Pubblica amministrazione  -  Gabriele Gentilini  -  10/02/2024

Continua il dibattito sui lavori di manutenzione ordinaria - Consiglio di Stato 26.01.2024 n. 831.

Continua a discutersi si possano distinguere rispetto alla categoria dei lavori pubblici di manutenzione un'altra quella dei servizi di manutenzione.

Parrebbe utile ricordare quelle che sono le distinzioni che il legislatore svolge in materia di disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia contenute ad oggi nel d.P.R.  6 giugno 2001, n. 380 ed in particolare nelle definizioni di cui all'art. 3 per cui: 

a) "interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti;

b) "interventi di manutenzione straordinaria", le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico. Nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l'originaria destinazione d'uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono comprese anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Per rimanere inoltre ad una cronologia sufficientemente recente e dopo la legge 109/1994, ricordiamo che tra le definizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, l'art. 3 definiva quanto segue:

7. Gli «appalti pubblici di lavori» sono appalti pubblici aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell'allegato I, oppure, limitatamente alle ipotesi di cui alla parte II, titolo III, capo IV, l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall'ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a base di gara.

8. I «lavori» di cui all'allegato 1 comprendono le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, di opere. Per «opera» si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica.

10. Gli «appalti pubblici di servizi» sono appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture, aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui all'allegato II.

Il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 Codice dei contratti pubblici riportava tra le definizioni di cui all'art. 3:

l) «appalti pubblici di lavori», i contratti stipulati per iscritto tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici aventi per oggetto:

1) l'esecuzione di lavori relativi a una delle attività di cui all’allegato I (vedi documento allegato);
2) l'esecuzione, oppure la progettazione esecutiva e l'esecuzione di un'opera;
3) la realizzazione, con qualsiasi mezzo, di un'opera corrispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore che esercita un'influenza determinante sul tipo o sulla progettazione dell'opera;

nn) «lavori» di cui all’allegato I, le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione urbanistica ed edilizia, sostituzione, restauro, manutenzione di opere;

oo) «lavori complessi», i lavori che superano la soglia di 15 milioni di euro e sono caratterizzati da particolare complessità in relazione alla tipologia delle opere, all’utilizzo di materiali e componenti innovativi, alla esecuzione in luoghi che presentano difficoltà logistiche o particolari problematiche geotecniche, idrauliche, geologiche e ambientali;

oo-quater) «manutenzione ordinaria», fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione necessarie per eliminare il degrado dei manufatti e delle relative pertinenze, al fine di conservarne lo stato e la fruibilità di tutte le componenti, degli impianti e delle opere connesse, mantenendole in condizioni di valido funzionamento e di sicurezza, senza che da ciò derivi una modificazione della consistenza, salvaguardando il valore del bene e la sua funzionalità;

oo-quinquies) «manutenzione straordinaria», fermo restando quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali dei manufatti e delle relative pertinenze, per adeguarne le componenti, gli impianti e le opere connesse all'uso e alle prescrizioni vigenti e con la finalità di rimediare al rilevante degrado dovuto alla perdita di caratteristiche strutturali, tecnologiche e impiantistiche, anche al fine di migliorare le prestazioni, le caratteristiche strutturali, energetiche e di efficienza tipologica, nonché per incrementare il valore del bene e la sua funzionalità;

pp) «opera», il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle difesa e di presidio ambientale, di presidio agronomico e forestale, paesaggistica e di ingegneria naturalistica;

Menzionabile anche il parere di precontenzioso dell’ANAC n. 756 del 5 settembre 2018, che si ritrova citato nel parere qui allegato, ANAC prot. n. 1354/2023, in cui si affermano quanto segue:

1. Nel caso di appalti per l’affidamento della manutenzione degli immobili, il richiamato principio (si riferisce ai requisiti da richiedere) è stato declinato nel senso che qualora tra le prestazioni del bando siano previste, sia pure a carattere accessorio, attività qualificate come lavori, in tale ipotesi il concorrente deve possedere, oltre ai requisiti previsti per i servizi, anche la qualificazione per i lavori per la categoria e l’importo corrispondente alle lavorazioni oggetto dell’appalto (Determinazione n. 7 del 28 aprile 2015 recante Linee guida per l’affidamento dei servizi di manutenzione degli immobili).

2. La distinzione, nell’ambito della manutenzione, tra servizi (di manutenzione) e lavori (di manutenzione) è stato oggetto di una intensa attività interpretativa che ha condotto l’Autorità, unitamente alla giurisprudenza, ad osservare come il concetto di “manutenzione” rientri nell’ambito dei lavori pubblici qualora l’attività dell’appaltatore comporti un’azione prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica (c.d. quid novi) che prevede l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale (cfr. pareri di precontenzioso del 13 giugno 2008, n. 184, del 21 maggio 2008, n. 151, del 3 ottobre, 2007, n. 55 e cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1680; Consiglio di Stato, sez. V, 4 maggio 2001, n. 2518 e Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005 n. 537). Viceversa, qualora tali azioni non si traducano in una essenziale/significativa modificazione dello stato fisico del bene, l’attività si configura come prestazione di servizi.

Vediamo in ogni caso quanto estratto, in fatto e diritto, dallo strumento giurisprudenziale di cui al titolo.

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FATTO

1. Con contratto n. 24036 di rep. in data 20.12.1996, il xxxxxxxxxxx, affidava alla xxxxxxxxxxx la manutenzione periodica delle opere edili ed impianti annessi dell’Aeroporto di Decimomannu (CA) per l’importo presunto di lire 982.068.000 al netto del ribasso del 18,161% offerto in sede di gara. Il contratto veniva rinnovato più volte fino al 14 giugno 2003.

A conclusione del rapporto, la società xxxxxxxxxxx presentava la richiesta di revisione dei prezzi, ai sensi dell’art. 44 della legge 23.12.1994, n. 724, norma citata dall’art. 11 delle Condizioni amministrative allegate al contratto di appalto. A tale richiesta faceva seguito la nota del 7.2.2000, con la quale l’xxxxxxxxxxx, comunicava di avere interessato, per competenza, il xxxxxxxxxxx.

Con successiva nota del 19.4.2000, l’impresa richiedeva anche alla xxxxxxxxxxx notizie circa lo stato della pratica.

Con raccomandata dell’8.5.2000 l’impresa sollecitava l’Amministrazione al pagamento tanto dell’anticipazione, quanto della revisione dei prezzi.

In data 29.5.2000, il xxxxxxxxxxx, con riferimento alla richiesta della xxxxxxxxxxx del 19.4.2000, comunicava a quest’ultima che ‘la richiesta formulata da codesta ditta è stata già esaminata, ma al momento non è stato possibile effettuare le valutazioni del caso in carenza di pubblicazione dei parametri di cui al comma 6 della legge 724 del 23.12.94. Al riguardo sono già impartite disposizioni al xxxxxxxxxxx perché, non appena pubblicati gli elementi sopra richiamati, provveda alla predetta valutazione’. L’impresa, in assenza di ulteriori comunicazioni, con nota del 20.6.2001, chiedeva all’Amministrazione di valutare e liquidare anche l’importo spettante per la revisione prezzi sui lavori di cui al 1° rinnovo (dal 21.1.2000 al 21.1.2001). Con ulteriori raccomandate l’impresa chiedeva all’Amministrazione di valutare la revisione prezzi anche per il secondo ed il terzo rinnovo contrattuale.

Con nota prot. n.3/8/516602, in data 11.8.2003, xxxxxxxxxxx rigettava la richiesta della ricorrente di vedersi riconosciuta la revisione prezzi, sulla base del seguente rilievo: “In ordine alla richiesta di notizie sullo stato del procedimento di riconoscimento della revisione prezzi sul contratto n. 24026 di rep., si comunica che lo stesso prevede l’applicazione della revisione prezzi ai sensi dell’art. 44 della legge n. 724/94. In occasione del rinnovo del contratto in parola, l’Ente esecutivo dell’A.D. incaricato della gestione del medesimo, in aderenza al dettato della citata norma, ha provveduto alla verifica della sussistenza delle ragioni di convenienza e pubblico interesse e del permanere delle condizioni di congruità dei prezzi acquisendo ogni volta dalla ditta appaltatrice espressa dichiarazione di accettazione del rinnovo del contratto agli stessi prezzi e condizioni tutte. La richiesta di revisione prezzi avanzata dalla ditta appaltatrice non può pertanto essere accolta”.

2. La società xxxxxxxxxxx impugnava il suddetto provvedimento dinanzi al T.A.R. per il Lazio, chiedendone l’annullamento, e denunciando violazione dell’art. 44 della legge n. 724 del 1994, in quanto l’Amministrazione era tenuta a procedere, per il periodo di esecuzione del rapporto contrattuale, alla revisione periodica del prezzo al verificarsi dell’incremento dei costi, sulla base dell’istruttoria prevista dalla suddetta disposizione; istruttoria che era stata invece completamente omessa, pur costituendo attività non discrezionale ma di accertamento vincolato al rispetto di criteri legislativi precisi e rigorosi. La ricorrente deduceva che, nella specie, era indubbio il verificarsi di un considerevole incremento dei costi, in quanto l’aggiudicazione era intervenuta il 9.12.1996 e il rapporto contrattuale si era protratto fino al 14.6.2003, pertanto dai conteggi effettuati risultava dovuto un compenso revisionale pari ad euro 238.563, 32.

2.1. Il Tribunale amministrativo adito disponeva una verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a., finalizzata ad accertare le somme spettanti all’impresa a titolo di revisione prezzi, e ad ordinare l’esibizione, entro il 15.1.2014, delle perizie revisionali a suo tempo redatte dal Ministero della Difesa.

3. Con sentenza n. 3325 del 2017, il Collegio di prima istanza, condividendo le conclusioni rassegnate dal verificatore, qualificava l’appalto per cui era causa un appalto di lavori, concludendo pertanto che, secondo la normativa ‘ratione temporis’ applicabile, non era possibile accordare la revisione prezzi.

4. xxxxxxxxxxx ha impugnato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, illustrando le censure anche con memoria.

5. Il xxxxxxxxxxx si è costituito a norma dell’art. 55, settimo comma, del d.lgs. n. 104 del 2010, chiedendo di essere sentito in camera di consiglio.

6. All’udienza del 19 ottobre 2023, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

7. Con il primo mezzo, l’appellante deduce un difetto di motivazione della sentenza impugnata non essendo state considerate le argomentazioni esposte nelle osservazioni alla relazione provvisoria del CTU, alle quali il verificatore non ha fornito nessuna risposta, e trasfuse nella memoria successivamente redatta in vista dell’udienza del 13.7.2016. Secondo l’esponente, quando ad una CTU o ad una verificazione siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte o da uno dei difensori delle parti, il Giudice, che intende disattenderle, ha l’obbligo di indicare in sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del CTU, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte incorrendo, in tal caso, nel vizio di motivazione.

8. Con il secondo motivo, si censura la sentenza impugnata lamentando omesso esame di punti decisivi della controversia, in quanto il Collegio di primo grado, aderendo tout court alla tesi del verificatore, non avrebbe tenuto conto del chiaro tenore dei patti contrattuali che definivano l’oggetto della commessa in termini di ‘manutenzione periodica opere edili ed impianti annessi dell’Aeroporto di Decimomannu’, e quindi delle ulteriori specificazioni circa le modalità di esecuzione delle prestazioni, e la varietà delle stesse, laddove, ove esaminate, avrebbero consentito al Collegio di rinvenire immediatamente, secondo le definizioni vigenti all’epoca dei fatti, un appalto di servizi, piuttosto che un appalto di lavori.

9. Con la terza censura, l’appellante evidenzia il difetto di istruttoria e il travisamento dei fatti della sentenza, in quanto la documentazione prodotta dall’esponente, anche nel corso della verificazione, nel suo complesso, confermerebbe come i contenuti contrattuali sopra specificati avessero trovato completa attuazione nella fase esecutiva, da cui era evincibile, per le annualità relative al 1° e al 3° rinnovo, l’incidenza, sull’eseguito, della manutenzione sugli impianti, della fornitura di solo materiale, del solo nolo di macchinari nonché della mano d’opera fornita in economica, nonché, per differenza, la parte relativa a lavori riconducibili alla categoria manutenzione edile. La documentazione allegata non sarebbe stata considerata dal Collegio, che si è invece basato sulle conclusioni del verificatore e sulla descrizione dei lavori dallo stesso eseguita, elementi parziali e del tutto inidonei a circoscrivere e definire l’oggetto dell’appalto, che nella specie sarebbe un appalto di servizi.

10. Con il quarto mezzo, si denuncia errata qualificazione del contratto in termini di appalto di lavori, con conseguente violazione dell’art. 44 della L. n. 724 del 1994. Secondo l’esponente, invece, il rapporto contrattuale tra le parti andrebbe qualificato come appalto di servizi in relazione alla definizione vigente all’epoca dei fatti. La manutenzione veniva, e viene tutt’ora ricondotta, alla qualifica di ‘lavori’ qualora all’applicazione dell’opera dell’appaltatore consegua un’attività essenziale di modificazione della realtà fisica, con l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale.

11. I motivi di appello, sopra sintetizzati, vanno esaminati congiuntamente, in quanto attinenti a profili connessi.

11.1. Per l’esame della questione, va illustrato il quadro normativo di riferimento e l’indirizzo della giurisprudenza prevalente sui temi trattati.

Va premesso che sulla questione di giurisdizione, ritenuta dal Collegio di prima istanza appartenere al giudice amministrativo, in difetto di specifica censura, si è formato il giudicato interno.

Ove il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito dichiarando la propria giurisdizione, e le parti abbiano prestato acquiescenza non contestando la relativa sentenza, sotto tale profilo non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare ex officio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione coperta da giudicato (Cass. SS.UU. n. 21972 del 30 luglio 2021).

A tale riguardo, va precisato che, diversamente da quanto sostenuto dal Giudice di prima istanza, in tema di revisione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, in fattispecie ove le parti hanno previsto una specifica clausola e l’Amministrazione abbia tenuto un implicito riconoscimento del diritto alla revisione (come nella specie), la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

Invero, i criteri di riparto della giurisdizione sono quelli delineati dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 20 giugno 2000, n. 454, confermata dalla univoca giurisprudenza successiva delle stesse Sezioni Unite (Cass. SS.UU. n. 35952 del 2021; Cass. SS.UU. n. 21990 del 2020) e dal giudice amministrativo, secondo cui: “Con riguardo alla revisione del prezzo degli appalti di opere pubbliche, la posizione dell’appaltatore – che è di norma tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, configurandosi come interesse legittimo – acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, solo quando la convenzione sia resa obbligatoria in forza di una clausola contrattuale stipulata anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 37 del 1973, ovvero quando l’amministrazione abbia già adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento comportante implicito riconoscimento del diritto alla revisione; in relazione a tale ultima ipotesi, il provvedimento o il comportamento concludente devono provenire dall’organo deliberativo competente ad esprimere la volontà dell’ente pubblico e non possono consistere in atti interni della P.A., meramente preparatori e propedeutici ad un eventuale riconoscimento della revisione”. Nella giurisprudenza amministrativa, vanno segnalate, ai fini della ricostruzione della successione delle norme in punto di riparto di giurisdizione, le sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, 27 gennaio 2014, n. 396 e, sez.V, 8 maggio 2018, n. 2756.

11.2. Passando all’esame del merito della controversia, la vicenda processuale riguarda un contratto di appalto di lavori di manutenzione annuale di alcuni immobili siti presso l’aeroporto militare di xxxxxxxxxxx stipulato nel 1996, che si protrae, con rinnovi contrattuali, fino al 14 giugno 2003.

Ai sensi dell’art. 2 delle Condizioni amministrative allegate al contratto, era previsto che, nell’arco del triennio successivo alla scadenza, il contratto si intendeva rinnovato e contestualmente garantita la revisione dei prezzi ai sensi dell’art. 44, comma 4, della legge n. 724 del 1994.

L’art. 11 delle suddette Condizioni espressamente disponeva che: “Si applica la revisione prezzi ai sensi dell’art. 44 della legge 23.12.1994, n. 724”.

Il comma 4 dell’art. 11 prevedeva che: “Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo”.

Si evince dai fatti di causa che l’Amministrazione si è avvalsa due volte della facoltà in questione, provvedendo al rinnovo del contratto una prima volta per il periodo 1999 – 2000 ed una seconda volta per il periodo 2000 – 2001, con accettazione da parte dell’impresa ‘con gli stessi prezzi e condizioni tutte’.

Successivamente, in più occasioni, l’impresa inoltra richiesta di revisione dei prezzi con esito negativo, posto che l’Amministrazione con la nota dell’11 agosto 2003 respinge le istanze facendo riferimento all’assetto normativo vigente all’epoca della stipulazione del contratto.

Questa Sezione ritiene che la tesi argomentativa sostenuta dal xxxxxxxxxxx nel corso del giudizio di primo grado, e condivisa dal Collegio di prima istanza, sia fondata.

L’art. 44 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 non è applicabile alla fattispecie in esame, in ragione del fatto che il contratto di appalto stipulato dalle parti non è un appalto di servizi, ma è un appalto di lavori.

In primo luogo, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il negozio per cui è causa non è un contratto ad esecuzione continuata e periodica, con riferimento al quale, l’art. 44 della legge cit. impone la presenza di una clausola di revisione periodica del prezzo.

L’accordo negoziale stipulato tra le parti va, come si è detto, ricondotto all’appalto di lavori, in quanto appalto di manutenzione di opere pubbliche, che per natura ha esecuzione istantanea, sebbene possa protrarsi nel tempo. Nel caso in esame, i lavori di cui trattasi non sono stati appaltati periodicamente, ma per un periodo di tempo continuo, avente durata circoscritta e definita, sicchè non vi è dubbio che rientrino nella sfera dei lavori pubblici anche a mente dell’art. 2 della legge n. 109 del 1994, applicabile ‘ratione temporis’, che prevedeva che si dovessero intendere per lavori pubblici le attività di costruzioni, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti.

Ciò premesso, va rammentato che, in tema di revisione prezzi, l’art. 33 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, richiamato dal xxxxxxxxxxx nel corso del giudizio di primo grado, recò notevoli modifiche in materia, stabilendo una disciplina molto rigorosa, in quale modo attenuata dalla giurisprudenza del tempo. Il rigido sistema di adeguamento del prezzo previsto dalla legge n. 41 del 1986 venne abrogato, sicchè, nel 1992, l’istituto della revisione dei prezzi e l’istituto del ‘prezzo chiuso’ vennero aboliti, rispettivamente dal d.l. 11 luglio 1992, n. 333 (conv. in l. 8 agosto 1992, n. 359) e dalla l. 23 dicembre 1992, n. 498. Il primo di tali provvedimenti legislativi, abrogando l’intero comma 3 dell’art. 33 della l. n. 41 del 1986, nonché l’inciso contenuto nel comma 1 dello stesso articolo ‘aventi durata inferiore ad un anno’, finì con il sopprimere definitivamente l’istituto della revisione prezzi.

Dal 13 gennaio 1993 (data di entrata in vigore della l. n. 498 del 1992) sino all’entrata in vigore della legge quadro n. 109 del 1994, l’ordinamento italiano non ha previsto, in materia di lavori pubblici, alcun meccanismo di adeguamento del corrispettivo di appalto diretto alla revisione dei prezzi.

L’art. 26, comma 3, della legge n. 104 del 1994 (successivamente abrogato dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), ha stabilito che: “Per i lavori pubblici affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli altri enti aggiudicatori o realizzatori non è ammesso procedere alla revisione dei prezzi e non si applica il primo comma dell’articolo 1664 del codice civile”.

Come sopra precisato, per quanto attiene all’ambito oggettivo di applicazione, in virtù del coordinato disposto dei commi 3 e 4 bis dell’art. 26 e dell’art. 2, comma 1, della legge n. 104 del 1994, la disciplina in esame ha regolamentato tutti ‘i lavori pubblici’, intendendo per tali ‘le attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica. Nei contratti misti di lavori, forniture e servizi e nei contratti di forniture o di servizi quanto comprendono lavori si applicano le norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo superiore al 50 per cento. Quest’ultima disposizione non si applica ove i lavori abbiano carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale dedotto in contratto’.

11.3. Un altro argomento risulta decisivo ai fini dell’esatta qualificazione del contratto.

Come è noto, ai fini del corretto inquadramento di un appalto occorre fare riferimento ai criteri ermeneutici fondati sul valore prevalente e, soprattutto, sull’oggetto principale delle prestazioni dedotte nel contratto (Cons. Stato, sez. III, 17 giugno 2019, n. 4066).

Dalla lettura della verificazione, disposta dal T.A.R. nel corso del giudizio di primo grado, si evince chiaramente la natura delle prestazioni effettuate dalla società xxxxxxxxxxx.

Il verificatore chiarisce che nei certificati di collaudo prodotti a riprova degli importi effettivamente maturati dall’impresa appaltatrice e dalla stessa sottoscritti, si rileva che: “a) si fa ripetutamente riferimento a interventi relativi a lavori, tant’è che il collaudatore ‘dichiara i lavori collaudabili ed accettabili da parte dell’Amministrazione’; b) risulta individuata la figura del direttore dei lavori”.

Il professionista evidenzia un aspetto dirimente ai fini della qualificazione del contratto: “in base alla loro descrizione, le ‘opere’ eseguite risultano inquivocabilmente riconducibili a lavori. Infatti, sono indicate, tra le altre, le ristrutturazioni di coperture; l’adeguamento e il consolidamento statico del dissabbiatore; la realizzazione di un serbatoio di riserva gasolio; la ristrutturazione di fabbricati con nuova distribuzione planimetrica degli ambienti, mediante rifacimento dei tramezzi, pavimenti .. e la demolizione totale di un manufatto in muratura adiacente al fabbricato, al punto di rendersi necessari, oltre al ripetuto rilascio di dichiarazioni di conformità per gli impianti elettrici e per gli impianti idrico – riscaldamento – condizionamento, anche calcoli statici e un certificato di collaudo statico”.

Orbene, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, il lavoro del verificatore non ha travalicato il compito affidato dal Collegio giudicante, potendo il professionista accertare tutti i fatti inerenti all’oggetto della lite, la cui verifica si rende necessaria al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli (Cass. SS.UU. n. 3086 del 2022), essendo, invece, affidata al giudice l’interpretazione del ‘dato fattuale’ accertato dall’esperto secondo il suo prudente apprezzamento, laddove lo stesso, come nella specie (tenuto conto che i certificati di collaudo sono stati prodotti dall’appellante), non è stato oggetto di specifica contestazione.

La motivazione della sentenza impugnata, sebbene sintetica, tiene conto delle emergenze processuali e quindi, nel condividere le conclusioni del verificatore, argomenta sulle ragioni che inducono a qualificare l’appalto, sostenendo che “il fatto che il codice degli appalti non preveda la revisione dei prezzi per un appalto di lavori deriva dalla circostanza che l’appalto dei lavori può avere anche una lunga durata se l’opera da realizzare è di particolare complessità, ma non prevede certo un’esecuzione periodica come, invece, può verificarsi per gli appalti di forniture e di servizi”.

Né si può predicare un vizio motivazionale della decisione non essendo stata specificamente allegata dall’appellante una precisa circostanza di fatto, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare.

Nell’economia complessiva dell’appalto per cui è causa gli obblighi essenziali posti a carico dell’appaltatore sono consistiti in un appalto di lavori, mentre le prestazioni accessorie, pur valorizzate dalla società appellante nei propri scritti difensivi e nelle censure prospettate in appello, hanno rivestito effettivamente carattere complementare. Né si può sostenere, come invece prospetta la ricorrente, la natura mista del negozio, ritenuto che la società xxxxxxxxxxx si è limitata solo ad allegare, senza alcun idoneo supporto probatorio, che ‘i lavori’ hanno riguardato altre prestazioni, quale la fornitura di soli materiali e/o soli mezzi, e/o sola manodopera, senza specificare (e provare) se tali prestazioni hanno assunto o meno un rilievo inferiore al 50% per cento, così come prevedono gli artt. 26, commi 3 e 4 bis e 2, comma 1, della legge n. 109 del 1994.

L’ANAC, nel parere precontenzioso n. 756 del 5 settembre 2018, precisa che: “La distinzione, nell’ambito della manutenzione, tra servizi (di manutenzione) e lavori (di manutenzione) è stata oggetto di una intensa attività interpretativa che condotto l’Autorità, unitamente alla giurisprudenza, ad osservare come il concetto di ‘manutenzione’ rientri nell’ambito dei lavori pubblici qualora l’attività dell’appaltatore comporti un’azione prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica (c.d.quid novi) che prevede l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiale aggiuntivi e sostitutivi non inconsistenti sul piano strutturale e funzionale ( pareri di precontenzioso del 13 giugno 2008, n. 184, del 21 maggio 2008, n. 151, del 3 ottobre 2007, n. 55; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 dicembre 1998, n. 1680; Consiglio di Stato, sez. V, 4 maggio 2001, n. 1518, e Consiglio di Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 537). Viceversa, qualora tali azioni non si traducano in una essenziale/ significativa modificazione dello stato fisico del bene, l’attività si configura come prestazione di servizi”.

Nella specie, la modesta rilevanza delle prestazioni accessorie e la sostanziale modifica della realtà fisica, come è dato evincere dai certificati di collaudo prodotti dalla società appellante, consentono di ricondurre certamente l’appalto in questione all’appalto di lavori, per il quale, per la legge ratione temporis applicabile, non è consentita la revisione prezzi.

Quanto alla specifica clausola apposta dall’Amministrazione, va richiamato l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il divieto di revisione prezzi non ammette deroghe convenzionali, con la conseguenza che eventuali clausole dirette a concedere il compenso revisionale sono da considerarsi nulle (Cass. SS.UU. 19 agosto 2000, n. 560).




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