini dell'accertamento del nesso di causalità giuridica, il giudice del merito, facendo applicazione di una seria legge di prevedibilità scientifica, debba scrutinare la possibile dipendenza dell'evento lesivo dai suoi antecedenti fattuali e valutare, in questo contesto, l'incidenza del factum superveniens rappresentato dalla dedotta condotta omissiva dei sanitari, accertando altresì se risulti specularmente improbabile, anche se solo possibile, che la predetta condotta omissiva sia stata causa dell'evento, senza che sia lecito procedere ad una compensatio culpae cum causa."

La Corte risponde dapprima nega l'utilizzo dell'accertamento del nesso di causalità "Franzese" in materia civile, perchè in tale ambito "stante la disomogenea morfologia e la disarmonica funzione del torto civile rispetto al reato è consentita e si impone l'adozione di un diverso criterio di analisi della causalità materiale, quello, cioè, della probabilità relativa, criterio altrimenti definito del "più probabile che non", (...) che non conduce ipso facto alla aberrante regola del 50% plus unum, bensì alla compiuta valutazione dell'evidenza del probabile"

In tema di causalità materiale, pertanto la regula iuris che, ad oggi, il giudice di merito è chiamato ad applicare resta quella, codificata, secondo la quale la presenza di cause naturali che in teoria la possano escludere (onde l'incertezza sulla sua sussistenza) conduce ad un interrogativo che non può essere risolto in via equitativa, ovvero tramite il ricorso ad un modello di responsabilità proporzionale, bensì trovare risposta nel solo senso della sua sussistenza/insussistenza.

In entrambe le forme di responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, laddove la condotta sia idonea alla determinazione (anche solo parziale) dell'evento pregiudizievole lamentato (il mancato raggiungimento del risultato esigibile nel caso concreto), e si prospetti una questione circa l'incidenza di una causa naturale, non possono che aversi due alternative:

o è certo che il fattore naturale sia tale da escludere del tutto il nesso di causa,

oppure sì deve ritenere che il danneggiante/debitore non abbia fornito la prova della causa non imputabile, con conseguente riconducibilità, in termini di responsabilità tout court, della lesione della salute o della vita alla condotta colpevole.

Va pertanto negato ingresso, sul piano giuridico, all'ipotesi che, a fronte di una sia pur minima incertezza sulla rilevanza di un'eventuale contributo concausale di un fattore naturale (qual che esso sia), possa legittimamente dipanarsi un ragionamento probatorio "semplificato" che conduca ipso facto ad un frazionamento della responsabilità, da compiersi addirittura in via equitativa (con conseguente, costante e proporzionale ridimensionamento del quantum risarcitorio).

Va in definitiva affermato il principio di diritto secondo il quale il nesso di causalità materiale tra illecito (o prestazione contrattuale) ed evento dannoso deve ritenersi sussistente ovvero insussistente qualora le cause naturali di valenza liberatoria dimostrino efficacia esclusiva nella verificazione dell'evento, ovvero il debitore/danneggiante dimostri ancora l'effettiva adozione di tutte quelle misure atte a circoscrivere la possibilità di un'incidenza delle condizioni preesistenti sul raggiungimento del risultato favorevole al paziente ed esigibile nel caso concreto: è questa l'assoluta non imputabilità dell'evento di danno.

Per il testo integrale della sentenza e per un diverso commento si veda: http://www.personaedanno.it/generalita-varie/cass-civ-sez-iii-21-luglio-2011-n-15991-pres-preden-rel-travaglino-il-risarcimento-del-danno-nella-responsabilita-medica-tra-causalita-materiale-causalita-giuridica-e-condizioni-pregresse-della-vittima-gino-m-d-arnone




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