-  Ricciuti Daniela  -  07/01/2017

Danno da perdita del nascituro e da maternità perduta - Trib. Milano, sez. X civ., ord. 22 novembre 2016 n. 5829 - Daniela Ricciuti

Alla donna incinta che ha perso il bambino in conseguenza di un fatto illecito, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno - esistenziale - derivante dalla perdita del rapporto parentale meramente potenziale col nascituro.

 

Il Tribunale di Milano ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno patito da una donna incinta al nono mese di gravidanza, rimasta coinvolta in un grave sinistro stradale, a seguito del quale aveva perso il bambino.

Ritenendo applicabile la legislazione italiana in base al luogo di verificazione dell"evento dannoso (ex art. 62 l. 218/1995, comma 1), il Giudice meneghino ha preliminarmente risolto la questione dell'individuazione della legge da applicare al caso concreto, complicato dal fatto che la ricorrente ed il conducente della vettura sulla quale viaggiava, fossero di nazionalità rumena, mentre l'automobile era stata immatricolata in Spagna ed aveva certificato assicurativo olandese.

Benchè la donna non avesse indossato la cintura di sicurezza, è stata esclusa ogni ipotesi di concorso di responsabilità della danneggiata (ai sensi del disposto dell'art. 1227 c.c.), in quanto la consulenza tecnica d'ufficio ha accertato che, data la dinamica dell"incidente, il corretto utilizzo della cintura non sarebbe comunque valso ad evitare il verificarsi delle lesioni e dell"interruzione di gravidanza.

Tenuto conto della natura delle gravi lesioni patite, dei postumi e delle conseguenze anche in termini psichici dei traumi, il Tribunale ha liquidato in favore della ricorrente una somma complessiva pari a € 730.000,00, a titolo di risarcimento per la grave invalidità permanente riportata, stimata in una percentuale del 55%.

Sono state, altresì, ritenute risarcibili le ulteriori sequele di carattere non patrimoniale, ricollegabili alla perdita del nascituro, sub specie di danno da perdita del potenziale rapporto parentale.

Il pregiudizio conseguente alla perdita del rapporto parentale - che, in sè, va al di là del puro dolore, turbamento e patema d"animo, in cui consiste il danno morale soggettivo, ed è ontologicamente diverso anche dal danno biologico medicalmente accertabile - consiste nelle conseguenze negative riconducibili alla perdita della relazione affettiva, nel vuoto determinato dalla mancanza della persona cara, nel non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno; nell'inevitabile sconvolgimento dell'esistenza, nella distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività e sulla condivisione, irrimediabilmente compromesso dall'assenza di quella persona.

Nel caso di perdita del nascituro, il rapporto che viene meno non è attuale, bensì meramente potenziale. Pertanto l'entità del risarcimento deve essere inferiore rispetto a quello liquidabile nel caso di morte di un figlio.

La quantificazione dell"importo da corrispondere a titolo di risarcimento, in tali ipotesi, deve tener anche conto del grado di "maternità perduta", nel senso che va proporzionalmente diminuita a seconda del momento in cui si è verificata l"interruzione della gravidanza, ossia nei primi mesi ovvero in una fase più avanzata.

Nel caso di specie, il Tribunale, con valutazione equitativa e sulla base delle Tabelle di Milano, ha liquidato una somma aggiuntiva pari a € 100.000,00 per la perdita del nascituro, dato che la gravidanza era giunta pressoché a termine, la nascita era ritenuta ormai prossima e certa, l'aborto colposo aveva pertanto drammaticamente frustrato e compromesso tutte le progettualità conseguenti alla nascita.

La decisione del Tribunale di Milano in oggetto si pone, dunque, sulla scia di una precedente sentenza della Suprema Corte (Cass. civ. n. 12717 del 2015), che pure aveva riconosciuto l'ammissibilità del risarcimento del danno derivante dalla perdita di un rapporto parentale ancora soltanto potenziale, quale quello che legava i genitori al figlio nato morto, a causa della mancata tempestiva prestazione delle necessarie cure da parte dell'azienda sanitaria in cui era avvenuto il parto.

Il Giudice milanese, analogamente a quanto affermato allora dalla Corte di legittimità, ha ritenuto ipotizzabile il venir meno di una relazione affettiva solo potenziale, ossia di una relazione che avrebbe certamente potuto instaurarsi, nella misura massima del rapporto genitore-figlio, ma che è mancata per effetto del decesso anteriore alla nascita.




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