-  Mazzon Riccardo  -  11/04/2014

CONDOMINIO: L'INVITO ALLA RIUNIONE ASSEMBLEARE - Riccardo MAZZON

L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione (la dicitura della norma – articolo 1136, sesto comma, del codice civile – è stata formalmente modificata dalla novella del 2012, nel senso che oggi, testualmente, è previsto che "l'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati"; l'innovazione, peraltro, non pare avere effetti sostanzialmente innovativi): infatti, in tema di condominio degli edifici, perché l'assemblea dei condomini sia validamente convocata, è necessario che ciascuno di essi riceva l'avviso di convocazione almeno cinque giorni prima della data stabilita per la riunione – si confronti però, amplius, il capitolo venticinquesimo del presente lavoro, per quanto previsto in materia dalle disposizioni di attuazione al codice civile); il mancato ricevimento dell'avviso di convocazione entro i termini previsti dalla legge o, addirittura, la mancata convocazione di alcuni dei condomini, rendono

"annullabile la delibera assembleare assunta in violazione di legge" (Trib. Bari, sez. III, 30 giugno 2008, n. 1884, GDir, 2008, 46, 88 - nella causa promossa da un condomino contro il condominio, ai sensi dell'art. 1136, comma 6, c.c., l'assemblea del condominio, chiamata a dichiarare se debba costituirsi e resistere, non può deliberare, se non consta che sono stati invitati tutti i condomini, ivi compreso il condomino che ha promosso la causa: Cass., sez. II, 22 febbraio 1995, n. 1980, GCM, 1995, 411).

La mancata comunicazione, a taluno dei condomini, dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale comporta, dunque, l'annullabilità (e non la nullità) della delibera condominiale (che se non impugnata nel termine di trenta giorni - decorrente per i condomini assenti dalla comunicazione e per i condomini dissenzienti dalla sua approvazione - è valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio):

"mentre la mancata tempestiva convocazione anche di uno solo dei condomini determina l'invalidità della deliberazione, senza che possa addursi in contrario che il voto dell'assente non sarebbe stato in alcun modo determinante, nell'ipotesi in cui tale diritto di voto non avrebbe potuto nemmeno essere espresso il principio suesposto non può essere applicato" (Trib. Genova 18 giugno 1992, ALC, 1993, 117 – cfr. anche Cass., Sez. U., 7 marzo 2005, n. 4806, GI, 2005, 2042).

Anche lo svolgimento dell'assemblea condominiale in un giorno diverso da quello indicato nell'avviso di convocazione comporta l'annullabilità

"e non la nullità della relativa delibera" (Cass., sez. II, 5 maggio 2009, n. 10344, ALC, 2009, 5, 455).

Doveroso, peraltro, il rinvio al capitolo venticinquesimo del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013, attesa l'intervenuta modifica, in argomento, soprattutto dell'articolo 66 delle disposizioni d'attuazione al codice civile, a cura dell'articolo 20 della legge n. 220 dell'11 dicembre 2012; rinviando a quanto ivi riferito, quanto alle innovazioni introdotte in argomento dalla legge n. 220 dell'11 dicembre 2012, inserite in sede di disposizioni d'attuazione del codice civile (specie nell'articolo 66), è di notevole interesse verificare come la giurisprudenza affrontasse la materia de qua ante novella 2012.

In particolare, non era ritenuta di per sé decisiva, ai fini della validità o meno della delibera assembleare, l'omissione, nell'avviso, del luogo, giorno ed ora dell'assemblea, dovendo invece accertarsi dal giudice di merito (con valutazione incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivata) se il condomino ne avesse avuto notizia "aliunde" ma in tempo comunque utile,

"con la conseguenza della validità (ed efficacia) di detta delibera e, in caso negativo, della sua radicale nullità, che è deducibile senza l'osservanza del termine di decadenza di cui all'art. 1137 comma 3 c.c. e, data l'imprescrittibilità ex art. 1422 successivo, può essere fatta valere in ogni tempo" (Cass., sez. II, 15 dicembre 1982, n. 6919, GC, 1983, I, 3044).

Infatti, la convocazione di tutti i condomini per l'assemblea, ai sensi dell'art. 1136 comma 6 c.c., non essendo, allora, prescritte particolari formalità, poteva essere compiuta in qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, con possibilità, per chi ne aveva l'onere, di provare con qualsiasi mezzo, e quindi anche con presunzioni, il possesso nel condomino delle informazioni sufficienti a renderlo edotto della riunione e metterlo in condizione di parteciparvi.

L'onere di provare che tutti i condomini fossero stati tempestivamente convocati per l'assemblea condominiale, quale presupposto per la regolare costituzione dell'assemblea, gravava sul condominio, non potendosi addossare al condomino, che avesse dedotto l'invalidità dell'assemblea, la prova negativa dell'inosservanza di tale obbligo.

Tale prova poteva anche essere fornita tramite presunzioni e, tuttavia, non si poteva attribuire al comportamento dei condomini intervenuti, che nulla al riguardo avessero eccepito,

"valore presuntivo della ricezione dell'avviso di convocazione anche da parte dei condomini non intervenuti" (Cass., sez. II, 13 novembre 2009, n. 24132, GCM, 2009, 11, 1594 - mentre resta a carico dell'istante la dimostrazione degli eventuali vizi inerenti alla formazione della volontà dell'assemblea medesima: Cass., sez. II, 19 novembre 1992, n. 12379, GCM, 1992, 11).

Premesso dunque che, al fine della valida costituzione dell'assemblea dei condomini di un edificio, la prova che l'avviso di convocazione fosse stato effettivamente consegnato al singolo condomino poteva essere acquisita anche con presunzioni, aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza stabiliti dall'art. 2728, c.c. [nella pronuncia che segue, ad esempio, il giudice del merito - la cui decisione è stata confermata dalla Suprema Corte in base all'enunciato principio - aveva considerato raggiunta detta prova in base alla esibita distinta di spedizione della raccomandata, contenente l'avviso di convocazione, integrata dalla presunzione che le raccomandate consegnate alla posta arrivano a destinazione

"e dal successivo comportamento del destinatario" (Cass., sez. II, 28 febbraio 1987, n. 2148, GCM, 1987, 2)],

è da aggiungere come, ai fini della regolare convocazione dell'assemblea condominiale, non fosse necessario che l'avviso fosse stato materialmente consegnato a mani del singolo condomino (né occorre che questi lo abbia letto), ma era sufficiente che esso fosse stato recapitato nella sua sfera di conoscibilità, cioè fosse effettivamente pervenuto presso persone che, per ragioni dei loro rapporti con il destinatario o per causa di ufficio, fossero tenute a farne consegna, ovvero fosse stato depositato in luogo normalmente destinato a tale scopo, e che di ciò

"il condomino destinatario impiegando l'ordinaria diligenza abbia o possa avere notizia" (Trib. Milano 2 aprile 1992, ALC, 1993, 794).

La giurisprudenza ante riforma, in argomento, ha vagliato l'avventa comunicazione a mezzo:

  • inserimento dell'avviso di convocazione nella cassetta delle lettere; riguardo a tal fattispecie, è stato deciso che, poiché l'art. 1136 c.c. non prescrive particolari modalità di notifica ai condomini dell'avviso di convocazione per la regolarità delle relative assemblee – e la comunicazione può essere data in qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, sicché si deve ritenere che la disposizione di legge sia stata osservata quando risulta che i condomini abbiano, in qualunque modo, avuto conoscenza della convocazione -, in tale ottica, va da sé che anche l'inserimento dell'avviso di convocazione nella cassetta delle lettere del condomino vale a porre la ragionevole presunzione della conoscenza dell'avviso stesso da parte del condomino, posto che, una volta che l'avviso è pervenuto all'indirizzo del destinatario, si verifica la fattispecie dell'art. 1335 c.c.,

"essendovi stata una attività materiale idonea a portare l'atto nella sua sfera di conoscibilità" (App. Roma, sez. III, 30 marzo 2010, n. 1323, GDir, 2010, 26, 99); 

  • consegna ad un domestico, nel senso che l'avviso di convocazione di una assemblea di condominio può essere consegnato anche ad un familiare convivente o

"a un domestico del condomino" (Trib. Napoli 4 aprile 2001, GNap, 2002, 75); 

  • comunicazione orale, in quanto, la comunicazione, in base al principio di libertà delle forme - laddove questo non sia derogato dal regolamento, che imponga particolari modalità di notifica, in mancanza delle quali l'assemblea non può essere ritenuta regolarmente costituita -

"può essere fatta anche oralmente" (Cass., sez. II, 1 aprile 2008, n. 8449, GDir, 2008, 21, 43); 

  • consegna a congiunto; in argomento, è stato precisato che, qualora sia accertata, in sede di merito, l'esistenza di una prassi (correttamente intesa come regolare ripetersi di comportamenti, precedentemente accettati nello svolgimento di analoghi rapporti) in base alla quale l'avviso di convocazione di assemblea condominiale, destinato a uno dei condomini, non abitanti nell'edificio condominiale, viene consegnato ad altro condomino, suo congiunto, tale prassi non può ritenersi illegittima; deriva da quanto precede, pertanto, che l'avvenuta consegna dell'avviso di convocazione al congiunto deve ritenersi regolare essendo l'atto - recapitato in tale guisa e pervenuto nella sfera di normale e abituale conoscibilità del destinatario - idoneo a creare nello stesso una situazione giuridica di oggettiva conoscibilità, con l'uso della normale diligenza, sua e del consegnatario designato,

"conforme alla clausola generale di buona fede, che regola i rapporti giuridici intersoggettivi e impedisce, rendendolo illegittimo e immeritevole di tutela, ogni abuso del diritto" (Cass., sez. II, 1 aprile 2008, n. 8449, GDir, 2008, 21, 43); 

  • telegramma, nel senso che la produzione in giudizio del telegramma, con la relativa ricevuta di spedizione attuata dall'ufficio postale - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento -, costituisce prova certa della spedizione e da essa consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso:

"tale presunzione è superabile dal destinatario attraverso elementi di prova contrari" (Trib. Nola, sez. II, 13 marzo 2007, www.dejure.it, 2008); 

  • affissione di volantino in quanto, per la regolarità delle convocazioni per le assemblee condominiali la comunicazione può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo e può essere provata da univoci elementi, anche di carattere presuntivo, che il condomino ha, in concreto, ricevuto la notizia della comunicazione: di qui l'efficacia dell'avviso effettuato tramite affissione di volantino,

"in prossimità del locale box di pertinenza del condomino, dallo stesso abitualmente utilizzato" (App. Lecce 27 agosto 2004, ALC, 2005, 438); 

  • spedizione raccomandata (nella specie, il giudice del merito - la cui decisione è stata confermata dalla Suprema Corte, in base al sotto riportato principio - aveva considerato raggiunta detta prova alla stregua della dimostrata spedizione della raccomandata, contenente l'avviso di convocazione, attraverso il tempestivo inserimento del relativo avviso nella casella intestata al condomino destinatario, integrata dalla presunzione che lo stesso destinatario controllasse assiduamente la presenza al suo interno di corrispondenza a lui diretta):

"poiché l'art. 1136 c.c. non prescrive particolari modalità di notifica ai condomini dell'avviso di convocazione per la regolarità delle relative assemblee, la comunicazione può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo, e può essere provata da univoci elementi dai quali risulti, anche in via presuntiva, che il condomino ha, in concreto, ricevuta la notizia della convocazione" (Cass., sez. II, 3 febbraio 1999, n. 875, GCM, 1999, 234); 

  • raccomandata a mano, dovendosi ritenere valida la procedura di convocazione dei condomini, in vista dell'assemblea, in tutti i casi in cui il relativo avviso sia tempestivamente entrato nella sfera di conoscibilità di ciascuno di essi, poiché collocato in un luogo protetto, specificamente destinato allo scopo della ricezione di missive e periodicamente visitato dalla diligenza dei destinatari; da qui la decisione secondo cui è validamente costituita l'assemblea convocata con l'unico sistema delle raccomandate a mano, alcune delle quali consegnate dalla portinaia ai condomini,

"che abbiano firmato per ricevuta, ed altre inserite nelle rispettive caselle postali" (App. Milano 19 marzo 1996, ALC, 1996, 928); 

  • verbale assemblea precedente, nel senso che, per la convocazione dell'assemblea di condominio non sono necessarie particolari formalità, essendo sufficiente, ai fini della validità delle deliberazioni, che i condomini abbiano comunque avuto conoscenza della riunione e dell'oggetto della delibera, ex art. 1105 comma 3 c.c.; pertanto, qualora l'assemblea sia stata convocata dai condomini medesimi riuniti in una precedente adunanza e con la maggioranza di legge, è legittima l'omissione del formale avviso di convocazione nei confronti del condomino che, essendo stato presente alla prima assemblea e avendo persino firmato il relativo verbale senza alcuna opposizione,

di fatto si autoconvocò e che, pertanto, era perfettamente a conoscenza tanto della riunione quanto dell'oggetto della stessa (Trib. Prato 11 dicembre 1989, ALC, 1990, 541); 

  • consegna alla moglie del portiere presso lo stabile in cui si trovava il destinatario (nella specie, il giudice del merito aveva considerato raggiunta detta prova, rilevando che l'avviso di convocazione era stato da questi consegnato alla moglie del portiere, con funzioni di sostituta, presso lo stabile in cui si trovava il destinatario: la Suprema Corte, premesso il principio di cui infra, ha ritenuto corretta la statuizione);

"al fine della valida costituzione dell'assemblea dei condomini di un edificio, la prova che l'avviso di convocazione sia stato effettivamente consegnato al singolo condomino può essere acquisita anche con presunzioni, aventi i requisiti di gravità, precisione e concordanza stabiliti dall'art. 2729 c.c." (Cass., sez. II, 19 gennaio 1985, n. 140, GCM, 1985, 1).

La regolare costituzione dell'assemblea dei condomini, dunque, non doveva risultare soltanto da prove documentali perché, in mancanza di una specifica disposizione di legge in proposito, la verifica sulla idoneità della comunicazione per il principio del libero convincimento del giudice poteva dipendere da ogni diverso tipo di prova, sicché l'avvenuta conoscenza, da parte dell'avente diritto, a partecipare all'assemblea poteva, ad esempio,  

"ritenersi raggiunta in presenza di una convocazione disposta con le modalità stabilite dal regolamento di condominio" (Trib. Bari, sez. III, 23 febbraio 2010, n. 642, Giurisprudenzabarese.it, 2010).

Sovente, in effetti, il regolamento stabiliva modalità precise, da seguire per procedere alla convocazione; ed in tal caso, pur essendo necessario indagare comunque se il diritto del singolo condomino, ad avere piena conoscenza della convocazione dell'assemblea, fosse stato concretamente leso [ad esempio, è stato deciso che la violazione del regolamento condominiale, che preveda che l'avviso di convocazione dell'assemblea sia portato a conoscenza dei condomini a mezzo lettera raccomandata, non determina l'invalidità della delibera assembleare, quando il diritto del singolo condomino, ad avere piena conoscenza della convocazione dell'assemblea,

"non sia stato concretamente leso (nella specie, l'avviso scritto di convocazione era stato consegnato a mano)" (Trib. Cagliari 27 dicembre 1993, RGSarda, 1995, 626)],

purtuttavia si era deciso, ad esempio, che doveva ritenersi legittimo il rifiuto, apposto da un condomino, alla ricezione dell'avviso di convocazione dell'assemblea, qualora l'avviso suddetto fosse consegnato a mani, e non - così come previsto dal regolamento di condominio -

"tramite raccomandata" (Trib. Monza 6 febbraio 1997, ALC, 1997, 451).

La convocazione deve riguardare il vero proprietario della porzione immobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando, nei rapporti tra il condominio ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l'operatività del principio dell'apparenza del diritto, che è volto essenzialmente all'esigenza di tutela dei terzi in buona fede, fra i quali non possono considerarsi i condomini; d'altra parte, non è in contrasto, ma anzi in armonia con tale principio, la norma del regolamento condominiale che, imponendo ai condomini di comunicare all'amministratore i trasferimenti degli immobili di proprietà esclusiva, ha lo scopo di consentire la corretta convocazione dei soggetti legittimati a partecipare all'assemblea condominiale.

Nella seguente pronuncia, ad esempio, è stata dichiarata illegittima la delibera, approvata dall'assemblea, alla quale non aveva partecipato la proprietaria di un'unità immobiliare,

"essendo stata la relativa convocazione inviata al marito il cui nominativo era indicato nell'elenco dei condomini" (Cass., sez. II, 9 febbraio 2005, n. 2616, GCM, 2005, 2).

Pertanto, superata l'opinione secondo cui, nell'ipotesi di alienazione di una porzione di edificio condominiale ad un nuovo soggetto, affinché questi si legittimi di fronte al condominio quale nuovo titolare interessato a partecipare alle assemblee, occorre almeno, pur nel silenzio della legge al riguardo, una qualche iniziativa, esclusiva dell'acquirente o concorrente con quella dell'alienante, che, in forma adeguata, renda noto al condominio detto mutamento di titolarità, senza di che, e fin quando ciò non avvenga, resta legittimato a partecipare alle delibere assembleari l'alienante [sulla base di tali osservazioni, era stata, ad esempio, ritenuta legittima la disposizione del regolamento del condominio che prevedeva a tal fine, a carico dell'alienante, l'onere di comunicare all'amministratore del condominio gli estremi di trasferimento e i dati personali dell'acquirente, con la conseguenza che, in caso di inosservanza,

"ritualmente l'avviso di convocazione della assemblea dei condomini viene indirizzata all'alienante" (Cass., sez. II, 14 marzo 1987, n. 2658, GCM, 1987, 3)],

incombe, invece, sull"amministratore di condominio, al fine di assicurare la regolare convocazione della assemblea, il dovere di svolgere le indagini suggerite dalla ordinaria diligenza per rintracciare i condomini, prima fra tutte la consultazione dei pubblici registri: la tutela dell'apparenza non può dunque comunque essere invocata, dunque, da chi abbia trascurato di accertare sui pubblici registri, contro ogni forma di avvedutezza, la situazione giuridica, quando il nesso però sia diretto e non mediato; e in tema di regolare costituzione dell'assemblea, l'accertamento della effettiva qualità di condomino non può essere considerato un adempimento indiretto, rilevante solo in via mediata ovvero riconducibile ad una mera indagine cautelativa, posto che l'art. 1136 comma 6 c.c. dispone che tutti i condomini debbono essere invitati alla assemblea e, pertanto,

"l'inoltro dell'avviso di convocazione dell'assemblea richiede ineludibilmente l'individuazione dei condomini" (Trib. Napoli 28 febbraio 2001, GM, 2002, 1002 – conforme: Trib. Larino 4 febbraio 2008, www.dejure.it, 2008).

 Peraltro, per avere titolo ad intervenire all'assemblea condominiale, non è necessario

"che l'atto di acquisto sia stato trascritto nei registri immobiliari" (Trib. Milano 14 maggio 1990, ALC, 1991, 621).

 Nel caso una porzione di piano dell'edificio condominiale appartenesse, in proprietà indivisa, a più persone, per la valida costituzione dell'assemblea non era sufficiente la convocazione di uno solo dei comproprietari, ma era, invece, necessario che essi fossero tutti avvertiti, al fine di indicare quale di essi li avesse rappresentati nell'assemblea (cfr. capitolo quarto del volume "La responsabilità nel condominio dopo la riforma", Riccardo Mazzon, 2013); peraltro, la prova della valida convocazione di uno dei proprietari poteva evincersi anche dall'avviso dato ad uno degli altri comproprietari.

In tal senso sono da intendersi pronunce del seguente tenore:

"l'avviso di convocazione ad un'assemblea, nel caso di più comproprietari, può essere validamente spedito anche ad uno solo di questi, presso l'abitazione comune" (Trib. Milano, 25 maggio 1992, ALC, 1992, 609),

qualora ricorrano circostanze presuntive, affidate alla valutazione del giudice del merito, tali da far ritenere che quest'ultimo abbia reso edotto l'altro (o gli altri) comproprietari della convocazione medesima,

"specie quando trattasi di coniugi conviventi non in contrasto di interessi tra di loro" (Cass., sez. II, 28 luglio 1990, n. 7630, ALC, 1991, 75 - è valido l'invito a partecipare ad un'assemblea condominiale comunicato a due coniugi conviventi, effettuato con un unico biglietto e con l'indicazione del solo cognome maritale: Trib. Roma 4 luglio 1990, ALC, 1991, 619 – conforme: Trib. Salerno, sez. I, 23 aprile 2010, www.dejure.it, 2010).

E' lo stesso principio che viene applicato anche nella seguente pronuncia, in una fattispecie ove l'amministratore, venuto a conoscenza del decesso di un condomino, comunicò l'avviso di convocazione impersonalmente agli eredi del condomino defunto, presso il domicilio di uno di loro: nella specie, la Suprema Corte ha confermato, correggendone la motivazione ex art. 384, comma 2, c.p.c., la sentenza di merito che aveva escluso la nullità dell'assemblea condominiale e delle relative delibere in base al rilievo che, avendo l'amministratore comunicato l'avviso di convocazione impersonalmente agli eredi del condomino defunto presso il domicilio di uno di loro, poteva presumersi, in considerazione della comunanza di interessi e dello stretto legame di parentela, che la comunicazione stessa fosse stata portata a conoscenza anche degli altri eredi:

"in tema di convocazione dell'assemblea condominiale, l'amministratore, il quale sia a conoscenza del decesso di un condomino, non è tenuto ad inviare alcun avviso ai di lui eredi, fino a quando questi non gli manifestino la loro qualità" (Cass., sez. II, 22 marzo 2007, n. 6926, FI, 2007, 10, 2753).

L'omessa convocazione all'assemblea condominiale legittima, il condomino pretermesso, ad agire per l'annullamento della delibera adottata in quella sede, senza la necessità di allegare e provare uno specifico interesse, connesso al contenuto della delibera impugnata, diverso da quello rappresentato dalla rimozione dell'atto in conseguenza del vizio, un tanto

 "per contrarietà alla legge, ex art. 1137 c.c., essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni" (Cass., sez. II, 23 marzo 2001, n. 4270, GCM, 2001, 575).

Peraltro, nella pronuncia testé evidenziata, la Suprema Corte ha confermato, correggendone la motivazione, ai sensi dell'art. 384 comma 2 c.p.c., la sentenza del giudice d'appello, che aveva rigettato la domanda di annullamento della delibera condominiale, non avendo il ricorrente assolto l'onere di produrre in giudizio il verbale dell'assemblea.

Inoltre, in argomento:

- è stato giudicato giuridicamente inesistente l'avviso di convocazione, il quale non dia alcuna indicazione sulla persona che proceda alla convocazione medesima, né alcun riferimento al condominio per il quale l'avviso è stato inviato:

"in quanto, essendo impossibile l'identificazione dei soggetti che hanno assunto l'iniziativa, non è consentito l'accertamento del loro diritto a svolgere detta attività" (Trib. Milano 11 settembre 1989, ALC, 1990, 547);

- è stata considerata legittima la convocazione di un'assemblea fatta da un amministratore nominato con una deliberazione annullabile, in quanto l'eventuale illegittimità del mandato ad amministratore, giacchè basata su un vizio dell'investitura, non può privare il mandatario del relativo potere fino ad una pronuncia giudiziale di annullamento del negozio,

"quando non intervenga una deliberazione di revoca o una pronuncia giudiziale di annullamento del negozio con cui il potere venne conferito" (Trib. Milano 22 ottobre 1979, FP, 1979, I, 337).

Si confrontino, quanto ad immobile locato, anche le seguenti pronunce, le quali riferiscono come, in caso di convocazione dell'assemblea condominiale, relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria, unico obbligato alla convocazione del conduttore non fosse l'amministratore, ma,

"nell'ambito del rapporto di locazione, il condomino locatore" (Trib. Milano 6 giugno 1988, GI, 1989, I, 2, 328),

e come non fosse applicabile la norma di cui all'art. 10 della legge n. 392 del 1978, sul diritto del conduttore alla partecipazione all'assemblea dei condomini, al fine di esercitare il voto su determinate materie, al contratto di locazione avente ad oggetto un immobile destinato a deposito,

"ove non sussista uno stretto collegamento tra il deposito ed una delle attività descritte dall'art. 27 della legge citata" (Trib. Milano 23 febbraio 1989, ALC, 1990, 556).




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