-  Belotti Andrea  -  28/04/2014

CONTABILITA' IN NERO E ACCERTAMENTO INDUTTIVO– Cass.: 8853/2014- Andrea BELOTTI

A seguito di una ispezione da parte dei Militari della guardia di Finanza presso un negozio di commercio di preziosi vengono reperiti, nel retrobottega, una serie di documenti riportanti vendite a clienti che avevano proceduto all"acquisto con pagamento rateale.

Per i giudici di merito e per la Suprema corte  "la documentazione extracontabile era stata ritrovata occultata nel retrobottega ed era costituita da una pluralità di "schede clienti" con puntuale indicazione di una serie di dati automaticamente significativi e complessivamente rilevanti" come "nomi dei clienti, date delle operazioni commerciali, regolamento rateale del pagamento".

E ciò autorizza l"Agenzia delle Entrate a procedere all"accertamento induttivo.

La Corte di Cassazione con la presente sentenza  "Ritiene (…) che nel caso in esame si debba confermare la giurisprudenza della Corte di legittimità che ha affermato che "In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la "contabilità in nero", costituita da appunti personali ed informazioni dell"imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall"art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e seguenti cod. civ. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d"impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell"imprenditore ed il risultato economico dell"attività svolta. Ne consegue che detta "contabilità in nero", per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all"accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l"onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l"atto impositivo notificatogli. (Cass. sent. n. 24051/2011, v. prec. Cass. sent. n. 19329/2006 e n. 25610/2006).

Ed infatti, in tema di accertamento dell"IVA, la documentazione extracontabile legittimamente reperita presso la sede dell"impresa, ancorché consistente in annotazioni personali dell"imprenditore, costituisce elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e nell"adempimento degli obblighi di legge. Qualora pertanto, a seguito di ispezione, venga rinvenuta presso la sede dell"impresa documentazione non obbligatoria astrattamente idonea ad evidenziare l"esistenza di operazioni non contabilizzate, tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, non può essere ritenuta di per sé probatoriamente irrilevante dal giudice, senza che a tale conclusione conducano l"analisi dell"intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente (Cass. sent. 25504/13)."

Ricordiamo che tale accertamento, a differenza dell"accertamento analitico  (disciplinato dall"art. 38, commi 1-2,  art. 39, comma 1 e art. 40 D.P.R. 600/1973 in materia di imposte dirette; artt. 54 e 54-bis D.P.R 633/1972 in materia di IVA) , si suddivide in:

1- accertamento analitico induttivo di cui all"articolo 39, comma 1, lett. d) del DPR n. 600/1973 qualora si sia in presenza di presunzioni gravi precise e concordanti;

2- accertamento induttivo vero e proprio di cui all"articolo 39, comma 2, del DPR n. 600/1973. Se in presenza di contabilità inattendibile si prescinde in tutto o in parte dalle risultanze delle scritture contabili, e si accerta induttivamente il maggior reddito con l"utilizzo di presunzioni  che devono essere gravi, precise e concordanti ex art. 2729 del c.c..




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