-  Rossi Stefano  -  26/09/2012

DANNO A SCUOLA: LA PROVINCIA DI TRENTO PRENDE UNA MAZZATA SUI DENTI – Cass. civ. n. 16056/2012 – Stefano ROSSI

I genitori di una bambina convennero avanti il Tribunale di Trento la Provincia Autonoma per sentirla condannare al risarcimento dei danni arrecati alla figlia durante una lezione di ginnastica.

 La ragazza, mentre giocava a baseball sotto la vigilanza dell"insegnate, aveva ricevuto un colpo di mazza sui denti da parte di una compagna, con le conseguenze che si possono immaginare…

 Il Tribunale, all"esito del procedimento, ha condannato per responsabilità ex art. 2048 c.c. (in via surrogatoria di quella diretta dell"insegnante) la Provincia di Trento al pagamento di un determinato importo, successivamente ridotto di una manciata di euro in sede di appello.

 Contro tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione la Provincia autonoma di Trento.

In sintesi la Provincia ha sostenuto che: a) ad essa non era imputabile alcuna responsabilità, essendo la condotta lesiva riferibile ad una compagna della danneggiata, i cui genitori, quindi, dovevano rispondere ex art. 2048 c.c. per culpa in educando; b) non vi era in concreto alcuna responsabilità della scuola o dell"insegnante, che avevano apprestato tutte le misure idonee ad evitare il danno, sicchè lo stesso era da ascrivere a caso fortuito; c) non si ravvisava una responsabilità sotto il profilo soggettivo dell"amministrazione, in ragione della scusabilità della sua condotta e della complessità del quadro fattuale; d) non era stato tenuto in considerazione dai giudici di merito il concorso di colpa dell"infortunata, tale da determinare una riduzione del risarcimento ex art. 1227 c.c.

 La Corte ritiene infondati i suddetti motivi di ricorso, evidenziando che, in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all'interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 c.c., non è sufficiente il solo fatto di avere incluso una gara sportiva nel programma della suddetta disciplina, essendo altresì necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente impegnato nella competizione e che, inoltre, la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee a evitare il sinistro (confr. Cass. civ. 28 settembre 2009, n. 20743; Cass. civ. Sez. III, 14-10-2003, n. 15321).

Nello specifico, mentre incombe sul danneggiato l"onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero di essersi infortunato perchè bersaglio di un"azione colposa da parte di altro studente impegnato nella partita, spetta alla scuola dimostrare le circostanze impeditive all"insorgere della sua responsabilità, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno (confr. Cass. civ. 14 ottobre 2003, n. 15321).

Nella specie, secondo quanto riferito dallo stesso insegnante, l'incidente si era verificato perchè la compagna di gioco dell"infortunata, presa la palla con la mazza da baseball, non l"aveva immediatamente posata per terra, di talchè l"attrezzo, sfuggitole di mano, era volato indietro, colpendo al volto la ragazza. Emergeva peraltro dagli atti che, secondo le regole di sicurezza generali per il gioco del baseball durante le ore di educazione fisica, i componenti del gruppo dei corridori, al quale apparteneva l"allieva ferita, non potevano stare indietro o comunque nelle vicinanze del gruppo dei battitori, sicchè del tutto irrilevante era quindi stabilire se l'infortunata si trovasse a due o a cinque metri dall"altra giocatrice.

Si deve aggiungere che le medesime direttive, proprio al fine di scongiurare incidenti, raccomandavano di imporre ai battitori di posare immediatamente dopo la battuta la mazza in un dispositivo collocato a terra, sotto pena di esclusione dal gioco: ulteriore cautela che, nella fattispecie, non era stata adottata.

Anche alla luce di tali circostanze, con particolare riguardo all'asserito concorso di colpa della danneggiata, la Corte sottolinea che esso è stato argomentatamente escluso dal giudice di merito sulla base del rilievo che gli alunni si erano posizionati e atteggiati secondo le indicazioni dell'insegnante, di talchè non poteva essere imputato all'infortunata di non averle rispettate.

La Corte effettuate tali notazioni rileva come il ricorrente si dolga esclusivamente di difformità nell'apprezzamento dei fatti e delle prove operato dalla Corte territoriale, la cui verifica esula dalla competenza della Cassazione in quanto nel procedimento civile il controllo di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito non si configura come terzo grado di giudizio, bensì come uno strumento preordinato all"annullamento delle pronunzie viziate da violazione di norme, ovvero da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione che le parti devono denunciare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento a una o più delle ipotesi previste dall"art. 360, 1° co., c.p.c., nelle forme e con i contenuti prescritti dall"art. 366 c.p.c. (confr. Cass. civ., 6 marzo 2008, n.6064).

Si liquida rapidamente l"eccezione con la quale la Provincia lamenta il mancato accertamento della concorrente responsabilità della compagna dell"infortunata e dei genitori della stessa, rilevando che, non essendo stati evocati in giudizio i pretesi corresponsabili dell"incidente, nessuna pronuncia in ordine a loro ipotetiche colpe poteva essere emessa dal giudice di merito.

Sui restanti motivi di ricorso la Cassazione rileva come:

a) per giurisprudenza costante, il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi delle parti, esaurisca l"obbligo della motivazione con l"indicazione delle fonti del suo convincimento, di talchè non è necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia o dei difensori delle stesse, deduzioni che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le argomentazioni accolte: in tal caso le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall"art. 360, n. 5, c.p.c. (Cass. civ., 3 aprile 2007, n. 8355).

b) nel contestare l"applicazione delle tabelle del Triveneto, il ricorrente non abbia neppure chiarito le ragioni per le quali esse non consentissero, a suo avviso, una liquidazione effettivamente adeguata alle circostanze del caso concreto, rilievo che invece costituisce la vera ratio decidendi della scelta decisoria adottata dal giudice di merito, di talchè le critiche sono, sul punto, generiche e aspecifiche.

c) nessuna violazione di legge sia ravvisabile nella mancata adozione, per la liquidazione dei danni, dei criteri sanciti dall"art. 5, l. 5 marzo 2001, n. 57, essendo pacifico che tale normativa riguarda solo il risarcimento dei pregiudizi alla persona di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti avvenuti successivamente alla data di entrata in vigore della legge stessa.

d) sia priva di pregio la denunciata violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione alla condanna dell"Ente al pagamento delle spese di causa, benchè in primo grado fosse stata rigettata la domanda degli attori volta al riconoscimento del danno esistenziale, e in secondo grado non fosse stata accolta quella di cumulo tra svalutazione e interessi. Nota la Corte come l"identificazione della parte soccombente sia avvenuta nel pieno rispetto del principio della soccombenza, il quale esige solo che le spese non vengano poste a carico della pane totalmente vittoriosa (confr. Cass. civ. 16 giugno 201 Un. 13229).




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