-  Tencati Adolfo  -  24/06/2013

CREDITI RIVALUTATI PER LAVORO E PREVIDENZA - Adolfo TENCATI

  • I rapporti tra Gli interessi moratori e la rivalutazione monetaria presentano particolari caratteristiche quando i crediti hanno ad oggetto le retribuzioni dei lavoratori, ovvero le prestazioni previdenziali od assistenziali.
  • Questioni altrettanto importanti sorgono quando creditore è un dipendente pubblico.

 

1    Ulteriore risarcimento e retribuzioni dei dipendenti privati.

Nel 2008 le Sezioni Unite hanno superato il criterio fondato sull"inquadramento dei creditori in specifiche categorie, suggerito dalla precedente giurisprudenza

[Il riferimento va a Cass., sez. Un., 16 luglio 2008, n. 19499, CorG, 2008, 1555. La pronuncia è ampiamente analizzata dagli studiosi. I principali commenti sono: Caleo 2008, 942; Rossetti 2009, 49; Rizzo 2009, 26;Valore 2009, 1141].

Il parametro suggerito da Cass. 19499/2008 consiste nel differenziale tra «il rendimento medio dei titoli di Stato di durata non superiore a 12 mesi ed il saggio di interesse legale».

Avendo la misura del maggior danno da svalutazione monetaria carattere meramente presuntivo, il debitore può dimostrare che il creditore non ha subito alcun danno per il deprezzamento del suo credito.

Il creditore, invece, può provare un danno maggiore di quello determinato con metodo presuntivo (ancora Cass. 19499/2008).

Ma questi principi non si applicano quando il credito, del quale si pretende l"inadempimento, è vantato verso datori di lavoro (o committenti) privati. Infatti la specialità della materia lavoristica porta ad applicare la disposizione che prevede:

«il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione di valore del suo credito»

(art. 429, 3º co., c.p.c.).

L"ulteriore  risarcimento è calcolato applicando gli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, periodicamente pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale (v. art. 150 disp. att. c.p.c.).

Pur essendo questa disciplina ormai analizzata con dovizia di argomenti (cfr. Bonati 2005, tutto il libro), si ritiene opportuno dedicarle alcune osservazioni. La prima concerne l"ambito oggettivo, entro il quale si applica il ricordato art. 429, 3º co.

La Corte di legittimità invero supera i confini del tradizionale lavoro subordinato allorché considera «applicabile l"art. 429 c.p.c.(…) quando l"opera dell"avvocato si configuri come attività continuativa e coordinata, tipica dei cosiddetti rapporti di parasubordinazione» (Cass.28 marzo 2012, n. 4959, MFI, 2012, 277).

In caso contrario il credito per onorari professionali è di valuta, essendo il compenso fissato in una precisa somma pecuniaria.

Tale credito, pertanto, soggiace al principio nominalistico (art. 1277, 1º co., c.c.), ma il professionista può ottenere la rivalutazione monetaria, allegando e provando il danno ulteriore.

Ma la giurisprudenza non amplia soltanto la portata soggettiva dell"art. 429, 3º co., c.p.c. Una recente sentenza fa infatti nascere

«il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per l"illegittima risoluzione anticipata del proprio rapporto di lavoro (…) alla data di tale anticipata risoluzione, sicché dalla stessa data devono decorrere rivalutazione ed interessi sul relativo credito, il quale rientra nella nozione di credito di lavoro ai sensi dell"art. 429 c.p.c., 3º comma, dato che la pretesa risarcitoria del lavoratore, sebbene non sinallagmaticamente collegata alla prestazione lavorativa, rappresenta pur sempre l"utilità economica che lo stesso avrebbe tratto dall"esecuzione della prestazione, se non impedita dall"illegittimo comportamento dell"imprenditore»

(Cass., sez. lav., 12 luglio 2011, n. 15282, OGL, 2011, I, 689).

Il pregiudizio analizzato da quest"ultima pronuncia ha quindi una decorrenza diversa da quella degli accessori correlati al tardivo pagamento delle retribuzioni.

In tal caso, infatti, il momento iniziale da considerare il singolo periodo retributivo, in relazione al quale il lavoratore (o collaboratore parasubordinato) non ha puntualmente percepito le sue spettanze.

La rivalutazione si calcola su ciascun rateo di retribuzione tardivamente corrisposto, applicando l"indice ISTAT che misura l"aumento dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati rispetto al corrispondente periodo dell"anno precedente.

Sull"importo così rivalutato si applica l"interesse legale nella misura vigente in relazione a ciascuna scadenza non tempestivamente onorata

[in questi termini Cass., sez. Un., 29 gennaio 2001, n. 38, LG, 2002, 333. La pronuncia è ampiamente discussa dagli studiosi. I principali commenti sono: Di Majo 2001, 630; Pardolesi 2001, 845; Papaleoni 2001, 251; Pizzoferrato 2001, 339].

Nella casistica finora esaminata la spettanza congiunta di rivalutazione ed interessi è pacifica, spostandosi l"analisi sui criteri di calcolo.

Esistono però altri casi problematici, come si vedrà proseguendo la trattazione.

 

2   Ulteriore risarcimento nell"ambito previdenziale ed assistenziale.

I problemi posti dal tardivo pagamento di spettanze economiche si pongono pure quando debitori sono gli «enti gestori di forme di previdenza obbligatoria».

Riguardo ai crediti vantati nei loro confronti si prevede:

«l'importo dovuto a titolo di interessi è portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione (previdenziale od assistenziale: N.d.A.) per la diminuzione del valore del suo credito»

(art. 16, 6º co., ultimo periodo, l. 30 dicembre 1991, n. 412, finanza pubblica).

Il credito per rivalutazione monetaria, nascente dal tardivo pagamento di  «prestazioni erogate dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria» — comprese «le pensioni erogate ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche (…), nonché le pensioni di invalidità erogate dallo Stato»: art. 45, 6º co., l. 23 dicembre 1998, n. 448, interpretazione autentica dell"art. 16, 6º co., l. 412/1991 — è dunque «ricondotto (…) nell"alveo dell"art. 1224 c.c.» (Cass., sez. lav., 19 marzo 2004, n. 5572, DVD Platinum. Per documentate osservazioni sulla fattispecie analizzata in questo § cfr. Tassone S. 1995, 669).

Va peraltro osservato che — ex art. 1224, 2º co., I periodo, c.c. — il creditore percepisce gli interessi moratori, maggiorati dell"«ulteriore risarcimento», calcolato come differenza tra «il rendimento netto dei tioli di Stato a 12 mesi ed il saggio di interesse legale» (Cass., sez. Un., 19499/2008).

La differenza — considerando invece le prestazioni previdenziali ed assistenziali — è invece l"unica somma cui il creditore ha diritto, a fronte del tardivo soddisfacimento della sua pretesa.

L"osservazione vale per i ratei dei prestazione scadenti dopo il 1º gennaio 1992 (entrata in vigore della l. 412/1991).

Per i ratei con scadenza anteriore a quel momento, invece, si applica l"art. 429, 3º co., c.p.c. Pertanto l"ente deve corrispondere congiuntamente interessi e rivalutazione, secondo i criteri quantificativi indicati dalle Sezioni Unite 38/2001.

Premesso che la normativa qui esaminata «non è applicabile alle prestazioni pensionistiche integrative dovute dal datore di lavoro (es. trattamento pensionistico integrativo corrisposto dal fondo costituito dalla Banca di Roma) (Cass., sez. lav., 28 ottobre 2008, n. 25889, FICDRom), all"individuazione dei crediti attualmente esaminati fornisce un importante sussidio la pronuncia così motivata:

«la domanda proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro volta a conseguire il risarcimento del danno sofferto per la mancata adozione, da parte dello stesso datore, delle misure (antinfortunistiche: N.d.A.) previste dall"art. 2087 c.c., non ha natura previdenziale perché non si fonda sul rapporto assicurativo configurato dalla normativa in materia, ma si ricollega direttamente al rapporto di lavoro, dando luogo ad una controversia di lavoro disciplinata quanto agli accessori dei crediti dall"art. 429 c.p.c., 3º comma; ne consegue che non opera il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione stabilito per i crediti previdenziali dalla l. n. 412 del 1991 art. 16, 6º comma»

(Cass., sez. lav., 1º luglio 2011, n. 14507, GC, 2012, I, 150);

Le pur significative eccezioni introdotte dalla giurisprudenza alla regola ex art. 16, 6º co., l. 412/1991 comunque non ne sminuiscono il notevole rilievo operativo.

 

3   Ulteriore risarcimento e retribuzioni dei dipendenti pubblici.

La congiunta debenza degli interessi e della rivalutazione — prevista dall"art. 429, 3º co., c.p.c. — non riguarda gli

«emolumenti di natura retributiva, pensionistica ed assistenziale, per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994, spettanti ai dipendenti pubblici e privati in attività di servizio o in quiescenza»

(art. 36, 22º co., l. 23 dicembre 1994, n. 724, razionalizzazione della finanza pubblica).

Non ravvisando l"esigenza di contenere la spesa pubblica (esigenza sottostante alla normativa sulle prestazioni previdenziali od assistenziali, nonché a quella sul pubblico impiego), la Consulta ha dichiarato

«incostituzionale l"art. 22, 36º comma, l. 23 dicembre 1994, n. 724 (legge di razionalizzazione della finanza pubblica), che esclude il cumulo di interessi e rivalutazione per i crediti di lavoro, pensionistici e assistenziali maturati dopo il 31 dicembre 1994, nella parte in cui estende tale regime ai dipendenti privati»

(Corte cost. 2 novembre 2000, n. 459, CorG, 2001, 135)

[Sulla sentenza cfr. Dalmasso 2000, 2167. Si veda pyure Corte cost. 17 maggio 2001, n. 136, GCost, 2001, 2627. Seppure riguardo ai soli «dipendenti del «comparto Ministeri», la Consulta si pone in ideale continuità con il ragonamento svolto riguardo ai dipendenti pubblici genericamente considerati.  Su Corte cost. 136/2001 si rinvia a Tampieri 2001, 2627].Alcuni importanti commentatori (Bianchi D'Orso 2001, 235; Passalacqua 2001, 26, consultato on line) muovono condivise critiche alla pronuncia in questione. In particolare, le si addebita di non aver dato sufficiente rilievo ai dubbi di illegittimità costituzionale (presenti nelle ordinanze di rimessione alla Consulta) dell"art. 22, 36º co., l. 724/1994 per irrazionale disparità di trattamento fra dipendenti pubblici e privati, con conseguenziale violazione dell"art. 3 Cost. [Miscione 2000, 1131 giustamente vede in Corte cost. 459/2000 «una "non pronuncia" della Corte Costituzionale sul lavoro pubblico». Invece Del Punta 2001, 471, considerando «il cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria», come risultante da Corte cost. 459/2000, si chiede con accento polemico al quale si aderisce: «quale giustizia?»].

La Consulta infatti risponde soltanto alle doglianze fondate sulla possibile violazione dell"art. 36 Cost., letto nel bilanciamento tra i contrapposti interessi:

n  Dei lavoratori alla «retribuzione sufficiente» per un"«esistenza libera e dignitosa» propria e dei familiari;

n  Delle pubbliche finanze a non subire eccessivi esborsi pecuniari.

Tale contemperamento, dunque, salva la costituzionalità dell"art. 22, 36º co., l. 724/1994.

Prestando invece attenzione al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) è invece difficile sostenere la legittimità costituzionale di un sistema che — di fronte all"identico danno da inflazione, superiore al saggio legale degli interessi (art. 1224, 2º co., I periodo, c.c.)  — discrimina i lavoratori secondo il soggetto dal quale dipendono.

La differenza diviene ancor meno giustificabile alla luce del d.lg. 31 marzo 2001, n. 165 il quale ha sostanzialmente unificato la disciplina lavoristica pubblica e privata, tranne per le categorie (elencate dall"art. 3, 1º co., d.lg. 165/2001) che maggiormente esplicano «le funzioni dello Stato - apparato» (Proietti 2007, 766, consultato su DVD), ovvero le cui prestazioni presentano spiccate particolarità (v. art. 3, 1º bis, 1º ter e 2º co., d.lg. 165/2001). L"osservazione qui svolta ricalca, quasi testualmente,  , consultato su DVD).

 

Le critiche della dottrina a Corte cost. 459/2000 non hanno peraltro sortito esiti positivi, mentre a determinare l"esatta portata della sentenza in esame è intervenuta la Corte di legittimità. Essa invero afferma l"applicazione dell"art. 429, 3º co., c.p.c. (e, pertanto, di interessi e rivalutazione congiuntamente) pure ai «crediti di natura risarcitoria quali, tra gli altri, quelli derivanti dalla violazione dell"obbligo di assunzione al lavoro», obbligo nascente da un «accordo sindacale stipulato in sede di trasferimento d"azienda» (Cass., sez. lav., 26 agosto 2003, n. 12516, DVD Platinum).

Ulteriore precisazione della portata di Corte cost. 459/2000 si trova nella sentenza secondo cui

«il divieto di cumulo tra rivalutazione monetaria e interessi legali, posto dall"art. 22 l. n. 724 del 1994, riguarda i rapporti di lavoro pubblico e i rapporti di lavoro pubblico privatizzati. Il divieto non trova invece applicazione ai crediti retributivi dei dipendenti privati a seguito della sentenza della Corte cost. n. 459 del 2000, che ne ha dichiarato l"illegittimità limitatamente ai soggetti che svolgono la propria attività alle dipendenze di datori privati (…). La S.C., alla stregua del principio affermato, ha condannato l"INPS a corrispondere al (…) lavoratore, sulla somma riconosciuta in sentenza, in luogo del cumulo, il maggior importo tra rivalutazione ed interessi»

(Cass., sez. lav., 23 aprile 2009, n. 9688, NGL, 2009, 503).

La sentenza è preziosa  perché chiarisce i criteri di calcolo, ma non risolve l"ingiusta penalizzazione di chi lavora alle dipendenze della p.a.

Del resto non spettava ai supremi giudici superare le questioni poste dall"art. 16, 6º co., ultimo periodo, l. 724/1994. L"unico modo per ristabilire la giusta parità tra lavoratori pubblici e privati consiste nell"abrogare la norma, anche se le attuali ristrettezze del pubblico bilancio rendono improbabile un pur necessario intervento abrogativo.

 

4   Bibliografia

Bianchi D'Orso F.

2001    Una discutibile pronuncia della Consulta sul divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria. MGL, 235.

Bonati P.

2005    Rivalutazione dei crediti di lavoro. Milano: Il Sole 24 Ore.

Caleo O.

2008    Il nuovo orientamento della Cassazione in tema di mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie e svalutazione monetaria: problemi applicativi ed impatto sul contratto di assicurazione. IP, 942.

Dalmasso C. M.

2000    Interessi e rivalutazione monetaria alla luce della recente sentenza n. 459/2000 della Corte costituzionale. LPO, 2167.

Del Punta F.

2001    Il cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria: quale giustizia? MGL, 471.

Di Majo A.

2001    Rivalutazione ed interessi nei crediti di lavoro: tutela contrattuale o aquiliana? CorG, 630.

Miscione M.

2000    Cumulo di rivalutazione e interessi per i crediti di lavoro privato. LG, 1131.

Papaleoni M.

2001    Le s.u. dettano i criteri di calcolo applicabili al (resuscitato) cumulo tra rivalutazione e interessi. MGL, 251.

Pardolesi R.

2001    Da «delitto e castigo» a ritardo e sanzione: crediti di lavoro inadempiuti, interessi e rivalutazione. FI, I, 845.

Passalacqua P.

2001    Sul cumulo tra rivalutazione ed interessi per i crediti di lavoro la Corte costituzionale reintroduce l"instabile regime delle tutele differenziate. GC, I, 26.

Pizzoferrato A.

2001    Gli interessi legali sui crediti di lavoro: le Sezioni Unite scelgono la «via intermedia». LG, 339.

Proietti F.

2007    Rivalutazione monetaria (diritto del lavoro e della sicurezza sociale). DI IV DPriv, Sezcom, Aggiornamento, 766.

Rizzo N.

2009    Interessi corrispettivi e risarcimento del danno da mora. NGCC, I, 26.

Rossetti M.

2009    Il nuovo orientamento della Cassazione in tema di mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie e svalutazione monetaria: problemi applicativi ed impatto sul contratto di assicurazione. Ass, II, 2, 49.

Tampieri A.

2001    La Corte costituzionale riconferma la disciplina speciale degli accessori del credito di lavoro. GCost, 2627.

Tassone S.

1995    La tutela dei crediti di lavoro e previdenziali con particolare riferimento al danno da svalutazione monetaria. RCP, 669.

Valore P.

2009    Le Sezioni Unite sul danno da sval




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