-  Redazione P&D  -  14/05/2012

DANNO DA MORTE : RISARCIMENTO PER LA PERDITA DELLA VITA (CANTIERE ANCORA APERTO) - Luca TROGNACARA

 La questione del danno da morte è risalente quanto ancora in attesa di una soluzione degna di una "buona sepoltura".

Più esattamente per " danno da morte" ci si intende riferire al danno da perdita del diritto alla vita, altresì qualificato "danno tanatologico" finanche per indicare il fenomeno di morte immediata (sul punto: Cass. Civ. n. 458 del 13/01/2009)  o in alternativa  per evidenziare "la sofferenza patita dalla vittima che sia rimasta lucida durante l"agonia in consapevole attesa della fine" (così: Cass. Civ. n.  13672 del 07/06/2010).

La questione, oltre che suggestiva, stimolante ed intrigante sotto un profilo squisitamente intellettuale e filosofico, è ancora in attesa – ed il percorso di risalita sembra appena iniziato - di trovare un inquadramento dogmaticamente  solido e graniticamente confortante per ciascun sventurato familiare reclamante un presidio risarcitorio adeguato ed effettivamente proporzionato  alla tragedia subita a causa della perdita di un proprio stretto congiunto, nel contesto di vicende involgenti la fattispecie della responsabilità civile.

In buona sostanza, mettendosi sempre nei panni di detti familiari (e purtroppo nessuno può ritenersi aprioristicamente esonerato da una simile catastrofe) si avverte l"insopprimibile esigenza civica e  sociale, prima ancora che giuridica,  di poter catalogare in un "domani" il più ravvicinato possibile (e non certo spostato in avanti di uno, due o più decenni) come diritto acquisito ed assodato l"ammissibilità del risarcimento del danno da perdita del diritto alla vita subita dal de cuius e da questi trasmessa agli eredi a prescindere, o meno, dalla immediatezza dell"evento.

Non si discute di mero diritto ma di vera e propria etica giudiziaria traente ninfa e piena legittimazione in principi espressi e consacrati nella Carta Costituzionale i quali impongono de iure condendo al Legislatore, ma medio tempore a tutti gli operatori di giustizia, di dare risposte chiare e soprattutto positive alle aspettative risarcitorie degli stretti congiunti, toccati dalle suddette tragiche vicende.  In buona sostanza: rebus sic stantibus quali diritti risarcitori possono a tutt"oggi avanzare gli eredi di fronte alla perdita di un congiunto per lesione dell"integrità fisica con esito letale?

Ma aggiungo: è auspicabile che in un futuro non troppo distante i cd. legittimati iure ereditario possano contare su un apparato risarcitorio equipollente per linee guida e collaudate elaborazioni giurisprudenziali ai sistemi di ristoro di natura mista tabellare- personale in uso per le comuni ed ordinarie lesioni alla integrità fisica ?

Comunque, volgendo lo sguardo all"attuale diritto vivente, anzi abbassandolo per non cadere in un forte senso di struggimento ed impotenza di fronte ad una giurisprudenza che sul tema in questione appare bizantina e non aderente alle più intime esigenze ed aspettative del quivis de populo, può ritenersi che ora come ora si fronteggino tre orientamenti: il primo, di stampo restrittivo, che ha trovato piena consacrazione nella nota pronuncia della Corte Costituzionale (C. 372/ 1994) la quale  si è orientata univocamente nel senso di ritenere che il danno biologico patito dalla vittima primaria spetti solo allorché tra l"evento dannoso ed il decesso sia decorso un"apprezzabile lasso temporale, negando il risarcimento in caso di morte immediata. L"impostazione in parola ha conservato in maniera che oserei dire coriacea ed indefessa  un indiscusso livello di predominanza sia con riferimento alla giurisprudenza di legittimità: (cfr. a titolo esemplificativo, soffermandosi sulle più recenti: Cass. Civ. Sez. 3 n. 19133 del 20/09/2011 laddove si afferma che la lesione dell"integrità fisica con esito letale non può considerarsi come la più grave forma della lesione alla salute, perché la tutela di questo bene implica che il soggetto leso resti in vita menomato, mentre se la persona offesa muore in conseguenza delle lesioni senza una fase di malattia, la morte impedisce che la lesione del bene giuridico della salute sia risarcibile per colui che non è più in vita) quanto in vasti settori della giurisprudenza di merito (cfr. a titolo esemplificativo Trib. Catania, Ord. 23 febbraio 2012, pubblicata in www.altalex.com del 10.04.2012)

Al suddetto orientamento si affianca un indirizzo giurisprudenziale che ha trovato indiscussa elaborazione sistematica in una delle note sentenze gemellari del 2008.

Infine esiste un orientamento cd "minoritario" seguito in buona sostanza in via esclusiva da una interessante e creativa giurisprudenza di merito che, benché  a piccoli passi, con scarsa amplificazione e con molto "passaparola" si sta  gradatamente ampliando e diffondendo in tutto il territorio nazionale (cfr. a titolo esemplificativo: Trib. Bari 20.03.2004; Trib. Venezia 15.03.2004,G.U. Simone ; Trib. Brindisi 05.08.2002; Trib. Foggia 28.06.2002; Trib. Vibo Valentia 28.05.2001; Trib. S. Maria Capua Vetere 14 gennaio 2003; Trib. Venezia, 15 gennaio 2009, G.U. Simone; Trib. Padova, Sez. II, 16 marzo 2011, G.U. Rubbis)

 Vediamo ora in base ad alcune coordinate ineludibilmente compendiate, visti i limiti di tale saggio che aspira a ruolo di mera lettura da "sussidiario", gli elementi giuridici (rectius: "metagiuridici") posti alla base di ciascuna delle sopra elencate impostazioni.




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