-  Converso Rosaria  -  24/02/2013

CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA: PREROGATIVE E LIMITI – Rosaria CONVERSO

Il consiglio di sorveglianza (CDS) rappresenta l'organo centrale del modello di amministrazione c.d. "dualistico", proprio di s.p.a. e società ad esse assimilabili. Eletto dall'assemblea, dura in carica tre anni ed i membri - almeno tre - sono rieleggibili e possono essere revocati, anche senza giusta causa, a condizione che si raggiunga una maggioranza pari ad 1/5 del capitale sociale (salvo, in quest'ultimo caso, il diritto al risarcimento del danno). Diversamente da quanto accade, quindi, nel sistema tradizionale, dove, per la revoca dei sindaci, è necessario un decreto del tribunale, sentito l'interessato.

Il Consiglio di Sorveglianza riunisce in sé competenze che, nel modello tradizionale, sono demandate all'assemblea ed alcune proprie del collegio sindacale. Rappresenta una soluzione efficace per creare una separazione tra "organo gestorio", da un lato, e soci, dall"altro.

Competenze proprie del CDS sono la nomina e revoca gli amministratori, ossia i componenti del consiglio di gestione (che possono essere revocati anche senza giusta causa, salvo in questo caso il diritto al risarcimento del danno); l"approvazione del bilancio, la promozione, a maggioranza, dell'azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori.

Il Consiglio di Sorveglianza è, quindi, un organo collegiale presente nelle s.p.a., che si avvalgono di un sistema di amministrazione c.d. dualistico.

Il sistema dualistico (in inglese two-tier system) è un sistema di amministrazione e controllo delle società per azioni e delle altre società, la cui disciplina è modellata su quella delle società per azioni, caratterizzato dalla presenza di due distinti organi collegiali: il consiglio di sorveglianza (supervisory board), eletto dall'assemblea dei soci, e il consiglio di gestione (management board), eletto dal consiglio di sorveglianza. Si contrappone al sistema monistico (one-tier system) nel quale, in luogo dei predetti, vi è un solo organo collegiale, il consiglio di amministrazione, eletto dall'assemblea.

Alcuni autori denominano quello appena descritto "sistema dualistico verticale", per distinguerlo da quello che, invece, denominano "sistema dualistico orizzontale", caratterizzato dalla presenza, accanto al consiglio di amministrazione, di un organo di vigilanza parimenti eletto dall'assemblea, come il collegio sindacale italiano, e noto in Italia come sistema tradizionale. Nel seguito, comunque, si farà riferimento solo al primo.

Tutti i meccanismi riconducibili alla più ampia area semantica del "controllo" mirano a garantire che la società, quale forma privilegiata dell'esercizio d'impresa collettiva, assolva alla sua funzione micro e macro economica, persegua per un verso l'interesse sociale e per altro verso assicuri l'efficienza complessiva del sistema.

Gli stessi obiettivi (interesse sociale, efficienza del sistema) si caricano spesso di significati ambigui, non chiaramente definiti, fortemente correlati alla tradizione e all'ambiente socio-economico in cui essi si calano, secondo i recenti postulati della teoria della path dependence o secondo l'ascarelliano principio di continuità.

Alla "nuova mitologia" della corporate governance e alle forti spinte dei processi di globalizzazione dell'economia mondiale sono dovute le nostre recenti riforme di diritto societario e la retrocessione della più cauta tecnica comunitaria dell'armonizzazione.

I limiti di un confronto tra i soli Paesi comunitari - divenuto ormai angusto nella società dell'informazione - e l'impossibilità, per altro verso, di proseguire una armonizzazione istituzionale a livelli più allargati hanno messo in moto, nei singoli Paesi, processi di riforma indubbiamente collegati, ma pur sempre autonomi. E si è venuta così costruendo la teoria della "concorrenza fra ordinamenti" e di una sorta di "mercato delle regole" che ha finito spesso per contagiare acriticamente un po' tutti gli studiosi e gli analisti, ma della cui solidità dogmatica comincia ora seriamente a dubitarsi: «il "mercato delle regole" è divenuto un postulato della nostra riforma di diritto societario in generale, sol che si pensi ai "presunti" maggiori spazi lasciati all'autonomia statutaria e ai codici di autoregolamentazione (secondo le suggestioni d'oltreoceano); ma lo è in particolare proprio nel settore dei "controlli sull'amministrazione"» (Sabino Fortunato , I "controlli" nella riforma del diritto societario, Riv. Soc. 2003, 04, 863)

Il "sistema dualistico" distingue un consiglio di sorveglianza, nominato dall'assemblea dei soci, ed un consiglio di gestione, nominato - a caduta - dallo stesso consiglio di sorveglianza (artt. 2409-octies, 2409-duodecies, co. 2°, 2409-terdecies, lett. a).

Esso sembrerebbe tradursi, in vero, più in un parziale esautoramento dei poteri assembleari, che in un reale miglioramento della funzione di controllo.

Di fatto, resta, tuttavia, fondamentalmente un organo di controllo che ripete, tanto sul piano strutturale, quanto sul piano funzionale, il modello del collegio sindacale. E ciò va ribadito pur dopo le modifiche apportate allo schema di decreto delegato, approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 settembre 2002, dopo i pareri delle commissioni parlamentari.

L'art. 223-septies delle disposizioni di attuazione tende ad assimilare collegio sindacale, consiglio di sorveglianza e comitato per il controllo sulla gestione, creando non sempre agevoli problemi interpretativi.

Sotto il profilo della struttura e funzionamento dell'organo, le similitudini con il collegio sindacale possono essere individuate nelle seguenti circostanze: a) i componenti del consiglio di sorveglianza, in numero di almeno tre, sono nominati dall'assemblea dei soci, salvo i primi che sono nominati nell'atto costitutivo e salvo il disposto degli artt. 2351, 2449 e 2450 c.c. ; b) in via generale, valgono i requisiti di indipendenza dei sindaci; c) come per i sindaci, non è prevista alcuna nomina da parte della minoranza (né da parte dei dipendenti, come è previsto nel sistema tedesco e facoltativamente in quello francese); d) quanto al requisito della professionalità, è richiesta la presenza di almeno un revisore contabile; e) i componenti del consiglio di sorveglianza durano in carica tre esercizi e sono rieleggibili; f) il presidente dell'organo è nominato dall'assemblea dei soci; g) anche per il consiglio di sorveglianza , come per i sindaci, lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza e di incompatibilità, nonché limiti e criteri per il cumulo degli incarichi; h) per l'iscrizione nel registro delle imprese, per la retribuzione, per il potere di convocazione dell'assemblea, per la denuncia dei soci dei fatti censurabili, per lo scambio tempestivo di informazioni con i soggetti incaricati del controllo contabile, per la denunzia al tribunale ex 2409 trovano applicazione al consiglio di sorveglianza le disposizioni dettate per il collegio sindacale (art. 2409-quaterdecies c.c., che rinvia, in quanto compatibili, agli artt. 2400, co. 3°, c.c. 2402, 2406, 2408, 2409-septies, nonché ult. co. art. 2409 c.c.).

La differenziazione strutturale del CDS, rispetto al collegio sindacale, è da ricercarsi sotto diversi profili. Scompaiono i supplenti (presenti, invece, nello schema di d.lgs. del 30 settembre 2002), per cui nel caso di mancanza di uno o più componenti nel corso dell'esercizio, "l'assemblea provvede senza indugio alla loro sostituzione", soluzione, questa, che può lasciare perplessi di fronte alla necessità di dover per forza convocare apposita assemblea e lasciare, comunque, la società con un organo incompleto o addirittura non funzionante per un certo periodo, nonostante le delicate funzioni di controllo che è chiamato a svolgere.

Il CDS è meno stabile del collegio sindacale (innovazione, questa, dell'ultimo momento rispetto al precedente testo), perché i suoi componenti possono essere revocati "ad nutum" e in qualunque tempo dall'assemblea, salvo il risarcimento ove difetti la giusta causa, alla stregua di amministratori e pur svolgendo anche funzioni di controllo. Unica garanzia prevista è la previsione di una maggioranza qualificata per l'approvazione della delibera di revoca, che deve essere almeno pari ad un quinto del capitale sociale (come per la revoca automatica dell'amministratore a seguito di azione di responsabilità)

Come per il presidente del consiglio di amministrazione, è demandato allo statuto stabilire "i poteri" del presidente del consiglio di sorveglianza. Come per gli amministratori, al di là del requisito di professionalità richiesto per uno solo dei componenti, nessun altro requisito è chiesto in capo agli altri componenti, demandandosi allo statuto la facoltà di stabilire "particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza" e "fatto salvo quanto previsto da leggi speciali in relazione all'esercizio di particolari attività".

Se per un verso, ai fini dell'indipendenza, è incompatibile che i componenti del consiglio di gestione ricoprano anche la carica di componente del consiglio di sorveglianza, per altro verso l'art. 2409-duodecies c.c. non richiama, quale causa di ineleggibilità e decadenza, la lett. b dell'art. 2399, in merito ai legami di parentela e affinità con gli amministratori (cioè i membri del consiglio di gestione) della società o amministratori di società controllante, controllate o sottoposte a controllo comune: soluzione che sembra del tutto incongrua e irragionevole.

Mentre i sindaci sono tenuti a presenziare al consiglio di amministrazione, comitato esecutivo e assemblea, pena la decadenza nel concorso di date circostanze, i componenti del consiglio di sorveglianza "possono" assistere alle adunanze del consiglio di gestione e "devono" partecipare alle assemblee: facoltà che attenua l'efficacia del controllo (non necessariamente concomitante al formarsi della volontà gestoria); dovere che risulta privo di ogni sanzione.

Il CDS acquista così, sotto il profilo strutturale, natura ibrida, a metà strada fra le regole dell'organo di controllo e quelle dell'organo gestorio. Commistione, questa, che dà, tuttavia, risultati, in parte, sconcertanti. In particolare, per le riunioni e deliberazioni del consiglio vengono, ad un tempo, richiamati l'art. 2388 c.c., dettato per la "validità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione", e l'art. 2404 c.c. (escluso il solo co. 2°), dettato per le "riunioni e deliberazioni del collegio" sindacale.

Ai sensi dell'art. 2388 c.c., di conseguenza, il consiglio di sorveglianza è validamente costituito con la presenza della maggioranza dei consiglieri "in carica, quando lo statuto non richiede un maggior numero di presenti" (ed è consentita anche la partecipazione mediante "mezzi di telecomunicazione" se lo statuto lo consente); il consiglio delibera con la "maggioranza assoluta dei presenti, salvo diversa disposizione dello statuto" (è vietato il voto per rappresentanza). La norma richiamata detta, poi, una disciplina per l'impugnazione delle deliberazioni consiliari, che pone già qualche problema: le deliberazioni del consiglio di sorveglianza saranno impugnabili dai sorveglianti assenti o dissenzienti, ma evidentemente non dal consiglio di gestione e, probabilmente; saranno, inoltre, impugnabili dai singoli soci, purché si tratti di deliberazioni lesive dei propri diritti.

Ai sensi, poi, dell'art. 2404, co. 1° e 3°, c.c. il consiglio dovrà riunirsi almeno ogni novanta giorni e, nell"occasione, dovrà redigersi il verbale, da trascrivere nell'apposito libro, con sottoscrizione degli intervenuti. Il co. 4° dispone che il collegio è regolarmente costituito "con la presenza della maggioranza dei sindaci" e che "delibera a maggioranza dei presenti" con il diritto del dissenziente di far iscrivere a verbale i motivi del proprio dissenso.

Il punto di attrito fra l'art. 2388 c.c. ed il co. 4° art. 2404 c.c. sta nel quorum costitutivo (con effetti a cascata sul quorum deliberativo), che nel primo caso è identificato nella maggioranza dei consiglieri "in carica", salvo un maggior quorum adottato per statuto, e che, nel secondo caso, richiama puramente e semplicemente la "maggioranza dei sindaci", cioè dei componenti (in astratto) l'organo, senza prevedere una derogabilità statutaria del quorum.

Da un lato, quindi, l"anima "gestoria", dall"altro l'anima "vigilante" dell'organo. Se ci si sofferma al dato strutturale, per cui non sono previsti supplenti, dovrebbe prevalere il connotato "gestorio", soprattutto per il richiamo ai consiglieri "in carica"; se si guarda, invece, alla essenzialità della funzione di controllo e al valore sistematico dell'art. 223-septies disp. att. dovrebbe prevalere la soluzione "vigilante".

La natura eterogenea del consiglio di sorveglianza sembrerebbe spingere il legislatore a depotenziare i poteri di indagine del consiglio di sorveglianza nei confronti del consiglio di gestione, ma, ancora una volta, con soluzione contraddittoria e irragionevole, che merita probabilmente di essere superata in via interpretativa.

Nel richiamare i poteri del collegio sindacale anche per il consiglio di sorveglianza , si rinvia all'art. 2403-bis, co. 2° e 3°, c.c., ma non anche al co. 1°, né ai co. 4° e 5°: insomma il consiglio potrà chiedere collegialmente notizie al consiglio di gestione, con riguardo anche a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari e scambiare informazioni con i corrispondenti organi di controllo delle controllate sui sistemi di amministrazione e controllo e sull'andamento generale dell'attività sociale, ma non potrà compiere - né collegialmente né individualmente - "atti di ispezione e di controllo", né potrà avvalersi di dipendenti e ausiliari sotto la personale responsabilità e a spese dei componenti.

Nel contempo, al consiglio di sorveglianza possono essere denunciati - dai soci - fatti censurabili dei consiglieri di gestione con l'obbligo di "indagare senza ritardo sui fatti denunziati"; al consiglio competono i compiti di vigilanza propri dei sindaci (con esclusione, comunque, del controllo legale dei conti). Una interpretazione letterale potrebbe condurre ad individuare nel consiglio di sorveglianza una sorta di "polifemo disarmato"; un'interpretazione che valorizzi il generale richiamo recato dall'art. 223-septies dovrebbe consentire il superamento di questi esiti incongrui della lettera delle disposizioni (si cfr. Sabino Fortunato , «I "controlli" nella riforma del diritto societario», in Riv. Soc. 2003, 04, 863).




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