-  Mazzon Riccardo  -  18/10/2012

CONDOTTA CHE TENDA A PUNIRE O A RIDURRE A RAGIONE: NON E' LEGITTIMA DIFESA - Riccardo MAZZON

Va al di là della legittima difesa, e pertanto non scrimina, la condotta che tenda non solo a coartare, ma anche a punire l'aggressore - il fatto di «prendere per un orecchio» una persona al fine di fargli cessare un comportamento pericoloso per la pubblica incolumità, seppure astrattamente riconducibile nell'ambito di applicazione dell'istituto della legittima difesa, non è in alcun modo scriminato:

"tale condotta, infatti, non serve solo a coartare a un certo movimento, ma serve anche a far male, a punire o almeno a coartare in modo molto deciso con l'immediata prospettiva della sofferenza fisica. Stante l'imminenza del pericolo, comunque, il danno provocato andrà diminuito nel suo ammontare per il concorso del fatto colposo del danneggiato" (Trib. Genova, sez. II, 27 ottobre 2010, RCP, 2011, 7-8, 1632) - cfr. amplius, da ultimo, "Responsabilita' oggettiva e semioggettiva", Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012,

ovvero a "ridurlo alla ragione", come ben evidenziato nel caso deciso dalla seguente pronuncia, scaturita da un il litigio con inferte e subite lesioni, insorto in seguito al lancio di un pallone in un balcone abitato, con mancato raggiungimento di una sicura ricostruzione dei fatti, dell'identificazione dei soggetti ai quali sono da attribuire le ingiurie proferite e le provocazioni attuate con quelli che hanno usato le mani, fattispecie che

"può indurre ad un quadro giuridico di riferimento dato dall'art. 2044 c.c. che, rappresentando un principio radicato anche nella coscienza sociale, afferma non essere responsabile "...chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri...": la codificazione di tale causa di giustificazione esclude l'ingiustizia del danno, sicché la lesione deve ritenersi prodotta "iure". Come condivisibilmente rilevato da dottrina e giurisprudenza, l'art. 2044 c.c. rinvia sostanzialmente per la nozione di legittima difesa "...quale situazione idonea a escludere la responsabilità civile per fatto illecito, all'art. 52 c.p. che richiede, a tal fine, la sussistenza nella fattispecie, della necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta (sempre che la difesa proporzionata all'offesa...): la necessità allude alla possibilità che quel pericolo attuale possa essere evitato in qualsiasi altro modo anche con il cosiddetto "comodus discessus", mentre la proporzione richiama non solo il rapporto tra il bene o il diritto minacciato e quello poi leso, ma anche i mezzi e le modalità della reazione. Ma quando le testimonianze non offrono adeguata prova dell'esistenza di un pericolo attuale da cui si dovesse inevitabilmente difendersi con la reazione fisica messa in opera, sì da poter invocare la legittima difesa, per la cui sussistenza, secondo la migliore dottrina penalista, si richiede sia che l'agente non avesse alcuna altra via per sventare il pericolo; sia che il pericolo non potesse essere neutralizzato con una condotta meno lesiva di quella in concreto tenuta dall'agente, la norma di cui all'art. 2044 c.c. non può trovare ingresso. Potrà, invece, trovare applicazione l'art. 1227 c.c. a carico del soggetto sceso in strada per far cessare il gioco del pallone, fatto che non può trovare alcuna ragionevole giustificazione nella asserita necessità di "ricondurre" il convenuto, o chiunque altro, "alla ragione" non essendo quello un compito del cittadino il quale avrebbe potuto, se indispensabile, avvalersi della polizia municipale opportunamente chiamata. Tale comportamento - poco in sintonia con quelle regole del vivere civile in base alle quali, qualora si venga infastiditi dall'altrui gioco del pallone e si venga insultati, non si corre in strada per inseguire e prendere l'offensore, ma, se non si riesce ad ottenere ascolto utilizzando validi argomenti, si avvertono le forze dell'ordine - esprimendo una tendenza alla regolamentazione "fai da te" della vicenda, si è configurato come atteggiamento provocatorio che il Tribunale in coerenza con l'orientamento di dottrina giurisprudenza ritiene concorrente e produrre l'evento dal quale deriva il danno, sicché, alla stregua del principio posto dall'art. 1227, comma 1 c.c., una quota di questo deve rimanere a carico dello stesso danneggiato. In applicazione di tale criterio, tenuto conto delle ricostruite emergenze di fatto e della loro incidenza causale, il danno risarcibile subisce riduzione di metà" (Trib. Milano, sez. I, 31 gennaio 2007, n. 1144, GiustM, 2007, 2, 11).

 




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