-  Santuari Alceste  -  30/04/2013

CRISI DEL WELFARE E AFFIDAMENTO DEI SERVIZI – Alceste SANTUARI

In questi giorni, alcuni giornali hanno dedicato spazio a riflessioni circa la difficoltà di sostenibilità finanziaria dei modelli di welfare tradizionale come quello italiano, riportando la testimonianza di alcuni rappresentanti delle organizzazioni di terzo settore. Essi, correttamente, lamentano che uno degli effetti collaterali della crisi che stiamo attraversando, in specie a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità interno, sia da identificare nella riduzione delle prestazioni in regime di convenzione.

Risulta pertanto evidente che in simili circostanze le organizzazioni non lucrative non possono reggere a lungo, strette come sono, da un lato, dall"incremento dei crediti nei confronti della P.A. e, dall"altro, dalla riduzione dei fondi a loro disposizione, che ancora troppo spesso si concretizza in affidamenti al massimo ribasso.

E proprio su questo aspetto occorre svolgere qualche riflessione allo scopo di inquadrare detta modalità di assegnazione dei servizi alla persona. Innanzitutto, preme evidenziare che si tratta di una modalità che la nostra legislazione (sociale) vieta, in quanto il dpcm 30 marzo 2001, uno dei decreti attuativi della legge n. 328/2000, identifica quale criterio di aggiudicazione l"offerta economicamente più vantaggiosa.

"Per favorire l"attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo stato, nell"ambito delle risorse disponibili[…] promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l"accesso agevolato al credito ed ai fondi dell"Unione Europea.

Ai fini dell"affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall"articolo 11, promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonché il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale

Le regioni, secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, e sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità previste dall'articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona.

Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei principi della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste al comma 3, le modalità per valorizzare l'apporto del volontariato nell'erogazione dei servizi."

 

E" quanto stabilisce la l. 8 novembre 2000, n. 328, art. 5, commi 1 e 2, dal quale appare chiaro come l"intenzione del legislatore sia nel senso di disciplinare in maniera specifica, ed eventualmente anche derogatoria rispetto ai principi generali, i rapporti tra gli enti locali e il terzo settore per quanto concerne l"ambito di affidamento dei servizi alla persona. In attuazione di tali disposizioni è stato dunque emanato il d.p.c.m. 30 marzo 2001. Si tratta dell""Atto di indirizzo e coordinamento sui sistemi di affidamento dei servizi alla persona ai sensi dell"art. 5 della legge 8 novembre 2000, n. 328", decreto attuativo della auspicata partnership pubblico-privato non profit che, sebbene ancora troppo spesso negletto nella sua dimensione applicativa ed implementativa, rappresenta un "pilastro" nella e per la modalità con cui i servizi alla persona vengono erogati a livello locale.

 

Avuto riguardo alla rilevanza economica dei servizi sociali, soprattutto nel contesto attuale in cui i contenuti economici delle prestazioni e dei servizi alla persona assumono un valore vieppiù importante, sosteniamo quell"interpretazione sistematica secondo la quale anche se il servizio ha rilevanza economica, il d.p.c.m. del 2001 va poi comunque applicato, perché rientra tra le competenze esclusive dello Stato la tutela della concorrenza, ai sensi dell"art. 117, comma 2, lett. e), Cost., come ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza 27 luglio 2004, n. 272.

 

Alla luce del su richiamato contesto istituzionale e della rilevanza economica o meno del servizio / prestazione, il d.p.c.m. 30 marzo 2001, dunque, fornisce indirizzi per la regolazione dei rapporti tra comuni e loro forme associative con i soggetti del terzo settore ai fini dell"affidamento dei servizi previsti dalla legge n. 328 del 2000, nonché per la valorizzazione del loro ruolo nella attività di programmazione e progettazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

 

Il d.p.c.m. del 2001 stabilisce un iter valutativo e selettivo, al termine del quale l"ente non profit può risultare affidatario del servizio / prestazione. In questa direzione, i comuni (e le stazioni appaltanti) debbono innanzitutto procedere ad una preselezione dei soggetti presso cui acquistare o ai quali affidare l'erogazione di servizi. A tal fine, gli enti locali sono chiamati a valutare i seguenti elementi:

"a) la formazione, la qualificazione e l'esperienza professionale degli operatori coinvolti;

b) l'esperienza maturata nei settori e nei servizi di riferimento" (art. 4, co. 1°, d.p.c.m. 30.3.2001).

Successivamente, in una seconda fase, gli enti locali procedono all'aggiudicazione dei servizi sulla base dell'offerta economicamente più vantaggiosa, tenendo conto in particolare dei seguenti elementi qualitativi:

"a) le modalità adottate per il contenimento del turn over degli operatori;

b) gli strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro;

c) la conoscenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comunità;

d) il rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva e delle norme in materia di previdenza e assistenza" (art. 4, co. 2°, d.p.c.m. 30.3.2001).

Coerentemente con l"impianto complessivo della l. n. 328/2000, la quale ha voluto segnare un "cambio di passo" nei rapporti tra terzo settore e pubbliche amministrazioni, per quanto attiene nello specifico ai servizi e alle prestazioni da erogare a favore delle comunità, l"art. 4, co. 3°, d.p.c.m. 30.3.2001 prevede il divieto per gli enti pubblici di procedere all"affidamento dei servizi con il metodo del massimo ribasso. Invero, il legislatore ha inteso evitare che l"affidamento avvenga esclusivamente sulla base del miglior prezzo con il rischio di mettere a repentaglio la qualità del servizio, che potrebbe essere pregiudicata dall"esigenza di contenere il più possibile i costi per raggiungere l"equilibrio economico dell"offerta. Si tratta dunque di "indicazioni" utilizzabili da enti locali e ASL impegnate a sostenere e garantire il sistema integrato dei servizi sul proprio territorio.

E questo orientamento è stato altresì oggetto di scrutinio giurisprudenziale (si veda per tutti, la sentenza del Tar Piemonte, sez. I, 6 febbraio 2012, n. 153).

Non si vuole certo misconoscere la difficile situazione in cui versano le "casse pubbliche", ma non si può nemmeno accettare che i servizi sociali e sociosanitari risultino le vittime sacrificali di una situazione economica difficile. E" quanto sostenuto in questi giorni anche da Zsuzsanna Jakab, Dg dell"Organizzazione mondiale della Sanità Europa, la quale, ha sostenuto che "tagli inappropriati possono solo peggiorare i sistemi sanitari".




Autore

immagine A3M

Visite, contatti P&D

Nel mese di Marzo 2022, Persona&Danno ha servito oltre 214.000 pagine.

Libri

Convegni

Video & Film